GRUPPI ARMATI – TRA MASSACRI E INTERESSI ECONOMICI E POLITICI

Editoriale Congo Attualità n. 226– a cura della Rete Pace per il Congo

Sono circa 120 le vittime dei massacri perpetrati sul territorio di Beni, nel Nord Kivu, durante il solo mese d’ottobre. I massacri sarebbero presumibilmente attribuiti alle Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo armato di origine ugandese ma attivo nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo).

 Il Centro per la Governance (CEGO) ha dichiarato, in un comunicato stampa, che i massacri perpetrati sul territorio di Beni dimostrano l’estrema e persistente fragilità delle forze di sicurezza congolesi. La morte improvvisa e misteriosa degli ufficiali Mamadou Ndala (gennaio 2014) e Lucien Bauma (agosto 2014), il mancato pagamento dei salari dei militari impegnati sulla linea del fronte e, soprattutto, l’implicazione di ufficiali militari nel contrabbando e nel commercio illegale delle risorse naturali, tra cui il legno, l’oro e il coltan sono alcuni dei fattori che contribuiscono all’indebolimento dell’esercito. Da notare che il commercio illegale cui si dedicano alcuni alti ufficiali dell’esercito è finanziato, per altro, dai fondi che dovrebbero essere utilizzati per pagare i salari dei militari.

Secondo la giornalista Caroline Hellyer, è possibile che i recenti massacri commessi nel territorio di Beni siano opera delle ADF, ma potrebbero anche essere stati commessi da alcuni miliziani Mai-Mai aventi stretti legami con le ADF. Quando hanno interessi comuni, infatti, le ADF e certi gruppi armati Mai-Mai possono lavorare insieme, per poi dissociarsi quando non ci sono più interessi comuni. Secondo la giornalista, occorre ricordare che le ADF vivono nell’est della RDCongo da oltre 25 anni e che, quindi, hanno creato e mantenuto forti connessioni locali. Per questo, le ADF non sono un gruppo armato dai contorni ben definiti. I membri delle ADF si sono mescolati con la popolazione. Alcuni di loro possono essere dei vicini di casa. Altri possono essere attivi solo temporaneamente. Insomma, le ADF fanno parte di una rete più vasta costituita di politici e ufficiali militari locali, di uomini forti e di gruppi di interesse economico. È un errore separare le ADF da quell’ambiente. Si tratterrebbe di una lettura pericolosa della situazione. Questa rete criminale ha spesso preso il sopravvento su certi settori del commercio, dell’economia locale, della società, dell’esercito, della politica e dell’amministrazione … Si tratta di una rete estremamente forte. Le ADF ne fanno parte ed è ciò che ha permesso loro di sopravvivere così a lungo, di disperdersi in piccoli gruppi in occasione della prima fase dell’operazione militare Sokola condotta contro di loro e, probabilmente, di riorganizzarsi quando l’operazione contro di loro si è rallentata.

Anche secondo il rapporto finale del gruppo di esperti per la RDCongo pubblicato il 23 gennaio 2014, le ADF finanziano le proprie attività attraverso una rete di aziende e contatti nelle città di Butembo, Beni e Oicha, nel Nord Kivu. Si tratta di una rete di imprese, comprese quelle dei tassisti (di auto e di moto), che forniscono loro denaro e merci, procurano loro dei finanziamenti, partecipano in attività di estrazione dell’oro e di commercio del legname. Le ADF ottengono profitti anche dalle esportazioni dell’oro e del legname verso l’Uganda. Anche alcune autorità locali del territorio di Beni collaboravano, costrette o volontariamente, con le ADF e facilitavano gli scambi commerciali e il trasporto delle merci fino alle loro basi.

Il processo contro i presunti autori dell’assassinio del colonnello Mamadou Ndala, responsabile dell’operazione militare Sokola 1 condotta dall’inizio di gennaio contro le ADF, ha ultimamente fornito alcuni dettagli che rivelano un’accertata complicità di certi ufficiali dell’esercito congolese con le ADF. Il 3 novembre, davanti al tribunale militare di Beni, un ex ufficiale ribelle delle ADF ha accusato un alto ufficiale delle FARDC, il tenente colonnello Nzanzu Birosho, di aver ricevuto, dall’alto comando dei ribelli ADF, una somma di 27.000 dollari, per pianificare l’assassinio del colonnello Mamadou Ndala. Secondo l’ex ufficiale ribelle ugandese, è stato il colonnello Nzanzu Birosho, ufficiale delle FARDC, che avrebbe organizzato l’agguato in cui è caduto il colonnello Mamadou Ndala. Egli avrebbe comunicato al commando delle ADF il percorso seguito dal convoglio del colonnello Mamadou e l’ora in cui ha lasciato Beni verso Mavivi, diretto a Eringeti. L’ex ufficiale ribelle ADF ha anche spiegato che, all’interno delle FARDC, era il colonnello Nzanzu Birosho che aveva il compito di mantenere i contatti con le ADF. È stato lui che ha consegnato  alle ADF armi, munizioni, uniformi militari, informazioni sulle varie operazioni militari e altri mezzi necessari per le loro attività criminali. In effetti, il 7 novembre, il pubblico ministero della Corte militare del Nord Kivu a Beni ha chiesto l’ergastolo per il colonnello Birocho Nzanzu, processato per tradimento e partecipazione al gruppo armato “ADF-Nalu”, fornendogli munizioni, uniformi e insegne di rango. Per l’accusa, il tenente-colonnello è stato direttamente coinvolto nell’assassinio del colonnello Mamadou per aver fornito un supporto essenziale al commando ADF che ha ucciso il colonnello Mamadou Ndala.

Fa comodo a tutti  etichettare i massacri perpetrati nel territorio di Beni come commessi dalle ADF. È il modo migliore per mettere fuori uso il presidente Joseph Kabila, l’esercito congolese e la Monusco. Attribuire  la perpetrazione dei massacri alle ADF permette di inviare tutti i tipi di messaggi, come “il presidente Kabila non controlla il territorio”, “l’esercito non riesce a sconfiggere i gruppi armati”, “la Monusco e le Nazioni Unite non riescono a proteggere le popolazioni civili”. Attribuire  la perpetrazione dei massacri all’ADF permette, soprattutto, di deviare l’attenzione dalle varie complicità o da eventuali implicazioni dirette.

È per questo che il CEGO raccomanda:

Al governo congolese:

– di aprire delle inchieste sulla vera origine degli attacchi e dei massacri perpetrati sul territorio di Beni contro le popolazioni civili e perseguire in giustizia gli autori e i complici di questi massacri;

– di aprire delle inchieste sulla malversazione dei salari dei militari da parte di certi ufficiali dell’esercito e sull’attività commerciale illegale in cui sono implicati altri ufficiali militari;

– di effettuare i cambiamenti necessari nella catena di comando della zona operativa di Beni, al fine di disporre di un comando militare al di sopra di ogni sospetto.

Ai finanziatori internazionali:

– Di condizionare l’appoggio finanziario e tecnico all’obbligo, da parte del governo congolese, di rispettare i diritti umani e di lottare contro l’impunità all’interno delle forze di sicurezza.