INDICE
1. L’ACCORDO DI PACE TRA LA RDC E IL RUANDA (WASHINGTON)
a. La seconda riunione del Comitato Congiunto per la sicurezza
b. Il progetto di integrazione economica regionale
2. I NEGOZIATI DI PACE TRA IL GOVERNO CONGOLESE E L’AFC/M3 (DOHA)
a. Il meccanismo di scambio dei prigionieri
b. La creazione di un meccanismo di verifica del rispetto del cessate il fuoco
3. DUE ANALISI DELLA SITUAZIONE
1. L’ACCORDO DI PACE TRA LA RDC E IL RUANDA (WASHINGTON)
a. La seconda riunione del Comitato Congiunto per la Sicurezza
Il 17 e 18 settembre, il Meccanismo Congiunto di Coordinamento per la Sicurezza (MCCS), istituito in seguito all’accordo di pace firmato il 27 giugno a Washington dalla RDC e dal Ruanda, ha tenuto la sua seconda riunione, con la partecipazione di rappresentanti della RDC, del Ruanda, degli Stati Uniti, del Qatar, del Togo (in qualità di facilitatore dell’Unione Africana) e della Commissione dell’Unione Africana.
Secondo la dichiarazione del Dipartimento di Stato americano, i membri del MCCS hanno esaminato l’attuale situazione di insicurezza che prevale nell’Est della RDC, per raggiungere una comprensione comune della situazione sul campo. Questa condivisione di informazioni è stata utilizzata per programmare una graduale attuazione del piano di neutralizzazione delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) e di ritiro delle truppe / revoca delle misure difensive da parte del Ruanda. Durante la riunione, le parti hanno negoziato un Ordine Operativo per far avanzare il suddetto piano e hanno concordato di iniziarne l’attuazione il 1° ottobre 2025.[1]
Il cammino è stato difficile. Le principali difficoltà sono sorte a causa delle diverse interpretazioni dell’accordo: la revoca delle cosiddette misure difensive da parte del Ruanda dovrebbe avvenire contemporaneamente alle operazioni di neutralizzazione delle FDLR? Chi dovrebbe condurre queste operazioni di neutralizzazione delle FDLR? Come intervenire contro le FDLR presenti nelle zone controllate dal gruppo politico-militare AFC/M23? E soprattutto, quando potrebbero iniziare le operazioni contro le FDLR? Durante le discussioni sono emerse varie differenze significative. Per la parte ruandese, le FDLR dispongono tra i 2.000 e i 3.000 combattenti sparsi tra il Nord e il Sud Kivu e le sue cosiddette misure difensive sono situate al di fuori del territorio congolese.
Secondo le autorità congolesi, le FDLR sarebbero composte da circa 1.500 combattenti. Poiché parte delle FDLR si trova in territorio occupato dall’M23, la delegazione congolese ha presentato un piano di neutralizzazione che avrebbe coinvolto l’AFC/M23 e il Ruanda, ma Kigali l’ha rifiutato, affermando che la responsabilità di tale operazione incombe esclusivamente alla parte congolese. Inoltre, Kinshasa ha chiesto al Ruanda di presentare un piano di revoca delle sue cosiddette misure difensive.
Secondo l’agenzia Reuters, le operazioni di revoca delle misure difensive del Ruanda dovrebbero iniziare tra il 21 e il 31 ottobre. Per quanto riguarda l’inizio delle operazioni contro le FDLR, non si è ancora fissato alcuna data. Tuttavia, secondo alcune fonti, esse dovrebbero iniziare prima del 15 ottobre, Se il programma verrà rispettato, la prima fase consisterebbe in attività preparatorie: condivisione di informazioni sulla localizzazione delle FDLR, pianificazione / coordinamento delle operazioni e sensibilizzazione della popolazione locale. Una nuova riunione del Meccanismo congiunto di coordinamento per la sicurezza è prevista a Washington Il 21 e 22 ottobre.[2]
Il 10 ottobre, in un comunicato, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno invitato tutte le fazioni delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) a deporre le armi e ad arrendersi alle autorità congolesi o alla Missione delle Nazioni Unite in Congo (MONUSCO), al fine di essere rimpatriate nel loro paese d’origine, il Ruanda.
L’esercito congolese esorta le FDLR a facilitare il processo di pace in corso e ad arrendersi senza violenza, né spargimento di sangue. In caso di resistenza e rifiuto di ottemperare a questa raccomandazione, l’esercito minaccia di disarmarle con la coercizione o con l’uso della forza.
Le FARDC ricordano pertanto a tutti i loro militari il divieto di collaborare, in un modo o in un altro, con le FDLR. Qualsiasi violazione di quest’ordine espone il colpevole a severe sanzioni. Esse invitano inoltre le popolazioni in contatto con le FDLR a dissociarsi da questo gruppo armato di origine ruandese e a sensibilizzarlo sulla necessità di arrendersi incondizionatamente alle autorità congolesi e/o alla missione dell’ONU. Il comunicato è stato firmato dal portavoce dell’esercito congolese, il Generale Sylvain Ekenge. Esso fa parte dell’attuazione dell’ordine operativo adottato il 1° ottobre 2025 dal Comitato Congiunto di Supervisione dell’Accordo di Washington, firmato dalla RDC e dal Ruanda con la mediazione degli Stati Uniti d’America.[3]
b. Il progetto di Integrazione Economica Regionale
Il 1° agosto, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il Ruanda hanno firmato, sotto l’egida degli Stati Uniti, una dichiarazione di principi per un Progetto di Integrazione Economica Regionale (PIER), un dispositivo che dovrà regolare un partenariato economico tra Kinshasa e Kigali, completando l’accordo di pace concluso tra i due Paesi a Washington il 27 giugno. Una prima bozza del testo di questo partenariato comprende tre settori principali: energia, infrastrutture e estrazione mineraria. Per quanto riguarda l’energia, due progetti dominano l’agenda: il completamento del finanziamento della diga idroelettrica Ruzizi III, un progetto strategico per l’intera regione, e l’estrazione comune del gas metano del Lago Kivu per la produzione di elettricità, un’iniziativa a cui partecipa anche il Burundi. Un’altra priorità è l’incremento delle infrastrutture di trasporto per passeggeri e merci. Ciò include la costruzione di magazzini, porti e mercati, nonché la mobilitazione di investimenti privati a sostegno della crescita economica della Regione dei Grandi Laghi. Un asse strategico di comunicazione è quello del Corridoio di Lobito che, rappresentando il maggior investimento statunitense nel trasporto ferroviario dei minerali nella regione centroafricana, finora collega lo Zambia, la Repubblica Democratica del Congo e l’Angola e ha già beneficiato di circa 6 miliardi di dollari di investimenti.
Per gli Stati Uniti, la sfida è creare nuove vie di evacuazione dei minerali, collegando due importanti regioni minerarie congolesi. L’obiettivo? Ridurre i rischi per gli investitori e rendere gli investimenti minerari più sicuri e redditizi. L’ambizione è chiara: costruire un settore industriale a livello mondiale, dalla miniera agli utenti finali, creando zone economiche transfrontaliere speciali per incrementare l’estrazione mineraria e le industrie correlate, con infrastrutture migliori e nuovi posti di lavoro. Nel settore minerario, il progetto mira anche e soprattutto a ristabilire un certo ordine. Pertanto, qualsiasi azienda sospettata di finanziare gruppi armati o di alimentare tensioni sarà esclusa dal nuovo quadro normativo, al fine di rompere definitivamente il legame tra minerali, conflitti e violenza. Per una maggiore trasparenza, gli attuali meccanismi regionali saranno rivisti, riformati o sostituiti, con l’obiettivo di renderli credibili, efficaci e conformi alle normative internazionali. Si tratta di un processo in cui sarà implicato il settore privato.
Mentre, sul fronte fiscale, Kinshasa e Kigali si impegnano ad armonizzare le loro norme e tabelle tariffarie per porre fine al contrabbando ed evitare una concorrenza fiscale dannosa, il testo prevede anche che entrambe le parti collaborino con gli Stati Uniti e altri partner, per garantire la sicurezza degli investimenti e rendere il settore più attraente.
È inoltre annunciato un vertice annuale ad alto livello per monitorare i progressi, aggiustare la traiettoria e, se necessario, coinvolgere altri partner, come i paesi limitrofi. In base all’accordo del 27 giugno, tutto deve essere operativo entro due settimane.[4]
Il 30 settembre, le delegazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Ruanda si sono incontrate negli Stati Uniti per l’ultimo ciclo di trattative sul Progetto di Integrazione Economica Regionale (PIER). Questi negoziati fanno parte di un’iniziativa volta a rafforzare la cooperazione bilaterale in diversi settori strategici. Massad Boulos, consigliere senior di Donald Trump per l’Africa, ha affermato che «il rafforzamento della cooperazione economica tra i due Paesi nei settori dell’energia, delle infrastrutture, delle catene di approvvigionamento minerario, della sanità, del turismo e del commercio creerà nuove opportunità di crescita economica, creazione di posti di lavoro e accesso ai servizi essenziali» e ha sottolineato l’importanza di un partenariato vantaggioso per entrambi i Paesi. Per questi due Paesi, le trattative in corso potrebbero rappresentare un passo decisivo, poiché potrebbero aprire la strada a una migliore circolazione dei beni e dei servizi, oltre a un uso più responsabile delle risorse naturali, in particolare nel settore minerario. I negoziati affrontano anche la questione della trasparenza nelle catene di approvvigionamento minerario, un requisito divenuto essenziale in un contesto in cui la tracciabilità e la lotta al finanziamento dei conflitti sono tra le principali preoccupazioni della comunità internazionale. Il PIER sembra essere quindi uno strumento fondamentale per la cooperazione economica regionale, essendo progettato per superare le divisioni politiche e militari tra i due Paesi.[5]
A causa della persistente presenza di truppe ruandesi sul territorio congolese, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha rifiutato di firmare il documento sul Progetto di Integrazione Economica Regionale (PIER) con il Ruanda. Un alto funzionario ruandese, che ha chiesto di restare anonimo, ha confermato che il testo del PIER era già stato finalizzato e che la firma non ha avuto luogo a causa del rifiuto da parte della delegazione congolese. La posizione congolese è chiara: non si può prevedere alcun progresso economico finché le forze ruandesi non lasceranno l’est del Paese. «La RDC non firmerà l’accordo, finché il 90% delle truppe ruandesi non sarà stato ritirato», ha dichiarato a Reuters una fonte congolese prossima al dossier. Questo rifiuto si baserebbe sulla clausola contenuta nell’accordo di pace firmato a Washington il 27 giugno e relativa al ritiro delle truppe / revoca delle “misure difensive” da parte del Ruanda entro 90 giorni. Secondo Kinshasa, la presenza militare ruandese e l’occupazione territoriale dell’AFC/M2 sono incompatibili con una pace duratura e la stabilità regionale. Per Kinshasa, la priorità rimane la sovranità nazionale e la sicurezza delle popolazioni dell’est del Paese, condizioni ritenute essenziali prima di qualsiasi integrazione economica con Kigali. E un diplomatico delle Nazioni Unite si è chiesto: «Come si può parlare di integrazione economica con un Paese limitrofo, il cui esercito occupa ancora parte del territorio congolese e appoggia un gruppo armato che sta massacrando la popolazione congolese?». Secondo un membro di Lucha, «il governo congolese ha fatto bene a dire di no e deve continuare a farlo. Perché cedere oggi significherebbe permettere la spartizione del Paese domani».[6]
In un’intervista esclusiva rilasciata a Scripps News, il presidente congolese Félix Tshisekedi ha affermato che la RDC è disposta a fornire agli Stati Uniti i minerali essenziali per la transizione energetica globale [cobalto, rame e litio], a condizione che Washington contribuisca a riportare la pace nell’Est del Paese. Il capo dello Stato congolese ha ricordato che la RDC produce quasi tre quarti del cobalto mondiale e che detiene più della metà delle riserve mondiali. «Dato che, sotto la guida del presidente Trump, gli Stati Uniti stanno mostrando grande interesse per questi minerali strategici, il loro primo dovere dovrebbe essere quello di garantire la sicurezza degli investimenti», ha egli dichiarato, sottolineando pure la volontà del suo Paese di passare da un’economia estrattiva a un’economia trasformativa: «Non vogliamo più limitarci ad estrarre minerali, perché desideriamo trasformarli localmente».[7]
Presentato come una piattaforma dinamica di cooperazione, il Progetto di Integrazione Economica Regionale (PIER ha come obiettivi quelli di ufficializzare l’attività mineraria artigianale, rafforzare la tracciabilità dei minerali e la trasparenza delle filiere di approvvigionamento, sviluppare le infrastrutture regionali (in particolare nell’ambito del corridoio di Lobito finanziato dagli Stati Uniti), aumentare le capacità di produzione e di trasformazione dei minerali e promuovere iniziative congiunte nei settori dell’energia, della sanità e del turismo. Dovrebbe rappresentare la componente economica del processo di pace tra la RDC e il Ruanda avviato il 27 giugno 2025 à Washington insieme al Meccanismo Congiunto di Coordinamento per la Sicurezza (MCCS).[8]
2. I NEGOZIATI DI PACE TRA IL GOVERNO CONGOLESE E L’AFC/M3 (DOHA)
a. Il meccanismo di scambio dei prigionieri
Il 12 settembre, gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver accolto con favore la firma, nell’ambito dei negoziati di Doha e da parte del governo congolese e del movimento armato M23, di un meccanismo di scambio dei prigionieri, presentato come un passo fondamentale verso la de-escalation nell’Est della RDC. Nell’ambito di questo meccanismo, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) fungerà da intermediario neutrale, per l’identificazione, la verifica e il rilascio in sicurezza dei detenuti di entrambe le parti. L’attuazione del meccanismo prevede la redazione e la certificazione delle liste dei prigionieri e la loro approvazione da parte di tutte le parti implicate. Il movimento ribelle AFC/M23 parla di circa 700 persone (suoi membri e simpatizzanti) arrestate da Kinshasa. Fonti governative, invece, parlano di circa 1.500 militari congolesi che, in gennaio e febbraio, erano stati inviati dall’M23 nel campo militare di Rumangabo, vicino a Goma, per essere “riciclati”. Occorre inoltre ricordare che circa 1.300 soldati dell’esercito congolese che si erano rifugiati presso il quartier generale della MONUSCO erano già stati trasferiti da Goma a Kinshasa in aprile, grazie alla mediazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR). Da parte sua, Washington ha esortato le parti ad «approfittare di questa dinamica per compiere ulteriori progressi verso la conclusione di un accordo di pace definitivo».[9]
Per quanto riguarda il meccanismo di scambio di prigionieri, sono stati firmati due documenti separati: uno tra l’AFC/M23 e il CICR e un altro tra il governo congolese e il CICR. Non vi sono state firme dirette tra la delegazione governativa e quella dell’AFC/M23. Da una parte, il Ministro congolese della Giustizia, Guillaume Ngefa, ha escluso qualsiasi rilascio di prigionieri sospettati di aver commesso gravi crimini ma, dall’altra, l’AFC/M23 ha dichiarato di essere in attesa del rilascio di diversi suoi leader condannati a morte. Le liste dei prigionieri da liberare non sono ancora state convalidate né comunicate. Kinshasa vuole che lo scambio dei prigionieri sia incluso nell’accordo di pace finale, mentre l’AFC/M23 esige che venga effettuato prima di continuare i negoziati. Un altro punto critico: il principio di “esclusione” dalla procedura di liberazione dei prigionieri sostenuto da Kinshasa per gli autori di crimini gravi è respinto dai ribelli, che chiedono l’inclusione di alcuni loro membri condannati a morte. Il CICR resta ancora in attesa di un compromesso che gli permetta di intervenire.[10]
Al di là di questa divergenza, il problema principale è la mancanza di fiducia. Entrambe le parti continuano a rafforzare le proprie posizioni. L’AFC/M23 ha continuato a reclutare nuovi combattenti, tra cui degli ex soldati dell’esercito nazionale, il che ha suscitato l’ira di Kinshasa. Da parte sua, il governo congolese ha pubblicamente invitato questi soldati a puntare le armi contro le truppe dell’AFC/M23. Secondo varie fonti, ciascuna delle due parti sta tentando di raggiungere un equilibrio di potere sul terreno militare per ottenere dall’altra delle concessioni, il che spiega il motivo per cui, nonostante gli sforzi di mediazione e gli accordi firmati, le ostilità continuino il loro corso.[11]
Anche se la questione del rilascio dei prigionieri venisse risolta, ci sono ancora molti altri disaccordi tra le due parti. Rafforzato dalle vittorie militari sull’esercito congolese, il movimento AFC/M23 ha notevolmente alzato l’asticella delle sue rivendicazioni, esigendo una cogestione della sicurezza e dell’amministrazione con Kinshasa nei territori sotto il suo controllo. Ciò costituisce una nuova linea rossa per le autorità congolesi che rifiutano di cedere parte della loro autorità sui territori perduti.[12]
b. La creazione di un meccanismo di verifica del rispetto del cessate il fuoco
Il 6 ottobre, le delegazioni di Kinshasa e dell’AFCM23 sono attese a Doha per un nuovo round di negoziati sempre sotto la mediazione del Qatar. Si prevede che le discussioni verteranno sulle questioni dello scambio dei prigionieri, dell’apertura di corridoi umanitari nelle zone sotto controllo dell’AFC/M23 e della creazione di un meccanismo di monitoraggio del cessate il fuoco. Ma al di là di queste cosiddette misure di “rafforzamento della fiducia”, varie grandi divergenze continuano a creare dissidi tra le due parti. Da parte sua, Kinshasa rimane ferma nelle sue posizioni: il completo ritiro dell’AFC/M23 dai territori occupati e l’assoluto rispetto della sovranità nazionale. Il movimento d’AFC/M23 chiede invece delle concrete garanzie di sicurezza e un riconoscimento politico che esso ritiene di essergli stato negato per molti anni. Occorre ricordare che, a proposito della questione del rilascio dei prigionieri, una delicata questione gestita dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), è già stato firmato un meccanismo congiunto di identificazione, verifica e liberazione ma, nella realtà, non è ancora cambiato nulla e la guerra continua a infuriare.[13]
Il 7 ottobre, in una conferenza stampa a Doha, Majed Al Ansari, portavoce del Ministero degli Affari Esteri del Qatar, ha annunciato la sospensione del sesto round di negoziati diretti previsto per quella settimana tra il governo congolese e i ribelli dell’AFC-M23. Secondo lui, l’attenzione diplomatica del Qatar è attualmente concentrata interamente sulla crisi della Striscia di Gaza, per la quale si stanno svolgendo dei colloqui di pace in Egitto. Non è ancora stata annunciata alcuna nuova data per la ripresa dei colloqui a Doha. Secondo alcune fonti, il nuovo round di trattative (“Doha 6”) tra i delegati del governo congolese e quelli dell’AFC/M23 è stato rinviato alla prossima settimana e avrà come obiettivo quello di finalizzare il meccanismo di cessate il fuoco, in vista di far avanzare le discussioni verso la firma di un accordo di pace definitivo tra le due parti.[14]
Il 14 ottobre, nel corso del sesto round di colloqui a Doha, le due delegazioni del governo congolese e dell’AFC/M23 hanno firmato un accordo sulla creazione di un meccanismo di verifica del rispetto del cessate il fuoco. L’accordo è stato firmato da René Abandi, capo negoziatore dell’AFC/M23 e da Sumbu Sita, alto rappresentante del presidente Félix Tshisekedi.
L’obiettivo principale è quello di mettere a tacere le armi, per garantire la sicurezza della popolazione, permettere di far avanzare le discussioni in vista della firma di un accordo di pace globale tra le due parti e rendere possibile l’attuazione dei vari compromessi già raggiunti.
Il meccanismo di monitoraggio e verifica del rispetto del cessate il fuoco sarà composto dai seguenti rappresentanti:
– Un numero uguale di rappresentanti del governo congolese e dell’Alleanza del Fiume Congo / Movimento del 23 Marzo (AFC/M23);
– Dei rappresentanti dell’Unione Africana, del Qatar e degli Stati Uniti in qualità di osservatori;
– I membri del Meccanismo Congiunto di Verificazione Allargato (MCVA) della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL).
– Alcuni rappresentanti della MONUSCO, come partecipanti aggiuntivi per il coordinamento logistico.
La missione di questo Meccanismo di verifica del rispetto del cessate il fuoco (MCVA+) è di monitorare l’attuazione del cessate il fuoco permanente, attraverso inchieste e verifiche di eventuali presunte violazioni e di adottare le misure necessarie per prevenirle, con l’apporto delle parti interessate.
Per perseguire questa missione:
– Le Parti garantiranno che i membri dell’MCVA abbiano accesso, in sicurezza e senza ostacoli, a entrambi i lati della linea del fronte, per facilitare la loro efficace partecipazione al monitoraggio del cessate il fuoco permanente sul campo;
– Il MCVA indagherà e verificherà tutte le informazioni, i dati e le attività relative alle segnalazioni di presunte violazioni del cessate il fuoco permanente;
– Il MCVA documenterà le segnalazioni di presunte violazioni e fornirà bollettini settimanali al MCVA+;
– Qualsiasi membro del MCVA può segnalare al MCVA+ qualsiasi presunta violazione del cessate il fuoco permanente. Tutte le segnalazioni di sospette violazioni devono essere inviate al MCVE+ entro 72 ore.[15]
3. DUE ANALISI DELLA SITUAZIONE
Le operazioni per l’attuazione dell’accordo di pace firmato tra RDC e Ruanda il 27 giugno dovrebbero iniziare il 1° ottobre, ma il consigliere di Donald Trump per l’Africa, Massad Boulos, ha riconosciuto la complessità di un conflitto che richiede più tempo del previsto per essere risolto.
Mentre i negoziati di Doha tra Kinshasa e l’AFC/M23 sono stati temporaneamente sospesi e gli scontri tra l’AFC/M23 appoggiato da truppe ruandesi e l’esercito congolese appoggiato da combattenti wazalendo continuano senza sosta, un barlume di speranza è emerso a Washington, in seguito a una riunione del Meccanismo di Coordinamento Congiunto previsto dall’accordo di pace tra la RDC e il Ruanda. È stato finalmente annunciato un calendario previsto per l’avvio delle operazioni di neutralizzazione delle FDLR e di ritiro delle forze ruandesi dal territorio congolese. La data è stata fissata per il 1° ottobre. Secondo le informazioni raccolte da Reuters, la cosiddetta “revoca delle misure difensive” da parte di Kigali dovrebbe iniziare nell’ultima settimana di ottobre. Invece, il calendario delle operazioni di neutralizzazione delle FDLR, esigita dal Ruanda, è più vago. Tuttavia, sono già previste varie fasi preparatorie (identificazione e localizzazione delle FDLR, pianificazione e coordinazione delle operazioni e, infine, sensibilizzazione della popolazione) prima di dare inizio alle operazioni vere e proprie contro questo gruppo armato hutu di origine ruandese e ora alleato di Kinshasa.
Queste operazioni di neutralizzazione delle FDLR e di ritiro delle truppe ruandesi dovrebbero essere completate entro la fine di dicembre 2025. Il problema è che, dall’avvio dei processi di pace di Washington e di Doha, non si è mai rispettato né gli impegni presi, né le scadenze fissate.
Resta da vedere se, per una volta, si riuscirà a rispettare la tempistica prevista. Una delle maggiori difficoltà riguarda le operazioni di neutralizzazione delle FDLR. Chi condurrà queste operazioni? C’è molto disaccordo su questo punto. Kinshasa ritiene che, poiché una parte delle FDLR si trova in territorio occupato, l’AFC/M23 e il Ruanda dovrebbero essere coinvolti in tali operazioni, cosa che Kigali avrebbe rifiutato. Inoltre, molti osservatori non nascondono il loro scetticismo sulla possibilità di sradicare le FDLR in un lasso di tempo così breve, visto che tutte le precedenti operazioni militari non sono mai riuscite a farlo.
Inoltre, in una conferenza stampa tenutasi a New York, Massad Boulos, consigliere speciale di Donald Trump per l’Africa, ha ribadito l’enorme importanza del processo di pace di Doha in Qatar, considerato come “l’ultimo pezzo di un puzzle”. Ma è un pezzo che richiederà sicuramente un tempo più lungo del previsto, pur facendo parte di un processo globale di pace guidato da Stati Uniti e Qatar. A Doha, le difficoltà sembrano maggiori rispetto a quelle incontrate a Washington. Va detto che le rivendicazioni dei belligeranti sembrano ancora inconciliabili. L’AFC/M23 ha rivisto al rialzo le sue richieste e Kinshasa ha continuato a non voler fare alcuna concessione, al fine di riprendere il controllo sui suoi territori. Il movimento AFC/M23 chiede la cogestione delle questioni politiche, amministrative e di mantenimento della sicurezza nelle zone sotto suo controllo, ciò che le autorità congolesi considerano una linea rossa da non oltrepassare. Altri punti divisivi posti dall’AFC/M23 come prerequisiti per qualsiasi tipo di negoziato con il governo sono il rilascio, da parte del governo congolese, dei prigionieri dell’M23 e l’integrazione dei membri dell’AFC/ M23 nell’esercito nazionale e nelle istituzioni politiche del Paese.
A Doha, le due parti e il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) hanno firmato un accordo per uno scambio dei prigionieri. La Croce Rossa è stata incaricata dell’identificazione, verifica e rilascio dei detenuti, ma sarà ancora necessario un accordo sulla lista dei prigionieri che potrebbero essere liberati, cosa che non è ancora stata fatta. La prossima ripresa delle discussioni a Doha sarà senza dubbio condizionata da progressi significativi su questo tema. Ma l’elemento più interessante della conferenza stampa di Massad Boulos a New York è stata senza dubbio la sua valutazione dei tempi necessari per riportare la pace nella regione. Il consigliere speciale del presidente statunitense ha riconosciuto la complessità di un conflitto che perdura da trent’anni e ha insistito sulla necessità di risolvere “le cause profonde di questo conflitto”. Tra le righe, si capisce che la neutralizzazione delle FDLR e il ritiro delle truppe ruandesi dal suolo congolese probabilmente non saranno sufficienti per far tacere le armi. Il conflitto è multifattoriale e la strada per la pace potrebbe essere più lunga del previsto, lascia intendere Massad Boulos.
Tra le “cause profonde” ci sono anche dei problemi di governance o di decentralizzazione, ritiene il consigliere di Donald Trump, che si riferisce ad alcune rivendicazioni dell’AFC/M23 in materia di “federalismo” e di “autonomia” delle provincie. C’è anche la delicata questione dell’integrazione dei membri dell’AFC/M23 nell’esercito regolare o nelle istituzioni politiche ed amministrative dello Stato. Si tratta di una questione scottante per Kinshasa, i cui deputati avevano approvato una legge che escludeva qualsiasi tipo di “integrazione” dei combattenti dei gruppi armati nell’esercito nazionale. Il consigliere di Donal Trump per l’Africa ammette per la prima volta che alcune di queste questioni potrebbero sollevare delle “problematiche costituzionali” e richiedere quindi più tempo del previsto. Si tratta di un’analisi molto pragmatica di Massad Boulos, che contrasta con le dichiarazioni trionfaliste di Donald Trump sulla fine della guerra e il ritorno della pace in Congo.[16]
L’ex relatore della Commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea Nazionale, Juvénal Munubo, si dice preoccupato per la “mancanza di fiducia” e il “dialogo tra sordi” che si sono instaurati tra Kinshasa e l’AFC/M23 nel corso dei negoziati di Doha. L’ex parlamentare di Walikale ritiene che non ci si debba aspettare tutto dai processi di pace di Doha e Washington e appoggia la proposta di un “dialogo interno tra Congolesi”.
Afrikarabia: Perché i negoziati di Doha e di Washington sono entrati in una fase di stallo?
Juvénal Munubo: Non c’è alcuna fiducia tra il governo congolese e l’AFC/M23. Il primo non è affatto pronto ad accogliere le rivendicazione del secondo, in particolare sulla questione dei prigionieri politici. Le autorità congolesi esitano a liberarli. In questi negoziati, Kinshasa fa affidamento principalmente sulla pressione internazionale degli Stati Uniti sul Ruanda. Il problema è che questa pressione non si concretizza. Nel frattempo, Kigali ha armonizzato le sue relazioni con Washington, in particolare sulla questione dei migranti che il Ruanda può accogliere in seguito alla loro espulsione dagli Stati Uniti.
Afrikarabia: Eppure, a Washington si è annunciato il 1° ottobre come data prevista per l’inizio delle operazioni di neutralizzazione delle FDLR e del ritiro delle truppe ruandesi dal territorio congolese.
Juvénal Munubo: Si parla di neutralizzare le FDLR, ma cosa significa realmente? Esiste una mappatura delle posizioni delle FDLR? Chi prenderà il comando delle eventuali operazioni militari? Tali operazioni saranno condotte congiuntamente con le truppe dell’AFC/M23 e dell’esercito ruandese o solamente dall’esercito congolese? Non lo si sa. È stata annunciata la data del 1° ottobre, ma finora non è successo nulla di concreto. E poi c’è la famosa revoca delle “misure difensive” del Ruanda che, per Kinshasa, significa ritiro delle truppe ruandesi dal territorio congolese. Secondo il governo congolese, il ritiro delle truppe ruandesi deve avvenire prima di qualsiasi altra cosa: prima dell’inizio dei negoziati veri e propri e, in ogni modo, prima della firma di un accordo di pace. Secondo l’AFC/M23 e Kigali, la revoca delle “misure difensive” non implica affatto il disimpegno delle truppe ruandesi, né il loro ritiro, ma sarà solo il risultato delle conclusioni finali dei negoziati di Doha. Si tratta quindi di un vero dialogo tra sordi.
Afrikarabia: Cosa ci si può aspettare da Washington?
Juvénal Munubo: Donald Trump afferma di aver posto fine alla guerra in Congo, mentre il suo consigliere per l’Africa, Massad Boulos, non è ovviamente in grado di confermarlo. Quindi non ci si dovrebbe aspettare tutto né da Washington, né da Doha. Forse è questo il momento di passare a un dialogo intercongolese interno, ma ciò dipende dal presidente Félix Tshisekedi. Forse è anche il momento di rivolgersi all’Unione Africana, per spingere Faure Gnassingbé e il gruppo dei facilitatori ad implicarsi maggiormente.
Afrikarabia: I due processi di pace che si svolgono a Washington e a Doha sono strettamente collegati, ognuno dipendente dall’altro. Non è un problema?
Juvénal Munubo: A mio parere, occorre prima di tutto che i negoziati di pace di Doha, tra la RDC e l’AFC/M23, si concludano con esito positivo, perché molte zone in cui si deve operare per neutralizzare le FDLR sono controllate dall’AFC/M23. Pertanto, è necessario raggiungere dapprima un accordo con l’M23, per potere iniziare le operazioni di neutralizzazione delle FDLR e rendere quindi effettivi gli accordi di Washington. Se i negoziati di Doha si bloccano, l’accorso di pace firmato a Washington non potrà essere attuato.
Afrikarabia: A Doha, si ha l’impressione che le rivendicazioni di entrambe le parti siano irreconciliabili. L’AFC/M23 esige la cogestione delle zone sotto suo controllo, mentre Kinshasa chiede la restaurazione dell’autorità dello Stato nei territori perduti. Non si vede come si possa sbloccare la situazione.
Juvénal Munubo: La prima bozza di una proposta di accordo tra la RDC e l’AFC/M23 conteneva effettivamente questo tipo di elementi, tra cui una cogestione quinquennale dei territori controllati dall’AFC/M23. Ciò sembra inimmaginabile. Per ora, a Doha, si è in una posizione negoziale, quindi è normale che si sposti l’asticella molto in alto. È una tattica classica. Entrambe le parti stanno attualmente esercitando pressioni molto forti l’una nei confronti dell’altra. Ciò che potrebbe costringere l’AFC/M23 ad ammorbidire la sua posizione sarebbe un gesto forte da parte di Kinshasa, come il rilascio di alcuni prigionieri politici.
Afrikarabia: Un’altra questione è cosa fare con i Wazalendos, quei gruppi armati che, benché alleati con l’esercito congolese per combattere contro l’AFC/M23, non sono stati integrati né nel processo di pace di Washington, né in quello di Doha.
Juvénal Munubo: La questione dei Wazalendo è importante perché, se non gestita correttamente, potrebbe trasformarsi in una bomba a orologeria per Kinshasa. Questi gruppi armati hanno ora delle fatture da presentare al governo congolese, che ha un debito enorme nei loro confronti. Senza la loro resistenza, l’AFC/M23 si sarebbe ulteriormente addentrata all’interno del Paese. Molti di questi combattenti wazalendo ritengono che la legge sulla Riserva Armata della Difesa (RAD) sia la porta d’accesso alla loro integrazione nell’esercito. Tuttavia, la legge sulla RAD non prevede di integrarli tutti nell’esercito nazionale. È quindi probabile che le aspettative di molti di essi vengano deluse. Va inoltre notato che, a parte il processo di pace di Doha, con la partecipazione dell’AFC/M23, non esiste alcun altro processo negoziale specifico per questi gruppi armati interni. Questo aspetto avrebbe dovuto essere affrontato al momento dell’iniziativa di Nairobi, che prevedeva negoziati tra Kinshasa e i gruppi armati interni. Credo che sarebbe interessante, dopo la risoluzione di Doha, aprire un quadro di discussione con questi gruppi armati interni. Si dovrebbe iniziare a rifletterci sopra a partire da adesso.
Afrikarabia: La città di Goma è sotto il controllo dell’AFC/M23 da nove mesi. Si ha l’impressione che con il passare del tempo, sarà più difficile per Kinshasa riprendere il controllo dei territori perduti.
Juvénal Munubo: Sì, ora esiste un’amministrazione parallela istituita dall’AFC/M23 che ha nominato i suoi governatori, i suoi sindaci, i suoi magistrati… Si assiste a parate militari dell’M23 con nuove reclute. Tutto questo non è insignificante. Si è ritornati alla situazione della seconda Guerra del Congo del 1998, quando l’est del paese rimase isolato da Kinshasa per cinque anni. Più perdura questa situazione, maggiore è il timore della cosiddetta “balcanizzazione” della RDC. È davvero nell’interesse di Kinshasa accelerare i tempi e mostrare tutta la sua buona fede possibile, per evitare di cadere nella trappola della balcanizzazione. È meglio procedere il più rapidamente possibile verso la soluzione, che è politica.
Afrikarabia: Ciò significa che c’è un problema congolo/congolese da risolvere?
Juvénal Munubo: Assolutamente sì, ed è questo che rende necessario un dialogo intercongolese interno, che non può essere indetto né a Doha, né a Washington. Anche se a Doha e a Washington si arrivasse a una soluzione, come tutti auspicano, il problema sarebbe risolto solo parzialmente. Dopo Doha, sarà necessario aprire un dialogo interno per trovare una risposta alla questione dei gruppi armati locali. Restano due questioni da risolvere: cosa fare con gli oppositori politici, alcuni dei quali vivono in esili? E cosa fare con i gruppi armati? Non tutto si risolverà a Washington e a Doha. Si dovrà procedere nella ricerca della coesione interna, perché c’è un reale disagio tra la maggioranza presidenziale e l’opposizione politica e sociale. Senza questo, la pace non sarà che precaria.[17]
[1] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 25.09.’25
[2] Cf RFI. fr, 25.09.’25
[3] Cf Radio Okapi, 11.10.’25
[4] Cf RFI.fr, 15.09.’25
[5] Cf Christpain Bamwisamba – Ouragan / MCP, via mediacongo.net, 01.10.’25
[6] Cf Prosper Buhuru – Opinion Info / MCP, via mediacongo.net, 04.10.’25; Chrioni Kibungu – Ouragan / MCP , via mediacongo.net, 07.10.’25
[7] Cf Prosper Buhuru – Opinion Info / MCP, via mediacongo.net, 04.10.’25
[8] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 09.10.’25
[9] Cf Actualité.cd, 12.09.’25
[10] Cf RFI.fr, 06.10.’25
[11] Cf Actualité.cd, 25.09.’25
[12] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 24.09.’25
[13] Cf Chrioni Kibungu – Ouragan / MCP , via mediacongo.net,07.10.’25
[14] Cf Josue Lelo – Afrik-Info.cd / MCP , via mediacongo.net, 08.10.’2; Clément Muamba – Actualité.cd, 08.10.’25
[15] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 15.10.’25
[16] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 28.09.25 https://afrikarabia.com/wordpress/processus-de-paix-en-rdc-optimisme-et-prudence-a-washington/
[17] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia,com, 08.10.’25 http://afrikarabia.com/wordpress/conflit-en-rdc-tout-ne-sera-pas-resolu-a-doha-et-washington/