Congo Attualità n.220

INDICE

1. SCONTRI TRA MILITARI CONGOLESI E RUANDESI ALLA FRONTIERA

L’inchiesta del Meccanismo Congiunto di Verifica

2. IL PROCESSO DI DISARMO VOLONTARIO DELLE FDLR

La riunione di Roma

3. IL VERTICE DEI MINISTRI DELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI E DELL’AFRICA AUSTRALE

Una moratoria di sei mesi per le FDLR

4. IL SUD KIVU IN PREDA AD UNA CRESCENTE INSICUREZZA

L’esercito e la Monusco non hanno fatto nulla per fermare il massacro di Murarule (HRW)

Il memorandum della diaspora Fuliru nel Nord-America

Le violazioni dei diritti umani nella Pianura del Rusizi (ACMEJ)

La Società Civile del Sud Kivu dice NO

 

1. SCONTRI TRA MILITARI CONGOLESI E RUANDESI ALLA FRONTIERA

 

L’inchiesta del Meccanismo Congiunto di Verifica

Il 12 giugno, l’equipe del Meccanismo Congiunto di Verifica (MCV) per la Regione dei Grandi Laghi (MCV), ha condotto un’inchiesta sugli scontri dell’11 giugno tra i soldati congolesi e quelli ruandesi in una zona di confine tra i due paesi. Al termine delle indagini, l’equipe del MCV ha potuto redigere un rapporto datato 17 giugno.

Secondo il rapporto, verso le 10h30 del 12 giugno, l’equipe del MCV si è recata a Gisenyi (Ruanda), dov’è stata accolta da un gruppo di ufficiali ruandesi che l’hanno condotta a Busasamana, una località ruandese del distretto di Gisenyi-Rubavu.

Da parte ruandese, il Lt. Gatete ha affermato che la mattina dell’11 giugno 2014, intorno alle 6h00, quasi una sezione (circa 8 uomini) di soldati delle FARDC è entrata in territorio ruandese con l’intenzione di rubare del bestiame, come era già successo il 1° e il 10 giugno 2014. Il 10 giugno, i soldati delle FARDC avevano rubato sei mucche.

Il Lt. Gatete ha dichiarato che la popolazione civile ha allertato una pattuglia dell’esercito ruandese (RDF) circa la presenza di soldati delle FARDC sul territorio ruandese. Le truppe RDF li hanno intercettati ed hanno intimato loro di ritornare in RDCongo. I soldati delle FARDC hanno rifiutato e le due forze hanno cominciato a sparare. Il Caporale Baysiro Hategekimana delle FARDC è stato ucciso da un proiettile che lo ha colpito alla testa; gli altri soldati delle FARDC si sono ritirati sulla collina di Kanyesheka 2 che è in Ruanda.

Verso le 15h00 dello stesso giorno, i soldati delle FARDC si sono riorganizzati a partire dalla collina di Kanyesheka 2 per avanzare verso il territorio ruandese. Le truppe RDF hanno deciso di tendere loro un’imboscata, nel corso della quale quattro soldati delle FARDC hanno perso la vita e un militare RDF è stato ferito.

Dal lato congolese, il tenente colonnello Kambale Kabele ha presentato dapprima una breve cronaca storica sulle due colline di Kanyesheka 1 e 2. Entrambi erano state occupate dai ribelli del M23. Dopo la sconfitta del M23, nel novembre 2013, le FARDC hanno rioccupato le due colline. Nel processo di ricupero della collina di Kanyesheka 2, sono sorti alcuni disaccordi tra i due comandanti dell’esercito ruandese (RDF) e di quello congolese (FARDC). Tuttavia, i due comandanti avevano concordato che la collina di Kanyesheka 2 non fosse occupata da nessuna delle due parti, fino a quando il problema fosse risolto amichevolmente dalle rispettive gerarchie di entrambi i paesi.
Circa l’incidente del mattino dell’11 giugno 2014, il tenente colonnello Kambale Kabele ha dichiarato che la sezione delle FARDC dispiegata a Kanyesheka 1 ha istituito un posto di osservazione. Ogni notte, due soldati si recano nella vallata nei pressi della frontiera con il Ruanda e si ritirano al mattino successivo. L’11 giugno, i soldati delle FARDC hanno udito degli spari provenienti dal lato ruandese e diretti verso il posto di osservazione della collina di Kanyesheka 1. Uno dei due soldati ha potuto raggiungere di nuovo la sezione che si trova sulla collina di Kanyesheka 1, ma l’altro, il caporale Baysiro Hategekimana, è stato catturato vivo dai militari della RDF. Inoltre, delle truppe RDF hanno cominciato a sparare sulla collina Kanyesheka 1 a partire dalla collina di Kanyesheka 2.

I soldati delle FARDC si sono dunque riorganizzati e hanno lanciato un contrattacco. Sono riusciti a respingere i soldati RDF dalla collina di Kanyesheka 2 e un soldato ruandese è rimasto ucciso.
Tuttavia, il tenente Kambale Kabele ha detto di aver ordinato alle sue truppe di abbandonare la collina di Kanyesheja 2 e di ritornare alla collina di Kanyesheka 1.

Per quanto riguarda gli incidenti del pomeriggio, egli ha dichiarato che, trovandosi sulla collina di Kanyesheka 1, intorno alle 14h00, ha ricevuto una telefonata dai membri del MCV, informandolo del loro arrivo sul versante ruandese per verificare ciò che era successo e della necessità di cessare le ostilità, per consentire loro di passare sul versante congolese per continuare l’inchiesta. A quel punto, ha deciso di inviare un piccolo gruppo di militari sulla collina di Kanyesheka 2, per aspettare e ricevere l’equipe del MCV. Al loro arrivo a Kanyesheka 2, i militari congolesi sono stati attaccati dai soldati RDF. I soldati delle FARDC si sono ritirati in varie direzioni e due di loro sono scomparsi. Il Ten. Col. Kambale Kabele ha fatto notare che i soldati RDF avevano ripreso la collina di Kanyesheha 2 dopo il contrattacco dei soldati delle FARDC e il loro ritiro da questa collina.

L’equipe del MCV ha potuto vedere cinque morti in uniforme delle FARDC e sparsi in cinque diversi posti sul territorio del Ruanda. L’equipe ha constatato il dispiegamento dei due eserciti nei pressi di una frontiera che non ha alcuna linea di demarcazione appropriata per indicare i confini dei due paesi.

Non c’erano prove visibili di cartucce e d’impatto, né sul presunto luogo dell’imboscata, né sul presunto luogo dei primi scontri del mattino. Invece, vi erano prove evidenti di scontri (tracce di cartucce) sulle due colline di Kanyesheka 1 e 2.

Secondo Google Earth e le carte geografiche di Gisenyi e della RDCongo, la collina di Kanyesheka 2 si trova sul territorio della RDCongo. La fattoria cui appartenevano le mucche presumibilmente rubate si trova sul territorio del Ruanda, ma, sul versante congolese, l’equipe del MCV non ha né visto, né trovato le mucche in questione.

Al momento della verifica da parte del MCV, i soldati RDF occupavano fisicamente la collina di Kanyesheka 2, mentre la collina di Kanyesheka 1 era stata abbandonata dalle FARDC. Le FARDC hanno rioccupato la collina di Kanyesheka 1 il 12 giugno, alle 15h00, durante l’inchiesta della MCV. Al momento in cui l’equipe del Meccanismo Congiunto di Verifica (MCV) lasciava la zona degli scontri, un’equipe della Croce Rossa ruandese stava recuperando i cinque corpi per consegnarli alla Croce Rossa congolese.

L’equipe del MCV ha raccomandato:

– l’autopsia dei cadaveri per determinare il tempo, la causa e le modalità della morte (strangolamento o asfissia);

– che le RDF e le FARDC evitino di dispiegare i loro militari sulla collina di Kanyesheja 2, fino a quando la controversia non sia risolta per via amichevole;

– che i due Paesi adottino misure supplementari per garantire efficacemente che il dispiegamento delle due forze avvenga a una ragionevole distanza dalla frontiera;

– che la CIRCL convochi una riunione di emergenza per affrontare le questioni relative alle frontiere tra i Paesi membri, in particolare tra il Ruanda e la RDCongo.[1]

Il colonnello congolese Emmanuel Kaputa, che ha co-firmato il rapporto, ha precisato che «i soldati congolesi uccisi sono stati dapprima catturati vivi nella RDCongo e poi giustiziati sul territorio ruandese».[2]

Reazioni dei due Paesi

La posizione del MCV è stata ben accolta da Kinshasa, che ha visto confermata la sua versione dei fatti. Kigali, invece, ha manifestato il suo disaccordo. «Si tratta solo di una bozza, in attesa del rapporto definitivo che sarà approvato dai capi di stato maggiore della regione», cerca di minimizzare Olivier Nduhundirehe, Vice – rappresentante del Ruanda presso le Nazioni Unite.
In un comunicato pubblicato sul suo sito web, l’esercito ruandese ha messo in discussione anche la metodologia usata dagli esperti della CIRGL. «Google Earth non può essere un riferimento credibile per la demarcazione ufficiale delle frontiere», afferma una fonte militare ruandese, ribadendo che «la collina di Kanyesheja 2 si trova in territorio ruandese».[3]

Il 26 giugno, l’autopsia eseguita da medici militari congolesi ha confermato che i cinque uomini sono tutti morti per trauma cranico. Secondo fonti ufficiali congolesi, tre sono morti per proiettili d’arma da fuoco e due a causa di ferite lineari profonde inferte da oggetti contundenti (machete). Tutti i corpi sono stati colpiti da diversi proiettili, alcuni sparati a distanza  ravvicinata e altri alle spalle. Per questo, il governo congolese mantiene la tesi di esecuzioni sommarie.[4]

Il 1° luglio, interrogato sugli incidenti di frontiera, il Capo dello Stato ruandese, Paul Kagame, ha dichiarato di non sapere su che cosa il gruppo del meccanismo congiunto di verifica si sia basato per redigere il suo rapporto, un rapporto che non ha confermato la versione ruandese. Secondo Paul Kagame, «i problemi tra il Ruanda e il Congo sono sempre ampiamente politicizzati, ma finiscono per essere sempre risolti».[5]

Le autorità ruandesi cercano di prendere tempo, nella speranza di una soluzione all’amichevole che possa andare a loro vantaggio. È giusto aspettare il rapporto finale ma, per quanto riguarda le linee di demarcazione della frontiera, i capi di stato maggiore della Regione non potranno certo cambiare le coordinate geografiche riprese nel rapporto preliminare. Ciò che si dovrà fare sarà semplicemente collocare una segnaletica concreta e precisa che possa evidenziare chiaramente la linea di frontiera che dovrà essere rigorosamente rispettata dai due Paesi. Qualora poi si avverasse veritiera l’affermazione del colonnello congolese Emmanuel Kaputa, le autorità militari e politiche ruandesi ne dovranno rendere conto davanti alla giustizia internazionale.

2. IL PROCESSO DI DISARMO VOLONTARIO DELLE FDLR

 La riunione di Roma

Il 26 giugno, una delegazione delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) si è recata a Roma su invito della comunità religiosa di Sant’Egidio che aveva svolto un ruolo di mediazione già nel 2005. Erano presenti anche rappresentanti del governo congolese, alcuni inviati speciali della comunità internazionale per i Grandi Laghi e il capo della Missione dell’Onu nella RDCongo (Monusco), Martin Kobler. Assenti i rappresentanti del governo ruandese. Questo incontro ha avuto luogo in un momento in cui è ufficialmente in corso un certo processo di disarmo dei ribelli hutu ruandesi, non gradito da Kigali, che continua ad accusare alcuni capi della ribellione di aver partecipato al genocidio del 1994.

Il Sottosegretario generale delle Nazioni Unite, responsabile per le operazioni di mantenimento della pace, Hervé Ladsous, aveva chiesto una revoca temporanea dell’interdizione di viaggio di cui è oggetto il presidente ad interim delle FDLR, Victor Byiringiro, sotto sanzioni dell’Onu dal 2010, affinché anch’egli fosse a Roma. Il giorno prima, però, il Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite ha deciso di non accedere alla richiesta, a causa della protesta delle autorità ruandesi.Così, giunto a Kinshasa, Byiringiro non ha potuto continuare il suo viaggio, ma il resto della delegazione ha potuto recarsi a Roma.

Su Twitter, la ministra degli Esteri del Ruanda, Louise Mushikiwabo, ha affermato che il Ruanda non ha cambiato la sua politica nei confronti delle FDLR: essi devono «abbandonare le armi e l’ideologia di genocidio e rientrare in Ruanda passando attraverso il processo di smobilitazione stabilito tra il Ruanda e l’ONU».

Da parte delle Nazioni Unite, si è assicurato che l’obiettivo dell’incontro di Roma era quello di accelerare il processo di smobilitazione in corso. Infatti, secondo l’Onu, 188 combattenti delle FDLR sono già disarmati. Quanto alle FDLR, esse sperano che i rappresentanti della comunità internazionale siano disposti a sostenere un dialogo ruandese inclusivo con Kigali, non solo limitato ai ribelli hutu ruandesi, ma esteso anche a tutti i partiti politici in esilio e ai rifugiati ruandesi sparsi in tutto il mondo.[6]

Il 26 giugno, il Ruanda ha inviato una lettera di protesta al Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, minacciando di ritirare la sua partecipazione all’accordo quadro firmato ad Addis Abeba il 24 febbraio 2013 sotto l’egida dell’Unione Africana e delle Nazioni Unite.

Eugène Gasana rappresentante permanente del Ruanda presso le Nazioni Unite e firmatario della lettera,vi afferma che, il 24 giugno, il Vice Segretario generale incaricato delle operazioni di peacekeeping, Hervé Ladsous, aveva notificato al suo Paese, quest’anno membro non permanente del Consiglio, la richiesta di revocare temporaneamente l’interdizione di viaggiare al presidente ad interim delle FDLR, Victor Byiringiro, affinché potesse recarsi a Roma il 25 giugno. L’ambasciatore ruandese denuncia il fatto che, senza attendere la decisione – e quindi il rifiuto del comitato per le sanzioni di revocare il divieto di viaggiare – la Monusco abbia facilitato il trasporto della delegazione, comprendente anche il presidente delle FDLR, fino a Kinshasa.

Secondo Eugène Gasana, la delegazione comprenderebbe anche delle persone ricercate per la loro partecipazione al genocidio, ma non ne indica i nomi: «Questo fatto – commenta – può lasciare intendere che alcuni alti funzionari delle Nazioni Unite e del Dipartimento di Peacekeeping abbiano un piano segreto di riabilitazione delle FDLR genocidarie». Da qui la minaccia di ritirarsi dall’attuazione dell’accordo di Addis Abeba.[7]

L’incontro di Roma è stato tenuto segreto fino all’ultimo minuto e si è svolto nella più completa discrezione. Alla conclusione dei lavori non vi è stata alcuna dichiarazione o commento. Il 30 giugno, quattro giorni dopo la sua conclusione, per la prima volta un partecipante ha accettato di parlarne. Per il rappresentante dell’UE per la Regione dei Grandi Laghi, Koen Vervaeke, l’obiettivo era quello di far capire alle FDLR che non hanno altra scelta che di arrendersi e di accettare, il più presto possibile, il processo di disarmo. Secondo lui, la leadership delle FDLR deve dimostrare la sua volontà di cessare ogni attività armata e di consegnare alla giustizia internazionale coloro che da essa sono ricercati, altrimenti la Monusco dovrà rapidamente attivare l’opzione militare. L’obiettivo non era dunque quello di favorire le FDLR, ma di mantenere la pressione su di esse.[8]

L’incontro di Roma ha sollevato le ire del Ruanda. Il 1° luglio, rispondendo a una domanda circa il trasporto fino a Kinshasa, da parte dell’ONU, del presidente ad interim delle FDLR, Victor Biyringiro, il presidente ruandese Paul Kagame si è detto “disgustato” per il modo con cui si trattano le FDLR. «Ci sono delle persone talmente ciniche che arrivano perfino ad onorare coloro che hanno commesso il genocidio in Ruanda», ha deplorato il Capo di stato ruandese, che con veemenza respinge l’argomento secondo cui le FDLR siano oggi costituite dai figli di coloro che sono accusati di genocidio. «Ciò che è un problema chiaro e semplice è stato trasformato in un enorme problema. Penso che questo sia fatto di proposito da certuni», ha insinuato il presidente Kagame.[9]

«Il governo congolese e la Monusco cercano ogni scusa per evitare di mettere in atto le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza», cioè d’intraprendere le operazioni militari contro le FDLR, dichiara una fonte ufficiale del Ruanda, aggiungendo: «Si dà loro importanza, quando invece si dovrebbe esercitare una vera pressione militare».

Dal lato congolese, ci si chiede cosa si potrà fare dopo il disarmo, volontario o forzato, delle FDLR. «Se il governo ruandese continuasse a rifiutare di discutere con loro, è necessario che la comunità internazionale se ne faccia carico e offra loro una prospettiva per accelerare il disarmo», ha dichiarato un membro della delegazione congolese, aggiungendo che non è possibile che le FDLR rimangano in Congo.[10]

Il 2 luglio, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa, la Monusco ha negato di sostenere i ribelli Hutu ruandesi presenti nell’est della RDCongo. Alla fine di giugno, la Monusco era stata accusata dal Ruanda di aver trasportato Gaston Rumuli Iyamuremye, uno dei capi di questa milizia. «Non sosteniamo le FDLR, ma il loro disarmo volontario». Il Generale Wafy Abdallah, vice capo della Monusco, è stato categorico: contrariamente alle accuse di Kigali, la forza dell’Onu non ha fornito alcun sostegno ai ribelli hutu ruandesi. «Sulla questione del trasporto […], abbiamo seguito le norme» delle Nazioni Unite, ha aggiunto Martin Kobler, capo della Monusco. «Il capo delle FDLR e la sua delegazione sono stati trasportati all’interno del Congo», ha dichiarato Martin Kobler, aggiungendo che, «secondo il comitato per le sanzioni, coloro che sono sulla lista delle sanzioni non possono intraprendere viaggi internazionali e Iyamuremye non ha mai lasciato il Congo». D’altra parte, Iyamuremye non è ricercato né dall’Interpol, né dalla Corte Penale Internazionale (CPI), né dal Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (TPIR). Per quanto riguarda la riunione di Roma, si è finalmente svolta senza Gaston Rumuli Iyamuremye. L’obiettivo delle FDLR è di dimostrare la loro volontà di pace, nella speranza che si possa aprire un dialogo con Kigali, che vi si oppone categoricamente.[11]

3. IL VERTICE DEI MINISTRI DELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI E DELL’AFRICA AUSTRALE

Una moratoria di sei mesi per le FDLR

Il 2 luglio, a Luanda, in Angola, si è tenuto un vertice dei ministri della Difesa della Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) e dell’Africa Australe (SADEC). Al centro di queste riunioni: il processo di amnistia e di rimpatrio dei combattenti dell’M23, i rapporti tra la RDCongo e il Ruanda e il disarmo dei membri delle FDLR. A proposito del disarmo delle FDLR, diverse erano le opinioni sul tempo da concedere alle FDLR per procedere al loro disarmo.

Tutti i partecipanti si sono accordati su un punto: è tempo di far capire alle FDLR che questa è la loro ultima opportunità, che devono accettare di disarmarsi e di essere completamente smobilitati. Ruanda e Angola sostenevano l’opzione breve: concedere tre mesi per poi passare immediatamente alle operazioni militari; la RDCongo proponeva un periodo di sei mesi.

 Alla fine, si è deciso di concedere alle FDLR un periodo di sei mesi, perché si tratta di un caso difficile da gestire sul posto, ha dichiarato François Mwamba, coordinatore della delegazione della RDCongo: «Non si tratta solo di dire che consegnino le armi. Occorre raggrupparli in un centro. Occorre creare, con il Ruanda, le condizioni che permettano il loro ritorno in Ruanda. Se ciò che succederà nei primi tre mesi sarà positivo, si arriverà fino a sei mesi, altrimenti si dovranno prendere altre decisioni. È evidente che se non ci saranno dei progressi, si dovranno intraprendere delle operazioni militari».

Il Generale Abdallah Wafy, Vice Rappresentante della Monusco e responsabile delle operazioni di disarmo e smobilitazione, ha affermato: «Il comandante militare delle FDLR, Sylvestre Mudachumura, è ricercato dalla Corte Penale Internazionale e non ha altra scelta che arrendersi e la Monusco è pronta a facilitare il suo trasferimento all’Aia, per rispondere delle accuse mosse contro di lui. Nel Kivu ci sono circa una decina di membri delle FDLR ricercati per il genocidio in Ruanda. Essi non entrano nel processo cui ci riferiamo. Devono arrendersi per andare a rispondere delle accuse mosse contro di loro. Per tutti gli altri che volessero volontariamente decidere di ritornare in Ruanda, saremo pronti a facilitare il loro rimpatrio. Il Ruanda non si oppone al loro ritorno, ma si tratta di un ritorno senza condizioni. Per quanto riguarda coloro che, per motivi personali, non volessero tornare in Ruanda, siamo pronti a facilitare il loro trasferimento temporaneo nella provincia dell’Equateur, a ovest della RDCongo, come richiesto dal governo congolese, lontano dal Kivu, lontano dalla frontiera ruandese, in attesa di trovare un altro paese ospitante come loro destinazione finale».[12]

Il 3 luglio, i Paesi della regione dei Grandi Laghi e dell’Africa australe hanno accettato di concedere alle FDLR un supplemento di tempo per il loro disarmo volontario. Questa moratoria potrebbe impedire in questo lasso di tempo ogni intervento militare, tra cui quello dell’Onu, contro le FDLR. Secondo il comunicato finale dei ministri della CIRGL e della SADC, la riunione congiunta dei ministri ha «preso atto della decisione delle FDLR di arrendersi e di deporre le armi volontariamente». Il comunicato precisa che «la resa e il disarmo volontario devono essere effettivi entro i sei mesi a partire dal 2 luglio 2014. A metà percorso, si farà una valutazione». Un’altra raccomandazione: «avvertire le FDLR sulle conseguenze militari che derivano dal mancato rispetto del periodo concordato». La riunione dei ministri ha inoltre chiesto un rafforzamento del meccanismo istituito per la valutazione e l’attuazione del disarmo e del rimpatrio in Ruanda. Non è prevista alcun’altra soluzione, ignorata l’opzione evocata dalla Monusco e dal governo congolese circa un altro paese terzo disposto ad accogliere coloro che non volessero ritornare in Ruanda.[13]

Nel corso della riunione sono stati discussi altri due temi. Sui recenti episodi dell’11 e 12 giugno al confine tra la RDCongo e il Rwanda, entrambe le parti hanno preso atto del rapporto preliminare redatto dalla Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi e hanno deciso di attendere il rapporto finale. Sulla questione del Movimento del 23 Marzo (M23), i tre paesi, Ruanda, RDCongo e Uganda, hanno ritenuto adeguato il processo di rimpatrio in corso, ma hanno proposto di accelerarlo.[14]

4. IL SUD KIVU IN PREDA A UNA CRESCENTE INSICUREZZA

L’esercito e la Monusco non hanno fatto nulla per fermare il massacro di Mutarule (HRW)

Il 2 luglio, in un comunicato, Human Rights Watch (HRW) ha accusato l’esercito congolese (FARDC) e le forze della MONUSCO di non essere intervenute per fermare l’attacco perpetrato nella notte del 6-7 giugno contro la popolazione civile di Mutarule, nel Sud Kivu, durante il quale sono stati uccisi almeno 30 civili. La maggior parte delle vittime appartenevano all’etnia dei Bafuliro.
Secondo HRW, gli assalitori, fra cui alcuni indossavano uniformi militari, parlavano Kirundi e Kinyarwanda, le lingue dei Barundi e dei Banyamulenge. L’ONG internazionale afferma che un alto ufficiale dell’esercito congolese, di servizio sul posto, è stato più volte avvertito dell’attacco, ma non ha fatto nullaper fermarlo. Nemmeno sono intervenuti i caschi blu della Monusco, basati a 9 km dal luogo dell’attacco, benché fossero stati informati dell’attacco. Si sono recati a Mutarule due giorni dopo il massacro.

Secondo il comunicato di HRW, l’attacco è stato perpetrato nel contesto di crescenti tensioni tra i gruppi etnici Bafuliro, Barundi e Banyamulenge.

Da vari decenni, i Barundi e i Bafuliro si disputano il posto dell’autorità tradizionale sulla pianura del Rusizi. Mentre il capo tribù attuale appartiene all’etnia dei Barundi, i Bafuliro sostengono che il potere tradizionale appartiene a loro come etnia autoctona originaria del luogo. Il conflitto si è intensificato dopo il 25 aprile 2012, quando uomini armati non identificati hanno ucciso Floribert Nsabimana Ndabagoye, capo tradizionale Barundi di Mutarule, dando origine a una serie di attacchi di rappresaglia e di furti di bestiame.

Il 6 giugno, prima dell’attacco, nei pressi di Mutarule, un gruppo armato Bafuliro denominato Maï-Maï Beda, guidato appunto da Beda Rusagara, un militare disertore dell’esercito, avrebbe ucciso un allevatore appartenente all’etnia dei Banyamulenge e rubato il suo bestiame.

Un altro allevatore e capo dei giovani appartenenti all’etnia dei Barundi, Raymond Sheria, ha telefonato al capitano Enabombi Changa Dejeune, del 10052 battaglione dell’esercito basato a Mutarule, dicendogli che erano state rubate delle mucche di un allevatore Barundi. … Quando il capitano Enabombi ha chiamato il suo comandante, il colonnello Kayumba Venance Nyenyeri, comandante del battaglione 10052, membro lui stesso della comunità Banyamulenge, quest’ultimo … avrebbe detto al capitano di lasciare che i Maï-Maï e i Barundi si combattano tra loro, perché un intervento militare avrebbe potuto causare vittime tra i civili.

Gli scontri si sono proseguiti fino alle 18h00 circa. Il capitano Enabombi ha continuato a chiamare il colonnello Nyenyeri, che gli ha ripetuto di non intervenire. Verso le 20h00, Sheria, il capo dei giovani barundi, ha chiamato Enabombi. Un soldato presente in quel momento ha affermato a Human Rights Watch che Sheria si è permesso di prendere in giro il capitano dicendogli che, anche se Sheria era un civile, gli avrebbe dimostrato di essere più militare di lui. Il soldato ha aggiunto che Sheria avrebbe anche detto che, a Mutarule, avrebbe commesso qualcosa di “memorabile” che nessuno avrebbe dimenticato. Verso le 21h00, gli assalitori hanno aperto il fuoco sulle circa 200 persone che erano radunate all’esterno della Chiesa dell’8ª CEPAC. Quando Enabombi ha di nuovo telefonato a Nyenyeri, quest’ultimo non ha più risposto. Enabombi ha allora chiamato anche il comandante del settore 104 dell’esercito e la MONUSCO per informarli sull’attacco in corso.

Nel frattempo, gli aggressori hanno sparato anche sui soldati di Enabombi che stavano tentando di proteggere i civili che avevano cercato rifugio nei pressi della loro base e hanno contrattaccato. Un soldato che ha partecipato alla sparatoria ha dichiarato a Human Rights Watch: «Abbiamo cercato di fare qualcosa con i mezzi che avevamo, nonostante gli ordini che ci erano stati dati di non intervenire. Ci siamo fermati, perché non avevamo più munizioni».

Un ufficiale dell’esercito a Uvira, che era stato avvisato dell’attacco, ha detto a Human Rights Watch che aveva più volte provato a chiamare Nyenyeri, ma il suo telefono era rimasto spento per tutta la notte.

Il Maggiore Shaban, comandante pakistano delle forze della MONUSCO a Sange, ha detto a Human Rights Watch che i caschi blu sono stati avvertiti del massacro di Mutarule la sera stessa del 6 giugno, dopo che l’attacco era già cominciato. Ha dichiarato che quando ha chiamato i suoi superiori, questi gli hanno ordinato di chiarire la situazione e di raccogliere maggiori informazioni.

Ha aggiunto di aver contattato il comandante del battaglione, Nyenyeri, che gli ha detto che “se ne sarebbe occupato”. Shaban ha aggiunto: «Pensavamo che, se ci fossero stati degli scontri, l’esercito congolese sarebbe stato in grado di occuparsene».

Secondo HRW, in seguito alle indagini svolte dalle autorità militari congolesi, sono stati arrestati due militari e un civile. Tuttavia, non sono ancora stati messi sotto accusa. Nessuno degli aggressori è stato finora arrestato.[15]

Il memorandum della diaspora Fuliru nel Nord-America

In un memorandum indirizzato al Presidente della RDCongo, la diaspora Fuliru del Nord America afferma che un semplice furto di bestiame non può essere un motivo sufficiente per giustificare una strage di tale portata. Ci devono essere altre cause.

La diaspora Fuliru ricorda inoltre che la Chiesa dell’8ª CEPAC si trova nei pressi di una stazione di polizia e di una postazione di un battaglione delle FARDC costituito principalmente di soldati Banyarwanda provenienti dall’AFDL e dal RCD.

Supponendo che i responsabili del massacro non si trovino all’interno del battaglione delle FARDC, non è però spiegabile come questi soldati, tenuti a proteggere la popolazione, non siano intervenuti benché sentissero, per più di un’ora, il crepitio degli spari e le urla delle vittime. Se non sono stati loro, allora si può presumere che il massacro sia stato commesso dalla milizia “Imbonerakure”, con la loro complicità.

Molto prima del massacro, infatti, un responsabile di un’organizzazione giovanile, ben noto per i suoi collegamenti attivi con la milizia Imbonerakure, aveva fatto delle dichiarazioni che lasciano credere che egli sapesse cosa si stava tramando e ciò che stava per succedere in quella notte.

Nel suo rapporto, l’Ong ACMEJ ha presentato questa milizia come un gruppo composto di giovani Hutu della Pianura del Ruzizi e di altri Hutu provenienti dal vicino Burundi. Tra questi, ci sono dei militari smobilitati del FDD, un partito burundese, e altri che, nel passato, erano dei militari alleati del RCD-Goma in Congo.

Se questa seconda ipotesi è confermata, non vi sarebbe alcun dubbio sul mandante del massacro. Si tratterrebbe del capo della collettività della Pianura del Ruzizi, Richard Nijimbere Kinyioni, che sarebbe anche il capo della milizia Imbonerakure. I membri della sua milizia avrebbero agito con la complicità di alcuni soldati banyaruanda delle FARDC che li hanno coperti.

La Diaspora Fuliru raccomanda, tra altre cose, che:

– si apra un’inchiesta indipendente per accertare i fatti, stabilire le responsabilità ed arrestare i mandanti e gli esecutori del massacro;

– le truppe delle FARDC attualmente di stanza nel territorio di Uvira e di Fizi siano trasferite in altre regioni del paese e sostituite da altre che non comprendano militari originari dei due Kivu (Nord e Sud Kivu) e dell’Ituri (Provincia Orientale);

– dal punto di vista amministrativo, la collettività tradizionale della Pianura del Ruzizi sia mutata in collettività-settore o in comune rurale.[16]

Le violazioni dei diritti umani nella Pianura del Ruzizi (ACMEJ)

 In un rapporto, una ONG per la difesa dei diritti umani, l’Associazione contro il Male e per la Formazione dei Giovani (ACMEJ), afferma che nelle zone rurali del Sud-Kivu, in particolare nella pianura del fiume Ruzizi, numerose sono le violazioni dei diritti umani a causa della presenza e dell’attività di gruppi armati nazionali e stranieri (FDLR, Maï-Maï e FNL) e di altri uomini armati non identificati. Soldati dell’esercito burundese sono presenti nel Settore 5 di Kiliba, dove hanno costruito un accampamento militare. Si parla anche degli “Imbonerakure”, giovani burundesi armati dall’attuale governo del Burundi che sarebbero presenti lungo la riva congolese del fiume Ruzizi e all’interno della foresta di Rukoko.

Questi uomini e gruppi armati commettono innumerevoli crimini contro l’umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani: massacri di civili, sequestri, saccheggi, estorsioni, minacce di morte, arresti e detenzioni arbitrarie, omicidi e incendi di case.

Nella pianura del Ruzizi, un conflitto relativo all’autorità tradizionale ha ormai assunto le dimensioni di un conflitto etnico-politico. Da un lato, i Maï-Maï di Fizi e della pianura del Ruzizi si sono alleati per attaccare la popolazione civile delle comunità dei Banyamulenge e dei Barundi. Dall’altro, la comunità dei Barundi starebbe rifornendosi di armi e manterrebbe un contatto permanente con i giovani burundesi “Imbonerakure”, affinché li aiutino nel caso fosse attaccata.

Nel mese di giugno, ACMEJ ha constatato le seguenti violazioni dei diritti umani:

– Nella notte dal 3 al 4 giugno, verso le 20h00, a Kitemesho / Pianura del Ruzizi, una donna di
47 anni è stata uccisa nella sua casa da uomini non ancora identificati.

– Nella notte dal 5 al 6 giugno, a Lubarika / Gombaniro, è stata incendiata una casa.

– Nella notte dal 6 al 7 giugno, dalle 23h00 fino alle 2h00, a Mutarule, uomini armati presumibilmente appartenenti al FNL, in complicità con i giovani burundesi “Imbonerakure”, hanno attaccato i cristiani riuniti in preghiera presso la chiesa dell’8ª CEPAC, i pazienti del centro sanitario e gli abitanti del villaggio, in cerca di Akili Bigaya, difensore dei diritti umani, che hanno ucciso. Le vittime già identificate sono 30, tra cui otto 8 uomini, 8 bambini, 14 donne e un militare. 29 sono i feriti.

– L’8 giugno, a Kahanda / Altopiano di Lemera, 3 uomini e 4 donne che ritornavano dai campi sono caduti in un’imboscata tesa da uomini armati che li hanno picchiati e hanno rubato i loro telefoni cellulari, in mancanza di denaro.

– Il 12 giugno, a Lubarika, un uomo è stato arrestato e detenuto nella prigione del commissariato della polizia nazionale congolese, a causa di un debito di 7.000 franchi congolesi (7$). La vittima è stata rilasciata dietro intervento di un animatore di ACMEJ.

– Il 15 giugno, due difensori dei diritti umani di Mutarule hanno ricevuto delle minacce di morte.
– Il 20 giugno, a Kalinda, degli agenti dell’Associazione dei Contadini (APA) di Lubarika, di ritorno da una missione di monitoraggio delle violazioni dei diritti umani, sono caduti in un’imboscata tesa da uomini armati, presunti combattenti hutu ruandesi delle FDLR, che li hanno picchiati e strappato i loro quaderni block notes.

– Il 21 giugno, a Kagabwe, alcuni direttori scolastici delle scuole secondarie degli altopiani, che avevano partecipato con i loro studenti alle prove degli esami di stato presso il Centro scolastico di
Lemera, sono caduti in un agguato teso da uomini armati non ancora identificati, che li hanno
picchiati e derubati del loro denaro.

– La sera del 24 giugno, a Katogota, un giovane di Lubarika è stato arrestato e detenuto nella prigione del Commissariato della polizia nazionale congolese per essersi seduto vicino alla moglie di un altro; il ragazzo è stato rilasciato il 25 giugno, grazie all’intervento di ACMEJ.

– La notte dal 25 al 26 giugno, a Kitemesho / Pianura del Ruzizi, verso le 20h00, un pastore
dell’8ª CEPAC è stato aggredito in casa sua da uomini armati relazionati al FNL. Grazie all’intervento militare delle FARDC, la vittima si è salvata.

– La notte dal 27 al 28 giugno, verso le 21h00, uomini armati, presumibilmente Maï-Maï, hanno attaccato il villaggio di Bwegera: una donna Munyamulenge ha ricevuto un colpo sparato a distanza ravvicinata.

– Il 29 giugno, a Katala, sulla strada da Luvungi a Lubarika, alcuni uomini sono caduti in un’imboscata tesa da uomini armati non identificati che li hanno picchiati e derubati.
– La sera del 29 giugno, a Katogota, un uomo è stato arrestato e detenuto nel carcere militare delle FARDC, per un debito che aveva con un vicino di casa. È stato poi rilasciato dietro intervento di ACMEJ.
– La sera del 30 giugno, a Kigushu, alcune persone di ritorno dal mercato di Rubanga, sugli altopiani, sono caduti in un’imboscata tesa da uomini armati, presumibilmente in relazione con i Maï-Maï, che li hanno derubati del loro denaro e dei loro telefoni cellulari.

– Il 2 luglio, a Mutarule, uomini armati Mutarule non identificati hanno rubato cinque mucche di un allevatore della comunità dei Banyamulenge.

Per questo, ACMEJ chiede:

+ il trasferimento immediato dei soldati delle FARDC e degli agenti di polizia attualmente dispiegati nella pianura del Rusizi e l’arrivo immediato di nuovi militari e agenti di polizia senza alcuna tendenza etnica;

+ Il ritiro immediato dei soldati burundesi che si trovano sul suolo congolese nel Settore 5 di Kiliba;

+ L’arresto dei responsabili dei massacri di Mutarule;

+ Un’operazione militare congiunta FARDC e MONUSCO contro i gruppi armati ancora attivi nella Pianura del Rusizi;

+ Il risarcimento alle vittime dei massacri.[17]

La Società Civile del Sud Kivu dice NO

L’8 luglio, la società civile del Sud Kivu ha divulgato un comunicato stampa sull’analisi della situazione d’insicurezza nella provincia. Essa ha potuto constatare:

– L’uccisione di un taxista, nella notte del 29 giugno, presso la piazza del Semaforo Rosso. L’autore di tale assassinio sarebbe un agente della Polizia Nazionale Congolese (PNC), a Bukavu;

– Le angherie commesse sulla popolazione civile da parte di agenti della PNC nei pressi della Piazza dell’Indipendenza, a Bukavu;

– La presenza, nel territorio di Walungu, di dodici posti di controllo abusivi. La popolazione è regolarmente oggetto di abusi vari;

– Gli atti di estorsione commessi nei confronti dei passeggeri da militari delle FARDC nei vari posti di blocco eretti tra Mulungu (Territorio di Shabunda) e Kamituga (Territorio di Mwenga). Ogni passante deve pagare 6.000 FC ad ogni barriera;

– Il ritardo registrato nel trasferimento dei membri delle FDLR da Karala e da Burinyi, dove sono raggruppati, verso il centro di accoglienza transitoria;

– Il possesso di armi da parte di gran parte della popolazione della pianura del Rusizi, soprattutto tra gli allevatori;

– L’alta tensione che esiste, dopo l’ultimo massacro commesso a Mutarule, tra le varie comunità etniche della pianura del Ruzizi, che si sospettano reciprocamente di essere alla base di questo grave crimine;

– La presenza di tensioni sociali a Lwangoma, nel Ragruppamento di Bushumba, in Territorio di Kabare, in seguito alla nomina di un nuovo capo villaggio da parte del capo della collettività;

– La tensione tra pastori e agricoltori a Kamanyola.

Per far fronte a questa situazione, la società civile del Sud Kivu raccomanda che:

* L’autorità provinciale convochi il prima possibile una conferenza provinciale sullo stato generale dell’insicurezza;
* L’autorità provinciale, sostenuta dal governo centrale e dai partner per lo sviluppo, avvii immediatamente una campagna per il recupero delle armi di piccolo calibro e delle armi leggere diffuse nella pianura del Rusizi in particolare e nel Sud Kivu in generale;

* Gli ufficiali delle FARDC e degli altri servizi di sicurezza s’impegnino immediatamente per porre fine a questa situazione d’insicurezza e per sopprimere tutti i posti di blocco eretti illegalmente;

* La MONUSCO, disponendo di una grande capacità logistica, aiuti il governo congolese nelle operazioni di trasferimento dei membri delle FDLR che hanno accettato di deporre le armi.

[1] Cf http://7sur7.cd/index.php/component/content/article/8-infos/6767-exclusif-guerre-des-2-collines-le-rapport-qui-met-a-nu-paul-kagame#.U7eN–mKBdg

http://rwandawire.com/wp-content/uploads/INVESTIGATION-AND-VERIFICATION-REPORT-ON-FIGTHING-BETWEEN-FARDC-AND-RDF-IN-KANYESHEJA-DRC-TERRITORY-1.pdf.pdf

[2] Cf BBC – Afrique, 23.06.’14

[3] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 27.06.’14

[4] Cf Radio Okapi, 26.06.’14 ; RFI, 26.06.’14

[5] Cf RFI, 02.07.’14

[6] Cf RFI – Rome, 26.06.’14 (via mediacongo.net)

[7] Cf Gus Ruelas – Reuters / RFI, 27.06.’14

[8] Cf Sonia Rolley – RFI, 30.06.’14

[9] Cf RFI, 02.07.’14

[10] Cf Kenny Katombe – Reuters / RFI, 01.07.’14

[11] Cf AFP – Kinshasa, 03.07.’14 (via mediacongo.net)

[12] Cf Kenny Katombe – Reuters / RFI, 03,07.’14

[13] Cf Sonia Rolley – RFI, 04.07.’14

[14] Cf Kenny Katombe – Reuters / RFI, 03,07.’14

[15] Cf http://www.hrw.org/fr/news/2014/07/02/rd-congo-l-armee-et-l-onu-n-ont-pas-agi-pour-arreter-un-massacre

[16] Cf Communauté Lubunga lwa Bafuliru en Amérique du Nord – Gatineau, 28.06.’14

[17] Cf Association Contre le Mal et pour l’Encadrement de la Jeunesse (ACMEJ). Regards indépendants n. 65 – mai/juin 2014