Congo Attualità n. 345

INDICE

EDITORIALE: MANIFESTAZIONI DELL’OPPOSIZIONE → BASTA FALLIMENTI!

  1. SECONDO L’OPPOSIZIONE, L’ACCORDO DI SAN SILVESTRO 2016 SCADRÀ IL 31 DICEMBRE 2017
  2. LE MANIFESTAZIONI DEL 19 DICEMBRE
    1. Prima della manifestazione
    2. Il giorno della manifestazione
    3. Le prime valutazioni
  3. ALTRE MANIFESTAZIONI PREVISTE PER FINE ANNO
    1. La LUCHA: Appello per delle manifestazioni popolari ininterrotte a partire dal 29 dicembre 2017
    2. Il Comitato Laico di Coordinamento (CLC) della Chiesa cattolica: convocazione di una marcia di liberazione del Paese, il 31 dicembre 201
    3. Il Collegio dei parroci decani dell’Arcidiocesi di Kinshasa: operazione campane tutti i giovedì, alle ore 21:00

 

EDITORIALE: MANIFESTAZIONI DELL’OPPOSIZIONE → BASTA FALLIMENTI!

 

 

 

1. SECONDO L’OPPOSIZIONE, L’ACCORDO DI SAN SILVESTRO 2016 SCADRÀ IL 31 DICEMBRE 2017

 

Il 17 dicembre, alla chiusura del Consiglio nazionale dell’Ecide, Martin Fayulu, ha affermato che l’unica via d’uscita dalla crisi è quella di riuscire ad allontanare il Capo dello Stato dalla gestione del paese dopo il 31 dicembre 2017. Secondo Martin Fayulu, il 1° gennaio 2018, tutte le Istituzioni dello Stato con mandato elettivo perderanno la loro legittimità perché l’accordo di San Silvestro 2016 scadrà il 31 dicembre 2017, senza che sia “previsto alcun meccanismo per il suo prolungamento”. Secondo l’Ecide, che accusa il Capo dello Stato di essere all’origine della crisi, «se entro la fine di quest’anno, la situazione non cambierà, il Paese cadrà in un caos indescrivibile. Per evitarlo, l’unica soluzione viabile sarà l’istituzione di una transizione di 12 – 18 mesi senza Kabila». L’obiettivo di questo Governo di transizione versione Ecide sarebbe quello di ripristinare l’ordine costituzionale e di procedere alla rivitalizzazione della Commissione elettorale, accusata di evidente collusione con il PPRD, il partito presidenziale. «Solo a questo prezzo si potrà evitare il caos previsto». Martin Fayulu ha insistito anche sul fatto che, «se Kabila non lascia il potere entro la fine di quest’anno, il paese sprofonderà nel caos, poiché il popolo non accetterà più di sottomettersi alla sua autorità», aggiungendo che «ci sarà inevitabilmente una resistenza. Il popolo congolese si mobiliterà per rivendicare la propria sovranità confiscata, facendo leva sull’articolo 64 della costituzione, per rendere possibile l’istituzione di un governo di transizione senza Kabila e per consentire così l’organizzazione di elezioni credibili e trasparenti con l’appoggio delle Nazioni Unite».[1]

 

Il deputato Claudel Lubaya, presidente dell’UDA originale e membro del Raggruppamento dell’Opposizione, ha fatto un’analisi sull’applicazione dell’Accordo di San Silvestro 2016.

Il 31 dicembre, l’anno 2017 si concluderà e, con esso, anche l’attuale periodo di transizione retto dall’Accordo di San Silvestro 2016, non essendo previsto alcun meccanismo per il suo prolungamento. La cessazione, il 31 dicembre 2017, degli effetti dell’accordo porterà, come logica conseguenza, alla perdita irrevocabile della poca legittimità di cui godono finora le istituzioni con mandato eletto, ossia: il Presidente della Repubblica (senza mandato dal 19 dicembre 2016), il Senato (senza mandato dal 2012), l’Assemblea nazionale dei deputati (senza mandato dal 17 febbraio 2017) e le Assemblee provinciali (senza mandato dal 2012) e i governi provinciali che ne derivano. Il 1° gennaio 2018, il paese entrerà in una incontestabile crisi di legittimità e, quindi, in un vuoto giuridico trasversale nel cuore dello Stato: nessun quadro giuridico, nessuna costituzione, nessuna istituzione legittima.

Come e in quali condizioni governare il paese a partire dal 1° gennaio 2018, sapendo che l’attuale Presidente della Repubblica, pur avendo l’imperium, non avrà alcuna legittimità per governare?

A causa della smisurata ambizione di un solo uomo, il presidente Joseph Kabila, il paese inizierà il 2018 con grande incertezza perché, nonostante  l’esistenza di un calendario elettorale criticato e di una legge elettorale fatta a sua misura, non c’è alcun serio segnale, né alcun sincero impegno da parte sua per organizzare le elezioni. Tuttavia, il popolo congolese non si arrenderà e si mobiliterà come un solo uomo, per prendere, nel 2018, il suo destino in mano. Ora sa che non può contare sull’attuale potere per vedere la fine del tunnel. Sarebbe una pura illusione credere che questo regime lasci il potere in seguito a delle elezioni che non ha alcuna intenzione di organizzare. Solo la sua lotta incessante contro questo regime dittatoriale lo libererà.[2]

 

 

2. LE MANIFESTAZIONI DEL 19 DICEMBRE

 

a. Prima della manifestazione

 

Il 6 dicembre, il presidente del Raggruppamento dell’Opposizione – Katanga, Antoine Gabriel Kyungu wa Ku-Mwanza, ha ufficialmente informato il sindaco della città di Lubumbashi per quanto riguarda l’organizzazione di una manifestazione pacifica il 19 dicembre. Secondo gli organizzatori, si tratta di una marcia contro qualsiasi tentativo intrapreso dal regime per rimanere alla guida del paese oltre il 31 dicembre 2017. Nella sua corrispondenza indirizzata al sindaco, Kyungu wa Ku-Mwanza ha indicato il percorso previsto (punti di partenza: le varie case comunali – punto di arrivo: la stazione centrale della SNCC) e ha annunciato di decretare 2 giornate “città morta” in caso di impedimento della manifestazione.[3]

 

Il 13 dicembre, il segretario generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha inviato una lettera ufficiale al municipio di Kinshasa per informarlo dell’organizzazione, da parte del Raggruppamento dell’Opposizione, di una manifestazione – marcia prevista per il 19 dicembre 2017. Secondo gli organizzatori, questo manifestazione è stata indetta per chiedere l’organizzazione delle elezioni in conformità con l’Accordo del 31 dicembre 2016, cioè entro il 31 dicembre 2017. La partenza del corteo è prevista per le ore 9:00, allo svincolo di Limete, per proseguire sui viali Lumumba e Sendwe e arrivare, verso le ore 15:00, in piazza Trionfale. Qualche giorno prima, Jean-Marc Kabund aveva dichiarato che il suo partito, l’UDPS, continua a non accettare che le elezioni siano organizzate nel mese di dicembre 2018, secondo il calendario pubblicato dalla Commissione elettorale e che continua ad esigere una transizione senza Kabila, nel caso in cui le elezioni non siano organizzate nel 2017.[4]

 

Il 17 dicembre, durante un seminario organizzato dall’UDPS, Félix Tshisekedi ha confermato l’organizzazione della manifestazione –  marcia anche a Kinshasa: «Partecipate a questa manifestazione di intimazione. Scendete tutti in piazza! Sarò con voi. Loro hanno paura. È questione di pochi giorni. Martedì 19 dicembre. Il nostro punto di partenza sarà lo svincolo di Lemba. Non abbiate paura. Il popolo è sovrano. Quelli che dicono che Kabila non si dimetterà per le manifestazioni mentono. In Egitto, il popolo era sceso in piazza. Non si tratta di usare armi (…). Siamo pronti a morire per il nostro paese».[5]

 

Il 18 dicembre, il governatore di Kinshasa, André Kimbuta, ha dichiarato di non aver preso atto della manifestazione prevista dal Raggruppamento dell’Opposizione il 19 dicembre 2017. Rispondendo alla lettera di Jean-Marc Kabund, segretario generale dell’UDPS, André Kimbuta gli ha notificato: «Attiro la vostra attenzione sul fatto che la Commissione elettorale nazionale indipendente ha già informato l’opinione (nazionale e internazionale) sulla data dello svolgimento delle elezioni mediante la pubblicazione del calendario elettorale. Pertanto, considero che l’obiettivo principale della manifestazione è già stato preso in considerazione. In tal modo, non so come prenderne atto». Il governatore Kimbuta ha incaricato il commissario provinciale di polizia e i borgomastri di assicurare l’esecuzione della sua delibera. Secondo Kimbuta, la marcia del Raggruppamento dell’Opposizione è senza oggetto, poiché la sua principale richiesta, lo svolgimento delle elezioni in conformità con l’accordo del 31 dicembre 2016, ha già trovato una risposta soddisfacente con la pubblicazione del calendario elettorale da parte della Commissione elettorale.[6]

 

Il 18 dicembre, il portavoce della Polizia Nazionale Congolese (PNC), il colonnello Pierrot-Rombeau Mwana Mputu, ha dichiarato che le autorità cittadine non hanno preso atto dell’organizzazione della manifestazione prevista dal Raggruppamento dell’Opposizione, aggiungendo che «la polizia non ha ricevuto alcun incarico per inquadrare detta manifestazione […], il che vuol dire che non ci sarà alcuna dimostrazione».[7]

 

Il 18 dicembre, il segretario generale dell’UDPS, Jean Marc Kabund, ha confermato l’organizzazione della manifestazione prevista per il 19 dicembre 2017. Secondo il segretario generale dell’UDPS, «l’obiettivo della marcia è quello di cacciare il presidente Kabila dal potere entro il 31 dicembre 2017. Non ci sarà alcuna festa di Anno nuovo finché il Paese sarà sotto l’occupazione del regime di Kabila». Per questo, egli ha chiesto alla popolazione di preparare una sola festa di capodanno lottando per le dimissioni di Joseph Kabila, per non aver rispettato l’accordo politico della San Silvestro del 2016.[8]

 

b. Il giorno della manifestazione

 

Respinto dalle autorità, l’appello dell’opposizione alla protesta ha avuto una risposta popolare molto limitata. Generalmente, le manifestazioni previste si sono ridotte ad un rallentamento delle attività e a una notevole diminuzione del traffico stradale. Le poche decine di persone che hanno tentato di aderivi sono state disperse dalla polizia, presente sulle strade più del solito.

Da un anno e mezzo, ci si era abituati a vedere la polizia a soffocare qualsiasi tipo di manifestazione. Questa volta, si è avuto la sensazione che la popolazione non abbia aderito all’appello dell’opposizione a partecipare alla protesta. Il simbolismo della data scelta, il 19 dicembre, non è stato sufficiente a motivare la popolazione. Esattamente un anno fa, il 19 dicembre 2016, si concludeva il secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila, in conformità con le disposizioni della Costituzione.[9]

 

A Kinshasa, la polizia si era dispiegata numerosa in prossimità dei principali incroci della città sin dalla sera precedente, anche se in forma più discreta rispetto alle ultime manifestazioni.

All’intersezione di Limete, punto di partenza della manifestazione, c’erano pochissimi attivisti, benché si trovi all’incrocio delle zone più popolari della città. C’erano quasi solo agenti di polizia e militari. In città, il traffico era quasi normale, i moto taxi e gli autobus pubblici circolavano, il mercato della libertà funzionava normalmente. Varie scuole erano chiuse, anche perché alcune di esse avevano deciso di anticipare le vacanze natalizie.[10]

 

A Kananga (Kasai centrale), mentre l’opposizione aveva indetto delle manifestazioni per chiedere l’organizzazione delle elezioni senza Kabila, la polizia si era schierata in piccoli gruppi nei principali incroci e punti caldi della città. Non si è notato alcun tentativo di manifestazione. La città era solo più tranquilla del solito. Le attività hanno subito dei rallentamenti. Banche, imprese e mercati non hanno aperto. I moto taxi erano meno presenti del solito. Pochi i clienti nei principali mercati. Pochi studenti nelle scuole.

A Mbuji-Mayi (Kasai Orientale), un ampio dispiegamento della polizia e dell’esercito ha impedito lo svolgimento della manifestazione. Tuttavia, le attività hanno subito dei rallentameni. Sono stati segnalati alcuni arresti, tra cui quello di Denis Kalombo, presidente dell’UDPS, Federazione di Mbuji-Mayi, e coordinatore del Raggruppamento dell’Opposizione / federazione del Kasaï Orientale.[11]

 

A Goma (Nord Kivu), la città era completamente blindata dalla polizia, in seguito alla conferenza dei 26 governatori provinciali, cui ha partecipato anche il presidente Kabila.

A Bukavu (Sud Kivu), un gruppo di circa 100 persone è stato disperso in piazza Nyawera dove si stava raggruppando.

A Uvira (Sud Kivu), fino alle 9:00, il traffico stradale era ancora scarso. Alcuni negozi, mercati, bistrot e agenzie di viaggio hanno aperto verso le 10:00 del mattino. Le banche, i servizi statali come l’OCC, la divisione dei titoli immobiliari, la SONAS, il tribunale, la DGM e tutti i servizi dell’amministrazione territoriale hanno funzionato normalmente. Tuttavia, tutte le scuole sono rimaste chiuse. Gli abitanti, la maggior parte dei quali sono rimasti rintanati in casa quasi tutto il mattino, hanno detto che sono rimasti esitanti, a causa della confusione intrattenuta dall’opposizione stessa che voleva trasformare la manifestazione interdetta dalle autorità in una giornata “città morta” non pianificata. Da parte sua, il portavoce del Raggruppamento dell’Opposizione, François Tuye, ha denunciato le intimidazioni e le minacce proferite dalle forze di polizia nei confronti della popolazione.[12]

 

A Kimpese, Matadi, Boma e Muanda (Kongo-Central), la manifestazione programmata dal Raggruppamento dell’opposizione non ha avuto luogo. La polizia e le forze armate erano state dispiegate in tutti i posti strategici per impedire questa protesta promossa da un’opposizione che chiede le elezioni entro il 31 dicembre 2017.

A Matadi, alcuni negozi e uffici hanno aperto leggermente in ritardo. Il traffico era meno intenso del solito. A Boma, a 100 km a ovest di Matadi, la manifestazione si è trasformata in una giornata città morta. La società civile locale ha parlato di un dispiegamento della polizia e dell’esercito “mai visto finora”. Tutte le attività erano paralizzate. A Kimpese, durante il mattino, le attività hanno subito notevoli rallentamenti. Il corteo previsto non ha avuto luogo, a causa del dispiegamento della polizia. A Muanda, a più di 200 km a ovest di Matadi, le attività si sono svolte normalmente. Mercati, negozi e aziende erano aperti.[13]

 

Il 20 dicembre, in un comunicato, il presidente dell’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ), Georges Kapiamba, ha deplorato e condannato la repressione della manifestazione pacifica del 19 dicembre, organizzata dal Raggruppamento dell’Opposizione su tutto il territorio nazionale. Secondo l’Ong, il bilancio provvisorio è di 64 arresti, di cui 28 a Kindu, 17 a Kinshasa, 9 a Mbuji-Mayi, 8 a Lubumbashi, 1 a Kolwezi e 1 a Likasi. Georges Kapiamba ha precisato che 62 sono stati liberati, mentre 2 sono ancora in detenzione. Tra i 7 manifestanti feriti da proiettili, 5 sono gravi. Si aggiungono 50 casi sospetti di tortura.[14]

 

c. Le prime valutazioni

 

La pioggia, la presenza della polizia per le strade della città e la mancanza di coordinamento sono le tre ragioni che, secondo l’opposizione, hanno impedito lo svolgimento della manifestazione prevista a Kinshasa. Secondo un membro dell’UDPS, «la parola d’ordine non è stata pienamente rispettata a causa del maltempo, di un problema di coordinamento e del vasto dispiegamento della polizia e dell’esercito». Queste affermazioni sono state confermate da Felix Tshisekedi, intervistato dai pochi media presenti nella sede dell’UDPS: «Non abbiamo nemmeno potuto iniziare il corteo. La giornata è cominciata con la pioggia. I responsabili dell’organizzazione non hanno nemmeno potuto arrivare sul posto loro assegnato. La polizia ha impedito ai militanti di raggrupparsi sul luogo di partenza della manifestazione. Alcuni di loro ci hanno detto che si erano nascosti. Potrebbe esserci stata una mancanza di coordinamento. L’essenziale è che il popolo vuole il cambiamento».[15]

 

L’UDPS ha affermato che il suo appello a partecipare alla manifestazione è stato recepito dal popolo e che il dispiegamento della polizia sull’intero territorio del paese è una “forma di terrorismo”. Il segretario generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha dichiarato che il potere ha ormai paura di un popolo che organizza delle manifestazioni: «Siamo soddisfatti, perché il potere ha dimostrato ancora una volta che ha paura del popolo. Oggi sappiamo chi ha paura … Il vasto dispiegamento delle forze dell’ordine, a Kinshasa e in qualsiasi altro posto all’interno del paese, dimostra che il regime di Kabila non solo non lascia spazio a un’espressione democratica, ma anche che ha paura della libera espressione di un popolo che non vuole più vederlo governare il paese dopo il 31 dicembre 2017».[16]

 

Un anno dopo la fine del secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila, l’opposizione non è riuscita a mobilitarsi per ottenerne le dimissioni. Si tratta di un ennesimo fallimento dopo varie altre manifestazioni non riuscite.

Il fiasco dell’opposizione

L’opposizione è mancata ancora una volta al suo appuntamento con il popolo che essa stessa aveva convocato per un’ennesima manifestazione di piazza. Poche settimane fa, le manifestazioni popolari, interdette dalle autorità, impedite e represse da una forte presenza della polizia, si erano trasformate in “città morte”. In quest’ultima occasione, invece, l’appello dell’opposizione alla protesta è stato semplicemente ignorato dal popolo, nonostante che la data del 19 dicembre fosse altamente simbolica e che i Congolesi avessero molti motivi per esprimere la loro insoddisfazione. Precisamente un anno fa, il presidente Kabila era arrivato alla fine del suo secondo e ultimo mandato presidenziale senza aver organizzato le elezioni. Un anno dopo, le elezioni che, secondo l’accordo di San Silvestro 2016, avrebbero dovuto aver luogo in dicembre 2017, sono state nuovamente rinviate a dicembre 2018 … una data ancora non sicura. Da “slittamento” a rinvio, il processo elettorale si è impantanato e il presidente Joseph Kabila continua a rimanere al potere senza aver finora organizzato le elezioni previste.

Mancanza di coordinamento?

Il 19 dicembre, l’appello dell’opposizione a scendere in piazza per far rispettare l’accordo politico della notte di San Silvestro 2016, che prevede l’organizzazione delle elezioni entro la fine del 2017, non ha avuto alcun eco significativo tra la popolazione. La sola presenza della polizia (tra l’altro abbastanza debole) per le strade della capitale è riuscita a scoraggiare anche i membri più fanatici dell’opposizione. I leader dell’opposizione o sono rimasti chiusi in casa, o sono stati trattenuti all’estero o è stato loro impedito di partecipare alle manifestazioni, com’è stato il caso del leader del Raggruppamento dell’Opposizione Felix Tshisekedi che, alla fine, ha confessato la sua impotenza. Di fronte alle telecamere, egli stesso ha ammesso il fallimento della manifestazione: «La giornata è iniziata con la pioggia. Gli incaricati della mobilitazione non hanno potuto recarsi sui luoghi loro assegnati. La polizia ha impedito ai combattenti di raggiungere il punto di partenza della manifestazione … poi c’è stata una mancanza di coordinamento». Anche se la causa principale della mancata mobilitazione popolare è stata la forte repressione della polizia, è però necessario cercare altre cause all’interno dell’opposizione stessa.

Per una strategia concertata

Il fallimento delle manifestazioni di piazza promosse dall’opposizione non è nuovo. Dopo le manifestazioni del secondo semestre 2016, la firma dell’accordo politico del 31 dicembre 2016, la morte del leader storico Etienne Tshisekedi e le divisioni sorte in seno all’opposizione, sembra che il campo anti-Kabila sia entrato in una profonda crisi. Le manifestazioni, tutte interdette dalle autorità amministrative, si sono immancabilmente trasformate in giornate “città morte” … a causa di una mancanza di mobilitazione. Il passaggio di personalità importanti dell’opposizione, come Samy Badibanga e Bruno Tshibala, dalla parte del potere ha interrotto quella parvenza di unità che si era instaurata all’interno dell’UDPS e del Raggruppamento dell’Opposizione. Infine, la posizioni più conciliante dell’UNC di Vtale Kamerhe nei confronti del potere, l’esilio forzato di Moïse Katumbi e la mancanza di leadership di Felix Tshisekedi non hanno permesso all’opposizione di preparare una chiara strategia per affrontare Joseph Kabila. Questa mancanza di una strategia concertata, in cui i diversi leader dell’opposizione tirano a destra e a sinistra in modo contraddittorio, secondo alleanze politiche di circostanza ha finito, a quanto pare, per stancare la popolazione, molto più preoccupata per il deterioramento economico e l’insicurezza del paese che per i piccoli accordi tra le diverse parti dell’opposizione. «Si può perdere una battaglia, ma la guerra continua», ha detto il leader dell’opposizione dell’opposizione Félix Tshisekedi. Ma per vincere la guerra, l’opposizione dovrà a tutti i costi riunirsi e consultarsi a vicenda, se vuole un giorno offrire un’alternativa credibile all’attuale presidente congolese.[17]

 

 

3. ALTRE MANIFESTAZIONI PREVISTE PER FINE ANNO

 

a. La LUCHA: Appello per delle manifestazioni popolari ininterrotte a partire dal 29 dicembre 2017

 

Membro del movimento cittadino Lotta per il Cambiamento (LUCHA), Fred Bauma ha affermato che, «anche se, in qualche città, la Lucha ha aderito alla manifestazione indetta dall’opposizione, tuttavia, come movimento cittadino, non aveva previsto alcuna adesione a livello nazionale. Nei prossimi giorni, la Lucha annuncerà alcune azioni previste entro la fine di dicembre 2017».[18]

 

Dopo la repressione della manifestazione indetta dal Raggruppamento dell’Opposizione il 19 dicembre, il movimento cittadino Lotta per il Cambiamento (LUCHA) ha annunciato una serie di manifestazioni pacifiche ininterrotte a partire dal venerdì 29 dicembre fino alle dimissioni di Joseph Kabila e dei suoi complici, come affermato nel seguente comunicato:

«In questa data simbolica del 19 dicembre 2017, un anno dopo la fine del secondo e ultimo mandato presidenziale costituzionale di Joseph Kabila e dieci giorni prima della fine del “tempo” che l’accordo del 31 dicembre 2016 gli ha concesso per organizzare le elezioni entro e non oltre il 31 dicembre 2017,

La LUCHA conferma che, finché Joseph Kabila rimarrà alla guida del Paese, non ci saranno mai elezioni libere, inclusive e pacifiche che possano permettere ai Congolesi di prendere in mano il loro destino eleggendo un nuovo Presidente della Repubblica e nuovi dirigenti politici di loro scelta.
Le manovre in corso a livello della Commissione elettorale e del Parlamento per ottenere una legge elettorale su misura e imporre una macchina per rubare i voti, non ne sono che l’ultimo esempio. Per quanto riguarda il calendario elettorale pubblicato dalla Commissione elettorale … non è altro che la continuazione della strategia dello slittamento adottata da quando il popolo congolese si è opposto ai tentativi intrapresi da Kabila e dal suo regime per cambiare o modificare la costituzione al fine di mantenersi al potere.

La LUCHA ricorda che l’unica fonte di legittimità delle Istituzioni è la costituzione della Repubblica. Dopo aver calpestato la costituzione, Joseph Kabila ha violato anche l’accordo del 31 dicembre 2016, che gli aveva concesso una parvenza di legittimità politica per organizzare le elezioni entro 12 mesi. Dopo il 31 dicembre 2017, anche questa parvenza di legittimità politica finirà e Joseph Kabila e il suo governo, che la LUCHA ha da tempo chiesto al popolo congolese di non riconoscere più come autorità legittime, non saranno altro che degli occupanti e degli invasori e dovranno essere trattati come tali dal nostro popolo e dalla comunità internazionale.

La LUCHA ricorda che l’unica via ragionevole per uscire dall’attuale crisi politica e l’unica garanzia per poter organizzare delle elezioni veramente libere, inclusive e pacifiche è la dimissione di Kabila e di tutti i membri delle Istituzioni a carattere elettivo del suo regime, al fine di istituire rapidamente una transizione politica neutrale guidata da personalità degne e competenti provenienti dalla Società civile, con l’unico obiettivo di stabilizzare il paese, rafforzare le conquiste democratiche e organizzare le elezioni, entro un tempo ragionevole fissato di comune accordo.

La LUCHA si inclina davanti al coraggio di tutti quelli che hanno capito che Kabila non è disposto a lasciare il potere e che, negli ultimi mesi, hanno partecipato in massa a delle manifestazioni cittadine su tutto il territorio del paese per chiedere le sue dimissioni, sfidando la paura e la repressione di questo regime sanguinario. Coloro che hanno perso la vita, coloro che hanno versato il loro sangue o che sono ancora detenuti nelle carceri del regime per aver resistito, meritano la gratitudine dell’intera nazione. Soprattutto, meritano che noi portiamo a termine il loro lavoro, sconfiggendo questo regime e conquistando la libertà per la quale si sono sacrificati.

Con questo spirito, e come epilogo della serie di proteste civiche di questi ultimi mesi, la LUCHA chiede a tutti i Congolesi di partecipare in massa e pacificamente alle manifestazioni che saranno organizzate ininterrottamente, su tutto il territorio del paese, dal venerdì 29 dicembre 2017, fino alle dimissioni effettive di Joseph Kabila e dei suoi complici. Come già sperimentato, per poter riuscirci e resistere tutto il tempo necessario, la LUCHA ricorda che tutti dovranno organizzare delle manifestazioni nel proprio quartiere e sulla propria strada, al fine di asfissiare completamente il regime e neutralizzare i suoi mezzi di repressione, bloccando le strade principali e quelle di quartiere, per impedire o ridurre al minimo i loro spostamenti.

La LUCHA insiste sul fatto che questa mobilitazione senza precedenti deve rimanere una manifestazione pacifica. Lasciamo che Kabila e i suoi sbirri continuino a suggellare il loro destino con la violenza; da parte nostra, non possiamo rispondere con altra violenza. La giustizia si prenderà cura di loro, una volta che il popolo si sarà liberato. La LUCHA chiede insistentemente ai veri patrioti congolesi che si trovano nell’esercito, nella polizia e nei servizi di intelligence di mettersi dalla parte del popolo e di non sparare o far sparare sul popolo, perché questa lotta per la liberazione è anche per loro e per i loro figli.

Infine, la LUCHA esprime il suo sostegno alla chiesa  cattolica, vittima ancora in questi ultimi giorni di vili attacchi a causa delle sue prese di posizione e delle sue azioni coraggiose, in particolare a Kinshasa. La LUCHA accoglie con soddisfazione il riavvicinamento tra i principali leader dell’opposizione politica per parlare con una sola voce e coordinare le azioni sul terreno.

La LUCHA invita tutte le forze sociali e politiche, compresi i laici cattolici, le altre confessioni religiose e l’opposizione politica a:

– Mettere fine alle tergiversazioni e comunicare un solo messaggio coerente, cioè le dimissioni di Kabila e l’istituzione, dal 1° gennaio 2018, di una transizione neutrale, unica garanzia per elezioni veramente democratiche;

– Convocare, mobilitare e, soprattutto per i leader della società civile e dell’opposizione, partecipare personalmente alle manifestazioni che saranno organizzate ininterrottamente dal venerdì 29 dicembre 2017, fino all’effettivi abbandono del potere da parte di Kabila e dei suoi complici;

– Prepararsi per mettere in atto la transizione neutrale e sostenere la missione dei suoi futuri animatori.
Come diceva Thomas Sankara, “non si libera un popolo. Un popolo si libera da sé!”. Per il Congo e il nostro popolo, la resistenza non è più una delle molte opzioni possibili; ora è un’assoluta necessità e un’urgente priorità. Il nostro popolo ha ora un’opportunità straordinaria per scrivere finalmente la propria storia. La LUCHA sta svolgendo il suo ruolo e continuerà a farlo, qualunque cosa accada.

Fatto a Kinshasa, il 19 dicembre 2017

Per la LUCHA

La cellula delle comunicazioni».[19]

 

b. Il Comitato Laico di Coordinamento (CLC) della Chiesa cattolica: convocazione di una marcia di liberazione del Paese, il 31 dicembre 2017

 

Il 2 dicembre, nel corso di una conferenza stampa, i rappresentanti del Comitato Laico di Coordinamento (CLC), una struttura della Chiesa cattolica nella Repubblica Democratica del Congo, hanno reso pubblico il seguente messaggio intitolato “Popolo congolese: prendiamo in mano il nostro destino“:

«Il Congo, il nostro bel paese va male. Il nostro sogno di costruire nel cuore dell’Africa una democrazia rispettosa degli uomini e delle donne di questo paese è diventato un incubo.
Le condizioni di vita delle nostre popolazioni sono più che precarie, mentre una minoranza di cittadini continua ad arricchirsi in modo insolente e arrogante. Si è superato la soglia del tollerabile.

Il popolo si sente indifeso. Le restrizioni al diritto della libertà di espressione, l’interdizione di manifestazioni pubbliche pacifiche, la repressione dei movimenti di protesta politica e di difesa dei diritti umani sono più che insopportabili. Più grave ancora, all’avvicinarsi delle elezioni tanto attese dal nostro popolo, diversi leader dell’opposizione languiscono in carcere o sono condannati all’esilio.

Ma il nostro popolo rifiuta il fatto che, ogni giorno e senza una valida ragione, la nostra speranza di costruire un Congo più bello di prima ci sia confiscata. Il nostro popolo rifiuta che il Congo, il nostro paese, diventi la proprietà privata di pochi privilegiati.

Oggi, come ieri, in occasione della marcia del 16 febbraio 1992, e rispondendo all’appello dei vescovi del 23 giugno 2017, solennemente ripetuto il 24 novembre dello stesso anno, i laici cristiani riuniti nel CLC affermano il loro fermo impegno a sostenere il processo di attuazione dell’Accordo del 31 dicembre 2016.

In questa prospettiva, il CLC esige, entro il 15 dicembre 2017, una dichiarazione pubblica da parte del Presidente della Repubblica, in cui egli dica espressamente che non sarà candidato alla propria successione. Sempre entro la stessa data,  il CLC chiede l’effettiva applicazione di tutte le misure di rasserenamento del clima politico previste nell’Accordo del 31 dicembre 2016, tra cui:

(1) la liberazione senza condizioni di tutti i prigionieri politici;

(2) la fine dell’esilio dei membri dell’opposizione minacciati di arresto al loro rientro nel paese

(3) la fine dello sdoppiamento dei partiti politici;

(4) la liberalizzazione degli spazi mediatici e, in particolare, della RTNC;

(5) la riapertura dei media ingiustamente chiusi;

(6) la ristrutturazione della Commissione elettorale, al fine di ricreare la fiducia tra l’elettorato e l’istituzione organizzatrice delle elezioni;

(7) l’utilizzazione del calendario recentemente proposto dalla Commissione elettorale come strumento di lavoro per l’elaborazione di un calendario elettorale consensuale».[20]

 

Il 17 dicembre, dopo la scadenza dell’ultimatum dato al Presidente Kabila, affinché si pronunciasse prima del 15 dicembre sulla sua non candidatura alle prossime elezioni di dicembre 2018 e la mancanza di qualsiasi tipo di risposta da parte sua, il Comitato Laicale di Coordinamento (CLC) ha indetto una marcia detta di liberazione del paese, per la domenica 31 dicembre 2017. L’appello è rivolto sia agli abitanti di Kinshasa e delle province dell’interno che ai compatrioti residenti all’estero:

«Il 2 dicembre 2017, il Comitato Laicale di Coordinamento (CLC), davanti alla comunità nazionale e internazionale, aveva chiesto ai nostri governanti di rispettare le misure di rasserenamento del clima politico, come deciso dall’Accordo di San Silvestro 2016. Tra queste misure indispensabili per creare le condizioni preliminari per elezioni veramente credibili, si possono ricordare: la liberazione senza condizionato dei prigionieri politici; la fine dell’esilio dei membri dell’opposizione minacciati di arresto al loro rientro nel paese; la liberalizzazione degli spazi mediatici; la fine dello sdoppiamento dei partiti politici; la ristrutturazione della Commissione elettorale, al fine di ricreare la fiducia tra l’elettorato e l’istituzione organizzatrice delle elezioni; la conferma della volontà del Capo dello Stato di non candidarsi per un terzo mandato presidenziale, come richiesto dalla Costituzione. Questo appello è rimasto lettera morta. Manca totalmente la volontà politica di agire per l’avvento della pace e al servizio della comunità. È più che evidente la malafede dei nostri leader nella gestione dell’alternanza politica.

– Poiché l’accordo politico globale e inclusivo del 31 dicembre 2016, unica road map saldamente radicata nella Costituzione della Repubblica, viene quotidianamente violata, come illustrato dall’imposizione di una scellerata legge elettorale non basata sul consenso. nazionale;

– visto che milioni di Congolesi, vittime di violenze di proporzioni senza precedenti, scompaiono o sono costretti a lasciare le loro case e le loro terre per cercare rifugio altrove;

– perché le libertà più fondamentali continuano ad essere calpestate da un potere che non esita a sparare su dei manifestanti disarmati;

– constatando che i membri dell’opposizione, i giornalisti, i leader sindacali indipendenti e gli attivisti per i diritti umani sono ingiustamente imprigionati e mandati in esilio;

– sapendo che le ricchezze nazionali, del suolo e del sottosuolo, vengono confiscate da un piccolo gruppo di individui che hanno privatizzato tutti i servizi statali;

– insieme, come il 16 febbraio 1992, uniamo i nostri sforzi e le nostre forze per dire NO a questa schiavitù imposta dall’oligarchia dominante. Diciamo NO alla situazione attuale, in attesa di farlo in modo più decisivo alle urne nel 2018.

Diciamo NO alla confisca della democrazia da parte di una manciata di individui;

NO al silenzio colpevole e cinico dei governanti, di fronte all’immensa miseria della popolazione, mentre le ricchezze nazionali continuano ad essere saccheggiate e sperperate;

NO ai massacri dei nostri compatrioti del Kivu, Kasaï e Tanganica;

NO agli stupri delle nostre madri, delle nostre sorelle e delle nostre figlie;

NO all’utilizzazione dei gruppi armati per terrorizzare e massacrare le popolazioni;

NO alla violenta repressione di manifestazioni pacifiche.

Poiché vogliamo delle elezioni credibili, condizione necessaria per porre fine all’attuale crisi di legittimità, e poiché vogliamo un Congo liberato dalla dittatura, dalla corruzione, dall’impunità, dall’ingiustizia e dalla confisca delle Istituzioni pubbliche e giudiziarie, liberiamoci dalla paura, dalla rassegnazione e dall’inerzia colpevole.

ALZIAMOCI E PARTECIPIAMO ALLA MARCIA, a Kinshasa, la capitale, nelle province dell’interno e all’estero.

ALZIAMOCI E PARTECIPIAMO ALLA MARCIA per liberare il nostro futuro e rendere il nostro Paese una terra di pace, dignità, ospitalità e progresso per tutti.

Questa domenica, 31 dicembre 2017, mano nella mano, marciamo per salvare il Congo, il nostro patrimonio comune, nel sacro rispetto delle persone e dei beni».[21]

 

c. Il Collegio dei parroci decani dell’Arcidiocesi di Kinshasa: operazione campane tutti i giovedì, alle ore 21:00

 

Il 13 dicembre, in un messaggio pubblicato sulla pagina Facebook di Cenco Rdc, i parroci della diocesi di Kinshasa hanno annunciato una serie di manifestazioni pacifiche a partire dal giovedì 14 dicembre 2017: «Il Collegio dei parroci decani dell’Arcidiocesi di Kinshasa propone una serie di manifestazioni pacifiche. Per rispondere all’appello dei vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) che avevano chiesto ai fedeli e alla popolazione di prendersi le proprie responsabilità, il collegio dei parroci decani dell’arcidiocesi di Kinshasa propone una serie di manifestazioni pacifiche a partire da giovedì 14 dicembre 2017, secondo il seguente programma: ogni giorno, dopo la messa mattutina, recita della “Preghiera per la nazione”, preceduta dalla lettura di estratti del messaggio della CENCO e ogni giovedì, dalle ore 21:00 alle 21:15 circa, suono delle campane di ogni chiesa. Il collegio dei parroci decani invita i fedeli, e la popolazione in generale, ad unirsi al suono  delle campane con ogni tipo di rumore: pentole, fischietti, claxon, tamburi, ecc.».[22]

 

Il 14 dicembre, i cristiani cattolici hanno aderito alla proposta lanciata dai parroci dell’Arcidiocesi di Kinshasa in modo diverso da una parrocchia all’altra. In alcune parrocchie, si sono suonate le campane alle 21:00, come previsto, come testimonia un abitante di Bandalungwa: «abito vicino alla chiesa cattolica di Saint Michel. Le campane hanno iniziato a suonare alle 21:00. Ho sentito che la gente faceva rumore con dei fischietti e allora ho cominciato anch’io». Tuttavia, in altre parrocchie, le cose non sono andate come previsto, come nella parrocchia di San Giuseppe, nel comune di Kalamu. Diverse persone erano arrivate munite di fischietti ma, all’ora indicata, le campane non hanno suonato e sono rimaste deluse.

In effetti, in un suo secondo messaggio, il Collegio dei parroci decani dell’arcidiocesi di Kinshasa aveva apportato alcune modificazioni al programma annunciato in precedenza: «Contrariamente alle disposizioni annunciate nella nostra lettera del 5 dicembre 2017 e relative all’indizione di manifestazioni pacifiche per l’applicazione dell’accordo di San Silvestro 2016, dopo fruttuosi scambi con i nostri vescovi e con la preoccupazione di attenerci alle disposizioni della legge, l’ora del suono delle campane è anticipato alle ore 18:00». Per i parroci, la cosa più importante è la preghiera e il lavoro di sensibilizzazione per risvegliare la coscienza della popolazione, al fine di garantire l’applicazione dell’accordo di San Silvestro 2016 e il rispetto del calendario elettorale che prevede le elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali in dicembre 2018.[23]

 

Il 21 dicembre, alle 21:00, a Kinshasa, soprattutto nella parte occidentale della città, l’iniziativa rumore non solo ha avuto luogo, ma ha anche provocato scene di fraternizzazione tra gli abitanti. Suoni di campane, utensili da cucina, fischietti, fuochi d’artificio e petardi hanno caratterizzato per alcuni minuti questa serata di “resistenza”, così denominata dai manifestanti che vi hanno partecipato. Secondo fonti ecclesiastiche, all’appello hanno aderito circa 20 parrocchie sparse nei diversi comuni di Lukunga. Tra esse, le parrocchie San Luca, Sant’Alberto, San Leopoldo, San Francesco di Sales, Nostra Signora delle Grazie, San Michele. Attraverso questa azione, la Chiesa cattolica chiede l’organizzazione delle elezioni nel 2018 e il rispetto, da parte della classe politica al potere, dell’accordo di San Silvestro 2016, “pegno di una pace duratura”.[24]

[1] Cf Cas-info.ca, 17.12.’17; Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 18.12.’17

[2] Cf Actualité.cd, 27.12.’17

[3] Cf Joseph Kazadi7sur7.cd, 14.12.’17

[4] Cf Actualité.cd, 13.12.’17

[5] Cf Actualité.cd, 17.12.’17

[6] Cf Actualité.cd, 18.12.’17

[7] Cf Radio Okapi, 19.12.’17

[8] Cf Edmond Izuba – Cas-info.ca, 18.12.’17

[9] Cf AFP – Africatime, 19.12.’17; RFI, 19.12.’17

[10] Cf RFI, 19.12.’17

[11] Cf Radio Okapi, 19.12.’17

[12] Cf AFP – Africatime, 19.12.’17; Actualité.cd, 19.12.’17; Radio Okapi, 19.12.’17

[13] Cf; Radio Okapi, 19.12.’17

[14] Cf Mediacongo.net, 20.12.’17

[15] Cf Actualité.cd, 19.12.’17

[16] Cf Radio Okapi, 19.12.’17

[17] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 19.12.’17

[18] Cf Olivier Liffran – Jeune Afrique, 19.12.’17

[19] Cf Mediacongo.net, 20.12.’17  http://www.mediacongo.net/article-actualite-33547.html

[20] Le Potentiel – Kinshasa, 04.12.’17

https://lepotentielonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=18276:message-du-comite-laic-de-coordination-au-peuple-congolais&catid=90:online-depeches&Itemid=511

[21] Cf Forum des As – Kinshasa, 22.12.’17  http://www.forumdesas.org/spip.php?article14176

[22] Cf Cas-info.ca, 14.12.’17

[23] Cf Radio Okapi, 15.12.’17

[24] Cf Edmond Izuba – Cas-info.ca, 22.12.’17