INDICE
1. INTRODUZIONE
2. L’INCONTRO DI FÉLIX TSHISEKEDI E PAUL KAGAME A DOHA (QATAR) – 18 MARZO 2025
3. I COLLOQUI DIRETTI TRA IL GOVERNO CONGOLESE E L’AFC/M23 A DOHA (QATAR) – 27 MARZO / 23 APRILE 2025
1. INTRODUZIONE
Verso fine gennaio 2025, il Movimento del 23 marzo (M23), che afferma di difendere gli interessi della popolazione tutsi nell’est della RDC e che, secondo il Gruppo degli esperti delle Nazioni Unite (ONU), è appoggiato dall’esercito ruandese, ha lanciato un’ampia offensiva che gli ha permesso di conquistare in poche settimane le due principali città dell’est della RDCongo, Goma e Bukavu. Finora tutti i tentativi diplomatici intrapresi per porre fine al conflitto sono falliti.
A metà dicembre 2024, il mediatore designato dall’Unione Africana (UA) in questa crisi, il presidente angolano Joao Lourenço, aveva convocato i presidenti congolese e ruandese, Félix Tshisekedi e Pual Kagame, a Luanda, per tentare di ottenere un accordo di pace, ma invano.
Il presidente ruandese aveva precedentemente chiesto dei colloqui diretti tra il governo congolese e l’M23, ma il presidente congolese aveva risposto negativamente, ciò che ha portato all’annullamento del vertice all’ultimo minuto. Successivamente, il presidente angolano Joao Lourenço aveva convocato le delegazioni del governo congolese e dell’M23 a presentarsi a Luanda (Angola) il 18 marzo, per “avviare dei negoziati di pace diretti”. Ma, secondo una nota del Ministero degli Esteri angolano, i negoziati programmati non hanno avuto luogo “a causa di eventi di forza maggiore”.
In effetti, il 17 marzo, benché precedentemente avesse dichiarato che una sua delegazione sarebbe stata presente a Luanda per prendere parte al dialogo diretto con la delegazione del governo su richiesta delle autorità angolane, l’M23 ha annunciato che non vi avrebbe partecipato, affermando che «le varie sanzioni imposte ai [suoi] membri, tra cui quelle adottate proprio alla vigilia dei colloqui di Luanda, compromettevano seriamente il dialogo diretto». In effetti, quello stesso giorno, il 17 marzo, l’Unione Europea (UE) aveva adottato una nuova serie di sanzioni contro i protagonisti del conflitto, prendendo di mira diverse personalità dell’M23, tra cui il suo leader Bertrand Bisimwa, e alcuni ufficiali dell’esercito ruandese. Questi colloqui diretti tra Kinshasa e l’M23 a Luanda sarebbero stati i primi a partire dalla ricomparsa dell’M23 alla fine del 2021. Finora, infatti, le autorità congolesi avevano respinto qualsiasi forma di dialogo con questo gruppo armato, poiché considerato come “gruppo terroristico”.[1]
2. L’INCONTRO DI FÉLIX TSHISEKEDI E PAUL KAGAME A DOHA (QATAR) – 18 MARZO 2025
Il 18 marzo, verso sera, in una dichiarazione in cui non si fa alcun riferimento all’M23, il Ministero degli Esteri del Qatar ha annunciato che, nel corso della giornata si era svolto a Doha un incontro tra i capi di Stato congolese e ruandese, Félix Tshisekedi e Paul Kagame, sotto la mediazione dell’emiro Tamim Ben Hamad Al Thani: «I due capi di Stato hanno ribadito l’impegno di tutte le parti per un cessate il fuoco immediato e incondizionato … Si sono inoltre espressi sulla necessità di proseguire le discussioni avviate a Doha, per concordare le basi per una pace duratura».[2]
Dopo il fallimento di un primo incontro tra Félix Tshisekedi e Paul Kagame in dicembre 2024 e l’annullamento dei negoziati diretti tra l’M23 e Kinshasa il 18 marzo 2025, l’incontro di Doha rappresenta prima di tutto una sconfitta del presidente angolano Joao Lourenço, mediatore nel conflitto dell’est della RDC.
Il processo di pace di Luanda era stato concepito come piattaforma di dialogo tra la RDC e il Ruanda, al fine di raggiungere una soluzione pacifica al conflitto del Nord Kivu. Tra le sue principali linee guida, si potrebbero citare: l’accettazione di un cessate il fuoco, il ritiro delle truppe ruandesi dal territorio congolese, la cessazione dell’appoggio militare e logistico del Ruanda all’M23, il ritiro dell’M23 dalle zone occupate e lo smantellamento delle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR), considerate dal Ruanda come una minaccia alla sua sicurezza.
Va detto che Doha ha il vantaggio di mantenere buoni rapporti con Kinshasa, ma anche con Kigali.
L’incontro di Doha è stata soprattutto una piacevole sorpresa per il presidente congolese Félix Tshisekedi, perché gli ha permesso di sottrarsi, almeno momentaneamente, ai negoziati diretti con l’M23, considerati come una linea rossa che il governo congolese non voleva oltrepassare. Ciò spiega la riluttanza di Kinshasa ad accettare i colloqui di Luanda.
Ma l’incontro di Doa è stata una piacevole sorpresa anche per il presidente ruandese Paul Kagame, perché gli ha consentito di dimostrare la sua volontà di risolvere la crisi, dopo che le pressioni internazionali e le sanzioni si siano moltiplicate contro il Ruanda.
Resta da vedere quali effetti avrà la dichiarazione di Doha sull’M23. Benché siano state numerose le promesse di cessate il fuoco, esse non sono mai state rispettate e l’M23si è ogni volta dichiarato “non implicato” nelle disposizioni emanate da Kinshasa e Kigali in sua assenza. Resta da vedere cosa accadrà dopo questo primo incontro tra Tshisekedi e Kagame, dopo mesi di invettive e accuse reciproche.[3]
3. COLLOQUI DIRETTI TRA IL GOVERNO CONGOLESE E L’AFC/M23 A DOHA (QATAR) – 27 MARZO / 23 APRILE 2025
Il 27 marzo, le delegazioni di rappresentanti del governo congolese e dell’M23 si sono incontrate separatamente a Doa, in Qatar, per una serie di colloqui diretti.
Invitate a Doha dal mediatore del Qatar, il loro obiettivo era quello di proseguire le discussioni avviate il 18 marzo, dopo l’incontro a sorpresa tra Félix Tshisekedi e Paul Kagame, su iniziativa dell’emiro Tamim Ben Hamad Al Thani, al fine di trovare una soluzione alla crisi nell’Est della RDC. Le discussioni tra le due delegazioni, consultate separatamente, sono solo una fase preliminare. Nonostante la discrezione imposta, alcune informazioni sono trapelate da questo primo round di colloqui diretti tra la delegazione del governo congolese e l’M23.
Con la mediazione del Qatar e il coinvolgimento di altri partner internazionali, l’obiettivo principale di questo incontro è stato quello di cercare le basi di un quadro di dialogo per una risoluzione pacifica del conflitto nell’est della RDC. Secondo quanto riferito, i punti chiave discussi dalle due delegazioni sono i seguenti:
i. Entrambe le parti hanno ribadito la loro volontà di proseguire il dialogo in vista di una soluzione pacifica del conflitto. Sarà istituito un comitato di monitoraggio per garantire la continuità delle discussioni e il rispetto degli impegni assunti.
ii. Il governo congolese esige:
– il ritiro immediato e incondizionato dell’M23 dalle zone occupate (Rutshuru, Masisi e Walikale).
– il disarmo progressivo dei combattenti dell’M23, sotto la supervisione di osservatori internazionali.
– il divieto categorico di integrazione automatica dei combattenti dell’M23 nell’esercito nazionale (FARDC).
iii. Da parte sua, l’M23 chiede:
– garanzie di sicurezza per i propri membri, come condizione del suo ritiro dalle zone sotto suo controllo.
– una sua rappresentanza politica all’interno delle istituzioni congolesi.
– un’amnistia generale per i combattenti e i leader del movimento.
– l’integrazione automatica dei suoi combattenti nell’esercito nazionale.
Non è stato firmato alcun accordo concreto, poiché le posizioni restano molto distanti su vari punti.
L’M23 continua a rifiutare un suo ritiro incondizionato ed esige garanzie politiche e militari.
Il governo congolese ha escluso qualsiasi trattativa, finché l’M23 non si sia ritirato dalle zone occupate.
La questione del ruolo del Ruanda nel conflitto resta un tema delicato, poiché Kinshasa accusa Kigali di appoggiare attivamente l’M23.
Il Qatar, principale mediatore, si è impegnato a facilitare la continuazione dei negoziati e a monitorare l’attuazione degli impegni eventualmente assunti.[4]
Il 9 aprile, le due delegazioni si sono trovate a Doha per un secondo round di colloqui.
La delegazione dell’M23 ha presentato alla mediazione del Qatar un elenco di requisiti, in cui venivano specificate le sue richieste e condizioni per una possibile de-escalation.
Tra le condizioni presentate come “misure di rafforzamento della fiducia” previe all’avvio dei negoziati con il governo congolese, l’AFC/M23 ha essenzialmente incluso:
– chiare garanzie sul potere decisionale della delegazione di Kinshasa;
– una dichiarazione ufficiale da parte del presidente Félix Tshisekedi, nella quale egli si impegni pubblicamente ad accettare un dialogo diretto con l’AFC/M23;
– l’abrogazione della risoluzione dell’Assemblea nazionale dell’8 novembre 2022, riguardante il divieto di integrazione dei gruppi armati all’interno delle forze di difesa e di sicurezza.
– l’annullamento delle condanne a morte, dei procedimenti giudiziari e dei mandati di arresto emessi nei confronti dei suoi leader e dei suoi membri;
– la liberazione dei detenuti civili e militari arrestati o accusati di collusione con l’AFC/M23;
– la cessazione, da parte di Kinshasa, dei discorsi di incitazione all’odio e degli atti di discriminazione sociale nei confronti di alcune comunità.
Da parte sua, il governo ha posto diverse premesse ritenute essenziali per proseguire le discussioni in modo costruttivo. Tra esse:
– un cessate il fuoco immediato e incondizionato,
– il rifiuto categorico di qualsiasi forma di integrazione delle truppe dell’M23/AFC all’interno dell’esercito congolese,
– il ritiro dell’M23/AFC dalle aree occupate illegalmente,
– l’accettazione, da parte dell’M23/AFC, del Programma di Disarmo, Smobilitazione, Reinserimento Comunitario e Stabilizzazione (PDDRCS),
– la cessazione dell’amministrazione parallela instaurata dall’M23/AFC nelle zone finora occupate.[5]
Il 23 aprile, nel corso dei colloqui di pace a Doha, in Qatar, le due delegazioni hanno firmato separatamente un comunicato, in cui hanno espresso la loro volontà di risolvere il conflitto nell’est della RDC con mezzi pacifici.
In seguito a discussioni “franche e costruttive”, si legge nel comunicato, i rappresentanti della RDC e dell’AFC/M23 hanno concordato di «lavorare per la conclusione di una tregua che consenta un cessate il fuoco effettivo».
Secondo il comunicato, «di comune accordo, entrambe le parti hanno riaffermano il loro impegno a favore di un’immediata cessazione delle ostilità e di un categorico rifiuto di ogni atto di intimidazione e di incitamento all’odio e invitano tutte le comunità locali a rispettare questi impegni. … Entrambe le parti si impegnano a rispettare gli impegni sopra menzionati, al fine di aprire la strada a un dialogo costruttivo, in vista di una pace duratura nella RDC e nella regione. Tale dialogo si concentrerà sulle cause profonde della crisi in corso e sulle modalità con cui porre fine al conflitto in corso nei territori dell’est della RDC. Inoltre, i rappresentanti della RDC e dell’AFC/M23 si impegnano a rispettare immediatamente tali impegni per tutta la durata dei colloqui e fino alla loro conclusione».
Allo stato attuale, questo comunicato non costituisce ancora un accordo di tregua o di cessate il fuoco. Si tratta piuttosto di una dichiarazione d’intenti: un comunicato in cui entrambe le parti affermano di aver accettato di lavorare insieme per arrivare a un accordo di pace.
Il comunicato è stato firmato separatamente, in duplice copia, dal capo della delegazione governativa, Papy Mbuyi Kanguvu, e dal portavoce civile dell’AFC/M23, Lawrence Kanyuka.
La notizia è stata diffusa il giorno dopo un incontro avvenuto tra il ministro di Stato del Qatar, Mohammed Al-Khulaifi, responsabile del dossier, e Massad Boulos, il nuovo consigliere senior per l’Africa presso la Casa Bianca. Questo incontro fa parte degli sforzi congiunti per promuovere una de-escalation duratura nella regione dei Grandi Laghi Africani. Per alcuni osservatori, si tratta di un segno della pressione esercitata da Washington per raggiungere una soluzione duratura al conflitto.
Occorre ricordare che, benché non abbia ricevuto alcun mandato ufficiale per mediare in questo conflitto, l’emirato di Doha ha moltiplicato i suoi sforzi di mediazione in varie crisi (Darfur, Afghanistan, Yemen, Gaza) e, negli ultimi anni, ha firmato vari accordi di cooperazione economica sia con Kigali che con Kinshasa. In particolare, esso ha investito più di un miliardo di dollari in un futuro hub aeroportuale nei pressi di Kigali (Ruanda) e si è impegnato a modernizzare varie strutture portuali e aeroportuali nella RDC.[6]
Il testo del comunicato, particolarmente proattivo, non può tuttavia essere letto come un impegno formale a favore di un ritorno della pace nel Paese. Ciò è ancora più evidente in quanto le due parti partecipanti ai negoziati non hanno firmato un unico testo congiunto. Ciascuna parte l’ha firmato separatamente, il che non promette nulla di buono per il futuro.
Il grande merito di questi colloqui di pace in Qatar è stato quello di riunire attorno allo stesso tavolo i rappresentanti del governo congolese e dell’AFC/M23. Una novità importante e un atto in formale contraddizione con una raccomandazione dell’Assemblea nazionale congolese, votata l’8 novembre 2022, che presenta l’AFC/M23 come un movimento terroristico e il cui obiettivo è di impedire qualsiasi tipo di integrazione dei combattenti dell’M23 nell’esercito nazionale congolese.
Un altro elemento degno di nota è che il testo del comunicato congiunto non fa mai riferimento al Ruanda, bersaglio preferito di Kinshasa.
Dietro le quinte di Doha, le tre settimane dei negoziati sono state pervase da un clima di tensione e sfiducia. La delegazione di Kinshasa si è dimostrata intrattabile per quanto riguarda le sei richieste formulate dall’AFC/M23, tra cui la liberazione di 540 prigionieri politici o persone arrestate per la loro presunta appartenenza alla comunità tutsi congolese e la revoca delle condanne a morte e delle taglie da 5 milioni di dollari emesse contro i principali leader del movimento AFC/M23.
Al contrario, Kinshasa avrebbe chiesto all’AFC/M23 di deporre le armi e di ritirarsi dalle zone occupate. Secondo alcune fonti, i rappresentanti del governo congolese hanno insistito affinché il comunicato finale affermasse esplicitamente che l’attuale incontro tra le due delegazioni a Doha rappresentava la continuazione del precedente incontro, sempre a Doha, tra i presidenti congolese e ruandese, Félix Tshisekedi e Paul Kagame. La delegazione dell’’AFC/M23 avrebbe respinto questa richiesta, sostenendo che le discussioni tra Kinshasa e Kigali non la riguardano, poiché l’AFC/M23 ha motivazioni, obiettivi e richieste proprie.
Un altro punto di frizione: i rappresentanti del governo avrebbero voluto che entrambe le parti si impegnassero a incoraggiare i gruppi armati a deporre le armi, una proposta non accettata dall’AFC/M23, che accusa Kinshasa di collaborare proprio con molte milizie.
Inoltre, l’AFC/M23 avrebbe chiesto il ritiro dei militari dell’esercito nazionale e dei gruppi armati suoi alleati, i Wazalendo, da Walikale, recentemente rioccupata dall’esercito congolese dopo il ritiro delle truppe dell’M23, che ritiene che questo suo ritiro da Walikale sia un segno di buona fede.
Tuttavia, il principale ostacolo e punto di disaccordo risiederebbe nelle richieste poste dall’AFC/ e trasmesse alla mediazione del Qatar prima dell’inizio dei negoziati. L’AFC/M23 accusa il governo di ignorarli, vedendo in ciò una prova di malafede.
Le tre settimane di negoziati hanno ancora una volta dimostrato il grande divario cha ancora separa i due campi. Sul terreno, nella regione di Walikale, sono continuati i combattimenti tra i wazalendo (milizie congolesi) e l’AFC/M23. Kinshasa accusa l’M23 di rafforzare le sue posizione in questa regione, mentre quest’ultimo rileva il continuo acquisto di armi da parte di Kinshasa e il loro invio sul fronte del Sud Kivu, tramite l’aeroporto burundese di Bujumbura, a meno di 30 chilometri dalla città congolese di Uvira.[7]
Il Movimento Cittadino per la Lotta per il Cambiamento (LUCHA) si è espresso in merito al comunicato congiunto, firmato dai delegati del governo congolese e dell’AFC/M23 con la mediazione del Qatar. In tale comunicato, le due delegazioni si impegnano a porre fine alle ostilità e ad avviare un dialogo per la pace nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC).
LUCHA accoglie con grande favore tutti gli sforzi, tra cui quelli del Qatar, intrapresi per porre fine alle sofferenze delle popolazioni civili, colpite dalla guerra dell’M23 appoggiato dal Ruanda e vittime di un sistema di occupazione del loro territorio e del saccheggio sistematico delle loro risorse naturali e minerarie, a vantaggio di predatori nazionali e stranieri. Tuttavia, questo movimento cittadino esprime la propria paura, ricordando che i precedenti dialoghi con le ribellioni armate sostenute da stati stranieri non sono mai riusciti a riportare la pace in Congo.
Dall’AFDL all’M23, passando per l’RCD e il CNDP, i dialoghi con i movimenti ribelli hanno infatti sempre condotto ad accordi che hanno sancito l’impunità totale degli autori di gravi crimini commessi contro le popolazioni civili; l’indebolimento progressivo delle forze di sicurezza, mediante l’integrazione collettiva dei membri dei movimenti ribelli, tra cui si erano infiltrati anche dei membri delle truppe straniere venute in loro appoggio; l’accesso non democratico alle responsabilità politiche mediante il ricorso alle armi.
In un suo comunicato, LUCHA ha dichiarato: «Lungi dal portare la pace, questi accordi di pace hanno sempre alimentato un ciclo di violenza, indebolito lo Stato e legittimato la presa del potere con la forza. Mentre a Doha si profila un dialogo tra il governo congolese e l’M23 appoggiato militarmente e logisticamente dal Ruanda, mettiamo in guardia contro quegli accordi di pace che premiano i criminali a spese delle vittime, smantellano ulteriormente i servizi di sicurezza e compromettono i principi democratici».
LUCHA promette quindi di opporsi categoricamente a qualsiasi accordo di pace che preveda un’amnistia generale per tutti i responsabili di crimini gravi: «Siamo fermamente contrari a qualsiasi dialogo che sancisca l’impunità per i gravi crimini commessi da tutte le parti durante il conflitto. Gli autori e i mandanti di uccisioni, stupri di donne, reclutamento forzato, saccheggio/distruzione delle risorse naturali e di tutti gli altri crimini devono essere tradotti davanti alla giustizia. Un dialogo di pace che ignora il bisogno di giustizia e di riparazione delle vittime per i crimini presenti e passati non può in alcun modo portare alla pace».
Sulla stessa linea, il movimento cittadino Lucha mette in guardia anche contro un’integrazione collettiva dei ribelli nell’esercito nazionale e contro una loro rappresentanza negli organismi politici.
«Oltre ad essere illegale, l’integrazione collettiva dei ribelli nei servizi di sicurezza contribuisce all’indebolimento di questi ultimi. Il più delle volte, i ribelli integrati collettivamente nell’esercito non dimostrano alcuna lealtà verso il Paese e, alla prima occasione, finiscono per tradire i loro commilitoni. Un accordo di pace che sancisca l’integrazione collettiva dei ribelli nell’esercito vanificherà gli sforzi per costruire un esercito nazionale forte, dissuasivo e leale, in grado di proteggere il nostro territorio e il nostro popolo», ha affermato il movimento cittadino Lucha, aggiungendo: «Benché imperfetta, la giovane democrazia congolese deve essere preservata e i principi che la governano rigorosamente rispettati. È assolutamente essenziale porre fine alla legittimazione dell’uso delle armi come mezzo per accedere al potere politico. In effetti, qualsiasi tentativo di attribuire delle responsabilità politiche a persone che hanno commesso crimini, o che minacciano di commetterli, distruggerebbe la democrazia e normalizzerebbe la cultura del ricorso alla violenza come mezzo di protesta».
Inoltre, prendendo in considerazione la crisi multidimensionale che il Paese sta attraversando, LUCHA propone un dialogo inclusivo e sincero che riunisca tutte le forze sociali e politiche nazionali, per analizzare a fondo le cause degli infiniti conflitti armati, dei problemi di governance e delle crisi politiche, al fine di trovare soluzioni efficaci e durature che aprano la strada alla pace e allo sviluppo della RDC.
Infine, nel suo comunicato, LUCHA ha affermato: «Ribadiamo l’urgente necessità di riforme interne profonde e strutturali, condizione sine qua non per un effettivo e duraturo ritorno della pace, della sicurezza e dello sviluppo nella Repubblica Democratica del Congo. Chiediamo alle autorità congolesi di avviare immediatamente riforme coraggiose per la lotta contro la corruzione, una profonda riforma dei settori della sicurezza e della giustizia e il rigoroso rispetto dei diritti umani, mediante la cessazione delle persecuzioni contro gli oppositori politici e gli attori della società civile. Invitiamo inoltre il Presidente Félix Tshisekedi ad impegnarsi, chiaramente e pubblicamente, a non modificare la Costituzione e a rispettare i limiti di mandato da essa previsti».[8]
La dichiarazione congiunta firmata il 23 aprile dal governo congolese e dall’AFC/M23, con la mediazione del Qatar, è vista come un barlume di speranza per una risoluzione pacifica dell’attuale crisi dell’est del Paese. Tale dichiarazione prevede la possibilità di una tregua previa a un cessate il fuoco, la fine dei discorsi di incitazione all’odio e un appello per la pace rivolto alla popolazione. Ma sul campo sono numerose le sfide che ne ostacolano l’attuazione.
La prima sfida è la presenza di attori armati non firmatari della dichiarazione, tra cui soprattutto i gruppi armati “Wazalendo”, molto attivi in alcune zone del Nord e del Sud Kivu. La loro posizione circa la dichiarazione è poco chiara e qualsiasi azione ostile da parte loro potrebbe compromettere gli attuali sforzi di pace in corso. Un’altra sfida: la necessità che il governo e l’AFC/M23 adottino misure concrete per ridurre le tensioni e l’escalation delle violenze. Ciò comporterebbe che le due parti si impegnassero a costruire un clima di fiducia, evitando provocazioni o manovre militari che potrebbero riaccendere le tensioni. Il minimo attrito potrebbe mandare tutto in frantumi.
Nonostante ciò, questa dichiarazione congiunta viene da molti considerata come un passo avanti significativo nel lungo e difficile cammino verso la pace nell’est del Paese.[9]
[1] Cf AFP – Le Monde, 19.03.’25
[2] Cf AFP – Le Monde, 19.03.’25
[3] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 19.03.’25
[4] Cf Afriwave.com, 01.04.’25
[5] Cf Silas Munginda – Beto.cd, 09.04.’25; Roberto Tshahe Da Cruz congo-press.com (MCP) / mediacongo.net, 09.04.’25
[6] Cf Christian Dimanyayi – 7sur7.cd, 24.04.’25; Patient Ligodi – RFI, 23.04.’25; AFP – Le Monde.fr, 24.04.’25
[7] Cf Hubert Leclercq . Lalibre,be/Afrique, 24,04,’25; Radio Okapi, 23.04.’25
[8] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 27.04.’25
[9] Cf Radio Okapi, 25.04.’25