Congo Attualità n. 336

INDICE

EDITORIALE: 30 SETTEMBRE 2017 → UN APPUNTAMENTO MANCATO E L’URGENZA DI FISSARNE RAPIDAMENTE UN ALTRO

  1. LA CRISI POLITICA CONGOLESE ALLA 72ª ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU
  2. UN PARLAMENTO poco interessato al processo elettorale
  3. I VESCOVI DELLA CENCO IN MISSIONE DI ADVOCACY IN EUROPA
  4. IL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE INSISTE: UNA TRANSIZIONE SENZA KABILA
  5. DOPO IL 30 SETTEMBRE: DISOBBEDIENZA CIVILE E FISCALE?

 

EDITORIALE: 30 SETTEMBRE 2017 → UN APPUNTAMENTO MANCATO E L’URGENZA DI FISSARNE RAPIDAMENTE UN ALTRO

 

 

 

 

1. LA CRISI POLITICA CONGOLESE ALLA 72ª ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU

 

Non essendo abilitata a prendere la parola in modo ufficiale nel corso dei lavori dell’Assemblea Generale dell’ONU, l’opposizione congolese ha tuttavia inviato un memorandum ai membri di questa Organizzazione Internazionale.

In questo documento, Jean Marc Kabund-A-Kabund, segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), ha riportato le cause dell’attuale crisi politica congolese. Secondo il Documento, «avendo compreso le varie tattiche dilatorie orchestrate da Joseph Kabila, attraverso la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CEN), per rinviare indefinitamente le elezioni, l’UDPS ha deciso di rompere con il ciclo dialogo – accordo, perché la Maggioranza Presidenziale (MP) non rispetta gli impegni presi». Per potere organizzare delle elezioni libere, trasparenti e democratiche nel primo trimestre del 2018, al fine di riportare il paese all’interno dell’ordine costituzionale, l’UDPS propone come alternativa il seguente piano:

  1. Le dimissioni di Joseph Kabila entro il 31 dicembre 2017,
  2. Una concertazione tra le forze politiche e sociali del Paese, per individuare una personalità consensuale capace di dirigere una breve transizione di circa 6 mesi, essenzialmente in vista della preparazione delle elezioni,
  3. La nomina di un Primo Ministro proposto dall’UDPS,
  4. La formazione di un governo di 25 ministeri e con il mandato di preparare le elezioni,
  5. La creazione di un parlamento di transizione,
  6. L’attuazione di alcune riforme, in particolare per quanto riguarda i mezzi di comunicazione, la CENI e il settore giudiziario.

Per il buon esito di questo piano di uscita dalla crisi, l’UDPS raccomanda che la Comunità internazionale, soprattutto la Francia, il Belgio, gli Stati Uniti e il Canada, respingano fermamente l’idea di un terzo dialogo con la famiglia politica del capo dello Stato congolese. Secondo questo partito di opposizione, la Maggioranza Presidenziale utilizza la strategia del dialogo per distrarre l’attenzione della popolazione e dei politici, ciò che permette a Joseph Kabila di rimanere al potere. «Le dimissioni di Kabila sarebbero un’alternativa pacifica alla crisi e contribuirebbero a evitare i numerosi conflitti che minacciano la pace all’interno del nostro paese», ha scritto Jean Marc Kabund. Secondo l’UDPS, la comunità internazionale dovrebbe appoggiare l’idea di una breve transizione senza Kabila, «unico ambito che possa garantire l’organizzazione delle elezioni entro il tempo concordato tra tutti».[1]

 

Per quanto riguarda questo memorandum, si potrebbe quasi parlare di una marcia indietro da parte dell’opposizione che, finora, aveva preteso l’organizzazione delle elezioni prima del 31 dicembre 2017. Alcuni analisti notano una serie di contraddizioni che meriterebbero di essere chiarite.

L’UDPS è il primo partito politico anti-Kabila ad ammettere apertamente, senza dirlo, l’impossibilità di organizzare le elezioni prima della fine di quest’anno, come invece previsto dall’accordo del 31 dicembre 2016.

L’UDPS sembra “interessarsi più della transizione che delle elezioni”.

Inoltre, proponendo questo “calendario”, l’UDPS riprende delle date proposte dall’accordo firmato il 18 ottobre 2016 presso la Cittadella dell’Unione Africana, a Kinshasa, un accordo cui si era fermamente opposto, insieme al Raggruppamento dell’Opposizione.[2]

 

Il portavoce del governo e membro della maggioranza presidenziale, il ministro Lambert Mende, si è opposto all’idea di una transizione politica “senza Kabila”.

Secondo Lambert Mende, questa proposta viola la Costituzione che non prevede alcun periodo di transizione: «ciò significherebbe che si dovrebbe modificare la Costituzione. Pertanto, quelli che ne parlano sanno già che è impossibile. La Costituzione non prevede alcun periodo di transizione. Non esiste, quindi, alcun vuoto giuridico possibile. La possibilità di un vuoto giuridico denominato transizione non è inclusa nella Costituzione, tanto meno nell’accordo del 31 dicembre 2016, secondo il quale il Presidente della Repubblica, i deputati nazionali, i senatori e i deputati provinciali … rimangono in funzione fino all’insediamento dei nuovi eletti».[3]

 

Il 19 settembre, l’attuale situazione della RDCongo è stata al centro di una riunione organizzata in occasione dell’Assemblea Generale dell’ONU. Vi hanno partecipato i rappresentanti dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e quelli dell’Unione Africana (UA), dell’Unione Europea (UE), della Comunità economica degli Stati dell’Africa Centrale (CEEAC), della Comunità Economica dell’Africa Australe (SADC), della Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) e dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF).

Secondo il rapporto pubblicato al termine della riunione, «i partecipanti hanno accolto con favore l’impegno espresso dalle autorità della Repubblica Democratica del Congo a rispettare la Costituzione». Si tratta di un riferimento all’articolo 71 della Costituzione che stipula che “il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta” e che vieta al presidente Joseph Kabila di ricandidarsi per un terzo mandato presidenziale. La Comunità internazionale si è quindi opposta a qualsiasi tentativo di prolungare il mandato presidenziale di Joseph Kabila. Si tratta di un richiamo rivolto a quelli che, prossimi al Capo dello Stato, propongono l’organizzazione di un referendum popolare per modificare o cambiare la Costituzione. Tuttavia, i partecipanti non si sono minimamente pronunciati sulla proposta dell’opposizione circa un periodo di “transizione senza Kabila” per guidare il paese verso le elezioni.

Inoltre, i partecipanti hanno «ribadito il ruolo insostituibile dell’Accordo del 31 dicembre 2016 e la necessità della sua piena attuazione, al fine di preparare la strada all’organizzazione di elezioni libere, trasparenti, pacifiche e credibili». Secondo il testo del rapporto finale, le elezioni presidenziali, legislative e provinciali dovranno essere organizzate «entro i tempi previsti, conformemente all’accordo di San Silvestro 2016». Si tratta di una formulazione che evita di menzionare direttamente la fine di dicembre 2017 come data limite per l’organizzazione delle elezioni, ciò che parte dell’opposizione continua a rivendicare, lasciando così aperta l’eventualità di un loro possibile rinvio, d’altra parte non escluso dall’accordo stesso del 31 dicembre 2016.

A questo proposito, una fonte occidentale con sede a Kinshasa ha affermato: «non assolutizziamo alcuna data. Se la CENI pubblicasse un calendario elettorale realistico che rinviasse le elezioni al primo trimestre del prossimo anno con il consenso della classe politica congolese, noi non ci opporremo».

Un altro punto importante su cui si è insistito è stato quello relativo alla necessità di «ulteriori misure di rasserenamento del clima politico». Queste misure già previste nell’accordo di San Silvestro 2016 prevedono la liberazione dei prigionieri politici e il ritorno in patri degli esiliati politici. I partecipanti hanno riconosciuto «i progressi compiuti dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), soprattutto per quanto riguarda l’operazione di registrazione degli elettori» e hanno incoraggiato i partner internazionali del Congo a «finanziare il Progetto di Appoggio al Ciclo Elettorale del Congo (PACEC), al fine di appoggiare il processo elettorale». Il comunicato finale ha infine evocato la creazione di un “equipe di coordinamento di esperti” per “assistere la CENI e sostenere i preparativi delle elezioni”, anche se, secondo un diplomatico belga, «finora, la CENI non ha ancora inviato né un preventivo dettagliato delle spese previste per le prossime elezioni, né il piano di finanziamento da parte dello stato congolese».[4]

 

Il 23 settembre, parlando alla 72ª Assemblea Generale dell’ONU a New York, il presidente della Repubblica, Joseph Kabila, ha dichiarato che, «per il popolo congolese, la stabilità politica è un obiettivo costante. A questo proposito, per quasi un anno, il Paese ha fatto ricorso al dialogo, considerato come una modalità permanente di risoluzione delle controversie politiche». Egli ha messo in rilievo «gli sforzi fatti da tutta la classe politica che, alla ricerca di un consenso globale sul processo elettorale, ha concluso l’accordo del 31 dicembre 2016, con l’obiettivo finale di organizzare le elezioni».

Il Capo dello Stato ha evidenziato i progressi realizzati dalla Commissione Elettorale nell’attuale operazione di registrazione degli elettori, raggiungendo quasi 42 milioni di elettori già iscritti sui 45 milioni previsti. Pertanto, secondo lui, il cammino della RDCongo verso le elezioni “è irreversibile”, anche se non ha accennato ad alcuna data per la tenuta delle prossime elezioni.

«Affermo che il cammino verso elezioni credibili, trasparenti e pacifiche è definitivamente tracciato e che il nostro impegno in questo senso è irreversibile. Tutto ciò, senza alcuna ingerenza esterna o qualsiasi altro diktat», ha detto Joseph Kabila. Tuttavia, non ha fornito alcuna data circa l’organizzazione delle prossime elezioni, previste dall’accordo di San Silvestro 2016 entro il 31 dicembre 2017.

Egli ha ricordato che «gli incontri di valutazione del processo elettorale, organizzato con la partecipazione del Consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo, del Governo e della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente, dovrebbero permettere la prossima pubblicazione del calendario elettorale da parte della Commissione elettorale che è l’unica istituzione competente per farlo».

Nonostante i progressi constatati, il Presidente ha riconosciuto che «le sfide per l’organizzazione delle elezioni sono ancora molte, sia a livello logistico e finanziario che legislativo e della sicurezza». Per questo, egli ha chiesto ai “veri amici” della RDCongo di «appoggiare sinceramente il processo elettorale in corso».[5]

 

Il 29 settembre, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che chiede alle autorità congolesi di «pubblicare quanto prima un calendario elettorale realistico, conformemente all’accordo del 31 dicembre 2016» e incoraggia il governo a «creare, senza indugio, le condizioni necessarie per l’organizzazione di elezioni presidenziali e legislative veramente libere, trasparenti, aperte e pacifiche». La risoluzione invita il governo della RDCongo a «garantire che tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro affiliazione politica, possano partecipare liberamente alla vita politica del Paese e che possano godere pienamente dei loro diritti e delle loro libertà fondamentali, in particolare delle libertà di espressione e di riunione pacifica».

Essa «condanna tutti gli atti di violenza commessi in alcune regioni del paese». Incoraggia inoltre il governo a «moltiplicare gli sforzi per porre fine alla violenza e all’impunità di cui finora godono gli autori di queste gravi violazioni dei diritti umani». Inoltre sottolinea l’importanza di «liberare tutte le persone detenute in modo arbitrario, tra cui i difensori dei diritti umani e le persone di differenti affiliazioni politiche». La risoluzione è stata approvata con 45 voti favorevoli, 1 contrario (Stati Uniti) e 1 astensione (Corea del Sud).[6]

 

 

2. UN PARLAMENTO poco interessato al processo elettorale

 

Il 21 settembre, i presidenti delle varie commissioni dell’Assemblea Nazionale si sono riuniti per approvare il calendario della sessione parlamentare ordinaria compresa tra settembre e dicembre  2017. Durante questa riunione, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha presentato il kit per il voto semi-elettronico. Come segno di protesta contro questa presentazione, i membri dell’opposizione hanno lasciato l’aula prima della fine della riunione. Eve Bazaiba, deputata del MLC, ne ha spigato i motivi: «Abbiamo sospeso la nostra partecipazione alla Conferenza dei presidenti delle commissioni, in segno di protesta contro un punto dell’ordine del giorno, relativo alla presentazione, da parte della CENI, del kit di voto semi-elettronico. Si tratta di una questione che non è consentita dall’attuale legge elettorale. In secondo luogo, si tratta di una problematica di ordine politico che esige, prima di affrontare questioni tecniche, una previa opzione da parte dei principali attori implicati nelle elezioni, tra cui i partiti politici». Nonostante l’assenza dei membri dell’opposizione, la CENI ha continuato a presentare il kit tecnico del voto semi-elettronico al resto dei presidenti delle commissioni rimasti in aula.[7]

 

Il 25 settembre, quando la Camera dei Deputati doveva cominciare ad esaminare, in assemblea plenaria, il progetto di legge sulla creazione, composizione, organizzazione e funzionamento del Consiglio Nazionale  di Supervisione dell’accordo del 31 dicembre 2016 (CNSA), il deputato dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), Grégoire Mirindi, ha ritirato la proposta che egli stesso aveva presentato l’11 aprile, quando il CNSA non era ancora stato formato e Vital Kamerhe, presidente dell’UNC, era uno dei contendenti alla presidenza di questa istituzione di appoggio alla democrazia. «Il comitato di presidenza dell’Assemblea aveva trasmesso questo progetto di legge al governo, per eventuali osservazioni. Ma quest’ultimo ha presentato le sue osservazioni solo alla vigilia della chiusura della sessione parlamentare ordinaria di marzo 2017, mettendo così il Parlamento nell’impossibilità di esaminare tale progetto di legge entro il tempo richiesto. Questa iniziativa legislativa sarà quindi esaminata, con priorità, in questa sessione di settembre», aveva affermato il presidente dell’Assemblea nazionale Aubin Minaku, nel suo discorso di apertura di questa sessione parlamentare.

Il deputato nazionale Grégoire Mirindi ha spiegato di aver ritirato il suo disegno di legge sul CNSA a causa dell’enorme ritardo accumulato per la creazione di questa istituzione, cioè nove mesi dopo la firma dell’accordo del 31 dicembre 2016 che prevede l’organizzazione delle prossime elezioni entro la fine di dicembre 2017.

Il deputato nazionale Zacharie Bababaswe ha dichiarato di essere pronto a presentare, nei prossimi giorni, un altro disegno di legge sulla creazione e funzionamento del CNSA. Da parte sua, il deputato Bayisago ha dichiarato di aver già presentato un disegno di legge sul CNSA il 6 giugno scorso.[8]

 

Il 28 settembre, la Commissione speciale istituita per esaminare la proposta di legge sullo statuto di un ex Presidente della Repubblica eletto a suffragio universale diretto, ha presentato il proprio rapporto alla plenaria del Senato. Questa proposta di legge era stata introdotta dal senatore Modeste Mutinga già da due anni.

L’obiettivo della legge è quello di proteggere, attraverso il riconoscimento di un loro statuto speciale, la vita degli ex Presidenti della Repubblica eletti. Questa legge non concerne i presidenti diventati tali attraverso un colpo di stato.

Si tratta quindi di uno statuto riconosciuto unicamente agli ex Presidenti della Repubblica eletti a suffragio universale, come previsto dalla Costituzione del 18 febbraio 2016. Tuttavia, questa legge non protegge l’ex presidente eletto dai reati relativi allo Statuto di Roma.

La Commissione ha rilevato che la Costituzione all’ex Presidente della Repubblica lo statuto di senatore a vita. Ma la Commissione ritiene che un ex presidente della Repubblica eletto a suffragio universale diretto, non può avere come statuto esclusivo solo quello di senatore a vita, perché incompleto e insufficiente. Di conseguenza, è necessario completare questo statuto con un altro conferito da una legge.

Questo progetto di legge garantisce la sicurezza personale, sia fisica che materiale, dell’ex presidente eletto, quella della sua famiglia e del suo patrimonio. Secondo questo progetto di legge, un ex Presidente della Repubblica ha diritto a una pensione mensile speciale, il cui montante è fissato da un Decreto del Primo Ministro, a un’indennità annua per il servizio reso e a un’assistenza sanitaria gratuita che include anche i membri della sua famiglia, il tutto sul conto dello Stato. In caso di morte, la vedova e i figli minorenni continueranno a ricevere i loro benefici finanziari.[9]

 

Il 10 ottobre, la Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari dell’Assemblea Nazionale dei deputati ha approvato di iscrivere nel calendario dell’attuale sessione parlamentare la discussione sulla legge relativa all’istituzione, la composizione, l’organizzazione e il funzionamento del Consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo del 31 dicembre 2016 e del processo elettorale (CNSA), presentata dal deputato nazionale Robert Paysayo Malaiko.[10]

 

 

3. I VESCOVI DELLA CENCO IN MISSIONE DI ADVOCACY IN EUROPA

 

Il 26 settembre, in occasione di una conferenza stampa presso la sede della Rete Europea per l’Africa centrale (EURAC) di Bruxelles, i vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) hanno dichiarato che «un eventuale terzo dialogo distorcerebbe inevitabilmente l’accordo del 31 dicembre 2016» e che, in tale dialogo, non intendono assumere un ruolo di mediazione, come nel precedente. Il presidente della CENCO, Mons. Marcel Utembi ha dichiarato: «Vogliamo essere logici e coerenti con noi stessi. Il 90% dell’accordo del 31 dicembre 2016 non è ancora stato attuato. Non potremo moderare un terzo dialogo quando il precedente non è ancora stato attuato». Nello stesso tempo, i vescovi cattolici hanno invitato l’Unione Europea ad un atteggiamento di coerenza nei confronti della crisi politica congolese. «Chiediamo all’Unione Europea di avere una politica coerente sulla crisi congolese. Temiamo che, alla luce degli ultimi sviluppi, alcuni Paesi europei cambino le loro posizioni», ha dichiarato il Vescovo di Kisangani.

Mons. Utembi ha inoltre respinto qualsiasi possibilità che un ecclesiastico possa dirigere un qualsiasi tipo di transizione politica nella RDCongo. «Non sarà un ecclesiastico a prendere le redini del paese. Crediamo che i laici non debbano essere sottovalutati. I vescovi non possono fare tutto. Non aspettatevi un colpo di stato da parte della CENCO. Il nostro ruolo è un altro. Rimaniamo nel nostro ruolo pastorale e profetico. Come pastori, noi facciamo un appello alla responsabilità, alla buona fede degli uni e degli altri, per rispondere alle aspirazioni del popolo», ha affermato Mons. Utembi. Da parte sua, il P. Clément Makiobo Malelo, della Commissione Episcopale Nazionale Giustizia e Pace del Congo, ha aggiunto che «l’appoggio alla CENI deve essere condizionato all’attuazione delle conclusioni dell’accordo del 31 dicembre 2016. Per molti Congolesi, la CENI è diventata una cassa di risonanza della maggioranza presidenziale».[11]

 

In un’intervista, il vicepresidente della Cenco, Mons. Fridolin Ambongo, è stato molto critico nei confronti della Maggioranza Presidenziale (MP). Secondo lui, le motivazioni che guidano la Maggioranza nel moltiplicare le iniziative di dialogo sono quelle di rimanere al potere. Egli ha affermato che la missione di mediazione della Cenco nel dialogo del Centro Interdiocesano non è potuta arrivare a termine a causa della volontà di mantenersi al potere. «Non si può terminare una missione con delle persone che usano il dialogo come trampolino per rimanere al potere», ha egli detto in modo estremamente chiaro.

Secondo Mons. Fridolin Ambongo, nell’attuale situazione, non c’è alcuna volontà politica di andare alle elezioni: «La Cenco ha intrapreso il dialogo perché credeva che il dialogo fosse l’unico modo per aiutare il paese ad uscire dalla crisi. Si è voluto concludere un dialogo, ma non si è pensato alla sua attuazione … Da parte nostra, mai ci pentiremo di esserci impegnati per la causa del nostro popolo e continueremo a farlo. Deploriamo invece l’irresponsabilità e la superficialità della classe politica di fronte alla crisi che il popolo sta vivendo. Sembra che i politici vivano su un altro pianeta».

Secondo Fridolin Ambongo, un terzo dialogo non ha alcuna utilità. L’accordo del 31 dicembre 2016 è sufficiente, ma non è applicato. «La Cenco non ha alcuna intenzione di partecipare ad un incontro che, in ogni caso, si sa che non servirebbe a nulla. Anche se ci fosse un terzo o quarto dialogo, nulla di buono ne uscirebbe. La Cenco non è disposta a prestarsi a un tal gioco per farsi prendere in giro. A meno che non ci sia un altro tipo di dialogo, completamente diverso da quelli che abbiamo avuto fino ad oggi. Ma per il momento, non proponiamo alcun altro tipo di dialogo, perché siamo convinti che l’accordo del 31 dicembre 2016 rimanga ancora valido, perché rappresenta l’unica via d’uscita dall’attuale crisi politica del Paese: basta applicarlo», ha egli concluso.[12]

 

Il 29 settembre, in un’intervista con la RTBF, P. Clément Makiobo, un rappresentante della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), ha affermato che «l’accordo firmato il 31 dicembre 2016 tra il governo e l’opposizione resta ancora valido. In primo luogo, esso è stato riconosciuto ed è tuttora appoggiato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In secondo luogo, esso contiene delle proposte precise e concrete che vanno difese e protette, al fine di far uscire il paese dalla crisi». Secondo lui, un eventuale rinvio delle elezioni che dovrebbero aver luogo entro la fine dell’anno in corso, non dovrebbe pregiudicare tale accordo: «L’accordo prevede l’organizzazione delle elezioni nel mese di dicembre 2017 al più tardi, ma aggiunge che, in caso di ritardi o altri problemi, le elezioni potrebbero essere rinviate, previa consultazione tra la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI), il governo e il Consiglio nazionale di Supervisione dell’Accordo (CNSA). Ciò significa che tutto è ancora aperto».

Tuttavia, secondo alcuni esperti, questa consultazione tra le tre istituzioni citate potrebbe non essere possibile, dal momento che il Parlamento non ha ancora approvato la legge sulla formazione e funzionamento del CNSA. Inoltre, gran parte dell’opposizione non fa parte né del governo, né del CNSA. Nonostante tutto, P. Clément Makiobo ha affermato di continuare a sperare: «Parlando recentemente all’ONU, il presidente Joseph Kabila ha annunciato per ben presto la pubblicazione di un calendario elettorale. Vogliamo credergli. Ma resteremo molto attenti, per verificare se metterà in pratica quello che ha annunciato».[13]

 

 

4. IL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE INSISTE: UNA TRANSIZIONE SENZA KABILA

 

Il 27 settembre, il portavoce dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Augustin Kabuya, ha affermato che, nel caso in cui le elezioni non siano organizzate prima del 31 dicembre 2017, l’opposizione non prevede alcun terzo dialogo, ma una transizione di sei mesi senza Kabila. Questo periodo di transizione sarebbe guidato da una personalità consensuale proveniente dalla società civile. Augustin Kabuya ha aggiunto che Felix Tshisekedi, leader dell’Udps e presidente del Raggruppamento dell’Opposizione, non è affatto interessato a diventare Primo Ministro in una transizione guidata da Joseph Kabila. Egli ha inoltre smentito le voci secondo cui Felix Tshisekedi potrebbe sostituire Bruno Tshibala come Primo Ministro di una transizione di due anni diretta dall’attuale Capo dello Stato. L’ambizione del leader dell’Udps è di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, per cui l’UDPS non si sente interessato a un terzo ciclo di negoziati.[14]

 

Dal 29 settembre al 1° ottobre, il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki, si è recato a Kinshasa, dove si è incontrato con diverse personalità della vita politica congolese, tra cui il presidente della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), il Presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), il Presidente del Consiglio Nazionale di Supervisione dell’accordo del 31 dicembre 2016 (CNSA), i delegati del Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP) e il Capo dello Stato.

La CENCO e il RASSOP gli hanno brutalmente ricordato che la causa principale dell’impasse del processo elettorale è il rifiuto, da parte del presidente Kabila e della sua Maggioranza, di applicare l’accordo del 31 dicembre 2016, secondo i termini concordati dieci mesi fa. Da parte sua, il RASSOP ha respinto in modo categorico qualsiasi iniziativa che possa portare ad un ulteriore prolungamento, oltre il 31 dicembre 2017, del secondo e ultimo mandato dell’attuale Capo dello Stato. Secondo questa piattaforma politica, nel caso in cui non si potesse organizzare le elezioni entro la fine del 2017, l’unica via d’uscita dalla crisi politica sarebbe il “ritiro politico” di Joseph Kabila e l’instaurazione di un breve periodo di transizione con l’unico scopo di preparare elezioni libere, democratiche e trasparenti in tempi brevi.

Qui sotto, il comunicato del Raggruppamento dell’Opposizione pubblicato il 30 settembre, dopo l’incontro con Moussa Faki:

«La delegazione del Raggruppamento dell’Opposizione ha ribadito quanto segue:

  1. La Costituzione della Repubblica ha previsto i meccanismi idonei per la conquista, l’esercizio e il passaggio del potere politico e ciò attraverso l’organizzazione regolare di elezioni credibili;
  2. Attraverso vari sotterfugi, il presidente Kabila ha creato le condizioni per non organizzare le elezioni nel 2016, appoggiandosi sulla violenza, le continue violazioni delle libertà civili e dei diritti umani e una Commissione elettorale completamente al suo servizio;
  3. Alla fine del secondo e ultimo mandato del Presidente Kabila, il Raggruppamento dell’Opposizione aveva accettato, in buona fede, di partecipare al dialogo organizzato sotto gli auspici dei Vescovi della CENCO, al fine di trovare una soluzione pacifica alla crisi politica così creata; 4. Sabotando l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre 2016, Kabila ha dimostrato ancora una volta di non essere un interlocutore valido: per lui, il dialogo è stato solo un mezzo per abbassare la tensione e per rimanere indefinitamente al potere;
  4. Inoltre, dato che la Commissione elettorale non ha ancora prodotto un registro elettorale affidabile, rendendo praticamente impossibile organizzare le elezioni entro i tempi stabiliti dall’Accordo del 31 dicembre 2016, il Raggruppamento ha ribadito la sua posizione espressa al termine del suo secondo conclave tenutosi a Kinshasa: che le elezioni ci siano o no, Kabila deve lasciare il potere al più tardi il 31 dicembre 2017;
  5. Secondo il Raggruppamento, l’unica opzione possibile è una transizione senza Kabila. Occorrerà quindi formare un governo di transizione guidato da dei Congolesi integri e competenti, con l’incarico primordiale di organizzare le elezioni, promuovere l’alternanza democratica e permettere il ritorno all’ordine costituzionale. Gli animatori di questa transizione non potranno partecipare alle elezioni post-transizione».[15]

 

Il 5 ottobre, in un comunicato stampa, Martin Mukonkole, membro dell’Alternanza per la Repubblica (AR), che sostiene la candidatura di Moïse Katumbi alle prossime elezioni presidenziale, ha dichiarato che il Raggruppamento dell’Opposizione non intende più dialogare con il governo per un’eventuale gestione consensuale in cambio del mantenimento di Joseph Kabila come Presidente della Repubblica dopo il 31 dicembre 2017: «Il Raggruppamento non intende negoziare ulteriormente con l’attuale potere in vista di un altro prolungamento. Secondo il Raggruppamento, l’accordo del 31 dicembre 2016 deve essere applicato, perché è ancora possibile organizzare le elezioni presidenziali e legislative prima della fine di quest’anno. Se ciò si rivelasse impossibile, si potrebbero organizzare dapprima le elezioni presidenziali, perché esse non dipendono dalla suddivisione delle circoscrizioni elettorali. Se queste elezioni presidenziali non avessero luogo prima del 31 dicembre 2017, a partire dal 1° gennaio 2018 si organizzerà una breve transizione, non superiore a 6 mesi e senza il presidente Kabila, al fine di dotare le istituzioni del paese di nuovi leader che riflettano la volontà del popolo».[16]

 

 

5. DOPO IL 30 SETTEMBRE: DISOBBEDIENZA CIVILE E FISCALE?

 

Il 30 settembre, la Commissione elettorale non ha proceduto alla convocazione dell’elettorato, ciò che avrebbe potuto permettere di organizzare le elezioni prima del 31 dicembre 2017, come previsto dall’accordo del 31 dicembre 2016. Infatti, la Costituzione congolese prevede che la convocazione dell’elettorato abbia luogo 90 giorni prima della data effettiva delle elezioni. Dato che la data di inizio di questo periodo legale di 90 giorni è già stata superata, ne consegue che le elezioni presidenziali, legislative e provinciali, previste entro il 31 dicembre 2017, non potranno aver luogo in tale data.[17]

 

Il 30 settembre, la Federazione dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) del Kasai Orientale ha ufficialmente lanciato la campagna di disobbedienza civile e fiscale. In una conferenza stampa tenutasi presso la sede del suo partito, il presidente federale dell’UDPS del Kasai orientale, Bruno Kabangu Tshizubu, ha affermato: «Le imposte e le tasse dovrebbero contribuire allo sviluppo e al benessere di tutti i cittadini. Questo non avviene nella RDCongo, dove le tasse e le imposte vengono utilizzate principalmente per arricchire un gruppo ristretto di persone a scapito della comunità nazionale, che è sottomessa a ogni tipo di miseria. Qui, nel Kasai Orientale, non è mai stata intrapresa alcuna opera sociale  significativa a favore della popolazione. I fondi raccolti mediante le tasse sono alla disposizione di un individuo che non pensa allo sviluppo né della provincia, né della popolazione autoctona. Perché continuare a pagare le tasse che contribuiscono ad arricchire un singolo individuo? … Quindi chiedo al popolo congolese in generale e al popolo del Kasaï in particolare, di non pagare le tasse a partire dal 1° ottobre fino alle dimissioni dei dirigenti attuali. L’appello alla disobbedienza civile e fiscale è per noi un mezzo di lotta contro il potere di Kabila».

La Federazione dell’UDPS del Kasai non ha aspettato una direttiva proveniente dalla leadership nazionale dell’UDPS. «In seno al partito, le federazioni operano in modo indipendente. Tuttavia, noi ci riferiamo alla parola d’ordine già annunciata dal Raggruppamento dell’Opposizione», ha dichiarato Michel Ilunga Katomba, responsabile della comunicazione della Federazione dell’UDPS del Kasai orientale.

In effetti, in occasione del suo conclave tenutosi in luglio 2017, il Raggruppamento dell’Opposizione aveva promesso di promuovere delle azioni di disobbedienza fiscale a partire dal 1° ottobre, nel caso in cui la CENI non avesse convocato l’elettorato entro i tempi previsti dall’accordo del 31 dicembre 2016: «Dal 1° ottobre 2017, nel caso in cui la CENI non riuscisse a convocare l’elettorato per le elezioni previste entro il 31 dicembre 2017, si prevedono le seguenti azioni, applicabile fino alle dimissioni del presidente Joseph Kabila e del comitato centrale della Commissione elettorale: appello al popolo congolese, affinché non riconosca più Joseph Kabila come Presidente della Repubblica; appello alla comunità internazionale a fare la stessa cosa; sit-in davanti a tutte le sedi della Commissione elettorale, per ottenere le dimissioni di Corneille Naanga e del comitato centrale, azioni di disobbedienza civile, conformemente all’articolo 64 della Costituzione, sospendendo il pagamento di tasse, imposte, bollette dell’energia elettrica e dell’acqua (SNEL e REGIDESO)».[18]

 

Il 2 ottobre, dopo la non convocazione dell’elettorato da parte della Commissione elettorale e nell’ambito del programma d’azione previsto per l’organizzazione delle elezioni secondo le indicazioni dell’accordo del 31 dicembre 2016, la Dinamica dell’Opposizione, membro del Raggruppamento dell’Opposizione, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione della popolazione sulla strategia della disobbedienza civile come mezzo di pressione nei confronti del potere. La Dinamica dell’Opposizione ha optato per iniziare con una campagna di sensibilizzazione per spiegare alla popolazione il contenuto di questa forma di protesta, prima di dare la parola d’ordine in modo ufficiale. Il Raggruppamento dell’Opposizione aveva annunciato di ricorrere a questa strategia di disobbedienza civile e fiscale a partire dal 1° ottobre, nel caso in cui la Commissione elettorale non avesse convocato l’elettorato entro i tempi stabiliti nell’accordo di 31 dicembre 2016.[19]

 

Il 3 ottobre, in una sua dichiarazione, il governatore del Kasai orientale, Alphonse Ngoyi Kasanji, ha condannato l’appello alla disobbedienza fiscale lanciato dalla Federazione dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) del Kasai orientale e ha invitato la popolazione a continuare a pagare le tasse, mettendo in guardia tutti quelli che oseranno opporsi agli agenti preposti alla riscossione delle tasse: «Chiunque si opponga a un agente dei servizi adibiti alla riscossione delle tasse, ne subirà le conseguenze, perché si tratta di un atto riprovevole di mancanza di civismo. Quindi chiunque inciti alla disobbedienza civile, dovrà rendere conto davanti alla giustizia».[20]

[1] Cf Politico.cd, 21,09.’17; Élysée Odia – 7sur7.cd, 25.09.’17

[2] Cf Gaston Engbaka – Politico.cd, 21.09.’17

[3] Cf Politico.cd, 21.09.’17

[4] Cf Olivier Liffran et Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 21.09.’17

[5] Le Potentiel – Kinshasa, 25.09.’17

http://www.lepotentielonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=17757:discours-du-president-joseph-kabila-a-l-onu&catid=90:online-depeches

[6] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 02.10.’17

[7] Cf Radio Okapi, 22.09.’17

[8] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 25.09.’17

[9] Cf Kandolo M. – Forum des As – Kinshasa, 29.09.’17; Radio Okapi, 29.09.’17

[10] Cf Politico.cd, 10.10.’17

[11] Cf Dony Mukoko – Cas-info.ca, 26.09.’17; Actualité.cd, 26.09.’17

[12] Cf Rachel Kitsita – Actualité.cd, 27.09.’17

[13] Cf Politico.cd, 30.09.’17; Ghizlane Kounda – Rtbf, 29.09.’17

[14] Cf Augustin K. – Politico.cd, 01.10.’17

[15] Cf Le Phare – Kinshasa, 03.10.’17

[16] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 05.10.’17

[17] Cf Ibrahima Bayo Jr – La Tribune / Afrique, 02.10.’17

[18] Cf Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 01.10.’17

[19] Cf Christine Tshibuyi – Actualité.cd 02.10.’17

[20] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualité.cd, 03.10.’17