IL DIALOGO COME VIRTÙ PERMANENTE

Editoriale Congo Attualità n. 299– a cura della Rete Pace per il Congo

L’accordo firmato il 18 ottobre, a conclusione del dialogo tra la Maggioranza Presidenziale (MP) e parte dell’Opposizione e della Società Civile conferma il rinvio delle prossime elezioni presidenziali, inizialmente previste per il 27 novembre 2016, secondo le disposizioni costituzionali, fin verso la fine del mese di aprile 2018. L’accordo ufficializza anche il  prolungamento del secondo ed ultimo mandato presidenziale dell’attuale presidente della Repubblica, Joseph Kabila.

Tuttavia, i termini di questo accordo non sono affatto accettati né dal Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, né dal Fronte per il rispetto della Costituzione, né dalla Nuova Società Civile Congolese. Il dialogo non ha quindi risolto la crisi politica in corso.

Infatti, dopo la grande manifestazione del 19 settembre e la “giornata città morte” del 19 ottobre, il Raggruppamento dell’opposizione ha già annunciato due altre grandi manifestazioni: un comizio a Kinshasa il 5 novembre e un sit-in davanti al Parlamento, il 19 novembre. Tutto ciò alla vigilia della data fatidica del 19 dicembre, che segna la fine del secondo ed ultimo mandato presidenziale del presidente Joseph Kabila. Contrariamente a quanto espresso nell’accordo, è a questa data che, secondo il Raggruppamento dell’opposizione, Kabila deve assolutamente lasciare il potere.

Come si può constatare, le posizioni di quelli che hanno partecipato al dialogo e di quelli che l’hanno boicottato rimangono ancora diametralmente opposte. Per questo, molti sono quelli che auspicano un avvicinamento delle due posizioni, ma come arrivarvi?

Che deve essere portato a termine …

* Nel suo comunicato del 17 ottobre, l’Unione Europea (UE) aveva auspicato che il dialogo aprisse la strada a “una nuova fase di un processo politico più inclusivo”.

A questo proposito, il rappresentante dell’UE nella RDCongo, Bertrand Soret, ha precisato che non si tratta di un invito per un secondo dialogo, ma piuttosto di un invito a trovare un meccanismo che permetta di garantire alle conclusioni del dialogo un carattere inclusivo.

«Continuiamo a deplorare il fatto che l’accordo del 18 ottobre non sia sufficientemente inclusivo e che, quindi, i problemi non siano ancora tutti risolti. È quindi necessario trovare un determinato meccanismo politico, affinché un maggior numero possibile di forze politiche aderisca al consenso che è stato raggiunto, al fine di preservare la pace nel paese», ha affermato Bertrand Soret, aggiungendo: «non si tratta di ricominciare il dialogo. Si tratta piuttosto di trovare il modo affinché coloro che non hanno partecipato al dialogo si ritrovino in un compromesso che permetta di mantenere la pace in questo paese. Questa fase del dialogo politico si è conclusa. C’è già un accordo politico e occorre vedere come, a partire da lì, sia possibile tornare al tavolo dei negoziati con un numero maggiore di partecipanti,  affinché sia effettivamente possibile applicare l’accordo politico e si superino le date critiche di dicembre in modo pacifico. Abbiamo accolto con favore i risultati che sono stati raggiunti, anche se pensiamo che non tutto sia stato risolto. Ora si deve vedere come, a partire da lì, si possono ancora migliorare i risultati di questo dialogo, in modo che possano essere attuati».

* Anche  i Vescovi membri del comitato di monitoraggio del processo elettorale, un organismo della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), notano che, «a due mesi dalla fine del mandato costituzionale dell’attuale presidente della Repubblica, i politici non riescono ancora a giungere ad un accordo per trovare soluzioni pacifiche e consensuali alla crisi socio-politica che sta prendendo proporzioni sempre più preoccupanti e che rischia di precipitare il paese nel caos».

Eppure, secondo i vescovi, «ci sono dei punti di convergenza che si possono prendere in considerazione per trovare una via d’uscita dalla crisi in modo pacifico:

1 Tanto i partecipanti al dialogo che il Raggruppamento dell’opposizione giurano per l’assoluto rispetto della Costituzione e concordano sulla necessità di un ampio consenso nazionale, al fine di ottenere l’organizzazione di elezioni libere, trasparenti e pacifiche;

  1. Tutti riconoscono che ormai è materialmente difficile organizzare le elezioni entro la fine del 2016 e, di fatto, tutti accettano un periodo di transizione».

Tuttavia, i vescovi si dicono «molto preoccupati per le grandi divergenze che esistono  tra le varie parti e per il rischio che esse degenerino in uno scontro violento. Si tratta soprattutto:

  1. della durata del periodo transitorio;
  2. dell’esercizio del potere durante questo periodo transitorio non previsto nelle Costituzione;
  3. Dell’abbinamento delle elezioni (presidenziali, legislative e provinciali)».

Per i Vescovi, «è urgente e necessario che tutte le parti possano incontrarsi in un ambito ancora da concordare, al fine di superare le divergenze, in vista dell’interesse superiore della nazione».

Tra le soluzioni proposte, i Vescovi citano i seguenti punti:

«1. Fare tutto il possibile per ridurre il periodo di transizione, affinché non superi il 2017;

  1. Il governo di transizione che sarà istituito dovrà avere come priorità: organizzare le elezioni e garantire il rispetto delle libertà fondamentali, tra cui le libertà di espressione e di manifestazione.
  2. Nel consenso da trovare, è necessario che sia chiaramente affermato che l’attuale Presidente della Repubblica non si presenterà per un terzo mandato, conformemente all’articolo 220 della Costituzione».

* Anche il deputato nazionale della Maggioranza Presidenziale (MP), Henry Thomas Lokondo, ha fatto notare che, se il vertice dei Capi di Stato della CIRGL a Luanda (Angola) ha accolto con favore l’accordo risultante dal dialogo nazionale, nello stesso tempo però esso chiede agli attori politici e sociali congolesi di rispettare i principi, gli ideali e le aspirazioni del popolo congolese, come sanciti dalla Costituzione. Il deputato Lokondo si è così espresso: «Il vertice di Luanda ha detto sì all’accordo, ma propone che si debba continuare a dialogare. Come si sa, il dialogo è una virtù permanente. Quindi occorre fare tutto il possibile affinché il dialogo sia più inclusivo, come richiesto anche dalla risoluzione 2277 dell’Onu che il vertice stesso ha evocato. È come dire che il lavoro non è ancora finito e che tutto può in qualsiasi momento essere ri-qualificato per il solo interesse superiore della nazione».

Ma come?

Se tutti riconoscono la necessità di continuare il dialogo affinché sia davvero inclusivo, rimangono però ancora due interrogativi:

– Chi dovrà prendere l’iniziativa di convocare questa seconda fase del dialogo? Le Nazioni Unite? L’Unione Africana? Il Presidente Kabila?

– Chi potrà esserne il facilitatore? Il gruppo internazionale di accompagnamento del dialogo? I Vescovi della Commissione Episcopale Nazionale del Congo?