Manifestazioni dell’opposizione, basta fallimenti!

Editoriale Congo Attualità n. 345 – a cura della Rete Pace per il Congo

 

Anche la manifestazione del 19 dicembre, indetta dal Raggruppamento dell’Opposizione, si è trasformata in una semplice giornata “città morte”. Invece di scendere in piazza, la popolazione ha preferito rimanere in casa, osservando da dentro ciò che sarebbe potuto succedere fuori.

Le possibili cause di un flop almeno apparente

Le cause potrebbero essere molte, tra cui:

– L’imponente presenza della polizia e dell’esercito sulle principali vie e nei punti strategici delle città, pronti a reprimere ogni tentativo di manifestazione e disperdere immediatamente qualsiasi raggruppamento di persone superiore a dieci persone.

– La mancanza di coordinamento tra partiti politici dell’opposizione, movimenti civici e società civile.

– La diminuzione del potere di convocazione delle masse da parte del Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP) in seguito alla scomparsa, in febbraio 2016, del suo principale leader, Etienne Tshisekedi e alla sua conseguente scissione in due fazioni: il RASSOP / Limete, guidato da Félx Tshisekedi e Pierre Lumbi, e il RASSOP / Kasavubu, guidato da Joseph Olengakoy.

– L’indebolimento dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), principale partito membro del Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP), oggetto di dissidenze interne che hanno condotto alla “autoesclusione” di personalità importanti, come Bruno Mavungo, Valentin Mubake, Samy Badibanga e Bruno Tshibala.

– Il progressivo svuotamento delle principali rivendicazioni avanzate dall’opposizione, come, per esempio, la pubblicazione del calendario elettorale, avvenuta il 5 novembre e l’approvazione, da parte del Parlamento, della revisione della legge elettorale, avvenuta il 15 dicembre.

– Il non realismo e la non viabilità del principale obiettivo fissato per le manifestazioni, come, per esempio, l’istituzione di un periodo di transizione senza l’attuale presidente Joseph Kabila, una possibilità non prevista, né dalla Costituzione, né dall’accordo di San Silvestro 2016.

 

Nel contesto di una determinata lettura dell’Accordo di San Silvestro 2016

In effetti, l’attuale strategia dell’opposizione nell’organizzazione delle sue manifestazioni sembra fondata su una determinata interpretazione dell’Accordo di San Silvestro 2016, secondo la quale il 1° gennaio 2018 tutte le Istituzioni dello Stato con mandato elettivo (Presidenza, Parlamento e, conseguentemente, anche il Governo) perderanno la loro legittimità, perché l’accordo scadrà il 31 dicembre 2017, senza che sia “previsto alcun meccanismo per il suo prolungamento”. Quindi, sempre secondo l’opposizione, l’unica via d’uscita possibile dall’attuale crisi politica è quella di ottenere le dimissioni dell’attuale Capo dello Stato, Joseph Kabila, entro il 31 dicembre 2017. Nel caso in cui quest’ultimo non lasciasse il potere entro tale data, il popolo potrà costringerlo a farlo, ricorrendo all’articolo 64 della Costituzione, secondo cui ogni Congolese ha il diritto di opporsi a chi tenti di mantenere o di  conquistare il potere con la forza.

In realtà, non sembra che l’accordo contempli una data di scadenza della sua validità. Ciò sembra confermato anche dai Vescovi cattolici della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) quando, nei loro ultimi messaggi, affermano che l’Accordo di San Silvestro 2016 non è morto e che rimane l’unica via possibile per uscire dall’attuale crisi politica.

Facendo riferimento alla Costituzione, l’accordo riafferma che il presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto per un mandato di cinque anni rinnovabile una sola volta e che la durata e il numero dei mandati presidenziali non possono essere oggetto di alcuna revisione.

Per conseguenza, l’accordo dice NO a un terzo mandato presidenziale e NO ad ogni tentativo di revisione costituzionale, anche per via referendaria, prima dell’organizzazione delle prossime elezioni. Inoltre, l’accordo stipula che le elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali siano organizzate simultaneamente entro la fine del mese di dicembre 2017, aggiungendo che, in caso di necessità, la Commissione elettorale, il Governo e il Consiglio di Supervisione  dell’Accordo e del processo elettorale (CNSA) potranno riunirsi per valutare consensualmente il tempo necessario per portare a termine le elezioni in questione.

Quindi, sempre secondo l’accordo, il Presidente della Repubblica e le Istituzioni dello Stato (Parlamento e Governo) rimangono in funzione fino alle elezioni del nuovo Presidente della Repubblica e delle nuove Istituzioni. Tutto ciò però non giustifica affatto quel continuo rinvio delle elezioni che tutti devono condannare con fermezza.

D’altra parte, il fatto che sia la CENCO che la Comunità internazionale, ONU compresa, abbiano, in un modo o nell’altro, accettato il calendario elettorale pubblicato dalla CENI e che ne abbiano chiesto una rigorosa applicazione senza fare alcuna allusione ad un’eventuale transizione senza Kabila (TSK), sembra dimostrare il loro riconoscimento, almeno fino al 23 dicembre 2018, delle attuali Istituzioni, Presidenza della Repubblica inclusa.

 

Le condizioni per delle manifestazioni più efficaci e incisive

Nell’attuale contesto, affinché una manifestazione di carattere politico possa effettivamente svolgersi con successo, è necessario privare le autorità amministrative e le forze dell’ordine di ogni pretesto che possa loro permettere di non prenderne atto, di impedirla e di reprimerla. Per questo,

– gli obiettivi dovrebbero essere fissati in vista del pieno rispetto della costituzione, dell’accordo politico di San Silvestro 2016, della nuova legge elettorale e dell’attuale calendario elettorale.

– le modalità dovrebbero conformarsi ai principi della non violenza, il che escluderebbe l’erezione di barricate, l’incendio di pneumatici, il lancio di pietre o sassi, il ricorso a slogan provocativi, gli atti di distruzione di veicoli e strutture immobiliari e esigerebbe il rispetto delle disposizioni previste dalla legge, tra cui il rispetto degli itinerari e degli orari concertati e l’adozione di misure atte ad escludere qualsiasi tipo di infiltrazioni negative da parte di terzi.

Da parte sua, la Maggioranza Presidenziale dovrebbe, per onestà, abbandonare la tattica di indire sue manifestazioni in date già scelte dall’opposizione, una tattica che offre alle autorità amministrative il pretesto di interdire le manifestazioni dell’opposizione.

Ma, soprattutto, sono le Istituzioni dello Stato, tra cui il Governo e le autorità amministrative, che dovrebbero fare di tutto per garantire il rispetto del libero esercizio, da parte di tutti i cittadini, del loro diritto inalienabile di espressione e di manifestazione.