PER RIMEDIARE A UNA LEGGE SULl’«IMPUNITÀ»

Editoriale Congo Attualità n. 211 – a cura della Rete Pace per il Congo

Il 3 febbraio, l’Assemblea Nazionale dei Deputati ha approvato la legge sull’amnistia per atti di guerra, atti d’insurrezione e infrazioni politiche.

Una legge iniqua

Secondo la Rete Nazionale delle ONG per i diritti umani della RDCongo (RENADHOC), questa nuova legge sancisce:

– la banalizzazione dei crimini e di altre gravi violazioni dei diritti umani;

– il riciclaggio di criminali recidivi nella gestione delle istituzioni politiche e della vita pubblica del Paese, invece della decretazione di sanzioni penali e di riparazioni corrispondenti alla gravità delle violazioni dei diritti umani commesse dai presunti beneficiari dell’amnistia;

– la consacrazione dell’impunità e, quindi, della perpetuazione dei gruppi armati, endogeni ed esogeni, sul territorio congolese;

– la stabilizzazione dell’instabilità e la consolidazione dell’insicurezza: un vero e proprio premio ai signori della guerra e ai loro istigatori;

– la frammentazione continua e progressiva degli attributi fondamentali della Repubblica, al posto della coesione nazionale, essenziale affinché la RDCongo esca definitivamente dalla sua attuale situazione di Stato fragile per diventare finalmente uno Stato emergente.

Una commissione «Verità, Giustizia e Riconciliazione»

Secondo l’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ), se non si istituisce una Commissione “verità, giustizia e riconciliazione”, per monitorarne l’applicazione, questa legge rischia di favorire l’impunità, perché potrebbe permettere di concedere l’amnistia a persone che hanno commesso stupri, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. È ben noto che molti combattenti hanno ucciso uomini, donne, bambini e anziani. Come identificarli, come distinguerli dagli altri se non vi è nessuna inchiesta?

La creazione di tribunali specializzati misti

Da parte sua, Human Rights Watch (HRW) ha sottoposto al presidente Joseph Kabila alcune specifiche raccomandazioni per porre fine all’impunità di cui usufruiscono i responsabili dell’M23 e di altri gruppi armati implicati in gravi violazioni dei diritti umani nella RDCongo.  Secondo l’organizzazione, è fondamentale che si prendano le misure necessarie, affinché i presunti responsabili di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità non usufruiscano dell’amnistia, ma siano arrestati e consegnati alla giustizia. È necessario iniziare procedure giudiziarie per assicurarsi che i responsabili dei crimini commessi nel passato non ne commettano più in futuro e affinché le vittime, le loro famiglie e la società congolese nel suo insieme ottengano giustizia. Secondo informazioni certe, vari membri dell’M23 che sono oggetto di sanzioni (divieto di viaggiare all’estero e congelamento dei beni) da parte delle Nazioni Unite e degli Stati Uniti e di mandati di arresto da parte delle autorità congolesi, si trovano attualmente in Ruanda e in Uganda. Per facilitare la loro estradizione, HRW chiede alle autorità congolesi di soddisfare, in conformità con le norme internazionali, una serie di condizioni relative ai diritti umani, fra cui la garanzia di un trattamento umano degli accusati una volta detenuti in Congo, il rispetto del diritto a una procedura regolare, la garanzia di un processo equo e credibile e l’esclusione dell’applicazione della pena di morte, una pena crudele e disumana che, nella RDCongo, non è ancora stata abolita. HRW ritiene che uno dei modi migliori per rispondere a queste condizioni sia la creazione di tribunali specializzati misti, un’istituzione nazionale integrata nel sistema giudiziario congolese, con il mandato di trattare i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità commessi nella RDCongo nel corso degli ultimi due decenni. Essi sarebbero composti da pubblici ministeri, giudici e altro personale congolese e non congolese (senza la partecipazione di persone provenienti dal Ruanda e dall’Uganda, due Paesi direttamente implicati nel conflitto). Il personale non congolese si ritirerebbe gradualmente nella misura in cui questi tribunali speciali acquistino legittimità, credibilità e indipendenza.

Il risarcimento alle vittime

Secondo la Nuova Società Civile Congolese (NSCC) è necessario prendere in considerazione anche la questione del risarcimento delle vittime per le violenze subite. Non è infatti possibile pensare di poter ottenere la riconciliazione nazionale se non ci sarà alcuna forma di  risarcimento alla vedova che ha perso il marito, ai figli che hanno perso il padre, la madre o entrambi, alle popolazioni che hanno visto bruciare il loro villaggio, le loro scuole, i loro ospedali. Dopo essersi arricchiti per aver praticato il contrabbando dei minerali e aver imposto tasse illegali, i capi dell’M23 e degli altri gruppi armati hanno la possibilità e il dovere di risarcire la popolazione, vittima delle loro violenze. La coesione nazionale passa anche attraverso la giustizia resa alle vittime.

Progetti di “formazione e servizio sociale”

Infine, per i membri smobilitati dei vari gruppi armati, compresi quelli dell’M23, che potessero usufruire dell’amnistia, si potrebbe pensare a progetti di “formazione e servizio sociale”, di una durata di due anni, per esempio, in cui si dispenserebbero dei corsi di orientamento professionale (falegnameria, edilizia, meccanica, agricoltura, …) e, nello stesso tempo, si chiederebbe loro dei servizi di tipo sociale, quali il mantenimento delle strade e la costruzione di edifici pubblici (scuole, centri sanitari, acquedotti per l’acqua potabile, …). Tali progetti potrebbero costituire un segnale forte nei loro confronti e, nello stesso tempo, favorire il loro reinserimento sociale.

Indispensabile intensificare la pressione

Da parte sua, la Comunità Internazionale dovrebbe vegliare alla piena applicazione dell’Accordo quadro per la pace, la sicurezza e la cooperazione firmato ad Addis Abeba nel febbraio 2013, i cui Paesi firmatari, il Ruanda e l’Uganda tra altri, si erano impegnati a “non ospitare, né fornire qualsiasi tipo di protezione a persone accusate di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, atti di genocidio e crimini di aggressione, o a persone sotto sanzioni dell’Onu“.