Rispondere alle attese del popolo

Editoriale Congo Attualità n. 189 – a cura della Rete Pace per il Congo

 

Fra speranze….

Dal 14 luglio, da quando rispondendo a un attacco lanciato a Mutaho nel Nord-Kivu dalla formazione ribelle ruando-ugando-congolese dell’M23, l’esercito nazionale della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo), FARDC, ha cominciato una vittoriosa offensiva, è nato nella gente uno spirito nuovo, si è risvegliata la fiducia nelle forze armate del Paese e la speranza di vedere finalmente la fine di un tunnel di terrore e desolazione.

In tante maniere la popolazione ha manifestato il suo appoggio alle FARDC: ha accompagnato le truppe con bottiglie d’acqua, ha dato informazioni, ha marciato al solo sentore di sostituzione degli ufficiali vittoriosi, già da prima si era lottizzata per sostenere i suoi soldati.

Altro motivo di speranza per la popolazione era costituito dall’avvicinarsi di fine luglio, data prevista di inizio di operatività della Brigata Internazionale di intervento prevista dalla risoluzione 2098 dell’Onu, che le ha dato missione di combattere le forze negative, compreso dunque l’M23.

 

… e incertezze

La dichiarazione del 30 luglio della Monusco, in cui è integrata tale Brigata, mentre è stata approvata dal governo congolese, ha sconcertato molti fra la popolazione e la società civile che la rappresenta ed esprime. Essa esige, infatti, la creazione nell’arco di 48 ore di una zona smilitarizzata – fatta eccezione delle forze di sicurezza nazionali – della zona di Goma e di Sake, già occupata dall’esercito nazionale.

Poiché la popolazione si attendeva dalla Brigata d’intervento l’inizio di un’offensiva contro i gruppi armati, e in particolare l’M23, ha manifestato forte delusione, espressa da dichiarazioni della società civile, ma anche da manifestazioni e danneggiamenti a mezzi della Monusco. In una dichiarazione del 2 agosto, la Società civile ha dato otto giorni alla Brigata per diventare operativa, ed offensiva nei confronti dell’M23.

Il Governatore del Nord-Kivu, Julien Paluku, ha cercato di calmare le acque parlando della prima tappa di una strategia che non può essere totalmente svelata e che mira ad allargare sempre più il perimetro di sicurezza, man mano che le forze congolesi, appoggiate dalla Monusco, guadagneranno terreno all’M23. Il colonnello Mamadou N’Dala, diventato un mito per la popolazione a causa della sua decisa azione di contrasto all’M23, si è pure espresso in tal senso, invitando a lasciar agire la Monusco.

Contatti con la Monusco e riflessioni interne hanno spinto la Società civile, allo scadere dell’ultimatum a proporre piuttosto manifestazioni di lutto popolare per le vittime della guerra per domandare al Presidente della Repubblica un rapido rilancio delle azioni militari per recuperare le zone sotto controllo dei ribelli, con l’accompagnamento della Brigata dell’Onu.

 

È tempo di agire per la Comunità internazionale

Questa tormentata ricerca della popolazione del Nord-Kivu e dei suoi rappresentanti mostra che la sua sofferenza ha raggiunto livelli molto alti. Quattordici mesi di oppressione da parte soprattutto dell’M23: violenze di ogni genere, saccheggi, spostamenti di popolazione, morti che non si possono contare. Assistere a un dispiego di mezzi internazionali che non hanno ancora portato la pace attesa.

Pur con i limiti e contraddizioni, legati alle decisioni della politica internazionale che si riflettono sulla Monusco e la Brigata di intervento, crediamo che la presenza dell’ONU sia un deterrente e un riflettore su quanto sta avvenendo.

Occorre però che la Comunità internazionale chieda con forza alla Monusco e alla sua brigata d’intervento d’essere fedeli al mandato loro affidato, in particolare dalla risoluzione 2098.

Che grazie a un dispiego sulle frontiere che dividono il Congo dal Ruanda e dall’Uganda sia fermata l’entrata di uomini e munizioni e l’uscita incontrollata delle ricchezze minerarie.

Che la Comunità internazionale prenda provvedimenti con efficaci sanzioni e con l’embargo delle armi verso i Governi ruandese e ugandese che appoggiano l’M23 nell’est della RDCongo.

 

È tempo di agire per il Governo congolese

Non si può tuttavia dimenticare la “debolezza” del Governo congolese, soggetto a compromessi e interessi privati o di gruppo. La poca possibilità di partecipazione della gente è apparsa evidente nelle ultime elezioni ma non solo. L’unità del paese sembra un ideale comune, ma non si possono dimenticare le spinte regionalistiche e interessi legati a singoli gruppi. Il deterioramento della situazione sociale del Paese si riflette anche in quello dell’esercito, le FARDC.

Da poco tempo, tuttavia, forse in seguito a varie denunce internazionalisono avvenuti cambiamenti nell’esercito congolese, che ha potuto esprimere un impegno chiaro e forte a favore dell’identità nazionale, che ha visto l’appoggio della maggioranza della popolazione. È importante che il Governo continui senza ritardi nella formazione e nel sostegno di un esercito nazionale veramente repubblicano, che fa della difesa della popolazione il suo compito.

Il tentativo di dialogo iniziato a Kampala pensiamo debba essere chiuso, mentre sembra importante il richiamo e l’applicazione degli impegni presi ad Addis Abeba.

I diversi gruppi armati nessuno li considera oggi come espressione di una resistenza fedele al popolo e al bene del Paese. Sono visti piuttosto come conseguenza delle guerre, prima quella ruandese e poi quelle create nella RDCongo, con l’appoggio dei paesi vicini (Ruanda, Uganda), per una nuova egemonia politica… L’M23 è la continuazione di questa logica di occupazione e di guerra nel Kivu, che costa tanto sangue e umiliazioni.