Congo Attualità n. 266

INDICE

EDITORIALE: CIÒ CHE STA SOTTO I SÌ E I NO AL DIALOGO POLITICO NAZIONALE

  1. IL DIALOGO POLITICO NAZIONALE
    1. L’UA designa un emissario per condurre delle consultazioni
    2. I comunicati della Dinamica dell’Opposizione, del G7 e del Fronte Cittadino 2016
    3. “Il dialogo” o “la tripartita”: i detti e i non detti di un discorso politico
    4. Una lettera di Étienne Tshisekedi, presidente dell’UDPS, alla Presidente dell’UA
    5. Un periodo di transizione per uscire dalla crisi?
  2. “IL DIALOGO” O “LA TRIPARTITA”: I DETTI E I NON DETTI DI UN DISCORSO POLITICO
  3. È DAVVERO POSSIBILE UN MATRIMONIO KABILA / TSHISEKEDI?
  4. 19 GENNAIO: COMMEMORAZIONE DEI «MARTIRI DELLA DEMOCRAZIA»

EDITORIALE: CIÒ CHE STA SOTTO I SÌ E I NO AL DIALOGO POLITICO NAZIONALE

 

 

1. IL DIALOGO POLITICO NAZIONALE

a. L’UA designa un emissario per condurre delle consultazioni

Il 16 gennaio, la presidente della Commissione dell’Unione Africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, ha chiesto a Edem Kojo, ex primo ministro del Togo e membro del gruppo dei saggi dell’UA di recarsi urgentemente a Kinshasa, per «condurre le consultazioni necessarie per avviare il dialogo». Secondo un comunicato dell’Unione Africana, «la presidentessa della Commissione sostiene fortemente questa iniziativa come unico modo per sormontare le numerose sfide cui il Paese deve far fronte e per consolidare l’unità e la coesione nazionale. Ella spera che questo dialogo sia inclusivo e che si svolga in un clima di pace, di comprensione e di armonia nazionale». Nkosazana Dlamini-Zuma invita i partiti politici della maggioranza e dell’opposizione e la società civile a partecipare al dialogo per trovare un consenso sul consolidamento del processo elettorale democratico.[1]

Prima dell’Unione Africana, anche le Nazioni Unite avevano inviato a Kinshasa, all’inizio di dicembre, il diplomatico algerino Saïd Djinnit per lo stesso motivo: “Consultare il governo e le altre parti interessate per discutere sulla possibilità di organizzare il dialogo“. Ma non c’è stata alcuna decisione concreta: Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, non ha designato alcun facilitatore. «È per cercare di rilanciare il processo di dialogo che Kinshasa ha scritto all’UA ed essa ha risposto», si dice negli ambienti prossimi al Capo dello Stato. Ma non è sicuro che Edem Kodjo riesca laddove Saïd Djinnit sembra aver fallito.[2]

Diverse sono le reazioni registrate in seno alla classe politica congolese dopo la designazione di Edem Kodjo per condurre le consultazioni necessarie per avviare il dialogo. La Maggioranza Presidenziale (MP) accoglie con favore questa nomina, mentre l’opposizione è divisa.

«Personalmente, sono lieto che l’Unione Africana abbia preso questa iniziativa, naturalmente di concerto con le Nazioni Unite, tanto più che la persona designata conosce l’Africa nel suo insieme», ha dichiarato il portavoce della Maggioranza presidenziale, André-Alain Atundu Liongo.

Stessa cosa da parte dell’opposizione detta “nazionalista” che sostiene il dialogo e si dice favorevole alla venuta di Edem Kodjo. Steve Mbikayi, uno dei responsabili di questa piattaforma, rammarica tuttavia il fatto che debba essere uno straniero a riunire i Congolesi, quando essi stessi potrebbero superare le loro divergenze mettendosi insieme per il dialogo.

Tuttavia, l’altra parte dell’opposizione contraria al dialogo convocato da Joseph Kabila sostiene il contrario. Il deputato Martin Fayulu, della Dinamica dell’Opposizione e Presidente dell’Ecide, dichiara che Edem Kodjo non è il benvenuto tra l’opposizione congolese: «Non aspettiamo alcun facilitatore, né dalle Nazioni Unite né dall’Unione Africana. Noi non abbiamo chiesto alcun dialogo. Ciò che chiediamo è il rispetto della costituzione […] Noi non accettiamo Edem Kodjo e noi non lo incontreremo». Dopo aver ricordato che «nel passato (già nel 2012), l’opposizione aveva chiesto a Kabila un dialogo, per risolvere la crisi di legittimità creata dal caos elettorale del 2011» e che «Kabila aveva rifiutato», egli ha affermato che non è più il dialogo che interessa oggi ai Congolesi, ma le elezioni nel 2016.

Altri membri dell’opposizione contrari al dialogo non sembrano aver cambiato idea. «Per noi, il problema non è quello della presenza o meno di un facilitatore, ma quello del rispetto della Costituzione», spiega Christophe Lutundula, deputato e membro del G7. «Il comunicato dell’UA sul dialogo auspicato dal presidente Kabila non rispecchia la reale situazione politica della Repubblica Democratica del Congo. Riteniamo che Nkosazana Dlamini-Zuma rappresenti un sostanziale appoggio all’iniziativa di Kabila che cerca solo di rimanere al potere a tutti i costi», aggiunge sospettando la presidente dell’Unione Africana di essere «male informata o non sufficientemente a conoscenza dei problemi della RDCongo».[3]

Il governo congolese afferma di prendere atto della designazione, da parte dell’Unione Africana (UA), dell’ex primo ministro togolese Edem Kodjo, per condurre le consultazioni sul dialogo nazionale annunciato dal Capo dello Stato. Il suo portavoce, Lambert Mende, ha dichiarato che «il problema della facilitazione non è un problema della Maggioranza presidenziale, ma è piuttosto un problema posto dall’opposizione che esige una facilitazione, una mediazione o co-mediazione estera. Noi della maggioranza presidenziale vogliamo semplicemente che i Congolesi possano incontrarsi attorno a un tavolo per parlare del loro Paese». Secondo una fonte prossima alla presidenza della Repubblica, «questa co-facilitazione internazionale non interverrà che in caso di stallo, poiché il dialogo sarà tra Congolesi e co-moderato dalla maggioranza e dall’opposizione». Tuttavia, la nomina di un facilitatore internazionale è la condizione posta dall’UDPS, il principale partito di opposizione, per potere partecipare al dialogo.[4]

b. I comunicati della Dinamica dell’Opposizione, del G7 e del Fronte Cittadino 2016

Il 18 gennaio, in una dichiarazione congiunta, la Dinamica dell’Opposizione e il G7 hanno annunciato di non approvare la nomina di Edem Kodjo, da parte dell’Unione Africana, per condurre a delle consultazioni in vista del dialogo politico nella RDCongo.

«La Dinamica dell’Opposizione e il G7 rilevano che la dichiarazione della presidente della Commissione dell’Unione Africana, Nkosazana Dlamini-Zuma, non corrisponde alla realtà della situazione politica della Repubblica Democratica del Congo e non riflette le aspirazioni democratiche del popolo congolese. La dichiarazione in questione dimostra, inoltre, che la Commissione dell’Unione Africana o è male informata o insufficientemente informata su ciò che sta accadendo nella RDCongo.

La Dinamica dell’Opposizione e il G7 ricordano alla Comunità internazionale in generale e all’UA in particolare che l’attuale crisi della Repubblica Democratica del Congo è una crisi artificiale volutamente creata dal presidente Joseph Kabila e dalla sua famiglia politica, la Maggioranza Presidenziale, per potere rimanere al potere, in violazione della Costituzione della Repubblica.

Per raggiungere questo obiettivo di conservazione del potere con la forza, il presidente Kabila e i suoi sostenitori hanno implementato una strategia di:

– blocco del processo elettorale;

– restrizione delle libertà fondamentali;

– violazione dei diritti umani;

– repressione di qualsiasi contestazione, anche pacifica, della loro politica di gestione del paese.

Tutto ciò conferma che si sta installando una governance totalitaria.

La Dinamica dell’Opposizione e il G7 deplorano il fatto che il comunicato stampa della presidente della Commissione dell’Unione Africana non faccia alcun riferimento né alla Costituzione della RDCongo, né alle principali questioni relative alla democrazia, le elezioni e lo Stato di diritto, riconosciute tuttavia come valori assoluti nei testi fondamentali dell’Unione Africana, in particolare nel suo Atto Costitutivo, la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli e quella della democrazia, delle elezioni e della governance. Allo stesso modo, sono stupito che il comunicato stampa ignori le risoluzioni 2098 e 2211 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla RDCongo.

Secondo la Dinamica dell’Opposizione e il G7, la posizione della presidente della Commissione Africana espressa nel comunicato stampa non può facilitare né una rapida ripresa del processo elettorale, né il consolidamento della democrazia nella RDCongo. Contribuirà invece ad esacerbare la tensione politica e ad allontanare qualsiasi prospettiva di organizzazione delle elezioni, in particolare di quelle presidenziali e legislative, che il popolo congolese auspica che si svolgano entro i tempi previsti dalla Costituzione.

La posizione della presidente della Commissione dell’Unione Africana appare come un inaccettabile avvallo del tentativo del Presidente Kabila e della sua maggioranza, di mettere in discussione il quadro politico e istituzionale democratico concordato da tutte le forze vive della Nazione Congolese in occasione del dialogo inter-congolese di Sun City, in Sud Africa.

La Dinamica dell’Opposizione e il G7 ricordano e riaffermano che la crisi attuale è artificiale.

Essa è l’espressione della volontà del Presidente Kabila di uccidere la democrazia in Congo, creando un nuovo ordine politico e una nuova Costituzione che gli garantiscano una presidenza a vita, ciò che il popolo congolese non può né accettare, né tollerare.

Secondo la Dinamica dell’Opposizione e il G7, ogni soluzione all’attuale impasse, intenzionalmente creato, può essere raggiunta solo attraverso:

– il rispetto della Costituzione della Repubblica;

– l’organizzazione di elezioni libere, pluraliste, trasparenti e credibili entro la scadenza costituzionale; – l’alternanza democratica in conformità con la Costituzione.

Da tutto quanto sopra esposto, la Dinamica dell’Opposizione e il G7 confermano il loro categorico rifiuto nei confronti del dialogo convocato dal presidente Joseph Kabila, perché inadeguato e inopportuno. Pertanto, non possono nemmeno accettare l’offerta di facilitazione proposta dalla Presidente della Commissione dell’Unione africana a proposito di tale dialogo».[5]

Il 18 gennaio, in un altro comunicato, anche il Fronte Cittadino 2016 respinge la missione dell’inviato dell’UA. Secondo questa piattaforma di partiti dell’opposizione,

«la dichiarazione della presidente dell’Unione Africana non fa alcun riferimento né ad un processo elettorale deliberatamente bloccato attraverso vari stratagemmi orchestrati dall’attuale potere, né alla necessità di organizzare le elezioni del prossimo presidente nel rigoroso rispetto delle scadenze elettorali sancite dalla Costituzione.

Il Fronte cittadino 2016 ricorda all’Unione Africana che il popolo congolese auspica una rapida ripresa del processo elettorale per garantire un’alternanza democratica ai vertici dello Stato mediante l’organizzazione delle elezioni presidenziali nel rigoroso rispetto delle scadenze elettorali previste dalla Costituzione.

I cittadini congolesi hanno chiaramente dimostrato, anche a costo della loro vita, com’è successo il 19, 20 e 21 gennaio 2015, la loro tenace opposizione a qualsiasi azione che possa prolungare il mandato dell’attuale Presidente oltre il termine costituzionale. Perciò, ancora una volta, il Fronte cittadino 2016 dice con voce chiara e forte: no ad un terzo mandato presidenziale, no al rinvio delle elezioni, no alla violazione della Costituzione, no alla revisione o alla modificazione della Costituzione e no al referendum.

Il Fronte cittadino 2016 precisa che l’unità, la pace, la stabilità e lo sviluppo nella Repubblica Democratica del Congo dipendono dal rispetto dei principi democratici, fra cui quello dell’alternanza democratica, e non dall’organizzazione di un dialogo, il cui principale obiettivo è quello di rovesciare il regime costituzionale in vigore, al fine di mantenere al potere l’attuale Presidente, violando il suo stesso giuramento.

Il Fronte cittadino 2016 afferma che al mancato rispetto della legge e alla violenza, i cittadini congolesi opporranno la resistenza pacifica perché, per quanto riguarda le elezioni del prossimo presidente, non transigeranno sul rispetto della Costituzione».[6]

Il 19 gennaio, l’inviato della presidente della Commissione dell’UA, Edem Kodjo, è arrivato a Kinshasa, dove ha incontrato il Presidente della Repubblica, la Commissione elettorale e dei rappresentanti delle Istituzioni, dei partiti politici e della Società civile.[7]

c. Una lettera di Étienne Tshisekedi, presidente dell’UDPS, alla Presidente dell’UA

Il 28 gennaio, in una lettera indirizzata a Nkosazana Dlamini-Zuma, Presidente della Commissione dell’Unione africana, Etienne Tshisekedi, presidente dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), ha affermato che non parteciperà al dialogo politico come convocato dal presidente Joseph Kabila. Il principale partito di opposizione non riconosce al presidente Kabila il potere di convocare tale dialogo, perché lui stesso è “parte del problema“. Nella sua lettera, Etienne Tshisekedi ricorda, inoltre, i punti menzionati nella sua “tabella di marcia per uscire dalla crisi“, pubblicata a metà febbraio 2015. Secondo lui, il dialogo politico nazionale deve svolgersi “sotto l’egida della comunità internazionale” e con la partecipazione di un “moderatore neutrale e imparziale che tutte le parti possano accettare”. Secondo la nota di Tshisekedi inviata alla Presidente dell’UA, il dialogo auspicato dall’UDPS è quello che, sotto la mediazione internazionale, garantirà il rispetto della Costituzione e le scadenze elettorali da essa prescritte, la risoluzione del contenzioso elettorale del 2011, la ristrutturazione della Commissione elettorale, l’organizzazione di un processo elettorale credibile e pacifico e l’alternanza democratica ai vertici dello Stato attraverso un passaggio pacifico del potere.[8]

Il mese di gennaio si è concluso senza che si sia registrato un significativo passo avanti nella organizzazione del dialogo politico nazionale, voluto inclusivo dal suo iniziatore, il Capo dello Stato Joseph Kabila. A quanto pare, l’equazione del dialogo sembra quasi insolubile. Dal momento che il comitato preparatorio non è ancora stato istituito, la convocazione vera e propria di questo forum sembra ancora lontana. A livello internazionale, la nomina da parte dell’Unione Africana di un facilitatore del dialogo nella persona di Edem Kodjo non ha affatto risolto il problema. Dopo tre giorni di consultazioni a Kinshasa, l’inviato dell’UA è ripartito da Kinshasa in punta di piedi, lasciando il treno del dialogo ancora fermo in stazione, senza potere assicurarne la partenza. Anche se non si è ancora arrivati ad una situazione di stallo totale, tuttavia si deve riconoscere che la strada del dialogo sta diventando fangosa e difficilmente transitabile.[9]

d. Un periodo di transizione per uscire dalla crisi?

Il 19 gennaio, il presidente e portavoce della “Nuova classe politica e sociale / opposizione nazionalista”, una piattaforma dell’opposizione favorevole al dialogo politico, Steve Mbikayi, ha affermato che il temuto rinvio delle elezioni è ormai quasi inevitabile e che occorre quindi cercare una soluzione palliativa. Egli propone pertanto di ricorrere al dialogo politico nazionale per trovare un consenso su un periodo di transizione, durante il quale Joseph Kabila continuerebbe ad essere il Presidente della Repubblica e Primo Ministro del governo sarebbe un membro dell’opposizione. Il Governo di transizione avrebbe il compito di preparare e organizzare un ciclo elettorale completo, cominciando dalle elezioni locali fino alle presidenziali, procedendo dapprima al censimento della popolazione e al rilascio della carta d’identità ad ogni cittadino congolese ovunque si trovi, in patria o all’estero. Gli animatori delle istituzioni della transizione non sarebbero autorizzati a presentarsi come candidati nelle prossime elezioni. Secondo Steve Mbikayi, «la ristrutturazione del Comitato centrale della Commissione elettorale, dell’amministrazione territoriale, delle istituzioni che hanno oltrepassato il limite del loro mandato (deputati provinciali, governatori delle province e senatori), la formazione di un governo di transizione guidato dall’opposizione dovrebbero essere alcuni dei punti degli accordi politici del Dialogo». Infine, il portavoce dell’Opposizione nazionalista non esclude la possibilità di presentarsi come candidato alla guida del governo di transizione.[10]

2. “IL DIALOGO” O “LA TRIPARTITA”: I DETTI E I NON DETTI DI UN DISCORSO POLITICO

Alcune riflessioni di Thierry Nlandu Mayamba, Professore Ordinario della Facoltà di Lettere – Università di Kinshasa, Consulente in sviluppo organizzativo:

Perché tanto polverone su un dialogo che dovrebbe far parte del normale funzionamento di uno Stato che vuole essere democratico?

Da un lato, tutti questi discorsi che invitano al dialogo nascondono una grande bugia e non sono che una farsa da includere nella serie degli stratagemmi che hanno come unico obiettivo il rinvio delle elezioni e il mancato rispetto delle scadenze costituzionali. Dall’altro, ci sono quelli che non vogliono partecipare a un dialogo dalle caratteristiche troppo oscure. Per questi ultimi, si tratterrebbe di accompagnare quelli che sono al potere verso un loro suicidio collettivo che permetterebbe loro di ottenere il potere, senza dover negoziare con dei dirigenti più che mai rifiutati da un popolo che soffre e che non ne può più. Chi sono questi politici “pro-dialogo”, “contro-dialogo” e “pro-tripartita”? Cosa vogliono? Perché si comportano in questo modo? Quali sono le loro reali motivazioni?

* Perché una “tripartita” e non un “dialogo”: il punto di vista della “Dinamica dell’opposizione” Quelli che sono favorevoli alla convocazione della “tripartita” appartengono alle istituzioni politiche esistenti. Sono quelli che appartengono alla “opposizione istituzionale”. Si trovano in Senato, all’Assemblea Nazionale, nella Commissione elettorale. Gli ultimi a entrare in questo campo sono i politici del G7, ex membri della maggioranza presidenziale.

La logica dei “pro-tripartita” è semplice:

– Siamo in una democrazia,

– Il paese ha delle istituzioni democratiche-

– È nell’ambito delle istituzioni che si risolvono i problemi.

– Se quelli che detengono il potere sono incapaci di risolvere i problemi attuali devono dimettersi!

– Non è quindi necessario creare una struttura informale per affrontare questi problemi

– La Commissione elettorale è un organo istituzionale che deve gestire le questioni elettorali

– Il “dialogo” è uno tra i tanti stratagemmi del regime per conservare il potere – Conclusione: no al dialogo e al rinvio delle elezioni. Sì alla convocazione della Tripartita Maggioranza – Opposizione – Commissione elettorale e al rispetto delle scadenze costituzionali.

* Perché dei negoziati: il punto di vista del “G7”

– No al dialogo,

– Sì a dei negoziati,

– Rispetto delle scadenze costituzionali: No al rinvio delle elezioni,

– Garantire la continuità delle attuali istituzioni,

– Continuare l’opera di progresso iniziata: rimanere fedeli al sistema capitalista neoliberale,

– Proporre un nuovo delfino del sistema che possa offrire panem et circenses al popolo che continuerà ad essere espropriato della sua terra,

– Mettere in sicurezza il dopo Kabila, evitando il caos alla Mobutu, al fine di proteggere i beni accumulati, insieme con quelli della maggioranza presidenziale e attraverso una democrazia di facciata.

* Perché un “dialogo” e non una “tripartita”: il punto di vista dell’UDPS e alleati Nel loro approccio, l’UDPS e alleati rimangono fedeli alla loro logica. Non riconoscono la legittimità delle istituzioni attuali né, di conseguenza, la loro capacità di risolvere i problemi attuali.

Da questa premessa segue la seguente logica:

– Sì a dei negoziati,

– Essendo l’attuale quadro istituzionale illegittimo, occorre un nuovo quadro di negoziati,

– L’ambito dei prossimi negoziati è il “dialogo”,

– Il “dialogo” è un ambito legittimato dalla comunità internazionale e dalle Nazioni Unite: accordo quadro di “Addis Abeba”,

– Necessità di una transizione con nuovi leader,

– Necessità di un nuovo quadro politico senza rimettere in causa la costituzione,

– Necessità di ristrutturare la Commissione elettorale, affinché sia veramente indipendente,

– Dialogo e transizione nel rispetto delle scadenze costituzionali.

* Perché un “dialogo” e non una “tripartita”: il punto di vista della maggioranza presidenziale

– Il dialogo è l’unica via d’uscita dalla crisi attuale,

– Il dialogo è un gioco a nascondino fondato sull’astuzia e sul doppio linguaggio,

– Il dialogo è una nuova strategia di cui i politici della maggioranza vogliono rimanere gli unici padroni per non essere spennati,

– Il dialogo è un’occasione d’oro per negoziare delle elezioni al di là delle scadenze costituzionali, a colpi di mazzette, compromessi e promesse di condivisione del potere,

– Il dialogo è l’ambito ideale per farsi concessioni incostituzionale reciproche, al fine di prolungare il mandato presidenziale,

– Il dialogo offre la possibilità di fare a meno delle istituzioni esistenti, per rinforzarsi al potere con l’appoggio dell’UDPS, di cui si conosce la fragilità, se non l’ingenuità, in occasione degli importanti negoziati,

– Il dialogo è l’occasione per negoziare il dopo potere, attraverso delle immunità parlamentari cui si aggiungerebbero delle immunità di ordine penale,

– L’obiettivo del dialogo è, senza dubbio, quello di evitare una fine tragica come quella dei Mobutisi. Le terre d’esilio non offrono più le stesse garanzie di ieri, ma occorre salvaguardare le ricchezze accumulate durante gli anni in cui si sono gestiti, malamente, i beni di tutti.

* Perché un “dialogo” o dei “negoziati”: il punto di vista della società civile

La posizione della società civile oscilla tra i “pro-tripartita” e i “pro-dialogo”. Pur nella loro diversità, i membri della società civile sembrano tutti d’accordo per dei negoziati, a prescindere dal nome che i politici vorranno dare a questo incontro. Per la società civile e certe confessioni religiose, i prossimi negoziati sono un’opportunità. Le motivazioni degli uni e degli altri oscillano tra degli interessi egoisti e il desiderio di un domani migliore per il popolo sofferente del Congo. In effetti, la società civile congolese vuole partecipare ai prossimi negoziati perché sono:

– La via d’uscita per una transizione pacifica del governo,

– L’opportunità di dire un deciso “no” al rinvio delle elezioni e di esigere il pieno rispetto della Costituzione – Il momento per rilanciare l’organizzazione delle prossime elezioni e per approfittare dei succosi finanziamenti di programmi di educazione civica ed elettorale,

– Un’occasione per posizionarsi nella condivisione del potere,

– Un’occasione per occupare nuovi posti all’interno di una Commissione elettorale ristrutturata.

Cosa c’è dietro tutti questi discorsi?

Essi lasciano goffamente trapelare:

– L’evidente mancanza di volontà politica,

– Il disperato tentativo di conservare il potere,

– L’esasperata lotta per accedere al potere,

– L’ostinazione per mantenere in piedi un odioso sistema di sfruttamento, creando l’illusione di un cambiamento attraverso un semplice cambio di persone,

– Il mantenimento di una democrazia di facciata che ha provocato incubi funesti invece di sogni costruttivi.

Tutti questi discorsi nascondono le paure individuali e collettive:

– Paura del dopo il potere: cosa ne sarà di me e della mia famiglia? Cosa succederà a tutti quelli che mi hanno sostenuto, se non avranno le stesse garanzie di sopravvivenza che ho io?

– Paura di perdere il potere e i beni accumulati illegalmente, a spese di un popolo continuamente sfruttato: cosa ne sarà di tutte quelle ricchezze accumulate in banche delle isole del Pacifico, del Nepal o di qualsiasi altro Paradiso fiscale quando non sarò più al potere?

– Paura di perdere le immunità parlamentari, quando le famiglie delle tante vittime di ieri (Floribert Chebeya, Bazana, Franck Ngykie e sua moglie, i giornalisti Bapua Muamba, Serge Maheshe e Didace Namujimbo, i due vescovi cattolici di Bukavu Munzihirwa e Kataliko, gli ufficiali dell’esercito congolese Mbuza Mabe, Mamadou Ndala e Bahuma, …) intraprenderanno azioni legali affinché giustizia sia fatta.

– Paura dell’esilio in terre diventate ormai globali, in cui gli autori di violazioni dei diritti umani e di delitti economici sono ora considerate “persone ricercate” e perseguite dalla giustizia internazionale.

Tutti questi discorsi nascondono la lotta per mantenersi al potere:

– Come i tre moschettieri, “tutti per uno; uno per tutti”; “insieme abbiamo preso il potere, insieme moriremo!” – Le strategie adottate per condurre a buon termine questa battaglia sono molteplici: i vari tentativi di revisione della Costituzionale e della legge elettorale, la proposta di introdurre il censimento generale della popolazione come prerequisito per l’organizzazione delle future elezioni, l’elaborazione di un calendario elettorale globale caotico, il machiavellico progetto di rinvio delle elezioni e di prolungamento del mandato presidenziale, le tardive dimissioni del Presidente della Commissione elettorale e la disarticolazione politica e amministrativa della Commissione stessa, l’infinito dibattito sul “dialogo politico nazionale”, il ricorso alle forze dell’ordine per reprimere, nel sangue, un popolo che scende in strada pacificamente per rivendicare il rispetto della costituzione, etc. – I duri del potere fanno progressivamente “ritorno” alla filosofia dell’AFDL: “con le armi abbiamo preso quel potere e con le armi lo manterremo”.

Tutti questi discorsi nascondono la lotta per la conquista del potere:

– Come al tempo di Mobutu, il motto resta: “Fuori tu da qui che mi ci metto io”,

– Si pensa che si debba cambiare l’autista e nessuno dice nulla sulla vecchia auto, il sistema capitalista neoliberale che i nuovi leader erediteranno,

– Chi vuole accedere al potere per portare un cambiamento nella governance si scontra con chi vuole andare al potere per garantire lo statu quo del sistema,

– L’opportunismo di una mediazione internazionale che, per gli uni e per gli altri, rimane sempre il soggetto che ridistribuisce l’accesso al potere e alla ricchezza.

Il dato di una certa comunità internazionale

Per quanto riguarda la RDCongo, la comunità internazionale è preoccupata per il pericolo che rappresenta, per i propri interessi, la caparbietà di un Capo di Stato che essa stessa ha portato al potere con elezioni cosiddette democratiche e trasparenti, ma ogni volta non conformi alla verità delle urne.

La comunità internazionale trema pensando a ciò che potrebbe succedere nella RDCongo nel caso in cui l’attuale Presidente rifiutasse di lasciare il potere in modo pacifico. Ormai non agisce più con diplomazia e alza il tono: “è necessario rispettare la Costituzione; le prossime elezioni devono essere organizzate entro i tempi previsti dalla Costituzione; ecc “. Ovviamente, la comunità internazionale non è disposta a tollerare una rivolta interna di cui non riuscirebbe a controllare le conseguenze. Oggi più che mai, ha paura degli imprevisti e, soprattutto, di una leadership che potrebbe emergere da una rivoluzione popolare dalle caratteristiche imprevedibili.

Secondo la Comunità internazionale è quindi necessario spingere i Congolesi a intraprendere la via dei negoziati, “per il loro bene e per la pace nella regione”; ma soprattutto per:

– Mantenere il capitalismo neoliberale nella RDCongo e avere il controllo sulla gestione di questo paese pieno di risorse naturali indispensabili alle economie d’oltremare,

– Cambiare gli “autisti” e mantenere la “vecchia auto”. Occorre, attraverso elezioni sotto controllo, trovare quel politico congolese che, come ieri, possa garantire al popolo panem et circenses, mentre le ricchezze del Paese continuano ad essere saccheggiate,

– Negoziare la fine del regime e una transizione pacifica, al fine di preservare gli interessi ottenuti e gli investimenti fatti e di proteggere i vari contratti firmati secondo leggi varate su misura di questi investitori e protetti dalle istituzioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale,

– Gestire il rifiuto di cambiamento ostentato dai vertici di una democrazia di facciata che, ieri creati e appoggiati, oggi rappresentano un pericolo,

– Mantenere l’immagine di una certa comunità internazionale che corre in aiuto dei popoli più poveri,

– Continuare a dare l’immagine di una certa comunità internazionale promotrice di una democrazia fondata su “istituzioni forti” e non su “uomini forti.

Le aspettative del popolo congolese

Il popolo congolese rimane il dato imprevedibile del puzzle. L’unica cosa che si sa su di lui è la sua volontà di far rispettare la costituzione, di cambiare gli attuali leader delle istituzioni, di passare da una democrazia di facciata ad una democrazia basata sulla giustizia e non sull’impunità, sull’onestà e non sulla corruzione, su un’economia che metta l’uomo e la donna al centro delle sue preoccupazioni e non su un’economia inefficace che ricorre a retoriche metafore come “emergenza”, “crescita a due cifre”, “crescita sostenibile”, “rivoluzione della modernità”.

Il popolo non vuole che una cosa: le elezioni nel rispetto delle scadenze previste dalla Costituzione, per assicurare un passaggio pacifico della governante.[11]

3. È DAVVERO POSSIBILE UN MATRIMONIO KABILA / TSHISEKEDI?

Il dialogo è ovviamente un’esigenza sociale e politica: la vita è un dialogo permanente sia nella sfera privata che in quella pubblica. Ma è proprio necessario dialogare con qualcuno le cui idee sono già note e con le quali non si può essere d’accordo perché, per loro natura, rischiano di turbare l’ordine sociale o politico? Al di là delle loro rispettive professioni di fede nelle virtù del dialogo, come mezzo di risoluzione dei conflitti, l’UDPS e il PPRD non sono ancora riusciti – nonostante i loro “pre-negoziati” a Venezia e a Ibiza – a dargli un contenuto.

Perché? Perché le idee finora presentate sul futuro politico del paese dai sostenitori del PPRD e da quelli dell’UDPS, i due maggiori partiti del panorama politico congolese, non convergono affatto. E si può addirittura scommettere che non si incroceranno mai, in quanto sono molto, troppo diverse. Ciò che, d’altra parte, è la causa principale, lo si deve ammettere, del fallimento delle loro trattative segrete … in Italia e in Spagna. Il clima e i futuri dibattiti nel corso dello svolgimento del dialogo, supposto che si riesca ad organizzarlo, potranno far evolvere (positivamente) i diversi punti di vista? Cosa si potrà concedere, da una parte e dall’altra, senza negare se stessi? Che guadagnerebbe ciascun campo?

Un piccolo esercizio di futurologia politica.

Un matrimonio Kabila / Tshisekedi sarebbe sospetto, se non impossibile, a causa di diversi e prevedibili ostacoli e di vecchi antagonismi psicologici non ancora attutiti.

Le prime difficoltà appariranno già nella prima fase – essenziale – del dialogo, quella relativa alla creazione del comitato preparatorio. Non c’è bisogno di essere degli indovini per prevedere la cacofonia che caratterizzerà i suoi lavori che dovranno prefigurare il contenuto e il clima del futuro forum. Quale sarà l’ordine del giorno del dialogo? Otterrà un consenso? Quali categorie di Congolesi potranno partecipare al dialogo? Quale sarà il numero dei partecipanti? Quale sarà il meccanismo di armonizzazione delle differenze? Quale sarà il metodo di decisione? Chi presiederà “realmente” i lavori del dialogo? Questo dialogo sarà un semplice scambio di idee tra cittadini sull’organizzazione “tecnica” delle elezioni o sarà un “conclave costituzionale” chiamato a cambiare l’ordine istituzionale del paese? I lavori del comitato preparatorio saranno certamente tumultuosi. Si dia pure per scontato che questa fase del comitato preparatorio sia superata positivamente. Si entrerebbe nella fase seguente: quella del dialogo vero e proprio. Cosa assicura ai tshisekedisti che la dinamica dell’assemblea plenaria non sfugga dalle loro mani? Cosa garantisce ai tshisekedisti che la “sovranità” dell’assemblea plenaria non dia al dialogo altri obiettivi, diversi da quelli concordati nel comitato preparatorio? In caso di “deviazione”, delegati della UDPS potrebbero, per protesta e in qualsiasi momento, decidere di porre fine alla loro partecipazione al dialogo. E quindi rifiutare le sue risoluzioni. Ma saranno credibili dopo avere legittimato la sua convocazione?

Concessa l’ipotesi che le prime due fasi, quelle del Comitato preparatorio e del dialogo vero e proprio, siano superate con successo, si entrerebbe nella terza fase, quella di un governo di transizione cui l’UDPS potrebbe far parte. Si tratterebbe di una fase storica. Il partito di Etienne Tshisekedi potrebbe finalmente accedere a quel potere che gli era stato rubato nelle elezioni del 2011. Potrebbe riuscire in tale impresa? Non è affatto certo.

Salvo il caso di sue dimissioni, in seguito a una grande rivolta popolare, Joseph Kabila rimarrebbe alla guida del Paese, anche a prezzo di alcune concessioni fatte a Etienne Tshisekedi. Ma quali sarebbero? Kabila non avrà molto da perdere, essendo il suo destino già segnato dalla Costituzione, che sancisce la fine del suo mandato presidenziale per il 19 dicembre. Egli sarà disposto – forzato? – a fare concessioni, a cedere alcune (accessorie) prerogative, pur di preservare l’essenziale: la sua funzione, insieme a tutto ciò che riguarda il controllo reale del Paese e le principali prerogative presidenziali (esercito, polizia, servizi di sicurezza, …), che Joseph Kabila mai accetterà di cedere.

Etienne Tshisekedi, invece, potrebbe rischiare molto in una co-gestione con un eventuale governo di transizione e potrebbe rimetterci le penne. Non riuscendo a recuperare la totalità del suo imperium che gli è stato “rubato” nel 2011, l’UDPS potrebbe accontentarsi del posto di primo ministro e di qualche ministero di “sovranità”. Ma si troverebbe davanti a un grande dilemma.

Se il dialogo non va a incidere sulle istituzioni costituzionali, queste ultime dovranno continuare ad operare secondo la loro configurazione attuale. Allora, come potrà un eventuale Primo Ministro tshisekedista governare con un’Assemblea Nazionale e un Senato dalle maggioranze kabiliste? Con delle province in cui le assemblee provinciali sono state sospese – in violazione della Costituzione – e che sono gestite da “commissari straordinari” nominati dallo stesso Joseph Kabila? Con organismi finanziari guidati dai grandi amici di quest’ultimo? Con una Giustizia sfacciatamente asservita al potere politico, dalla cima alla base, dalla Corte Suprema di Giustizia fino ai Tribunali di pace? Con una polizia ciecamente al servizio di un solo campo politico? Con una Agenzia di intelligence nazionale (ANR), che non ha alcun rispetto per i diritti umani e per le libertà civili e politiche?

In realtà, Etienne Tshisekedi è attualmente diviso tra la sua “religione”, il rispetto cioè per i testi costituzionali e legislativi, e il desiderio di andare al potere, annidato in alcuni membri del suo partito, ormai stanchi di rimanere sempre all’opposizione. Il credo tshisekedista, quello della necessità, per il Paese, di accedere a un vero e proprio Stato di diritto, potrebbe essere sacrificato a favore di certe aspirazioni di alcuni dirigenti e attivisti del partito e di alleati opportunisti? Un matrimonio Kabila / Tshisekedi potrebbe essere possibile? Si speriamo di no![12]

4. 19 GENNAIO: COMMEMORAZIONE DEI «MARTIRI DELLA DEMOCRAZIA»

Il 19 gennaio, l’opposizione aveva previsto di organizzare una serie di attività in memoria delle persone uccise il 19, 20 e 21 gennaio 2015, durante le manifestazioni che erano state indette contro la revisione della legge elettorale da parte dell’Assemblea Nazionale.

A Kinshasa, erano state programmate delle funzioni religiose in memoria delle vittime di gennaio 2015 e una serie di conferenze e dibattiti sul tema della “alternanza democratica”. I vari eventi erano stati previsti in diversi punti della città, al fine di evitare un possibile intervento delle forze dell’ordine. Ma la polizia è intervenuta lo stesso, impedendo l’accesso a molti luoghi di culto cattolico e a sale prenotate dai vari partiti dell’opposizione perché, secondo le stesse autorità di polizia, gli organizzatori avrebbero potuto “incitare” il popolo congolese a “ribellarsi”. «Il messaggio che i relatori delle conferenze avrebbero potuto trasmettere era di carattere sedizioso e la polizia ha ricevuto l’ordine di disperdere la folla», ha dichiarato il tenente colonnello Pierrot Mwana Mputu, portavoce della polizia nazionale. Nel corso della giornata, si sono registrati decine di arresti, tra cui alcune persone che avevano messo a disposizione i loro locali per lo svolgimento delle conferenze. Il parroco di una parrocchia di un quartiere popolare nella zona ovest di Kinshasa ha affermato che, in mattinata, è arrivato “un gruppo di agenti della polizia” per informarlo che «il governo non aveva autorizzato la celebrazione della Messa» richiesta dai membri dell’opposizione». «Non c’è bisogno di richiedere l’autorizzazione per celebrare una messa», ha aggiunto, «ma per prudenza abbiamo annullato la Messa, per non dare adito ad eventuali violenze che ne sarebbero conseguite».

A Lubumbashi (sud-est), la seconda città più grande del Paese, a metà giornata l’esercito ha disperso circa 300 persone che si erano riunite per ricordare i “martiri della democrazia”. A Goma, capoluogo del nord Kivu (est), circa 400 persone hanno manifestato pacificamente contro il governo. La più grande manifestazione (5.000 persone) si è svolta a Bukavu, roccaforte del terzo partito di opposizione, l’Unione per la Nazione Congolese (UNC). I manifestanti si sono riuniti in una piazza per ascoltare i vari oratori che ripetevano “no ad un terzo mandato” del presidente Joseph Kabila e che chiedevano lo svolgimento delle elezioni presidenziali nel 2016, come previsto dalla Costituzione. La notte precedente, degli ignoti dotati di megafoni erano passati per le strade di alcuni quartieri avvisando che: “domani, a Bukavu, non ci sarà nessuna manifestazione”.[13]

[1] Cf Radio Okapi, 17.01.’16

[2] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 18.01.’16

[3] Cf Radio Okapi, 18.01.’16; Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 18.01.’16

[4] Cf Radio Okapi, 18.01.’16

[5] Cf Le Phare – Kinshasa, 19.01.’16 http://www.lephareonline.net/dialogue-le-g7-et-la-dynamique-desavouent-edem-kodjo/

[6] Cf Le Phare – Kinshasa, 19.01.’16 http://www.lephareonline.net/le-front-citoyen-disqualifie-le-facilitateur-de-lua/

[7] Cf Radio Okapi, 19.01.’16

[8] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 28.01.’16; Radio Okapi, 29.01.’16

[9] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 27.01.’16

[10] Cf Yves Kalikat – Forum des As – Kinshasa, 20.01.’16; La Prospérité – Kinshasa – via www.congosynthese.com, 20.01.’16

[11] Cf Le Phare – Kinshasa, 05.01.’16 http://www.lephareonline.net/22574-2/

[12] Cf Wina Lokondo – Congoindépendant, 29.01.’16 http://www.congoindependant.com/article.php?articleid=10556

[13] Cf AFP – Radio Okapi, 19.01.’16