Congo Attualità n. 488

LA LEGGE MARZIALE IN ITURI / NORD KIVU E LA MISSIONE ONU IN RDCONGO:
L’ORA DELL’ABROGAZIONE E DEL RITIRO

INDICE

1. TAVOLA ROTONDA DI VALUTAZIONE DELLA LEGGE MARZIALE IN ITURI E NORD KIVU
2. RAPPORTO DEL SEGRETARIO GENERALE, ANTONIO GUTERRES, AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU SULLA RDCONGO
a. La situazione di insicurezza nell’est della RDCongo
b. La riconfigurazione della Missione dell’ONU in RDCongo
i. La protezione della popolazione civile
ii. Il disarmo, la smobilitazione, il reinserimento e la stabilizzazione
iii. La riforma dei servizi di sicurezza
c. Il ritiro progressivo del personale militare della Missione
d. Osservazioni

1. TAVOLA ROTONDA DI VALUTAZIONE DELLA LEGGE MARZIALE IN ITURI E NORD KIVU

Il 14 agosto, a Kinshasa, sono iniziati i lavori della Tavola Rotonda sulla valutazione della legge marziale in vigore nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri. Vi hanno partecipato dei delegati della Presidenza della Repubblica, dell’Assemblea Nazionale, del Senato, del Governo, della magistratura, dei deputati provinciali, dei governi provinciali, delle autorità tradizionali, delle confessioni religiose e della Federazione delle imprese del Congo. Indetta dallo stesso Presidente della Repubblica, questa iniziativa ha un carattere consultivo. L’obiettivo è quello di poter offrire al Presidente gli elementi necessari, affinché egli possa decidere se mantenere, riqualificare o mettere fine alla legge marziale che aveva instaurato il 6 maggio 2021, per tentare di risolvere il problema dell’insicurezza nel Nord Kivu e nell’Ituri. Questo provvedimento è da tempo criticato da diverse personalità sociopolitiche del Nord Kivu e dell’Ituri, soprattutto a causa della mancanza di risultati tangibili, visto che la violenza perpetrata dai vari gruppi armati, tra cui le Forze Democratiche Alleate (ADF) nel Nord Kivu e la Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO) in Ituri, non fanno che aumentare. Inoltre, è proprio durante la legge marziale che, nel Nord Kivu, il Movimento del 23 marzo (M 23), già sconfitto nel 2013, ha ripreso le ostilità, prendendo il controllo di ben tre territori (Rutshuru, Masisi e Nyiragongo).[1]

In un suo comunicato pubblicato il 13 agosto, il movimento civico Lotta per il Cambiamento (LUCHA) aveva già dichiarato che non si aspetta altro che la legge marziale venga revocata, visti i suoi scarsi risultati. La LUCHA afferma che, invece di porre fine all’insicurezza, la legge marziale ha piuttosto facilitato il perpetuarsi della violenza nelle province implicate. Secondo LUCHA, «l’obiettivo dichiarato della legge marziale era di mettere fine all’esistenza dei gruppi armati, ripristinare l’autorità dello Stato e assicurare quindi la protezione dei civili. Purtroppo, la situazione è notevolmente peggiorata. In questi ultimi 2 anni, c’è stato un aumento degli attacchi dei gruppi armati contro le popolazioni locali e, dunque, un aumento delle vittime civili: 4.000 morti e più di 2 milioni di sfollati. Di conseguenza, noi non avalleremo mai il mantenimento di un provvedimento politico così inutile e inefficace».[2]

Alcuni movimenti civici, tra cui Lucha, Filimbi, Urgences Panafricaniste e gruppi di pressione, hanno chiesto la revoca della legge marziale e proposto le seguenti misure alternative:
– Rilanciare su vasta scala le operazioni militari contro i gruppi armati, in particolare contro l’M23/RDF, le ADF e la CODECO e ciò dopo aver preventivamente allontanato dall’esercito tutti quegli ufficiali e soldati sospettati di aver perpetrato gravi violazioni dei diritti umani, di essere complici di determinati gruppi armati e di essere implicati in traffici illegali vari come il contrabbando dei minerali. È inoltre indispensabile destinare a tali operazioni militari le risorse finanziarie e logistiche necessarie.
– Porre immediatamente fine alla presenza delle truppe della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC) che, invece di combattere contro  l’M23/RDF, coabitano con loro. Accelerare le procedure di ritiro della Missione dell’ONU in Congo (MONUSCO), il cui mandato non è più adatto alla situazione attuale.
– Mettere urgentemente in atto il Programma di Disarmo, Smobilitazione, Reintegrazione Comunitaria e Stabilizzazione (PDDRC-S), per dare la possibilità di una via d’uscita efficace e sicura ai combattenti dei gruppi armati locali che depongono le armi. Sostituire immediatamente l’attuale coordinatore del Programma, Tommy Tambwe, con un’altra persona più credibile.
– Chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la creazione di un tribunale penale speciale per la RDC o un meccanismo internazionale equivalente, al fine di processare i principali autori, congolesi e stranieri, dei gravi crimini commessi nella RDC dal 1990 in poi, compresi quelli documentati nel rapporto del progetto Mapping delle Nazioni Unite.
– Attuare un programma di sgravi fiscali e di ripresa economica a favore delle province finora sottomesse al regime della legge marziale, al fine di risollevare l’economia locale che da anni è duramente danneggiata dalla violenza dei gruppi armati. A tal fine, è urgente riaprire la strada nazionale N°2, il che permetterebbe la ripresa dell’attività commerciale.
– Rispondere positivamente alle aspettative della classe politica e della società civile (movimenti civici e gruppi di pressione) che si attendano che le prossime elezioni previste in dicembre 2023 siano trasparenti, credibili e inclusive, capaci di porre fine alle ricorrenti crisi di legittimità che costituiscono una grave minaccia per la nostra sicurezza e la nostra sovranità. A questo proposito, ci opponiamo fermamente a qualsiasi idea di organizzare delle elezioni (presidenziali, legislative nazionali / provinciali e municipali) senza la partecipazione dei distretti elettorali di Masisi, Rutshuru e Nyiragongo, attualmente occupati e controllati dall’M23/RDF.
– Proseguire ed accelerare la riforma dell’esercito e dei servizi di sicurezza (tra cui la catena di comando, i mezzi logistici, l’aumento dei salari, il miglioramento delle condizioni sociali dei militari e dei loro familiari, il rafforzamento della disciplina, le modalità di reclutamento, la creazione scuole militari moderne e la costruzione di nuove caserme), al fine di ottenere un esercito repubblicano, professionale e capace di proteggere i Congolesi, le loro proprietà e il loro territorio.
– Assicurare un’adeguata assistenza umanitaria ai milioni di Congolesi che vivono nei campi profughi nel Nord Kivu e nell’Ituri, in attesa di una situazione di pace e sicurezza che permetta il loro ritorno definitivo ai luoghi di origine.
– Identificare e perseguire in giustizia tutti i responsabili di atti di violenza e di complicità con i gruppi armati, al fine di rompere la cultura dell’impunità che affligge la società congolese e che favorisce il continuo ripetersi della criminalità.[3]

Il ministro congolese dell’Industria e ex governatore del Nord Kivu per 12 anni, Julien Paluku Kahongya, si dice favorevole alla revoca della legge marziale instaurata nel mese di maggio 2021 nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri.
Egli ha elencato i “punti oscuri” di questo provvedimento che, dando pieni poteri ai militari, aveva suscitato molte speranze riguardo al problema dell’esistenza dei gruppi armati nell’est del paese.
Egli ha citato la ripresa delle ostilità da parte dell’M23 e la proliferazione dei gruppi armati: «È durante la legge marziale che l’M23 ha occupato i territori di Rutshuru, Masisi e Nyiragongo, perpetrando numerosi massacri, come quello di Kishishe, tra il 29 novembre e il 1 dicembre 2022, preceduto e seguito da altri commessi a Ntamugenga, Tongo, Kitchanga, …, nel territorio di Rutshuru, con un bilancio delle vittime che ormai supera i 1.000 morti. È stato durante la legge marziale che, nell’Ituri e nel Nord Kivu, si è constatata la proliferazione di gruppi armati, fino a contarne ormai più di 200».
Pertanto, egli ha proposto la revoca della legge marziale, al fine di reintegrare i civili nelle loro funzioni politiche, amministrative e giudiziarie. Egli ha formulato una serie di proposte, tra cui la creazione di uno stato maggiore militare avanzato, per consentire alle autorità congolesi di seguire più da vicino le operazioni militari in corso. Julien Paluku ha peraltro raccomandato che questo stato maggiore avanzato sia installato a Beni (Nord Kivu) e che sia dotato di poteri straordinari. Ha proposto che il presidente Félix Tshisekedi ne assuma il comando diretto, per evitare le pesantezze amministrative, le deprecate manomissioni spesso constatate nella gestione dei fondi destinati alle operazioni militari, la corruzione e le frequenti attività di commercio illegale e di tipo mafioso. Lo stato maggiore avanzato comprenderebbe anche due centri di resistenza, uno a Goma (Nord Kivu) e l’altro a Bunia (Ituri). Egli propone che siano riabilitate le istituzioni politiche, amministrative e giudiziarie civili e che i governatori abbiano dei consiglieri militari che assicurino un buon collegamento con lo stato maggiore avanzato.
Oltre a queste proposte, Julien Paluku ha chiesto la ripresa dei processi di pace di Nairobi (Kenia) e di Luanda (Angola). Ha inoltre suggerito il trasferimento dei comandanti e degli ufficiali militari che stanno prestando servizio nella regione da diversi anni ininterrottamente e il dispiegamento di nuove unità combattenti provenienti dai recenti corsi di addestramento. Infine, egli ha proposto una vasta campagna di reclutamento di nuovi  agenti di polizia, per coprire le aree non ancora protette.[4]

Il deputato nazionale Jackson Ausse Afingoto, eletto nella circoscrizione di Irumu (Ituri), ritiene che il provvedimento relativo all’instaurazione della legge marziale in Ituri e nel Nord Kivu debba essere revocato, tanto più che le sue innumerevoli proroghe  sono sempre state approvate dal Parlamento contro la volontà dei parlamentari delle province interessate. Jackson Ausse fa notare che  la concentrazione delle responsabilità civili e militari nella mani dei militari ha prodotto effetti contrari a quanto previsto ed evoca, quindi, la necessità di riaffidare la gestione amministrativa, finanziaria e politica alle precedenti autorità civili, affinché i militari possano concentrarsi esclusivamente sulle operazioni militari e sulla loro missione di protezione della popolazione civile e di difesa dell’integrità territoriale. Il deputato è stato molto critico anche nei confronti della strategia di ricorrere sempre ad eserciti stranieri, invece di rinforzare l’esercito e renderlo capace di svolgere le sue missioni sovrane: «La fase di ricorrere ad eserciti stranieri è finita, perché non vedo nessun esercito nel mondo che dia disposto a venire a morire al nostro posto. Non siamo più in epoca coloniale, né vogliamo essere un paese sotto tutela, ma vogliamo essere piuttosto un paese libero, democratico e indipendente. Certo, abbiamo delle difficoltà, ma dobbiamo superarle».[5]

In una loro dichiarazione, i deputati nazionali e provinciali, i senatori e altre personalità delle province di Ituri e Nord Kivu partecipanti ai lavori della tavola rotonda hanno preso atto della riduzione, per mancanza di solide argomentazioni, del numero dei membri della Commissione creata per analizzare gli elementi a favore del mantenimento della legge marziale e, nello stesso tempo, dello scioglimento, per insufficienza di basi costituzionali, della commissione incaricata di valutare la possibilità di riqualificare la legge marziale. Si sono quindi unanimemente espressi a favore della “pura e semplice revoca della legge marziale”. Hanno inoltre chiesto la riconsegna delle istituzioni provinciali alle legittime autorità civili finora sospese dalle loro responsabilità trasferite nelle mani di ufficiali militari e hanno sollecitato il rafforzamento delle operazioni militari, garantendone l’unità di comando. Hanno sottolineato la necessità di accelerare il Programma di Disarmo, Smobilitazione, Reinserimento Comunitario e Stabilizzazione (P-DDRC-S) a favore dei membri di gruppi armati aderenti al processo di pace. Al termine dei lavori, è emerso che la maggioranza dei partecipanti (quasi il 90%) si è detto favorevole alla revoca della legge marziale.[6]

Il 16 agosto, il capo del governo Sama Lukonde ha chiuso la tavola rotonda sulla valutazione dell’applicazione della legge marziale in vigore nelle province di Ituri e Nord Kivu.
Durante tre giorni, i partecipanti hanno esaminato tre possibili opzioni: il mantenimento, la riqualificazione e la revoca di tale provvedimento. Al termine dei lavori, il Primo Ministro Sama Lukonde, rappresentante del Capo dello Stato, ha annunciato che un rapporto finale sarà presentato al Presidente Tshisekedi che, dopo aver valutato le raccomandazioni formulate durante le discussioni, prenderà una decisione definitiva in merito.

2. RAPPORTO DEL SEGRETARIO GENERALE, ANTONIO GUTERRES, AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU SULLA RDCONGO

a. La situazione di insicurezza nell’est della RDCongo

8. Nell’Ituri e nel Nord Kivu, le condizioni di insicurezza sono notevolmente peggiorate. Lo spostamento di truppe delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) dall’Ituri verso i territori di Rutshuru e Masisi (Nord Kivu), per contrastare l’insurrezione del Movimento del 23 marzo (M23), ha creato un vuoto che è stato colmato da una moltitudine di milizie e gruppi armati, congolesi e stranieri, che controllano oltre il 70% dei territori di Irumu e Djugu, il 10% di quello di Mahagi e il 5% di quello di Mambasa.
9. In Ituri, la Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), il gruppo Zaire, il Fronte Patriottico e Integrazionista di Congo (FPIC), la Forza di Resistenza Patriottica dell’Ituri (FRPI) e e le Forze Democratiche Alleate (ADF), gruppo quest’ultimo che rivendica la sua appartenenza alla “Provincia dell’Africa Centrale dello Stato Islamico”, continuano a compiere attacchi contro le popolazioni civili, in particolare nei territori di Djugu e Mahagi. L’obiettivo principale di tali attacchi è il controllo sulle miniere d’oro. Gli scontri tra la CODECO e il gruppo Zaire, causati da annose dispute tra i Lendu e gli Hema, per questioni di terre e lotte di potere, hanno dato vita a una spirale di rappresaglie contro i civili, in particolare contro i campi degli sfollati. Poiché ogni milizia cerca di prendere il controllo sui vari siti minerari, né i tentativi fatti dal governo per indurre la CODECO e il gruppo Zaire ad impegnarsi in un processo di pace, né la dichiarata disponibilità della CODECO a partecipare ai colloqui di Nairobi sono riusciti ad impedire le violenze.
10. Inoltre, le ADF hanno intensificato le loro attività nei territori di Irumu e Mambasa (Ituri), per evitare le operazioni militari (operazione Shujaa) condotte congiuntamente contro di loro dal 2021 dalle Forze di Difesa Popolare dell’Uganda (UPDF) e dalle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC). Se queste offensive militari congiunte hanno portato alla distruzione di alcune postazioni delle ADF e all’uccisione di vari ufficiali del gruppo, ne è conseguito che quest’ultimo (le ADF) si è diviso in diversi piccoli gruppi che continuano a compiere attacchi contro la popolazione civile, utilizzando un modus operandi sempre più sofisticato. Negli ultimi due anni, infatti, nell’ambito delle ADF, si è constatato un aumento di nuove reclute e dell’uso, negli ambienti urbani, di ordigni esplosivi artigianali sempre più sofisticati e letali rispetto a prima, il che è una tendenza preoccupante. Le ADF continuano ad espandere la propria area di influenza a nord e a ovest, verso l’Ituri, e a sud, nel territorio del Lubero (Nord Kivu), rafforzando contemporaneamente legami regionali con Daesh e altri gruppi terroristici.
11. Nel Nord Kivu, l’M23 ha occupato vaste aree dei territori di Rutshuru, Masisi e Nyiragongo e vi ha istituito amministrazioni parallele illegali, riscuotendo tasse e dazi doganali ed effettuando arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, violenze sessuali ed atti di estorsione.
La molteplicità dei gruppi di autodifesa, composti da cittadini armati noti come Wazalendo, che affermano di voler combattere l’M23 per difendere l’integrità territoriale del Paese, solleva altri problemi di insicurezza e potrebbe contribuire a incrementare un nuovo ciclo di violenze, attraverso attacchi e rappresaglie di matrice etnica. Anche le Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda -Forze Combattenti Abacunguzi (FDLR-FOCA) hanno effettuato operazioni contro l’M23, acuendo così le tensioni tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda. Di conseguenza, la situazione umanitaria è notevolmente peggiorata e centinaia di migliaia di civili sono stati costretti a fuggire dai loro villaggi e campi.
13. Nel Sud Kivu, le tensioni comunitarie e interetniche intorno alle questioni relative alla terra rimangono elevate, in particolare nel sud della provincia (territori di Uvira e Fizi), e alimentano discorsi di incitamento all’odio e alla violenza sulla base dell’identità etnica. Gruppi armati stranieri, come le Forze di Liberazione Nazionale (FNL – Burundi), la Resistenza per uno Stato di Diritto (RED Tabara – Burundi) e il Consiglio Nazionale per il Rinnovamento e la Democrazia (CNRD – Ruanda) continuano ad essere una grave minaccia sulle popolazioni civili locali.
14. L’intensificarsi dei contatti tra l’M23 (Nord Kivu) e il gruppo Twigwaneho a Minembwe (Sud Kivu) ha aumentato il rischio che una ripresa delle ostilità nel Nord Kivu conduca all’apertura di un secondo fronte nel Sud Kivu ciò che, di fronte a una situazione che potrebbe essere percepita come un’aggressione straniera, potrebbe contribuire alla mobilitazione di gruppi armati locali attualmente inattivi. Tuttavia, finora nel Sud Kivu, che rimane sotto amministrazione civile (a differenza del Nord Kivu e dell’Ituri), il livello di violenza comunitaria è significativamente inferiore a quella osservata nelle altre due province orientali (Nord Kivu e Ituri) direttamente colpite dal conflitto.
15. L’insicurezza nell’est della Repubblica Democratica del Congo continua ad alimentare una crisi umanitaria di lunga data. Attualmente, il 28% della popolazione del Nord Kivu e il 39% della popolazione dell’Ituri risultano come persone sfollate. Tra il 2021 e il 2022 la violenza di genere è aumentata del 23% a livello nazionale e del 73% nella sola provincia del Nord Kivu, e questa tendenza continua nel 2023. Gli stupri e gli abusi sessuali sono spesso legati alla proliferazione della presenza di miliziani armati nelle aree in cui sono allestiti i campi degli sfollati. Tra il 2021 e il 2022, il numero di atti di violenza sessuale commessi contro i bambini è più che raddoppiato. A livello nazionale, nel 2022, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) ha soccorso 8.100 vittime di violenze basate sul genere rispetto alle 3.500 vittime registrate nel 2021.

b. La riconfigurazione della Missione ONU in RDCongo

7. In un contesto politico molto teso, esacerbato dalla crisi umanitaria e dal forte deterioramento delle condizioni di sicurezza nelle zone colpite dall’insurrezione dell’M23, la MONUSCO è stata uno dei maggiori bersagli del malcontento e della frustrazione della popolazione che l’accusa di di passività se non di complicità . La diffusa disinformazione e la deliberata manipolazione di alcuni segmenti della popolazione congolese hanno ampiamente contribuito ad accentuare questa tendenza. Nel mese di luglio 2022, la retorica anti-MONUSCO si è trasformata in un’ondata di violente proteste orchestrate contro il personale, i locali e i beni della MONUSCO presente nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). Questa situazione ha spinto il Capo dello Stato a chiedere la rivalutazione del piano di transizione adottato congiuntamente nel mese di settembre 2021, dopo consultazione delle organizzazioni della società civile, dal Governo congolese e dalle Nazioni Unite e relativo al progressivo ritiro della Missione dalla RDCongo.
16. Il governo congolese ha espresso il desiderio di accelerare il ritmo di transizione e di ritiro della MONUSCO e le Nazioni Unite hanno ripetutamente ribadito il loro fermo desiderio di lavorare con le autorità congolesi per garantire un ritiro accelerato e responsabile della missione. Il Governo ha segnalato che il periodo di transizione non dovrebbe concretamente iniziare che dopo lo svolgimento delle elezioni previste per dicembre 2023 e ha sottolineato l’importanza di procedere in modo progressivo e responsabile, tenendo conto della situazione di ciascuna provincia in cui la Missione è ancora presente.
17. Dopo la richiesta inoltrata dal Presidente Tshisekedi sulla rivalutazione del piano comune di transizione, si è arrivati a un accordo con il governo sulla necessità di modificare il piano, per mettere l’accento su un numero limitato di elementi strettamente necessari per la creazione delle condizioni di sicurezza indispensabili per il ritiro responsabile e progressivo della MONUSCO,cioè: (a) la protezione dei civili; (b) il programma di disarmo, smobilitazione, reintegrazione e stabilizzazione; (c) la riforma del settore della sicurezza; d) lo svolgimento delle elezioni.
18. Le autorità congolesi sono consapevoli che il tempo di transizione dipenderà dal trasferimento di responsabilità essenziali dalla MONUSCO allo Stato congolese e hanno sottolineato la loro determinazione ad assumersi tali responsabilità quanto prima. Nelle discussioni con il Sottosegretario Generale per le Operazioni di Pace, il Governo congolese ha indicato che sarebbe necessario un appoggio supplementare da parte della MONUSCO e dei partner internazionali, per garantire che il ritiro della Missione sia accompagnato da un simultaneo rafforzamento della presenza delle Forze Armate della Repubblica Democratica (FARDC) e della Polizia Nazionale Congolese (PNC), al fine di ridurre al minimo il rischio che i civili siano esposti a una minaccia imminente di violenza fisica.

i. La protezione della popolazione civile

26. Le truppe della MONUSCO continueranno a collaborare con le FARDC per garantire, in modo attivo e dinamico, la protezione fisica delle popolazioni civili nelle aree sensibili e prioritarie dell’Ituri e del Nord Kivu.
27. Per mantenere un ambiente protettivo a favore delle popolazioni civili durante le fasi di transizione, la MONUSCO continuerà a lavorare in stretto contatto con le autorità nazionali, al fine di:
– sostenere le attività di polizia di prossimità volte a combattere l’insicurezza,
– combattere l’impunità, appoggiando le inchieste prioritarie e migliorando la sicurezza carceraria,
– rafforzare i sistemi di allerta precoce e creare uno spazio per il dialogo intercomunitario,
– facilitare l’attuazione di iniziative di giustizia di transizione in tempi di post-conflitto,
– sostenere il rilascio dei minorenni da parte dei gruppi armati e il loro reinserimento nella società.

ii. Il disarmo, la smobilitazione, il reinserimento e la stabilizzazione

28. Nel corso della sua esistenza, la MONUSCO ha aiutato il governo congolese a realizzare sostanziali progressi in materia di disarmo, smobilitazione e reintegrazione degli ex combattenti di gruppi armati. Grazie al suo supporto tecnico, logistico e operativo, ben 221.805 ex combattenti, tra cui 35.401 minorenni, sono stati smobilitati nell’ambito dei vari programmi nazionali di disarmo, smobilitazione e reinserimento attuati dal 2003 in poi.
29. La MONUSCO ha svolto un ruolo centrale nell’elaborazione della strategia nazionale per il programma di disarmo, smobilitazione, ripresa comunitaria e stabilizzazione, anche attraverso consultazioni aperte a tutte le parti interessate. L’obiettivo dell’attuale programma creato in luglio 2021 è quello di colmare le lacune dei precedenti programmi, che spesso prevedevano l’integrazione collettiva dei gruppi armati nelle forze di sicurezza nazionali e l’amnistia dei loro membri. A breve e a medio termine, la Missione metterà a disposizione delle autorità congolesi le sue capacità e i mezzi tecnici di cui dispone, per completare il quadro giuridico dei principi guida che sono alla base del Programma.
30. La MONUSCO utilizzerebbe le sue conoscenze specialistiche per elaborare, con la partecipazione delle popolazioni locali, soluzioni attraenti per il reinserimento degli ex combattenti smobilitati.
32. In stretta collaborazione con il gruppo dei Paesi delle Nazioni Unite, la Banca mondiale e altri importanti partner e in conformità con le iniziative di giustizia post conflitto, la MONUSCO potrebbe dedicarsi con priorità ad aiutare la popolazione a prepararsi ad accogliere degli ex combattenti e a creare nuove attività generatrici di reddito, come valide alternative alla permanenza nei gruppi armati e ad un’economia di guerra.
33. Nell’ambito dei successivi programmi di disarmo, smobilitazione, rimpatrio e reintegrazione sociale rivolti ai gruppi armati stranieri, la MONUSCO ha proceduto al rimpatrio e reinserimento di circa 27.700 ex combattenti stranieri – principalmente membri delle FDLR – e dei loro familiari.
34. Durante il resto della sua permanenza nella RDCongo, la MONUSCO fornirà assistenza tecnica ai meccanismi regionali che si occupano di questioni relative al rimpatrio e reinserimento sociale degli ex combattenti stranieri nel loro paese di origine.

iii. La riforma dei servizi di sicurezza

35. Sebbene i passi fatti in passato nella riforma del settore dei servizi di sicurezza siano stati insufficienti, essi rappresentano tuttavia una condizione essenziale per il ritiro responsabile della MONUSCO.
36. La MONUSCO continuerà quindi a sostenere l’attuazione di progetti di riforma del settore della sicurezza, volti a rafforzare la professionalità e l’efficienza delle forze armate nazionali e della polizia nazionale, in modo che esse possano assumersi la piena responsabilità di proteggere la popolazione civile, ciò che permetterebbe di garantire un ritiro responsabile e progressivo delle Missione.

c. Il ritiro progressivo del personale militare della Missione

37. In vista di un ritiro completo della MONUSCO, la forza consoliderebbe inizialmente la sua presenza nei 13 territori ad alto rischio dell’Ituri, nel Nord Kivu e nel Sud Kivu. Tale misura sarebbe accompagnata da una razionalizzazione delle basi permanenti e temporanee, per permettere alla forza di ridurre la sua dipendenza dai grandi battaglioni, a favore di unità più piccole e più adatte al contesto attuale. Poi si procederebbe al rimpatrio di tutte le unità del Sud Kivu (settore meridionale), di un battaglione fisso del Nord Kivu (settore centrale) e di alcune unità specializzate, osservatori militari e ufficiali di stato maggiore. Ciò comporterebbe una riduzione del personale attuale, che passerebbe da 12.500 a circa 10.500. La Missione si concentrerebbe maggiormente nel Nord Kivu e nell’Ituri, pur mantenendo la capacità di intervenire anche nel Sud Kivu in caso di necessità. Il dispiegamento di artiglieria pesante e di elicotteri d’attacco per permettere alla MONUSCO di intervenire a fianco delle FARDC e di mantenere una forma di deterrenza nei confronti dei gruppi armati, sia stranieri che congolesi, rimarrebbe una priorità.
38. Nella misura in cui le forze nazionali congolesi di sicurezza vadano aumentando la loro presenza nelle aree in cui si trovano concentrate le truppe della MONUSCO e il dispiegamento delle truppe della forza militare regionale dell’EAC venga rafforzato con l’appoggio della Missione, si potrebbe procedere al rimpatrio di tutte le unità ancora presenti nel Nord Kivu (settore centrale), ciò che ridurrebbe ulteriormente il personale militare a circa 8.500 soldati. Sarebbe importante che, nell’area di operazioni della Missione, la brigata di rapida reazione della MONUSCO mantenesse la capacità di rispondere in modo energico e agile, nel caso in cui la protezione dei civili fosse ancora minacciata, in modo che degli elementi della brigata di rapido intervento possano essere rapidamente dispiegati dentro e intorno Goma in caso di necessità.
39. In futuro, sarebbe indispensabile che la MONUSCO continuasse a collaborare con le forze regionali presenti nella sua area di operazioni, per garantire il coordinamento, lo scambio di informazioni e l’agibilità dello spazio di manovra. Inoltre, il mandato della Missione dovrebbe essere ampliato, per includere la fornitura diretta, alla forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est, di informazioni, di materiali del genio militare, di mezzi di trasporto, sia per gli spostamenti aerei che terrestri, di mezzi di ricognizione e di pattugliamento, che le permetta di continuare le sue operazioni nell’est della RDCongo. Come supporto aggiuntivo, in luoghi in cui le forze di sicurezza nazionali non siano ancora sufficientemente presenti, alcune basi e infrastrutture della MONUSCO potrebbero essere trasferite alle forze militari regionali dell’EAC, ciò che permetterebbe loro di operare efficacemente in zone sensibili del Nord Kivu, come Rutshuru e Masisi. Ciò avrebbe anche l’effetto di facilitare il ridimensionamento delle unità militari della MONUSCO e il loro progressivo ritiro da questi territori.
40. La fattibilità degli aggiustamenti descritti dipenderà dalla disponibilità o meno di mezzi di trasporto essenziali, tra cui quelli aerei, nonché di droni efficaci e di altre capacità di intelligence, pattugliamento e ricognizione. Senza questi mezzi indispensabili, il ridimensionamento della forza militare della MONUSCO rischierebbe di esporre le popolazioni civili a gravi rischi di ulteriori violenze. Per mitigare questi rischi, la MONUSCO continuerà a lavorare in stretto contatto con le autorità congolesi, per facilitare il dispiegamento di ulteriori forze di sicurezza nazionali dotate dei mezzi necessari per affrontare eventuali future e per assicurare la protezione delle persone civili. Come richiesto dalle autorità congolesi, il Consiglio di Sicurezza potrebbe prendere in considerazione la possibilità di conferire alla MONUSCO un mandato più ampio, che le consenta di appoggiare la formazione e il rafforzamento delle capacità delle forze di sicurezza nazionali, nel rispetto degli obblighi stabiliti nella politica di due diligence sui diritti umani, nel caso di appoggio delle Nazioni Unite alle forze di sicurezza non ONU e in stretta cooperazione con i principali partner bilaterali e multilaterali.
49. La partenza definitiva della MONUSCO sarà possibile nel momento in cui le autorità congolesi dimostreranno di essersi assunta la responsabilità primaria della protezione dei civili, dispiegando un numero sufficiente di membri delle forze armate nazionali e della polizia nazionale capaci di garantire la sicurezza dei civili.

d. Osservazioni

52. Il Segretario Generale riafferma l’impegno, da parte delle Nazioni Unite, ad accelerare il ritmo della transizione / ritiro della Missione, in conformità con i desideri del Governo congolese, e accoglie con favore l’impegno, da parte del Governo congolese, a ristabilire rapidamente l’autorità dello Stato in tutto l’est del Paese.
53. Prende atto dell’impegno, da parte delle autorità congolesi, di garantire il rapido dispiegamento, nell’est del paese, di un numero sufficiente di membri delle forze nazionali di sicurezza, debitamente addestrati ed equipaggiati, affinché il ritiro della MONUSCO non comporti un rischio per la sicurezza del Paese.
55. Il progressivo ritiro della Missione consiste innanzitutto nel trasferimento delle sue principali responsabilità allo Stato congolese. Il ritiro della MONUSCO richiede quindi un concomitante dispiegamento effettivo delle forze di sicurezza dello Stato e delle entità responsabili della promozione dello stato di diritto. Le riforme che il governo dovrà intraprendere richiederanno volontà politica e una leadership forte, nonché una generosa assistenza finanziaria e tecnica da parte dei partner internazionali.
56. Le proposte relative alla riconfigurazione delle due componenti, civile e militare, della MONUSCO formulate nel presente rapporto hanno lo scopo di garantire che le attività svolte dalla Missione contribuiscano alla creazione delle condizioni necessarie per un suo ritiro accelerato e durevole. Come primo passo, le attività della MONUSCO verrebbero razionalizzate attorno a un numero limitato di priorità direttamente collegate al raggiungimento degli obiettivi principali definiti nel piano di transizione comune rivisto. La forza consoliderebbe la sua presenza nelle principali aree sensibili dell’Ituri e del Nord Kivu, dove le popolazioni civili sono ancora sottomesse a gravi rischi. Il personale civile e militare della Missione verrà progressivamente ridotto man mano che lo Stato riuscirà a ristabilire la propria autorità nelle zone in cui la Missione è ancora presente.
57. Il Segretario Generale esorta i finanziatori a garantire che i vari organismi, fondi e programmi delle Nazioni Unite dispongano delle risorse e delle competenze necessarie, per contribuire in modo sostanziale alla stabilizzazione a lungo termine della RDCongo durante e dopo il ritiro della Missione.
58. Esorta il Consiglio di Sicurezza ad autorizzare esplicitamente la MONUSCO a mettere le sue capacità operative e logistiche al servizio della Forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC) e si è detto pronto ad esplorare ulteriormente le varie opzioni possibili riguardo al sostegno che le Nazioni Unite potrebbero fornire alla forza che la SADC invierà prossimamente.
59. Sottolinea ancora una volta l’importanza di un dialogo franco e sincero tra i paesi della regione, al fine di porre rimedio alle cause profonde del conflitto che tormenta l’est della RDCongo. In collaborazione con l’Ufficio dell’Inviato Speciale del Segretario Generale per la Regione dei Grandi Laghi, la MONUSCO resta impegnata a sostenere gli sforzi intrapresi dalla RDCongo e dalle altre parti regionali implicate nel conflitto, in vista della pace e della stabilità nella regione.[7]

[1] Cf Radio Okapi, 14.08.’23
[2] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 14.08.’23
[3] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 15.08.’23
[4] Cf Glody Murhabazi – 7sur7.cd, 16.08.’23; Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 15.08.’23
[5] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 15.08.’23
[6] Cf Actualité.cd, 16.08.’23
[7] Cf https://www.un.org/securitycouncil/fr/content/rapports-du-secr%C3%A9taire-g%C3%A9n%C3%A9ral-soumis-ou-transmis-au-conseil-de-s%C3%A9curit%C3%A9-en-2023