TRIBUNALI COMUNITARI SUL GENOCIDIO IN RWANDA: 1^ PARTE

Rapporto Human Rights Watch, 31 maggio 2011 (1ª Parte)

SOMMARIO:

I. RIASSUNTO GENERALE
   A. Sintesi
   B. Conclusioni
   C. Alcune citazioni prese dal rapporto

II. RACCOMANDAZIONI

III. FASE INIZIALE DEL SISTEMA GACACA
   A. Differenze tra il sistema gacaca tradizionale e quello contemporaneo.
   B. Il quadro giuridico che regola i casi di genocidio e i tribunali Gacaca
         – Prima legge del genocidio ruandese
         – Le leggi sui gacaca.
         – Fase pilota del sistema gacaca.
         – Attuazione del sistema gacaca a livello nazionale.
         – La fase finale del processo di gacaca.

Il rapporto “Giustizia compromessa: L’eredità dei tribunali comunitari gacaca del Ruanda” , pubblicato da Human Rights Watch il 31 maggio, valuta gli aspetti positivi dei tribunali comunitari gacaca, ma sottolinea anche un certo numero di gravi lacune nel loro lavoro, particolarmente la corruzione e le irregolarità di procedura.

Di 160 pagine, il rapporto esamina anche la decisione del governo di trasferire i casi degli stupri commessi durante il genocidio davanti ai tribunali gacaca e di escludere dalla loro competenza i crimini commessi dai militari del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), partito al potere da quando il genocidio si è concluso nel luglio 1994.

“I tribunali hanno aiutato i Ruandesi a comprendere meglio ciò che è accaduto nel 1994, ma, in numerosi casi, dei processi difettosi hanno condotto ad errori giudiziari”, ha dichiarato Daniel Bekele, direttore della divisione Africa di Human Rights Watch. “Mentre i tribunali gacaca stanno progressivamente riducendo le loro attività, il Ruanda dovrebbe istituire delle unità specializzate in seno al sistema giudiziario nazionale per esaminare i vari casi di errori giudiziari”, ha aggiunto Human Rights Watch.

I. RIASSUNTO GENERALE

A. Sintesi

Le giurisdizioni gacaca sono state create nel 2001 per rispondere all’ingente numero dei casi di genocidio registrati presso il sistema giudiziario ordinario e alla conseguente crisi carceraria. Nel 1998, 130.000 persone sospettate di aver commesso atti di genocidio erano ammucchiate in uno spazio carcerario concepito per accogliere 12.000 persone e in condizioni talmente disumane da causare migliaia di morti. Tra dicembre del 1996 e inizio 1998, i tribunali ordinari avevano processato solamente 1.292 persone sospettate di genocidio. A questo ritmo, i processi per genocidio avrebbero potuto proseguire per oltre un secolo, lasciando dietro le sbarre, per anni e addirittura per decenni, numerosi indiziati nell’attesa del loro processo. Si sarebbe potuto accelerare processi mediante la presenza anche di avvocati e giudici stranieri, ma il governo ruandese ha respinto tale proposta.

Per giudicare i crimini legati al genocidio, il governo ruandese ha, invece, proposto di creare dei tribunali comunitari, utilizzando il modello tradizionale dei gacaca. La legge gacaca è stata approvata nel 2001. Sotto la supervisione del governo e con scarse garanzie di una procedura regolare, i nuovi tribunali gacaca hanno combinato il diritto penale moderno con le procedure comunitarie informali più tradizionali. I tribunali comunitari sono chiamati “gacaca” – prato nella lingua del paese, il kinyarwanda – in riferimento al luogo in cui le comunità si riunivano tradizionalmente per risolvere i conflitti sociali.

Fin dall’inizio, considerando la gravità e la complessità dei crimini in questione, certe persone avevano temuto che il sistema gacaca non fosse il meccanismo adeguato per affrontare i processi per genocidio. Il modello tradizionale dei gacaca era stato utilizzato unicamente per i litigi civili minori a proposito di possessioni, eredità, danni corporali e relazioni coniugali. I casi più gravi, come gli omicidi, erano riservati alla decisione dei capi villaggio o del rappresentante del re. Si temeva che i giudici non riuscissero ad applicare correttamente la legge, dato che molti di loro non avevano ricevuto una sufficiente formazione. Si avvertiva il rischio della parzialità perché, nel contesto locale, i giudici avrebbero inevitabilmente conosciuto le parti in conflitto, ciò che avrebbe ridotto la loro obiettività e aumentato il rischio di corruzione. Più importante ancora, si avvertiva che le procedure gacaca non sarebbero riuscite a conformarsi agli obblighi internazionali del Ruanda in materia di processo equo. Quasi dieci anni dopo l’inizio del processo gacaca, un buon numero di queste preoccupazioni si sono rivelate fondate.

Respingendo tali preoccupazioni, il governo ruandese ha lanciato, nel giugno 2002, una forma contemporanea di gacaca per giudicare i casi di genocidio.

Per oltre due anni, i tribunali hanno redatto delle liste di vittime e indiziati e classificato questi ultimi in quattro categorie, in funzione della gravità dei crimini allegati. I casi più gravi (di prima categoria) che comprendevano gli omicidi di massa, gli autori di stupri e le autorità che avevano incitato ai massacri, sono stati trasferiti ai tribunali classici e il resto dei casi sono stati attribuiti ai tribunali gacaca.

I primi processi gacaca sono cominciati nel 2005. Si pensava di concluderli entro la fine del 2007. Ma, nei seguenti tre anni, il periodo di attività è stato prolungato a più riprese. A metà luglio 2010, il governo ha annunciato la fine degli ultimi processi macaca. Tuttavia, dopo due mesi, e in modo inaspettato, ha dichiarato che i gacaca avrebbero continuato ancora la loro attività. Questa nuova estensione avrebbe dovuto permettere al Servizio Nazionale delle Giurisdizioni Gacaca (SNJG) di esaminare un certo numero di presunti errori giudiziari e di procedere, se necessario, ad una revisione. Tuttavia, i tribunali gacaca non avrebbero dovuto trattare nuovi casi. Nel maggio 2011, il ministro della Giustizia avrebbe annunciato che i tribunali gacaca avrebbero concluso ufficialmente la loro attività entro dicembre 2011.

Dal 2005, oltre 12.000 tribunali comunitari gacaca hanno processato circa 1,2 milioni di casi legati al genocidio del 1994 che avrebbe causato oltre mezzo milione di morti.

Benché i diritti dell’imputato ad un processo giusto siano garantiti tanto dal diritto ruandese che dal diritto internazionale, le leggi sui gacaca non hanno previsto garanzie sufficienti per assicurarli. Se le leggi sui gacaca hanno cercato di proteggere certi diritti, particolarmente il diritto alla presunzione di innocenza, fino a prova contraria, ne hanno tuttavia modificato alcuni, tra cui il diritto di avere un tempo sufficiente per preparare la propria difesa e ne hanno completamente sacrificati altri, particolarmente il diritto ad un avvocato. Decine di casi menzionati nel rapporto dimostrano come tali lacune, constatate nella procedura, hanno direttamente contribuito a viziare vari processi gacaca.

In certi processi, Human Rights Watch ha, infatti, constatato parecchie irregolarità.

Si tratta particolarmente di:

– violazioni fondamentali del diritto ad un processo giusto;

– restrizioni delle possibilità di preparare una difesa efficace dell’imputato;

– errori giudiziari dovuti al ricorso a giudici che non avevano, in grande parte, beneficiato della formazione necessaria, o che erano legati a una delle parti, o che avevano punti di vista parziali su ciò che era accaduto durante il genocidio;

– false accuse, fra cui varie basate sulla volontà del governo ruandese di far tacere le voci critiche;

– utilizzazione del sistema gacaca per regolare dei conti personali tra vicini e, addirittura, tra membri di una stessa famiglia;

– intimidazioni rivolte a testimoni della difesa da parte di giudici o autorità;

– corruzione da parte di giudici e delle parti interessate.

I Ruandesi che sono stati testimoni di procedure inique o manipolate hanno deciso di non parlare e hanno partecipato passivamente ai processi gacaca. Senza la partecipazione attiva della popolazione, i processi sono stati più manipolabili e non sempre hanno rivelato la verità su ciò che è avvenuto nelle comunità locali.

Human Rights Watch ha constatato che, in numerosi casi, dei testimoni potenziali non si sono espressi in difesa di accusati di genocidio, perché temevano di essere, a loro volta, accusati di falsità, complicità nel genocidio o “ideologia genocidaria”. Altri temevano di subire atti di ostracismo sociale per avere aiutato degli indiziati a difendersi. Un certo numero di persone hanno dichiarato di essere rimasti in silenzio durante i processi gacaca, anche quando credevano che certi indiziati fossero innocenti. Tali persone hanno stimato che il rischio di presentarsi per la difesa di persone accusate, a torto, di crimini legati al genocidio era semplicemente troppo elevato.

Un altro grande ostacolo al buon esito dei processi gacaca è stato la limitatezza della formazione fornita ai giudici gacaca, la maggior parte dei quali non aveva nessuna esperienza o formazione giuridica.

Ciò ha condotto a delle decisioni erronee fondate, per esempio, su una troppo grande fiducia nel “sentito dire” (le parole che una persona attribuisce ad un’altra che non è presente al processo) e a delle condanne fondate su delle prove troppo deboli. Inoltre, il fatto che i giudici gacaca non abbiano ricevuto nessuna rimunerazione dallo Stato li ha resi vulnerabili alla corruzione.

Human Rights Watch ha intervistato anche delle vittime di stupri, i cui casi legati al genocidio sono stati trasferiti, nel maggio 2008, dai tribunali ordinari, dotati di una migliore protezione delle informazioni personali, ai tribunali gacaca, le cui procedure sono conosciute da tutta la comunità. Sebbene la legge avesse previsto che i tribunali gacaca trattassero i casi di stupro a porte chiuse, numerose vittime si sono sentite a disagio per questa perdita di confidenzialità.

La decisione del governo di escludere dalla competenza dei tribunali gacaca i crimini commessi dai militari che appartengono al partito attualmente al potere, il FPR, ha lasciato le vittime dei loro crimini prive di giustizia, benché nel periodo tra aprile e dicembre 1994, militari del FPR abbiano ucciso decine di migliaia di persone. Inizialmente, nel 2001, i tribunali gacaca avevano competenza sui crimini contro l’umanità e i crimini di guerra, oltre a quelli di genocidio, ma l’anno seguente, mentre i tribunali gacaca stavano cominciando la loro attività, il presidente Paul Kagame ha richiamato l’attenzione sulla distinzione tra i crimini commessi dai militari del FPR e il genocidio e ha affermato che i crimini del FPR erano semplicemente degli incidenti isolati di vendetta, nonostante le prove contrarie. In tal modo, nel 2004, alcune modifiche apportate alla legge sui gacaca hanno ritirato ai tribunali la loro competenza sui crimini di guerra e ne è seguita una campagna nazionale del governo per impedire che tali crimini fossero trattati nei gacaca.

Oltre diciassette anni dopo il genocidio, i Ruandesi che hanno sofferto o hanno perso dei membri di famiglia per mano del FPR non hanno ancora ottenuto alcuna giustizia.

Una delle gravi lacune del processo gacaca è stata la sua incapacità ad assicurare una giustizia uguale per tutte le vittime dei gravi crimini commessi nel 1994. Ritirando i crimini commessi dal FPR dalla competenza delle giurisdizioni gacaca, il governo ha limitato la possibilità di favorire la riconciliazione a lungo termine.

Secondo HRW, i gravi errori giudiziari commessi nei processi gacaca dovrebbero essere esaminati da giudici professionisti davanti a tribunali specializzati in seno al sistema ordinario, piuttosto che dai tribunali gacaca stessi, come proposto dal governo ruandese alla fine del 2010. Se saranno i tribunali gacaca ad esaminare i presunti errori giudiziari, si rischia di ripetere gli stessi errori.

B. Conclusioni

All’indomani del genocidio, il Ruanda ha dovuto affrontare sfide enormi. Non sarebbe stato possibile avere una soluzione semplice per trattare, in tempi ragionevoli, centinaia di migliaia di casi connessi al genocidio. La decisione del governo ruandese di prendere in considerazione il sistema gacaca non era affatto una via irragionevole per trovare una qualche forma di giustizia per il genocidio. Questo sistema aveva il vantaggio di condurre rapidamente davanti alla giustizia i sospettati, di fornire una riparazione alle vittime e di ridurre, nello stesso tempo, la popolazione carceraria. Tuttavia, lungo il cammino, si è arrivati alla integrazione, nel sistema gacaca stesso, di gravi violazioni delle procedure legali. Alcuni diritti fondamentali – come il diritto a non essere processati due volte per lo stesso reato e il diritto di essere informati delle accuse con sufficiente accuratezza e con sufficiente tempo per preparare e presentare una difesa (attraverso i testimoni per la difesa) – sarebbero dovuti essere protetti meglio. In assenza di professionisti giuridici formati in grado di assistere le parti, valutare gli elementi di prova e prendere decisioni su casi così complessi, la protezione di questi diritti era ancor più importante per garantire processi equi.

Il governo non ha fornito ai giudici gacaca una formazione e consulenza giuridica sufficiente, nonostante la complessità dei concetti penali che avrebbero dovuto affrontare. Non li ha pagati per il loro lavoro. Con giudici eletti dalle comunità locali, era chiaramente prevedibile che sarebbe stato difficile o impossibile, per molti di loro, evitare che il loro punto di vista sul genocidio, i loro rapporti con i membri della comunità e i propri interessi economici non interferissero nelle loro decisioni. Sarebbe stato necessario un quadro giuridico più forte e robusto, per garantire l’imparzialità dei giudici e per assicurare dei giudizi motivati e basati sui fatti. Allo stesso modo, sarebbero state necessarie più garanzie, per impedire che privati e funzionari governativi abusassero del processo gacaca per difendere i loro interessi personali. Il carattere informale del sistema gacaca e la sua dipendenza dai protagonisti locali, molti dei quali avevano proprie priorità, ha fatto sì che accusati, sopravvissuti al genocidio, membri influenti della comunità, giudici e funzionari dello Stato, tutti hanno, in un dato momento, esercitato un’influenza indebita sui processi gacaca.

Nel 2008, e forse anche prima, il NSGC è diventato indifferente alle preoccupazioni di molti finanziatori e organizzazioni non governative circa la vastità e la portata delle irregolarità. La sua mancanza di reazione ai rapporti, sempre più frequenti, che segnalavano un uso abusivo del sistema gacaca per fini personali e politici, è stata particolarmente grave. Debolezze strutturali e sistemiche del processo gacaca, che hanno compromesso la possibilità di fornire processi equi e imparziali, sono state sempre più seriamente aggravate dal clima politico esistente nel paese e dalle restrizioni alla libertà di espressione. La campagna del governo contro il “divisionismo” e la “ideologia genocidaria” ha avuto un effetto paralizzante sulla capacità e la volontà dei Ruandesi di esprimersi. Particolarmente dannoso nel contesto del sistema gacaca, questo effetto ha spesso impedito ai membri della comunità locale di parlare liberamente di ciò che hanno visto nel 1994 e ha originato in loro la paura di negative conseguenze derivanti dalla loro eventuale testimonianza a difesa di persone accusate di genocidio.

I Ruandesi hanno capito che ogni dichiarazione rilasciata nel contesto dei tribunali gacaca potrebbe avere ripercussioni negative su di loro e molte persone in possesso di importanti informazioni hanno scelto di rimanere in silenzio. Anche se solo pochi individui che hanno testimoniato davanti ai tribunali gacaca sono stati successivamente formalmente accusati di “ideologia genocidaria”, di “divisionismo” o di “minimizzazione del genocidio”, molti altri sono stati accusati di falsa testimonianza o di complicità nel genocidio, proprio a causa della loro testimonianza – di solito quando hanno difeso delle persone accusate. La decisione del governo di ritirare i crimini commessi dal FPR nel 1994, dalla competenza dei tribunali gacaca – il che significa che, attraverso i tribunali gacaca, alcune vittime non possono ottenere giustizia e nemmeno essere riconosciute come tali – ha limitato la capacità del sistema gacaca per promuovere una riconciliazione a lungo termine.

C. Alcune citazioni prese dal rapporto:

– “Non capisco come potete chiedermi di presentare dei testimoni a mia difesa, quando non conosco ancora le accuse portate contro di me”.

Un accusato, in occasione del suo processo nel sud del Ruanda.

– “Perché ogni persona che dice la verità e difende un uomo è considerata come un traditore?”.

Un superstite del genocidio, in occasione di una sua deposizione come testimone per la difesa in un processo gacaca.

– “Testimoniando per la difesa, si rischia di vedere le proprie dichiarazioni qualificate come menzogne”.

Un’autorità locale che spiega perché molti testimoni non accettano di parlare.

– “Nei processi gacaca, ci sono stati molti conflitti personali che non avevano nulla a che vedere col genocidio”.

Un superstite del genocidio.

– “Bisogna dare del denaro. I giudici gacaca non sono stati pagati, allora talvolta hanno preso delle disposizioni per ottenere denaro da quelli che sono stati accusati”.

Un uomo accusato di genocidio che ha dichiarato di aver dovuto pagare una tangente ai giudici gacaca.

– “Il maggior problema del sistema gacaca è che non si può parlare di certi crimini, quelli commessi dal FPR, anche se le famiglie hanno bisogno di parlare. Ci si dice di tacere su queste questioni. È un grosso problema. Questa non è giustizia”.

Un membro della famiglia di una vittima di crimini commessi dai militari del partito attualmente al potere.

– “Il processo gacaca ha lasciato gli Hutu e i Tutsi ancora più divisi che mai”.

Un membro della famiglia di un uomo accusato di genocidio.

– “Sento vergogna per avere avuto troppa paura a testimoniare per la difesa di un uomo hutu che aveva salvato la mia vita e quella di oltre una decina di membri della mia famiglia”.

Un superstite del genocidio interrogato da Human Rights Watch.

 

II. RACCOMANDAZIONI

1. Al governo ruandese:

– Fissare un’ultima data per la chiusura definitiva dei processi gacaca e confermare che tutti i processi nell’attesa di giudizio e quelli nuovi, legati al genocidio, saranno giudicati dai tribunali ordinari.

– Chiedere al ministero della Giustizia, in consultazione col SNJG, di creare un meccanismo specifico in seno ai tribunali ordinari, per esaminare i casi gravi di ingiustizia che si sarebbero verificati nel sistema gacaca.

– Ordinare ai responsabili governativi e agli agenti dello stato di non intervenire nelle procedure dei tribunali ordinari e dei gacaca e di non tentare di influenzare la presa di decisioni.

– Ordinare a tutti gli agenti della polizia e dello stato di astenersi dal procedere ad arresti e detenzioni illegali; prendere dei provvedimenti contro gli agenti sospettati di tali pratiche e indennizzare le persone arrestate e detenute in modo illegale.

– Rivedere la politica relativa ai campi per i lavori di interesse generale (o “TIG”) e prendere le misure adeguate affinché i TIG siano, se possibile, effettuati nella comunità locale, piuttosto che nei campi, per facilitare il reinserimento dei prigionieri in seno alle loro comunità.

– Provvedere a che i prigionieri condannati e le persone che partecipano ai TIG siano liberati appena abbiano scontato la loro pena e indennizzare le persone che non siano state liberate entro i tempi previsti.

– Ordinare l’apertura di inchieste serie e autorizzare le dovute procedure giudiziarie contro i membri del FPR, autori di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità.

2. Alle autorità giudiziarie ruandesi:

– Creare un’unità specializzata formata da giudici professionali in seno al sistema giudiziario ordinario, per esempio in seno alla Corte suprema, per esaminare i ricorsi in appello delle persone accusate che affermano di essere state vittime, nel sistema gacaca, di errori giudiziari o di gravi violazioni del diritto a una procedura equa. I giudici potrebbero accordare la priorità ai ricorsi di persone che stanno ancora scontando delle pene di imprigionamento o di lavori di interesse generale o che lo devono ancora fare.

– Vegliare a che tutte le nuove accuse di genocidio siano esaminate correttamente dai procuratori e dai giudici, prima che una persona sia condotta davanti ai tribunali ordinari.

– Verificare che nessuno sia stato perseguito due volte per lo stesso crimine; esaminare tutte le condanne in cui una persona è stata giudicata per gli stessi fatti, sia davanti a una giurisdizione gacaca, sia in un tribunale ordinario, o in due o più giurisdizioni gacaca diverse, per identificare e rettificare le eventuali violazioni del principio di divieto di doppia incriminazione.

– Prendere in esame tutti i processi nel corso dei quali i tribunali gacaca hanno condannato delle persone, unicamente per la loro presenza alle barriere durante il genocidio; confermare che ogni dossier contenga delle prove sufficienti dell’intenzione e della condotta criminale che possano motivare la condanna.

– Perseguire le persone che accusano altre persone senza alcun fondamento.

– Condurre delle inchieste e intraprendere delle procedure giudiziarie contro i membri del FPR autori di crimini di guerra e crimini contro l’umanità e sancirli in modo appropriato.

– Sorvegliare l’esecuzione delle regole e regolamenti carcerari relativi alla pena di “reclusione criminale perpetua” (ergastolo), per garantire che la pena sia conforme alle norme nazionali e internazionali, compreso il diritto dei prigionieri ad avere dei contatti regolari con altri prigionieri, oltre alle visite dell’esterno da parte di familiari o amici.

– Applicare l’attuale proposta di commutare in pena di imprigionamento con beneficio della condizionale ogni pena di incarcerazione che resta a scontare da parte dei condannati che hanno seguito in modo soddisfacente il programma dei TIG e permettere ai condannati di ritornare a casa loro.

– Vegliare a che gli archivi del sistema gacaca, ivi compreso la banca dati costituita attualmente dal SNJG e dalla Commissione nazionale di lotta contro il genocidio, siano messe a disposizione di tutta la popolazione, in forma completa e facilmente accessibile.

3. Al potere legislativo ruandese:

– Emendare le leggi sul divisionismo e l’ideologia del genocidio, per renderle conformi alle norme internazionali, limitando l’area dei comportamenti interdetti ed esigendo un’intenzione specifica da parte dell’autore, in vista di garantire la libertà di parola e di incoraggiare le persone a testimoniare liberamente nelle procedure giudiziarie.

– Includere nel progetto di codice penale una disposizione che preveda delle sanzioni per gli agenti dello stato che intimidiscono o corrompono dei testimoni o dei giudici, che si astengono dall’eseguire gli ordini giudiziari o estorcono dichiarazioni o confessioni mediante minacce o costrizioni.

 

III. FASE INIZIALE DEL SISTEMA GACACA

Il sistema gacaca si ispira ai passati tentativi delle comunità locali per risolvere dei conflitti sociali. Tuttavia, volendo ricorrere al sistema gacaca per giudicare i casi legati al genocidio, il governo ruandese ha apportato dei cambiamenti importanti al modello tradizionale, trasformandolo in un meccanismo giudiziario più formale e amministrato dallo stato.

A. Differenze tra il sistema gacaca tradizionale e quello contemporaneo.

Il governo ruandese ha descritto la sua decisione di utilizzare il sistema gacaca per i casi legati al genocidio come un “ritorno ai metodi tradizionali di risoluzione dei conflitti”. Tuttavia, al di là del nome e di alcune caratteristiche generali, la versione di gacaca utilizzata per giudicare i casi legati al genocidio assomiglia poco alla forma tradizionale.

Esiste poca documentazione sui gacaca prima del 1994. Si pensa che questa pratica sia nata nel periodo pre-coloniale e abbia continuato ad essere utilizzata anche durante la colonizzazione e dopo l’indipendenza nel 1962. Nel sistema gacaca tradizionale, gli anziani maggiormente rispettati dalla comunità, conosciuti con il nome di inyangamugayo (letteralmente: “Quelli che detestano l’obbrobrio”) si riunivano su richiesta per risolvere delle dispute familiari e inter familiari legate ai beni, alle eredità, ai danni corporali e alle relazioni coniugali. Le questioni più gravi, come il furto di bestiame, l’omicidio o altri crimini, erano lasciate alla competenza dei capi comunitari o del rappresentante del re.

Nel meccanismo gacaca tradizionale, normalmente, alle riunioni non partecipavano che gli anziani della comunità, le parti in conflitto, i loro familiari e i vicini più prossimi. Negli incontri erano predominanti gli uomini più anziani, dato che le donne non erano autorizzate a prendere la parola. La pratica tradizionale dei gacaca privilegiava il ristabilimento dell’armonia sociale, dando minore importanza alla sanzione del colpevole e all’indennizzo della vittima. Inoltre, la sanzione non era individuale, perché anche i membri della famiglia e del clan dell’imputato erano considerati come corresponsabili. Spesso, la parte perdente doveva fornire della birra alla comunità, come mezzo di riconciliazione.

La versione moderna del sistema gacaca ha mantenuto il rituale delle udienze dei casi a livello locale, ma con cinque differenze importanti. In primo luogo, l’attuale sistema gacaca si è occupato di reati gravi – il genocidio è senza alcun dubbio il crimine più grave – piuttosto che di controversie civili minori. In secondo luogo, è stato fondamentalmente repressivo o punitivo per natura, ad eccezione dei casi di reati contro la proprietà. I tribunali gacaca possono imporre pene detentive che vanno dalla detenzione di breve durata fino all’ergastolo (reclusione criminale a vita). La riconciliazione e la restaurazione dell’ordine sociale sono rimasti degli obiettivi del sistema gacaca di oggi, ma sono secondari rispetto al processo punitivo. In terzo luogo, l’attuale processo gacaca è coordinato da un organismo ufficiale dello Stato che dipende dal Ministero di Giustizia (NSGC) ed è, quindi, intimamente legato all’apparato statale responsabile dell’accusa e dell’incarcerazione. Quarto, il gacaca ha applicato il diritto codificato, piuttosto che il diritto tradizionale. Infine, i giudici gacaca non sono gli anziani della comunità (Inyangamugayo), ma i membri eletti dalla comunità e sono spesso relativamente giovani. Inoltre, le donne rappresentano una percentuale significativa dei giudici.

B. Il quadro giuridico che regola i casi di genocidio e i tribunali gacaca

– Prima legge sul genocidio ruandese

Nel 1996, il Parlamento ruandese ha fornito il quadro legale che permette ai tribunali ordinari di giudicare sui crimini di genocidio commessi tra il 1990 e il 1994. La legge sul genocidio conteneva due caratteristiche innovative. In primo luogo, la legge classificava i sospetti in quattro gruppi. La categoria 1 comprendeva i pianificatori, i dirigenti, gli organizzatori, gli istigatori al genocidio, gli “assassini di maggiore importanza” e gli stupratori. La categoria 2 comprendeva gli autori di omicidi. La categoria 3 comprendeva gli individui che avevano ucciso altre persone o inflitto lesioni fisiche, senza però averne l’intenzione. La categoria 4 comprendeva coloro che avevano commesso dei reati contro i beni. La legge prevedeva la pena di morte per quelli della prima categoria, pene di detenzione variabili secondo i casi e il risarcimento dei danni per le altre categorie. In secondo luogo, la legge ha introdotto la pratica del diritto comune sul patteggiamento, consentendo ai tribunali di ridurre le pene di coloro che hanno confessato i loro crimini e designato i loro complici. Queste disposizioni erano destinate ad accelerare i processi di persone sospettate di genocidio, ma, all’inizio, pochissime persone hanno confessato i loro crimini. Di conseguenza, il governo ha iniziato a cercare soluzioni alternative per risolvere il problema dell’accumularsi dei casi arretrati.

– Le leggi sui gacaca

Nel 2001, il Parlamento ha approvato una legge che istituiva i tribunali gacaca, affidando loro la competenza di processare le persone presuntamene responsabili di crimini gravi commessi tra il 1° ottobre 1990 e il 31 dicembre 1994, ad eccezione di quelli della categoria 1 (i cui casi sono rimasti di competenza dei tribunali ordinari). In questa legge, la definizione di “genocidio” richiedeva che, per potere essere qualificate di genocidio, le violazioni fossero state commesse con un’intenzione genocidaria.

Dal 2001, il Parlamento ha modificato la legge gacaca quattro volte, di solito per semplificare e accelerare il modo con cui i tribunali gestivano i casi.

La legge del 2004, per esempio, ha ridotto il numero dei livelli dei tribunali gacaca, il numero delle categorie (da 4 a 3) e il numero dei giudici necessari per trattare i singoli casi (da 19 a 7).

Secondo la legge del 2004, i tribunali gacaca dovevano funzionare a due livelli locali (la cellula e il settore). I tribunali a livello di cellula erano incaricati della fase di raccolta delle informazioni e della classificazione dei sospetti. Essi trattavano anche i casi di categoria 3, relativi ai reati contro i beni. Tutti gli altri processi connessi al genocidio (reati di categoria 2 e, in seguito, anche alcuni di categoria 1) si svolgevano a livello di settore. I processi in appello erano trattati da tribunali gacaca separati a livello di settore.

La legge del 2007 ha aumentato il numero di tribunali in ogni regione e ha dato loro competenza per giudicare gli assassini notori, precedentemente classificati nella categoria 1, che fino ad allora erano rimasti sotto la giurisdizione dei tribunali ordinari. Secondo questa legge, i giudici potevano prendere delle decisioni anche nel caso in cui fossero presenti solo cinque dei sette giudici.

Nel 2008 il governo ha deciso di trasferire ai tribunali gacaca la maggior parte dei casi di genocidio in corso presso i tribunali ordinari, al fine di alleviare il ritardo da loro accumulato. Da allora, la giurisdizione dei tribunali ordinari ha ricoperto solo i casi di persone accusate di essere dei leader e i casi di persone che svolgevano ruoli ufficiali presso la prefettura (provincia) o a un livello superiore. A differenza dei tribunali ordinari, i tribunali gacaca non comprendevano procuratori. I casi sono stati, in gran parte, presentati su accuse sporte da una “parte civile”, di solito la vittima del reato o dei membri della sua famiglia. Il gruppo dei 5-7 giudici decideva secondo il criterio della maggioranza.

– Fase pilota del sistema gacaca

I tribunali gacaca contemporanei hanno iniziato la loro attività il 18 giugno 2002 in 12 settori pilota, scelti su tutto il territorio del paese. La fase pilota comprendeva tre tappe: Raccolta di informazioni, classificazione dei sospetti, processi. Nella tappa di raccolta delle informazioni erano coinvolti i membri della comunità di età superiore ai 18 anni, i quali si riunivano settimanalmente in “assemblea generale” per raccogliere informazioni sulle persone che, nel 1994, vivevano nella cellula, quelle uccise, quelle che avevano subito dei danni alla proprietà e quelle che avevano partecipato alle uccisioni e saccheggi.

Una volta raccolte tutte le informazioni utili, i tribunali a livello di cellula procedevano alla classificazione dei sospettati, secondo la gravità dei crimini presuntamene commessi. I sospettati della categoria 3, accusati di danni alla proprietà e saccheggio, dovevano essere liberati dalla prigione e i loro casi inviati ai tribunali della cellula per essere giudicati. I sospettati appartenenti alla 1ª e 2ª categoria dovevano rimanere in stato di detenzione, dovendo i sospettati della categoria 2 essere processati dai tribunali gacaca a livello di settore e i sospettati della categoria 1 processati presso i tribunali ordinari.

Non è che alla fine del 2004, due anni e mezzo dopo l’inizio, che la fase pilota ha completato le prime due tappe (raccolta di informazioni e classificazione dei sospetti), prima di passare alla terza tappa, quella dei processi. Invece di aspettare che le tappe di raccolta dei dati e di classificazione dei sospettati fossero completate anche a livello nazionale, il governo ha permesso ai tribunali pilota di iniziare i processi il 10 marzo 2005. I processi sono stati condotti in modo rapido, con più di 650 persone giudicate nel corso delle prime sei settimane.

– Attuazione del sistema gacaca a livello nazionale

Il governo ha avviato il processo di raccolta di informazioni a livello nazionale il 15 gennaio 2005. Rispetto alla fase pilota, c’è stato un cambiamento significativo di procedura. Invece di raccogliere le informazioni durante le riunioni settimanali della comunità, il NSGC ha incaricato le autorità locali, i nyumbakumi (rappresentanti di “10 famiglie”). Queste autorità locali hanno raccolto le informazioni presso piccoli gruppi o andando di porta in porta, poi hanno presentato le accuse scritte a tutta la comunità per revisione. All’interno della comunità, però, nel momento della verifica non c’è stato un vero dibattito sulla natura o veridicità delle accuse. Questi cambiamenti sono stati introdotti per accelerare la raccolta delle informazioni e per rendere il processo più efficiente. Tuttavia, queste nuove misure hanno limitato la trasparenza del processo e facilitato le autorità locali e i loro collaboratori nel presentare accuse false o scarsamente documentate nei confronti di individui per scopi personali o politici. Pertanto, il ricorso ai nyumbakumi ha compromesso l’imparzialità della fase di raccolta delle informazioni in tutto il paese. Al termine della fase di raccolta delle informazioni, durata circa 18 mesi, il SNJG aveva raccolto accuse contro 818 564 persone, divise nelle seguenti categorie:

Categoria 1 * 77 269
Categoria 2 432 557
Categoria 3 308 738
Totale 818 564
* I casi della categoria 1 sono rimasti sotto la giurisdizione dei tribunali ordinari.

 

 

 

 

 

 

 

 

Su questo totale, più di 100.000 sospettati erano già deceduti (88 063) o vivevano all’estero (44 204). Dopo aver eliminato da questa lista quelli classificati nella categoria 1 (per essere processati dai tribunali ordinari), per i tribunali gacaca rimanevano 610 028 persone. I processi a livello nazionale sono iniziati il 15 luglio 2006 in più di 12.000 giurisdizioni. Tuttavia, le accuse di genocidio, continuavano ad aumentare.

Alla fine di settembre del 2008, il NSGC ha dichiarato di aver registrato 1.127.706 casi (di indiziati di categoria 1 e 2). In luglio del 2010, ha annunciato la fine di tutti i processi gacaca. Ma tre mesi dopo ha annunciato che i processi gacaca sarebbero continuati oltre il previsto. In maggio del 2011, il NSGC ha segnalato la fine del seguente numero di casi:

Categoria 1 15 263
Categoria 2 383 118
Categoria 3 838 975
Totale 1 237 356

Si noti che queste cifre non corrispondono al numero degli imputati. Degli individui possono essere implicati in più casi (di categorie diverse) e in giurisdizioni diverse. Secondo il NSGC, il tasso di assoluzione è stata del 30% per i casi di categoria 2 e 4% per i casi di categoria 3. Il NSGC non ha tuttavia potuto fornire il tasso di assoluzione per i casi in categoria 1. Nelle statistiche ufficiali rilasciate nel mese di gennaio 2011, il NSGC ha annunciato che 145.255 persone in totale erano stati assolti dai tribunali gacaca, riflettendo un tasso complessivo di assoluzione inferiore al 12%.

– La fase finale del processo di gacaca

La decisione di prolungare il processo di gacaca è stata presa dopo una riunione del mese di settembre del 2010, in seguito alle denunce di cittadini circa varie irregolarità e gravi ingiustizie commesse nel corso dei processi gacaca. Secondo il ministro della Giustizia, a maggio del 2011, le denunce e le richieste di revisione di processi erano quasi mille. Nel marzo del 2011, il portavoce del SNJG aveva detto a Human Rights Watch che il NSGC aveva identificato 40 casi che meritavano un’ulteriore revisione. Dopo aver completato l’esame dei casi, il NSGC rinvierà ai tribunali gacaca i casi che meritano una revisione per una nuova udienza ed eventuali azioni correttive.