Le sfide d’un dialogo politico di fronte a una crisi politica

Editoriale Congo Attualità n. 292– a cura della Rete Pace per il Congo

Il 1° settembre, circa 200 delegati della Maggioranza Presidenziale, dell’Opposizione e della Società civile hanno partecipato, a Kinshasa, all’apertura dei lavori del dialogo politico nazionale. L’obiettivo sarebbe quello di trovare un accordo su come organizzare le prossime elezioni, soprattutto quelle presidenziali. Secondo le disposizioni costituzionali, l’attuale Presidente della Repubblica terminerà il suo secondo ed ultimo mandato il 20 dicembre prossimo e le elezioni per il suo successore dovrebbero essere indette 90 giorni prima della fine del mandato del presidente in esercizio, cioè il 19 settembre prossimo. Ma già da tempo la Commissione elettorale ha affermato di trovarsi, per motivi tecnici, giuridici e finanziari, nell’impossibilità di rispettare tale data.

Gli obiettivi del dialogo secondo il Raggruppamento dell’Opposizione

A questo proposito, il Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, una piattaforma politica creatasi attorno alla personalità di Etienne Tshisekedi e composta da diversi partiti e coalizioni di opposizione (l’UDPS, il G7, la Dinamica dell’Opposizione, l’Alternanza per la Repubblica), accusa il governo, la Commissione elettorale e la maggioranza presidenziale di fare di tutto per impedire l’organizzazione delle elezioni, al fine di mantenere il Presidente Kabila al potere, oltre la fine del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale.

Ritenendo che questo sia il vero obiettivo del dialogo in corso, il Raggruppamento dell’Opposizione ha deciso di non parteciparvi.

Secondo il Raggruppamento, l’attuale crisi politica è la continuazione di quella apertasi all’indomani delle caotiche elezioni presidenziali del 2011 che consegnarono la vittoria elettorale a Kabila attraverso una lunga serie di irregolarità e di brogli elettorali. Ne conseguì che il probabile vincitore di quelle elezioni, Etienne Tshisekedi, fu relegato al secondo posto.

Dunque, sempre secondo il Raggruppamento, uno dei primi obiettivi del dialogo dovrebbe essere quello di ristabilire la verità delle urne, rubata al popolo e sequestrata da Kabila nel 2011.

Un secondo obiettivo del dialogo dovrebbe essere quello di assicurare il rispetto delle disposizioni costituzionali circa il numero e la durata dei mandati presidenziali (un massimo di due mandati di cinque anni ciascuno). Dato che l’attuale presidente è stato insediato il 20 dicembre 2011, la Costituzione prevede che, in virtù del principio democratico dell’alternanza, egli lasci il potere il 20 dicembre 2016.

Un terzo obiettivo, non ufficialmente dichiarato ma conseguenza normale dei primi due obiettivi, sarebbe quello di arrivare ad un consenso sul nome di Etienne Tshisekedi come Presidente della Repubblica ad interim, incaricato di formare un Governo con il compito di organizzare le prossime elezioni, a partire da un calendario elettorale stabilito consensualmente nel corso del dialogo stesso.

L’obiettivo del dialogo secondo la Maggioranza Presidenziale

Tuttavia, i partecipanti al dialogo che si è aperto il 1° settembre a Kinshasa hanno una visione di dialogo completamente diversa. Il loro punto di vista è ben espresso nella “Tabella di marcia del dialogo” quando, tra i principi che devono orientare il dialogo stesso, citano (per ultima, tra l’altro) “l’alternanza democratica derivante dalle elezioni”. Secondo loro, l’alternanza (il trasferimento del potere) non è tanto un valore costituzionale da difendere e da rispettare, ma piuttosto una semplice conseguenza delle elezioni. Quindi, senza elezioni, niente alternanza politica! Il loro primo obiettivo sembra dunque essere il prolungamento del secondo e ultimo mandato presidenziale di Kabila, con un governo di “unità nazionale” incaricato di organizzare le prossime elezioni. La grande incognita rimane la durata di questo prolungamento. Secondo le dichiarazioni della Commissione elettorale, le nuove liste degli elettori potrebbero essere disponibili a partire da luglio 2017, il che permetterebbe di fissare le prime elezioni in ottobre – novembre 2017. Ma con quale ordine? Se con le presidenziali, la durata del prolungamento potrebbe essere di circa un anno.

Se con le locali, il prolungamento potrebbe essere di almeno tre anni, se non cinque. Si tratterrebbe allora di un “terzo mandato presidenziale illegale e incostituzionale” che i partecipanti al dialogo gli accorderebbero addirittura “consensualmente”. La permanenza di Joseph Kabila alla Presidenza della Repubblica oltre la fine del suo mandato costituzionale e quella di certi ministri membri della Maggioranza Presidenziale al Governo non rappresenterebbe affatto una garanzia sufficiente per l’organizzazione delle prossime elezioni entro un tempo ragionevole, anche se oltre i tempi previsti dalla costituzione. Se non sono riusciti ad organizzare le elezioni in cinque anni, difficilmente riusciranno a farlo in un anno solo.

Le dimissioni: l’utopia della democrazia

Non inclusivo a causa dell’assenza del Raggruppamento, il dialogo in corso rischia di ridursi a un monologo, a una specie di convegno della maggioranza organizzato in collaborazione con alcuni “simpatizzanti” strappati all’opposizione.

Per questo non riuscirà a risolvere l’attuale crisi politica che, presumibilmente, durerà fino a quando Kabila resterà alla Presidenza della Repubblica, nonostante la fine del suo secondo ed ultimo mandato. La chiave maestra per la soluzione finale della crisi si trova nelle mani del Presidente Kabila. Egli ha due grandi possibilità:

– Rassegnare le dimissioni il 19 settembre 2016, data simbolica in cui la Commissione elettorale avrebbe dovuto indire le elezioni presidenziali.

– Rinunciare, il 19 dicembre 2016, al prolungamento del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale.

Sarebbe un gesto altamente democratico che gli permetterebbe di lasciare la Presidenza della Repubblica nel rispetto della Costituzione e mediante un atto di volontà propria, invece di rimanervi contro la volontà del suo popolo. Si tratterrebbe di un gesto che, nello stesso tempo, renderebbe possibile la partecipazione del Raggruppamento dell’opposizione ad un dialogo politico “inclusivo” che avrebbe come obiettivo quello di trovare un consenso sul nome di un Presidente della Repubblica ad interim e su un calendario elettorale che permetta l’organizzazione, il prima possibile, delle elezioni, a partire dalle presidenziali e legislative nazionali.