La democrazia minacciata

Editoriale Congo Attualità n. 261 – a cura della Rete Pace per il Congo

Un restringimento dello spazio democratico

La democrazia, la costituzione di un paese e i diritti umani, tra cui quelli relativi alle libertà di espressione, di riunione e di manifestazione, vanno difesi sempre e in qualsiasi circostanza, soprattutto quando sono minacciati.

Nella RDCongo le minacce rivestono la modalità di una deliberata assimilazione di manifestazioni pubbliche e pacifiche a tentativi di destabilizzazione dell’attuale regime, delle Istituzioni dello Stato e dell’ordine pubblico e ad atti di incitamento alla violenza, alla rivolta popolare e al terrorismo.

In un rapporto intitolato “Sono trattati come dei criminali. Durante il periodo pre-elettorale, la Repubblica Democratica del Congo fa tacere le voci discordanti”, Amnesty International afferma che vari attivisti e politici sono stati «arrestati per aver pacificamente esercitato il diritto alla libertà di espressione, di riunione e di associazione».

L’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (BCNUDH) e la Missione dell’Onu nella RDCongo (MONUSCO) hanno pubblicato un altro rapporto secondo il quale «la tendenza alle restrizioni della libertà di espressione e gli attacchi alla sicurezza di coloro che esprimono opinioni critiche nei confronti del governo, indicano un restringimento dello spazio democratico che potrebbe intaccare la credibilità del processo elettorale».

Le dichiarazioni che lo attestano

Nel corso di una conferenza stampa, il Procuratore Generale della Repubblica ha affermato che «il dibattito sull’organizzazione del dialogo politico nazionale convocato dal Presidente della Repubblica non può, in alcun modo, servire da pretesto per incitare la popolazione alla violenza» e ha fatto appello a un’interpretazione “non abusiva” dell’articolo 64 della Costituzione. Questo articolo afferma: “Tutti i Congolesi hanno il dovere di opporsi a qualsiasi individuo o gruppo di individui che prenda il potere con la forza o che lo eserciti in violazione delle disposizioni della presente costituzione. Qualsiasi tentativo di rovesciare il regime costituzionale è un crimine imprescrittibile contro la nazione e lo Stato e sarà punito secondo la legge“.

Il portavoce del Governo ha dichiarato che l’obiettivo dell’incontro di Dakar (Senegal), cui hanno partecipato alcuni deputati dell’opposizione, per approfondire la tematica “democrazia – rispetto della Costituzione – alternanza politica – organizzazione delle elezioni in Africa” sarebbe stato quello di «destabilizzare le istituzioni della Repubblica Democratica del Congo».

Anche secondo il presidente dell’Assemblea Nazionale, gli obiettivi “inconfessabili” di quella riunione erano di «riflettere sui modi e mezzi per fomentare una sollevazione popolare, costituire un fronte comune anti-dialogo, creare strutture sovversive e ottenere le risorse finanziarie per intraprendere azioni destabilizzanti».

Anche il Presidente della Repubblica, nel suo discorso pronunciato in Parlamento sullo stato della nazione, ha messo in guardia tutti coloro che si oppongono al dialogo preferendo, secondo lui, la violenza: «Non permetterò che i sacrifici compiuti insieme durante gli ultimi anni per costruire la pace siano resi vani, con qualsiasi pretesto, da coloro che, in malafede e deliberatamente, decideranno di rimanere chiusi nel loro atteggiamento negativistico, rifiutando il dialogo, cospirando contro la Repubblica e promettendo sangue e sudore al nostro popolo. Non ci sarà né l’uno né l’altro». Sembra quasi che abbia voluto assimilare tutti quelli che sono contrari all’organizzazione del dialogo così come egli stesso l’ha convocato ai nemici del paese e ai sostenitori della conquista del potere con la violenza.

Smentendo le nobili affermazioni di principio

Sono queste dichiarazioni che smentiscono in maniera categorica le pur nobili affermazioni di principio formulate dal Presidente della Repubblica nel suo discorso davanti al Parlamento: «Faccio appello all’alto senso di responsabilità di tutti affinché, al termine di un dialogo politico nazionale inclusivo, possiamo essere più uniti per l’attuazione di un processo elettorale autenticamente congolese, frutto di un consenso liberamente raggiunto». Il cittadino normale ne prende atto e, confuso, comincia a credere che le belle parole non siano altro che una strategia per rimanere al potere ad ogni costo.