Congo Attualità n.289

INDICE

EDITORIALE: ELEZIONI PRESIDENZIALI AD ALTO RISCHIO – UNA TERZA VIA TRA DUE STRATEGIE CONTRAPPOSTE

1. “CONGO: UNA BATTAGLIA ELETTORALE PERICOLOSA” (GEC)

a. La lenta agonia del processo elettorale

b. Le responsabilità della Commissione elettorale e del Governo

c. Le strategie della Maggioranza e dell’Opposizione

d. Raccomandazioni

2. LA COMMISSIONE ELETTORALE

a. L’inizio dell’operazione di registrazione degli elettori

b. Una dichiarazione del Presidente Kabila che ha suscitato varie reazioni

3. LE VICISSITUDINI GIUDIZIARIE DI MOÏSE KATUMBI

a. Dossier “appropriazione indebita di immobile”

* La conferenza stampa degli avvocati della difesa

* La lettera della giudice Chantale Ramazani Wazuri

b. Dossier “reclutamento di mercenari”

* La denuncia di Darryl Lewis

c. Tentativo di ritorno in patria

1. “CONGO: UNA BATTAGLIA ELETTORALE PERICOLOSA” (GEC)

a. La lenta agonia del processo elettorale

Il 5 agosto, in un rapporto intitolato “Congo: una battaglia elettorale pericolosa“, il Gruppo di Studi sul Congo (GEC), affiliato all’Università di New York, ha accusato le autorità della Repubblica Democratica del Congo (RDC) di essere “responsabili” dei ritardi constatati nell’organizzazione delle elezioni, in particolare delle presidenziali, che dovrebbero avere luogo quest’anno, ma diventate ormai impossibili.

Secondo il rapporto, «il governo è responsabile di molti ritardi artificiali che hanno reso impossibile il rispetto della Costituzione e lo svolgimento di elezioni eque e trasparenti entro la fine di quest’anno». Questi ritardi nello svolgimento delle elezioni sono stati volontariamente orchestrati dalla Maggioranza Presidenziale, per mantenere Kabila al potere oltre la fine del suo secondo e ultimo mandato presidenziale che arriverà a termine nel mese di dicembre 2016.

In questo rapporto molto dettagliato, il GEC ritorna sulla lenta agonia del processo elettorale congolese e accusa le autorità congolesi di esserne le principali responsabili.

b. Le responsabilità della Commissione elettorale e del Governo

«Tra gli accusati vi è, prima di tutto, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) che, “politicizzata,” è percepita come “un arbitro di parte”. «Sui tredici membri che la compongono, sei sono della maggioranza, quattro dell’opposizione e tre della società civile … Dei sei membri del Comitato centrale, solo due sono dell’opposizione. Sfiduciati dai loro partiti politici, continuano però a farne parte. Sui 7 membri rimanenti dell’Assemblea Plenaria, solo due sono membri dell’opposizione, ma nemmeno loro sono riconosciuti dai loro partiti. Questa situazione riflette l’astuzia della maggioranza, ma anche le debolezze interne dell’opposizione.

Al centro delle polemiche, anche la credibilità delle liste degli elettori. Dal tempo delle elezioni caotiche e contestate del 2011, il database degli elettori non corrisponde più alla realtà del corpo elettorale congolese. Secondo l’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF), la Commissione elettorale non ha ancora eliminato dalle liste elettorali 1,6 milioni di nominativi di persone già decedute e non vi ha ancora aggiunto gli 8,5 milioni di giovani diventati maggiorenni dopo il 2011. L’OIF ha rilevato la presenza, nel database degli elettori, di 450.000 doppioni che la Commissione elettorale doveva eliminare, ma nulla è stato fatto.

Il rapporto dell’OIF segnala anche altri punti deboli del database degli elettori: l’assenza delle impronte digitali nel 2% dei casi, la mancanza di fotografia nell’1% dei casi e, in proporzioni più ridotte, la mancanza del luogo di origine e della data di nascita. Quattro mesi prima delle elezioni, è ormai troppo tardi per effettuare le correzioni necessarie. Secondo degli esperti internazionali, per avere un registro elettorale affidabile, occorrerebbero dai 6 ai 24 mesi. Per le missioni delle Nazioni Unite e dell’OIF, la revisione completa del registro elettorale potrebbe durare nove mesi e mezzo, a cominciare dal 22 giugno 2016, data della firma del contratto d’acquisto del materiale necessario per lo svolgimento dell’operazione. Secondo la Commissione elettorale, occorreranno dai 13 ai 16 mesi, a seconda che si tratti di una revisione parziale o totale delle liste degli elettori. Il presidente della Ceni ha precisato: “È lo stesso periodo adottato nel 2006 e nel 2011: 434 giorni nel 2006 e 432 giorni nel 2011”. Tuttavia, queste differenze non giustificano né spiegano il ritardo accumulato nell’operazione di revisione del registro elettorale, perché è dal 2012 che la Commissione elettorale sa che doveva prima o poi effettuarla. D’altra parte, essa ha perso molto tempo impegnandosi, sotto istigazione del Presidente del Consiglio, in un contratto all’amichevole, firmato in novembre 2015, per l’acquisto del materiale necessario, poi disdetto dal nuovo presidente della Commissione a favore di un bando di gara pubblico indetto in febbraio 2016.

Il rapporto denuncia anche la mancanza di volontà, da parte del Governo, di finanziare il processo elettorale. Secondo un rapporto della Commissione stessa, il Governo ha sbloccato, nel 2012 e 2013, solo il 15% e, nel 2014 e 2015, il 25% dell’importo concordato. Nel 2016, su un budget di 580 milioni di dollari, il governo e la Commissione elettorale hanno concordato un piano di erogazione di 300 milioni di $, 20 milioni al mese per il primo semestre e 30 milioni al mese per il secondo semestre. Le quote di gennaio e febbraio sono state regolarmente erogate ma, secondo fonti interne della Commissione, quelle di marzo e aprile, a metà luglio non erano ancora state sbloccate. Inoltre, il primo ministro Matata si è detto preoccupato per non potere continuare ad assicurare i versamenti, a causa delle difficoltà economiche che il governo deve affrontare in seguito al calo dei prezzi delle materie prime.

Gli ostacoli di carattere istituzionale o tecnico non sono che i sintomi di un problema politico più profondo: un panorama politico caratterizzato da esponenti politici con agende divergenti o, talvolta, antagoniste tra loro.

c. Le strategie della Maggioranza e dell’Opposizione

Per la Maggioranza Presidenziale (MP), il problema principale rimane quello della gestione della successione di Joseph Kabila alla guida del Paese. Allo stato attuale, la MP non riesce né a trovare un altro candidato per sostituirlo, né a modificare la costituzione per mantenerlo legalmente al potere. La strategia che la MP ha adottato è quindi quella di ritardare le elezioni il più possibile, nell’attesa che si presenti una nuova opportunità di cui approfittare o che emerga un candidato che posa essere designato come candidato alla successione. L’attuale strategia è quella di convincere una parte dell’opposizione ad accettare di partecipare ad un governo di unità nazionale, per gestire un periodo di transizione fino alle prossime elezioni. Questo periodo di transizione potrebbe durare uno, due o più anni, ma questo non risolverà la crisi. Al contrario, questa crisi si aggraverà in seguito all’opposizione sempre più crescente sia ad un’eventuale revisione della costituzione, sia al prolungamento del secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila.

Per l’Opposizione, le elezioni sono l’obiettivo principale, almeno a livello di dichiarazioni ufficiali,  anche se, per il momento, tali elezioni non fanno che suscitare incertezze perché, fino a questo momento, l’opposizione non è riuscita ad organizzare una vasta mobilitazione popolare capace di costringere il potere a permettere l’organizzazione delle elezioni.

L’opposizione dubita che Kabila lasci il potere senza esserne costretto e, quindi, ha deciso di mobilitare la popolazione per delle manifestazioni previste per il 19 settembre e il 20 dicembre 2016. L’opposizione si affida quindi alle manifestazioni di piazza in vista di una resa dei conti finale, con il rischio di un sollevamento popolare generalizzato. In questo contesto, ci si può dunque aspettare una intensificazione delle manifestazioni da parte dell’opposizione e delle operazioni di repressione violenta da parte delle forze dell’ordine al servizio dell’attuale potere.

d. Raccomandazioni

Non potendo le elezioni essere organizzate nel 2016, secondo gli esperti del GEC, i politici congolesi sono condannati al dialogo, per raggiungere un consenso sulla via da seguire.

Per evitare il peggio, gli esperti del GEC chiedono al Capo dello Stato di dichiarare chiaramente e pubblicamente che “non si un candiderà alle prossime elezioni presidenziali e che l’articolo 220 della Costituzione non sarà oggetto di alcuna revisione“, il che vuol dire che non cercherà di modificare la Costituzione per presentarsi per un terzo mandato.

Da parte sua, l’opposizione dovrà ammorbidire le sue condizioni, accettare il dialogo e rinunciare alla strategia del caos: la ristrutturazione della Commissione elettorale, la ricomposizione della Corte Costituzionale e l’organizzazione del calendario elettorale dovrebbero essere degli obiettivi e non delle condizioni per il dialogo. Nel caso in cui il dialogo prendesse una brutta piega, l’opposizione potrebbe sempre lasciare il tavolo. Non dialogare è più rischioso che farlo.

La revisione delle liste degli elettori rimane la fase cruciale che determinerà le sorti del processo elettorale. Nessun sforzo deve essere risparmiato per assicurare la trasparenza di questa operazione e per abbreviare, con oggettività, la durata della sua realizzazione.

Come richiesto dalla Corte costituzionale, dopo valutazione del processo elettorale, la Commissione elettorale dovrebbe procedere, conformemente con la risoluzione 2277, alla pubblicazione di un calendario completo rivisto che copra l’intero ciclo elettorale.

Nella prospettiva della revisione delle liste degli elettori e dell’organizzazione delle elezioni, il Governo dovrebbe fornire alla Commissione elettorale gli adeguati mezzi materiali, finanziari e logistici. Date le difficoltà economiche constatate nell’attuazione del processo elettorale, il Governo deve dare la priorità alle elezioni presidenziali, legislative nazionali e provinciali e rinviare le altre elezioni (le locali) a una data ulteriore. Tale opzione potrebbe contribuire ad allentare le attuali tensioni politiche.

Un certo numero di attivisti e di membri dell’opposizione sono stati arrestati arbitrariamente, la libertà di movimento di altri membri dell’opposizione è stata limitata e diverse manifestazioni sono state vietate o represse. Per garantire un clima di fiducia, il governo dovrebbe rimettere in libertà i prigionieri politici e, secondo la costituzione, le autorità nazionali e locali non dovrebbero più vietare l’organizzazione di manifestazioni pacifiche senza validi motivi.[1]

2. LA COMMISSIONE ELETTORALE

a. L’inizio dell’operazione di registrazione degli elettori

Il 21 luglio, il presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Corneille Nangaa, ha confermato per il 31 luglio l’inizio dell’operazione di revisione delle liste degli elettori nella provincia del Nord Ubangi. In questa occasione, egli ha annunciato l’arrivo di 500 dispositivi di iscrizione e registrazione destinati a questa provincia. Sempre secondo le sue dichiarazioni, la Commissione elettorale ne ha ordinati 20.000  per l’insieme del territorio nazionale.[2]

Il 31 luglio, a Gbadolite, il presidente della Commissione elettorale, Corneille Nangaa, ha dato inizio all’operazione di revisione delle liste elettorali nella provincia del Nord-Ubangi, come previsto. L’operazione durerà 90 giorni. I nuovi certificati elettorali emessi in questa operazione sostituiranno quelli emessi per le elezioni 2011.

Il presidente della Commissione elettorale ha precisato che, dopo il Nord-Ubangi, l’operazione di revisione delle liste degli elettori continuerà in quattro aree operative: 1. Haut Katanga, Haut Lomami, Mongala, Tshuapa ed Equateur; 2. Nord Kivu, Sud Kivu, Maniema e Tanganica; 3. Haut Uele, Bas Uele, Ituri, Tshopo, Sankuru, Kasai Oriental, Kasai central, Kasai e Lomani; 4. Kwango, Kwilu, Mai Ndombe, Kongo central, città di Kinshasa e diaspora.

«Nel mese di febbraio scorso, avevamo detto che avevamo bisogno di 16 mesi e un giorno per effettuare l’intera operazione. Sono già passati i primi cinque mesi e l’operazione continua normalmente, come avevamo programmato. Nei prossimi giorni pubblicheremo il cronogramma di tutta l’operazione della revisione delle liste degli elettori. E, naturalmente, pubblicheremo il calendario elettorale completo il più presto possibile», ha dichiarato Corneille Nangaa.

Interrogato sulla causa per la quale la Commissione elettorale non ha ancora pubblicato un nuovo calendario elettorale aggiornato, Corneille Nangaa ha risposto: «Il calendario elettorale richiede una serie di consultazioni. La Commissione elettorale ne ha già pubblicati tre e non sono stati attuati. Stiamo già lavorando su alcune ipotesi. La Commissione elettorale attua in un ambito costituzionale definito e le parti interessate nel processo elettorale sono numerose. La Commissione non può agire senza ascoltarle tutte. Per pubblicare un “calendario elettorale completo e realistico” aspettiamo, quindi, quel consenso politico che tutti auspicano», chiara allusione al “dialogo politico nazionale”.[3]

Il 4 agosto, a Kinshasa, il capo della Monusco, Maman Sidikou, ha accolto con favore l’avvio, il 31 luglio, della fase pilota della revisione delle liste elettorali. Ha confermato l’appoggio tecnico e logistico delle Nazioni Unite a tale operazione. Secondo lui, l’inizio di questa operazione è «un passo importante verso l’organizzazione di elezioni trasparenti, credibili e pacifiche». «Ora spetta ai politici di riunirsi, per trovare un consenso politico sulla via da seguire», ha concluso il capo della Monusco.[4]

b. Una dichiarazione del Presidente Kabila che ha suscitato varie reazioni

Il 4 agosto, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il suo omologo ugandese, Yoweri Kaguta Museveni, nel distretto di Kasese, in Uganda, il Capo dello Stato Joseph Kabila ha annunciato l’organizzazione delle elezioni una volta terminata l’operazione di registrazione degli elettori. Joseph Kabila ha affermato che dopo la registrazione degli elettori, la Commissione elettorale procederà alla pubblicazione del calendario elettorale e, infine, all’indizione delle elezioni. «Per il momento, il 31 luglio abbiamo iniziato l’operazione di registrazione degli elettori. Si tratta di un’operazione che richiederà del tempo, ma permetterà di avere un registro degli elettori, dopo di che sarà pubblicato un calendario elettorale. È così che si organizzano le elezioni. Quindi state attenti, perché quando la data sarà fissata dalla Commissione elettorale, sarò il primo ad annunciarvela e ne sarete informati», ha sottolineato il Capo dello Stato.[5]

Il 9 agosto, Moïse Katumbi ha reagito alle recenti dichiarazioni del presidente Joseph Kabila, accusando ancora una volta quest’ultimo e la Maggioranza Presidenziale (MP) di “fare di tutto per restare al potere” proponendo, tra l’altro, un nuovo calendario elettorale.

Ecco alcuni estratti della “dichiarazione” di Moïse Katumbi:

«Il 4 agosto 2016, in Uganda, il Presidente Joseph Kabila ha annunciato che il calendario elettorale non potrà essere pubblicato prima della fine dell’operazione di registrazione degli elettori, operazione che la Commissione elettorale nazionale Indipendente (CENI) ha iniziato il 31 luglio 2016.

Questo nuovo episodio illustra, se alcuni ancora dubitavano, la volontà del presidente Joseph Kabila, e della sua maggioranza presidenziale, di restare al potere a tutti i costi, nonostante le disposizioni della nostra Costituzione e contro il desiderio del popolo che si aspetta il primo cambiamento democratico e pacifico ai vertici del potere entro la fine del 2016 …

L’obiettivo dei nostri dirigenti è chiaro: fare di tutto per rimanere al potere. Il loro piano d’azione è altrettanto chiaro e si basa su tre aspetti.

  1. Organizzare un finto dialogo politico con alcuni complici di qualsiasi tendenza politica, per formare un governo di transizione illegittimo che serva alle loro ambizioni totalitarie.
  2. Annunciare un calendario elettorale che dia la priorità alle elezioni locali e provinciali rispetto alle legislative nazionali. Ciò permetterà loro di ritardare al massimo le elezioni presidenziali e, tramite elezioni truccate, assicurarsi una larga maggioranza nelle istituzioni locali, nelle assemblee provinciali, nel Senato e nell’Assemblea nazionale.
  3. Fare approvare in Parlamento (le due camere riunite in congresso) un cambiamento della Costituzione che permetta loro di rimanere al potere.

Questo piano costituisce un crimine di alto tradimento. Fortunatamente, non rimarrà che il sogno utopico di un regime ormai avviato verso la decadenza. Il popolo congolese e le forze acquisite al cambiamento non si lasceranno ingannare, né permetteranno di essere tradite. Prenderanno le loro responsabilità, conformemente alla Costituzione, per salvare il paese …

Il 20 settembre 2016, il corpo elettorale deve essere convocato in conformità con la Costituzione.

Il 20 dicembre 2016, un nuovo Presidente della Repubblica dovrà entrare in funzione. Se questi obblighi costituzionali non saranno rispettati, il popolo congolese dovrà rifiutare l’instaurazione della dittatura e non riconoscere più l’attuale regime. È ancora possibile salvare la democrazia e, per il presidente Kabila, uscire dalla porta principale».[6]

Il 10 agosto, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa, il coordinatore e portavoce del Fronte dei Democratici (FDE), il deputato nazionale Jean-Lucien Bussa, ha commentato le  dichiarazioni del Capo dello Stato rilasciate alla stampa, in Uganda, sulla pubblicazione del calendario elettorale solo dopo la fine dell’operazione di registrazione degli elettori: «Le dichiarazioni del Presidente della Repubblica rivelano la sua palese intenzione di violare lo spirito e la lettera della Costituzione, in quanto esse riflettono la sua mancanza di volontà politica di organizzare le elezioni presidenziali entro le scadenze costituzionali, rendendosi egli stesso il principale responsabile del rinvio delle elezioni».[7]

L’11 agosto, in un comunicato stampa, prendendo atto delle dichiarazioni del 4 agosto del Presidente della Repubblica Joseph Kabila, secondo cui «il calendario elettorale sarà pubblicato quando saranno pronte le liste degli elettori», Charles Mwando Nsimba, presidente del G7, membro attivo del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, ne ha dedotto che «il calendario elettorale sarà pubblicato solo dopo la fine dell’operazione di revisione delle liste degli elettori, cioè non prima di giugno 2017. Le elezioni del nuovo Presidente della Repubblica non saranno, quindi, convocate il prossimo 19 settembre, tre mesi prima della fine del mandato del Capo dello Stato in carica, come previsto dall’articolo 73 della Costituzione. Ne consegue che lo slittamento del calendario elettorale è già in fase di esecuzione. Pertanto, data la gravità della situazione, il 10 agosto 2016, il G7 ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio degli anziani del Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, proponendo azioni pacifiche da realizzare immediatamente, per costringere la Commissione elettorale a pubblicare il calendario elettorale e a convocare l’elettorato per le elezioni presidenziali il 19 settembre prossimo».[8]

Il 12 agosto, a Kinshasa, il presidente del partito “Orange”, Fiyou Ndondoboni, ha dichiarato che il suo partito intende ricorrere alla Corte Costituzionale se le elezioni presidenziali non saranno convocate entro i tempi previsti dalla costituzione: «il partito “arancione” ritiene che l’attuale potere, con la sua maggioranza, sia il solo responsabile della perturbazione dell’ordine costituzionale, nel caso in cui le elezioni presidenziali non siano convocate entro il tempo previsto dalla costituzione, vale a dire entro il 19 settembre 2016. Se la Commissione elettorale non convocherà le elezioni presidenziali conformemente all’articolo 73 della costituzione, il partito “arancione” annuncia all’opinione nazionale e internazionale che farà ricorso alla Corte costituzionale, conformemente all’articolo 162 della costituzione, per ottenere, attraverso canali legali, una dichiarazione ufficiale di violazione dell’articolo 73 della costituzione e il conseguente rispetto dell’ordine costituzionale». Il presidente del partito “Arancione” ha infine constatato con rammarico che il Governo ha ripetutamente tentato di violare le disposizioni della costituzione e porta, come prova di ciò, l’intenzione del governo di non fornire alla Commissione elettorale i mezzi sufficienti per organizzare le elezioni.[9]

Interrogato da diverse organizzazioni della Società civile sulla questione della pubblicazione del calendario elettorale, il presidente della Commissione elettorale, Corneille Nangaa, ha risposto: «Pubblicheremo il calendario elettorale. Non chiudiamo le orecchie a ciò che dicono gli uni e gli altri. Tuttavia, occorre ricordare che, secondo il loro rapporto, gli esperti delle Nazioni Unite e dell’OIF hanno indicato che la pubblicazione unilaterale, oggi, del calendario elettorale, da parte della Commissione elettorale, prima che la classe politica arrivi ad un consenso, costituirebbe un problema da evitare. Le due organizzazioni propongono che la Commissione elettorale aspetti che si arrivi dapprima ad un consenso». Alla domanda di sapere se l’esistenza di questo rapporto internazionale giustifichi il fatto che la Commissione elettorale tardi ad adempiere i suoi obblighi costituzionali, Corneille Nangaa ha risposto che le cose saranno fatte a tempo debito,  nella misura in cui ci siano le condizioni: «Per quanto riguarda gli obblighi costituzionali, occorre prenderli in considerazione nel loro insieme. La Costituzione chiede alla Commissione elettorale di elaborare un registro degli elettori. Dà anche la sequenza delle varie attività elettorali, tra cui la registrazione degli elettori e l’organizzazione delle elezioni. L’articolo 73 stabilisce che, per quanto riguarda le elezioni del Presidente della Repubblica, l’elettorato sia convocato 90 giorni prima della fine del mandato del presidente. Ma non si può convocare qualcosa che non esiste. Stiamo lavorando per averne i prerequisiti e cercheremo di convocare l’elettorato il più presto possibile».[10]

Se per il presidente Joseph Kabila, la pubblicazione del calendario elettorale dipende dalle operazioni di revisione degli elettori, Corneille Nangaa, presidente della Commissione elettorale, sembra avere un punto di vista diverso. Secondo lui, solo un consenso politico consentirà alla Commissione elettorale di rendere finalmente pubblico il famoso calendario elettorale. Secondo lui, la pubblicazione del calendario elettorale è condizionata solo ad un consenso politico raggiunto attraverso il dialogo. Si tratta di un’affermazione che sembra contraddire il presidente Kabila che condizionava la pubblicazione del calendario elettorale alla fine definitiva delle operazioni di registrazione degli elettori. In ogni caso, a Gbadolite, il presidente della Commissione elettorale sembra avere preso le distanze dalle dichiarazioni del Capo dello Stato. Secondo lui, le operazioni di revisione delle liste degli elettori, comprendenti tra l’altro l’iscrizione dei nuovi elettori, non possono condizionare la pubblicazione del calendario elettorale, per la quale la Commissione elettorale rimane in di un consenso politico tra le varie parti implicate nel processo elettorale stesso.[11]

3. LE VICISSITUDINI GIUDIZIARIE DI MOÏSE KATUMBI

a. Dossier “appropriazione indebita di immobile”

Il 20 giugno, Moïse Katumbi era stato condannato in contumacia dal Tribunale di pace di Lubumbashi / Kamalondo, per falso in scrittura e uso di falso, a 36 mesi di carcere e al risarcimento di un milione di dollari a favore di Emmanouil Alexandros Stoupis, cittadino greco, che l’aveva citato in giudizio per un affare immobiliare.

Condannato nel mese di giugno a tre anni di prigione per appropriazione indebita di un immobile, Moïse Katumbi ha contestato la sentenza e ha chiesto che la Corte suprema si pronunci sulla possibilità di un nuovo processo. L’oppositore congolese ha accusato i giudici di Lubumbashi di essere al servizio del potere costituito. La sentenza del tribunale di pace di Kamalondo era stata emessa in assenza dell’imputato, ufficialmente all’estero per cure mediche autorizzate dalle autorità giudiziarie. Attraverso i suoi avvocati, Moïse Katumbi ha interposto obiezione contro questo primo giudizio, sulla base del fatto che non si sono rispettate alcune regole giuridiche.

Essendo i giudici di Lubumbashi oggetto di sospetti, gli avvocati di Moïse Katumbi hanno chiesto che il dossier sia trasferito ad un’altra giurisdizione. A quanto pare, tale procedura è stata avallata dalla Corte suprema di giustizia, che ha preso atto della legittimità della richiesta per sospetto nei confronti di tutte le giurisdizioni giudiziarie che dipendono dalla Corte d’Appello di Lubumbashi.

Per gli avvocati dell’ex governatore del Katanga, occorrerà aspettare fino al 21 ottobre, affinché la Corte Suprema di Giustizia designi un altro tribunale. Alla luce di questi fatti, gli avvocati ritengono che la sentenza del tribunale di pace di Kamalondo non possa essere eseguita, in attesa di un altro processo per lo stesso caso noto come appropriazione indebita di un immobile. Secondo il loro parere, ciò equivale ad una sospensione dell’esecuzione della sentenza.[12]

Ma il 25 luglio, il Ministro della Giustizia, Alexis Thambwe Mwamba, ha dichiarato: «Moïse Katumbi ha tutti i diritti di rientrare in patria, ma la decisione del giudice di Lubumbashi dovrà essere applicata. Il giudice aveva ordinato l’arresto immediato e ciò vuol dire che, se fosse stato presente al momento della sentenza, egli sarebbe stato portato direttamente in carcere», aggiungendo: «Poiché era assente, quando rientrerà in patria, sarà arrestato e condotto direttamente in prigione, in attesa dell’evoluzione delle procedure che lui stesso ha richiesto. Non è possibile fare diversamente. È la legge. Se il giudice ha ordinato l’arresto immediato, egli sarà arrestato appena metterà piede su territorio congolese. Questo è chiaro».[13]

* La conferenza stampa degli avvocati della difesa

Il 26 luglio, nel corso di una conferenza stampa organizzata presso il centro cattolico Cepas a Gombe – Kinshasa, il gruppo degli avvocati della difesa, coordinato dal decano Jean-Joseph Mukendi Wa Mulumba, ha deciso di rompere il silenzio, per informare più dettagliatamente l’opinione pubblica sul caso che oppone il loro cliente al cittadino greco Stoupis.

Tutto parte da un atto di vendita, palesemente falso, dell’edificio situato sul viale Mahenge, n. 6 e 8, all’incrocio con via Kato, nella zona industriale del comune di Kapemba, a Lubumbashi. L’atto di vendita sarebbe stato redatto a favore di Champion Katumbi e di Nissim Katumbi, entrambi figli minorenni, in quel tempo, di Moïse Katumbi. La vendita sarebbe intervenuta tra Moïse Katumbi e la signora Katina Vosnakis nel 1998. Tuttavia, quest’ultima risulta deceduta nel 1987, in Grecia, come attestato in un atto ufficiale confermato dal figlio Alexandros Emmanoul Stoupis. La vendita sarebbe stata ratificata attraverso  un certificato di registrazione datato del 25 aprile 2002, sempre a nome della defunta. Inoltre, il suddetto certificato di registrazione è stato rilasciato dopo l’annullamento di un certificato precedente Vol. 173 folio 157, del 7 gennaio 1966, che la defunta avrebbe perso.

È accertato che Katebe Katoto, fratello maggiore di Moïse Katumbi, ha abitato in questo edificio come inquilino della Sonas e che, nel mese di gennaio del 1976, un decreto del Commissario di Stato sulla dichiarazione di abbandono di un lotto residenziale, aveva predisposto l’annullamento del certificato di registrazione per conto della signora Katina Vosnakis. In applicazione del principio di prelazione, l’inquilino Katebe Katoto, in esecuzione di una corrispondenza dello stesso Commissario di Stato, aveva ottenuto un certificato di registrazione Vol. 197 Folio 114 dell’11 febbraio 1976. In quel tempo, Moïse Katumbi aveva solo dodici anni.

Inoltre, il denunciante Stoupis non ha mai presentato alcun documento relativo alla sua filiazione rispetto alla Sig.ra Vosnakis Katina e, peggio, dopo la morte di quest’ultima, il suo avvocato, Me Ntoto Aley e la SONAS l’avevano informato che, nel 1976, il governo congolese, attraverso il Commissario di Stato per gli affari fondiari, aveva emesso un decreto che ratificava lo stato di abbandono dell’immobile e che aveva proceduto all’annullamento del suo certificato di registrazione. Da allora, Stoupis non ha mai citato in giustizia Katebe Katoto, essendo informato del principio di prescrizione acquisitiva in diritto civile di proprietà, perché il dossier risale a 40 anni fa, anche se i giudici del Tribunale di pace di Kamalondo fanno finta di non sapere.

Anche se, per ipotesi, nel 2002, Moïse Katumbi avesse concluso con la signora Katina Vosnakis, a nome dei suoi figli minorenni, un atto di vendita dell’immobile oggi in litigio, oggi questi fatti devono essere dichiarati prescritti, in conformità con i principi fondamentali del diritto penale, in quanto il reato in falso è considerato prescritto dopo 3 anni.

Oltre alla violazione dei testi legislativi, il Tribunale di pace di Kamalondo rifiuta di applicare diverse decisioni giudiziarie prese da tribunali superiori.

Prima di tutto, all’indomani di una sentenza pronunciata in contumacia, Katumbi ha depositato, attraverso i suoi avvocati, un atto di opposizione alla sentenza stessa, poiché assente al processo, essendo partito, per cure mediche all’estero, con l’espressa autorizzazione del Procuratore Generale della Repubblica. Di fronte a queste manovre del Tribunale di pace di Kamalondo, gli avvocati di Moïse Katumbi hanno presentato una richiesta di ricusazione di giurisdizione, per sottrarre il dossier dalla sua competenza. Il Tribunale di Grande Istanza di Lubumbashi ha allora emesso una sentenza di presa d’atto ma, contro ogni previsione, il Tribunale di pace di Kamalondo non ha accettato tale procedura, violando gli articoli 60 e 61 della legge n. 13/011 dell’11 aprile 2013.

Nel frattempo, la Corte Suprema di Giustizia ha già dato “atto” a Katebe e a Katumbi della loro richiesta di ricusazione di giurisdizione con notifiche RR 33.08, 33.09 e 33.010. Ma, ahimè! Il Tribunale di pace di Kamalondo ha dichiarato come non avvenuto l’atto di opposizione formulato dall’ex governatore del Katanga contro la sentenza emessa in contumacia, nonostante che una circolare del 5 dicembre 2005, emessa dal procuratore generale della Repubblica di quel tempo, affermi che l’atto di opposizione è sufficiente per impedire l’attuazione di un arresto immediato.[14]

* La lettera della giudice Chantale Ramazani Wazuri

Il 25 luglio, in una lettera indirizzata al ministro congolese della giustizia, la presidente del Tribunale di pace di Lubumbashi, Chantale Ramazani Wazuri, ha affermato di essere stata costretta a firmare la condanna di Moïse Katumbi, accusato di atto di appropriazione indebita di un immobile.

In questa lettera di cinque pagine, Chantale Ramazani Wazuri, ha affermato:  «Il Sig Kalev Mutond, amministratore generale dell’ANR (Agenzia Nazionale d’Intelligence), la Presidenza della Repubblica, il primo Presidente della Corte d’Appello di Lubumbashi (mio superiore gerarchico e ispettore dell’ANR, accompagnato da dodici membri della guardia repubblicana) e il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Lubumbashi, mi hanno costretta a condannare Moïse Katumbi Chapwe», precisando: «L’obiettivo della condanna è stato quello di ottenere la sua ineleggibilità, nel caso in cui egli presentasse la sua candidatura alla Presidenza della Repubblica». Chantale Ramazani Wazuri ha dichiarato di essere stata minacciata di «arresto immediato […]con una pena di dieci anni di carcere». Nella sua argomentazione, ella ha affermato che, in coscienza, non avrebbe decretato la medesima condanna, sapendo soprattutto che «i fatti per i quali Moïse Katumbi è stato processato sono prescritti da oltre dieci anni, essendo che sia il reato di falso in scrittura come quello di uso di falso entrano in prescrizione dopo soli tre anni».

Chantale Ramazani Wazuri ha poi fatto riferimento ad una serie di irregolarità procedurali: un dossier mai esaminato giuridicamente, una sentenza emessa in meno di 24 ore, dei fatti prescritti da oltre 10 anni. In conclusione, la giudice chiede l’annullamento della sentenza.

Da parte sua, in una nota, l’ANR assicura che l’amministratore generale, Kalev Mutond, direttamente messo in causa, non ha mai avuto alcun contatto con la giudice in questione.

L’Agenzia mette in dubbio l’autenticità del documento, denunciando una vera e propria eresia giuridica e una manovra politica per scagionare il candidato Moïse Katumbi e chiede alla giustizia l’apertura di un’inchiesta. Secondo alcune persone che l’hanno incontrata negli ultimi giorni, Chantale Ramazani Wazuri, si è  “nascosta”, perché “sa che le autorità la stanno cercando”.[15]

Il 3 agosto, due impiegati del Tribunale di pace di Kamalondo – Lubumbashi sono fuggiti portando con loro il casellario giudiziario relativo alla condanna, a tre anni di carcere, di Moïse Katumbi, accusato di appropriazione indebita di un immobile. Un funzionario del tribunale ha rivelato che anche dal registro che conteneva il dossier in questione sono stati strappati due fogli.

Secondo gli agenti del Tribunale di Lubumbashi, la scomparsa del dossier cartaceo di Moïse Katumbi potrà avere un “impatto politico”, ma non annulla la condanna e la sua esecuzione. Secondo fonti attendibili, sette impiegati del Tribunale di pace di Kamalondo – Lubumbashi sono stati arrestati e interrogati. Sono accusati di complicità nel furto del dossier giudiziario di Moïse Katumbi e di distruzione dolosa del registro da cui sono state strappate le due pagine. I sette impiegati del Tribunale di pace di Kamalondo sono “in stato di arresto provvisorio per motivi di indagine”, ha dichiarato Paulin Ntanda Ilunga, Presidente della Corte d’Appello di Lubumbashi, da cui dipende il tribunale di Kamalondo. Tre dei sette impiegati arrestati sono stati rilasciati nel corso della notte. Gli altri sono ancora detenuti nelle celle del Tribunale di grande istanza.[16]

Il 4 agosto, in un comunicato stampa, la Corte d’Appello di Lubumbashi, da cui dipende il Tribunale di Kamalondo, ha espresso dei dubbi sull’autenticità della lettera della giudice Ramazani. La Corte afferma di aver ricevuto la lettera solo il 2 agosto e che essa era stata inviata dal Congo Brazzaville. Nel comunicato, il primo presidente della Corte d’Appello di Lubumbashi fa riferimento all’esistenza di «una rete creata per far scomparire tutti i dossier penali di Moïse Katumbi, con la collaborazione di alcuni funzionari della magistratura ai quali viene promesso un asilo tranquillo all’estero». Ma parte dell’opinione pubblica sospetta il potere di orchestrare un montaggio per screditare le denunce della giudice Ramazani.[17]

b. Dossier “reclutamento di mercenari”

* La denuncia di Darryl Lewis

Il 29 luglio, Darryl Lewis, cittadino statunitense ed ex consigliere di Moïse Katumbi in materia di sicurezza, ha presentato alla giustizia statunitense una denuncia, per “tortura”, contro il capo dell’Agenzia Nazionale d’Intelligence (ANR), Kalev Mutond e il ministro della Giustizia, Alexis Thambwe Mwamba.

Ex militare statunitense e passato al settore della sicurezza privata, lavorava presso la società Jones International Group (JIG) ed era stato assunto da Moïse Katumbi come consulente per la sicurezza. Darryl Lewis era stato arrestato il 24 aprile, a Lubumbashi, dai servizi d’intelligence congolesi e  accusato dal ministro congolese della Giustizia, Alexis Thambwe Mwamba, di essere un mercenario al servizio dello stesso Moïse Katumbi, ciò che ha sempre smentito. È stato detenuto in carcere per oltre un mese prima di essere rilasciato e di essere espulso e autorizzato a ritornare negli Stati Uniti.

Il giorno del suo arresto, dopo averlo condotto in un carcere di Lubumbashi, gli agenti dell’ANR hanno interrogato Darryl Lewis per tre ore infliggendogli, nello stesso tempo, dolori psichici e fisici, picchiandolo e tirandogli le braccia, ammanettate, verso la schiena, con l’evidente intenzione di esercitare la massima pressione sulle articolazioni attorno alle spalle e spingendogli la testa verso il basso. L’obiettivo dell’interrogatorio era quello di ottenere una sua falsa confessione, ammettendo di essere un mercenario americano.

Trasferito a Kinshasa, durante le sei settimane di detenzione, Lewis è stato interrogato dai membri dell’ANR tutti i giorni, per circa 16 ore al giorno. Gli interrogatori erano programmati per interrompere i tempi del sonno. Lewis riceveva un pasto ogni 24 ore. Era alimentato a intervalli irregolari e imprevedibili. Il cibo era molto limitato e insufficiente. In questo modo, gli agenti dell’ANR gli hanno fatto soffrire la fame per renderlo più debole per gli interrogatori. Nonostante ogni giorno chiedesse il necessario per la pulizia personale, come il sapone, gli è sempre stato negato.

Nonostante tutti i giorni chiedesse di contattare il suo datore di lavoro, la sua famiglia, un avvocato, per due settimane gli è stato negato ogni contatto con il mondo esterno. Alla fine, i funzionari dell’Ambasciata degli Stati Uniti sono stati autorizzati a rendergli una visita, ma sotto controllo.

Nella sua cella, c’era sempre un agente dell’ANR, con la missione di strappargli una falsa confessione e di riuscire a fargli ammettere di essere un mercenario americano.

Durante il tempo della sua detenzione, l’ANR ha ricevuto informazioni circa la morte di suo fratello e la malattia di sua madre e le ha utilizzate per aggravare la sua situazione di stress psicologico, al fine di forzare una falsa ammissione di colpevolezza da parte sua.

Nel corso di una conferenza stampa il 4 maggio 2016, il ministro Tambwe ha accusato Lewis di essere un mercenario inviato per assassinare il presidente Kabila. Come prova, ha mostrato una foto di Darryl Lewis con una mitragliatrice in mano. Vari anni fa, Lewis era un militare degli Stati Uniti e, a quel che pare, la foto risale a quel periodo ed è stata scaricata da un suo account Internet.

Il ministro Tambwe ha affermato che, da ottobre 2015, nella RDCongo erano entrati circa 600 cittadini statunitensi, la maggior parte uomini ed ex militari, tra cui Lewis. Il ministro Tambwe ha falsamente insinuato che queste persone, tra cui Lewis, dovevano attuare un supposto complotto orchestrato da Moïse Katumbi per destabilizzare la RDCongo. Ha aggiunto che altri ex combattenti statunitensi avevano lavorato in residenze di proprietà di Katumbi, “per ragioni che l’inchiesta permetterà di chiarire”. Per “chiarire” questa falsa versione di ex militari statunitensi infiltrati nella RDCongo, come mercenari assunti per rovesciare il governo, il ministro Tambwe ha collaborato con il capo dell’ANR, Kalev, per la detenzione e la tortura di Lewis, in vista di strappargli una falsa confessione. È per questo che Lewis è stato detenuto per sei settimane da Kalev Mutond, al fine di avallare la “inchiesta” intrapresa dal ministro Tambwe per “chiarire” delle bugie. Dopo grandi sforzi diplomatici e in seguito a lunghe negoziazioni, Lewis è stato finalmente rimesso in libertà l’8 giugno 2016.[18]

 

c. Tentativo di ritorno in patria

Il 31 luglio, Moïse Katumbi non ha potuto partecipare alla manifestazione indetta dall’opposizione, benché avesse previsto il suo arrivo a Kinshasa nella prima mattinata di quello stesso giorno, con un jet privato. In un comunicato stampa diffuso nel pomeriggio, egli ha affermato che il governo gli aveva negato l’accesso al territorio congolese. Una versione categoricamente smentita dal governo congolese, secondo cui le autorità competenti no hanno concesso all’aereo di Moïse Katumbi l’autorizzazione di sorvolo e di atterraggio in territorio congolese per ragioni tecniche e non politiche. «Il regime ha impedito il mio ritorno, non avendo concesso al mio aereo l’autorizzazione di sorvolo e di atterraggio in territorio nazionale. Denuncio ancora una volta l’illegalità di questo nuovo impedimento, che ben riflette lo stato delle libertà nel nostro paese», ha dichiarato Moïse Katumbi nel suo comunicato stampa. “Menzogne!”, ha immediatamente risposto il portavoce del governo congolese, Lambert Mende. «Nessuno ha bloccato il suo aereo», ha egli detto alla stampa, aggiungendo che la giustizia congolese lo sta cercando e che, dunque, il governo non ha alcun motivo per impedirgli ritornare in patria. In quel giorno, ha detto il ministro, Moïse Katumbi sarà “messo a disposizione” della giustizia. Nello stesso giorno, in un comunicato, il ministro congolese dei Trasporti, Justin Kalumba, ha fatto una precisazione: non è il governo che ha interdetto il ritorno di Katumbi, ma è piuttosto l’autorità dell’aviazione civile, che non ha potuto concedere l’autorizzazione di sorvolo e di atterraggio al suo aereo, per non avere ottenuto dall’interessato alcuni “elementi amministrativi” complementari che essa gli aveva chiesto di fornire.[19]

Nel suo comunicato stampa, Moïse Katumbi ha reso omaggio al popolo congolese per la sua eccezionale partecipazione, il 31 luglio, alla manifestazione del “Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento”, per chiedere il rispetto della Costituzione, esigere la prima alternanza democratica nella storia del paese e dire no agli eccessi totalitari dell’attuale potere. Egli ha ricordato i tre messaggi del discorso che Etienne Tshisekedi ha pronunciato nel corso della manifestazione:

– il preavviso di tre mesi dato al Presidente Kabila (19 settembre – 19 dicembre 2016);

– il dialogo politico in conformità con la risoluzione 2277;

– l’appello al popolo congolese, unico detentore del potere, a prendere in carico.

Infine, egli ha deplorato l’accanimento politico e giudiziario del potere nei suoi confronti: «Il potere minaccia di arrestarmi per un crimine che non ho commesso e per il quale sono stato condannato da una giustizia strumentalizzata». Egli ha aggiunto che, «invece d’indebolirlo, queste basse manovre del regime lo rafforzano nella sua lotta pacifica per l’instaurazione di uno Stato di diritto nella RDCongo». Inoltre, Moïse Katumbi ha sottolineato che «la storica mobilitazione del 31 luglio 2016 fa mantenere la speranza di vedere presto una Repubblica Democratica del Congo migliore, più giusta e più democratica».[20]

Da quando ha lasciato il PPRD (il partito del presidente Joseph Kabila) nel settembre 2015, passato dalla maggioranza all’opposizione e dichiaratosi egli stesso candidato per le prossime presidenziali, Moïse Katumbi è diventato l’uomo da abbattere. Perseguito dalla giustizia, è stato dapprima accusato di reclutamento di mercenari e poi condannato a tre anni di prigione per un oscuro affare immobiliare. Nonostante tutto, gli è stato permesso di lasciare il Congo per cure mediche all’estero, dopo un misterioso “tentativo di avvelenamento”. Un esilio medico che ha il duplice vantaggio di evitare a Katumbi il carcere e di permettere al potere di sbarazzarsi di un avversario politico.

Per non compromettere il suo progetto politico, questo esilio forzato non dovrebbe prolungarsi più di tanto. Lontano dalla sua terra, il candidato presidenziale rischierebbe di marginalizzarsi dalla scena politica congolese. È per questo che si era promesso di ritornare in patria in occasione del ritorno di Etienne Tshisekedi e della grande manifestazione che ne sarebbe conseguita. Con un rischio: quello di finire dietro le sbarre della prigione di Makala. Il ministro congolese della Giustizia, Alexis Thambwe Mwamba, aveva infatti confermato che l’ex governatore sarebbe stato immediatamente arrestato al suo arrivo, affinché sconti la sua pena. L’impossibilità di tornare a Kinshasa il 31 luglio sembra aver evitato tale rischio.

Come quando le autorità congolesi hanno permesso a Moïse Katumbi di uscire dal territorio congolese per “cure mediche” all’estero, quando era stato accusato di “alto tradimento” nel cosiddetto caso di “reclutamento di mercenari”, così ora, il rifiuto di concedere la “autorizzazione di atterraggio” accontenta tutti. Per Moïse Katumbi, questo rifiuto gli permette di non essere accusato di avere paura di ritornare nella RDCongo, con il rischio di finire in carcere. Per quanto riguarda il potere a Kinshasa, esso continua a mantenere lontano un concorrente politico imbarazzante.[21]

[1] Texte complet du rapport: http://congoresearchgroup.org/wp-content/uploads/2016/08/GEC-Elections-RDC.pdf

[2] Cf Radio Okapi, 22.07.’16

[3] Cf Lucien Kazadi T. – La Tempête des Tropiques – Kinshasa, 02.08.’16 ; AFP – Africa News, 01.08.’16;

AFP – Voix de l’Amérique, 31.07.’16; Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 28.07.’16

[4] Cf Radio Okapi, 05.08.’16

[5] Cf Radio Okapi, 05.08.’16

[6] Texte complet de la déclaration: http://www.jeuneafrique.com/348087/politique/rd-congo-katumbi-denonce-plan-anticonstitutionnel-camp-kabila/

[7] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 11.08.’16

[8] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 12.08.’16

[9] Cf Radio Okapi, 12.08.’16

[10] Cf RFI, 14.08.’16

[11] Cf Le Potentiel – 7sur7.cd –  Kinshasa, 15.08.’16

[12] Cf RFI, 25.07.’16

[13] Cf RFI, 25.07.’16

[14] Cf Le Phare – Kinshasa, 27.07.’16

[15] Cf Jeune Afrique, 27.07.’16  http://www.jeuneafrique.com/344986/politique/rd-congo-juge-de-lubumbashi-affirme-subi-pressions-faire-condamner-katumbi/ et Lettre de la présidente du Tribunal de paix de Lubumbashi

RFI, 28.07.’16

[16] Cf BBC – Afrique, 03.08.’16; Radio Okapi, 04.08.’16

[17] Cf Radio Okapi, 04.08.’16

[18] Cf Pierre Boisselet – Jeune Afrique, 02.08.’16  http://www.jeuneafrique.com/346286/politique/kalev-mutond-alexis-thambwe-mwamba-poursuivis-torture-aux-etats-unis/

http://www.congoforum.be/upldocs/319983694-Lewis-Complaint-Version-en-francais-docx.pdf

[19] Cf RFI, 03.08.’16

[20] Cf Eric Wemba – Le Phare – Kinshasa, 02.08.’16;

Texte complet du communiqué: Politico.cd, 31.07.’16  http://www.politico.cd/actualite/la-une/2016/07/31/moise-katumbi-le-regime-a-refuse-de-donner-a-mon-avion-lautorisation-de-survol-et-datterrissage.html

[21] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 02.08.’16