Congo Attualità n. 167

INDICE

EDITORIALE: Basta un minimo di volontà

1. RIPRESA DEI COMBATTIMENTI TRA LE FARDC E I RIBELLI DELL’M23.

a. L’inizio delle ostilità

b. La caduta di Goma

2. LE DICHIARAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

3. LA CONFERENZA INTERNAZIONALE PER LA REGIONE DEI GRANDI LAGHI

4. IL RAPPORTO FINALE DEL GRUPPO DEGLI ESPERTI DELL’ONU

5. PROPOSTE DELLA SOCIETÀ CIVILE

 

EDITORIALE: Basta un minimo di volontà

1. RIPRESA DEI COMBATTIMENTI TRA LE FARDC E I RIBELLI DELL’M23

a. L’inizio delle ostilità

Il 15 novembre, nei pressi di Kibumba, a 30 km a nord di Goma (Nord Kivu), sono ripresi i combattimenti tra le forze armate della RDCongo (FARDC) e il movimento ribelle del 23 marzo (M23). Gli scontri sono ripresi dopo una tregua informale di quasi tre mesi, ottenuta dall’attuale presidente della Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), il Presidente ugandese Museveni che, a Kampala, sta mediando dei negoziati indiretti – segreti tra emissari di Kinshasa e dell’M23. Le due parti si accusano a vicenda di aver iniziato gli scontri. «Le FARDC ci hanno attaccati (…) dobbiamo quindi difenderci», ha detto il tenente colonnello Vianney Kazarama, portavoce militare dell’M23 che ha annunciato una controffensiva qualificata di “auto-difesa”. L’esercito nazionale ha smentito questa versione. Il portavoce dell’8ª Regione militare, il colonnello Olivier Hamuli, ha accusato i ribelli dell’M23 di aver attaccato le posizioni delle FARDC, a est di Kibumba, verso le 8h00 del mattino. «Non li abbiamo attaccati, è una scusa. – ha affermato – Sapevamo che, da oltre due settimane, stavano cercando di rafforzare le loro posizioni».

A Goma, che conta 300.000 abitanti, le scuole sono state chiuse verso mezzogiorno. «La gente vive ora nella paura», ha detto Omar Kavota, portavoce della Federazione delle ONG della società civile del Nord Kivu. In seguito a questo attacco, «si osserva un afflusso di sfollati verso il campo di Kanyarucinya», a una decina di chilometri da Goma, ha aggiunto Kavota.

«È nella località di Kabindi che si sono posizionati i ribelli. Portano via patate e capre per il loro cibo. Hanno minacciato di ucciderci se non ce ne andavamo», ha testimoniato un abitante della zona. Cinque civili arrivati al dispensario del campo di Kanyarucinya vicino a Goma, hanno detto che, a Kibumba, i ribelli dell’M23 hanno sparato contro le case degli abitanti. «Quando i ribelli dell’M23 hanno attaccato, ci siamo chiusi in casa. Le FARDC li hanno respinti verso la foresta.

I ribelli hanno poi cominciato a sparare contro le case sono rimasto ferito nell’avambraccio. Quando le FARDC hanno ripreso il controllo sulla situazione, siamo riusciti a fuggire verso Kanyaruchinya dove ho avuto i primi soccorsi», ha raccontato un sopravvissuto di Kibumba.

In serata, Lambert Mende, portavoce del governo di Kinshasa, ha annunciato che, nel corso degli scontri, nelle file del movimento ribelle, si sono registrati 51 morti e 3 feriti e ha confermato la presenza di soldati ruandesi in prima linea. «Sono stati ricuperati 51 corpi che indossavano uniformi dell’esercito ruandese», ha detto, senza tuttavia fornire dati su possibili vittime nei ranghi dell’esercito regolare. Lambert Mende denuncia, ancora una volta, il ruolo del Ruanda ed esorta la Comunità Internazionale a prendere vere sanzioni contro il regime di quel Paese. Secondo il tenente colonnello Olivier Hamuli, portavoce dell’esercito regolare a Goma, è stato ucciso anche un comandante delle FARDC. Sempre in serata, il governatore della provincia del Nord Kivu, Julien Paluku, ha segnalato la morte di 113 ribelli “in uniforme ruandese”, ma secondo le autorità provinciali il bilancio sarebbe di almeno 150 morti tra gli avversari. Da parte sua, il tenente colonnello Vianney Kazarama, portavoce militare dell’M23, ha smentito qualsiasi perdita nelle file della ribellione e ha, anzi, segnalato nove morti nelle file delle FARDC.[1]

Il 16 novembre, il Maggiore Didier Makelele Kasekeka, uno dei portavoce del braccio armato dell’M23, ha annunciato che le truppe dell’M23 si stanno dirigendo verso la città di Goma: «In risposta a quello che è successo ieri, stiamo avanzando verso Goma. Saremo a Goma prima di lunedì. Siamo determinati a cacciare l’esercito nazionale da Goma». Ma il tenente colonnello Vianney Kazarama, portavoce militare dell’M23, smentisce questa affermazione: «Non vogliamo prendere Goma. Ci difendiamo contro gli attacchi delle FARDC e vogliamo una rapida apertura di negoziati con le autorità congolesi».

Christophe Beau, responsabile per la protezione dei rifugiati e degli sfollati interni presso l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR), ha annunciato che, durante la giornata, 1.500 nuove famiglie, cioè circa 7.000 persone, sono arrivate al campo profughi di Kanyarucinya. Un membro del personale del campo, ha raccontato, dietro anonimato, che «centinaia di sfollati sono arrivati con i loro bambini, animali da cortile, capre, pecore e poche cose personali».[2]

Il 17 novembre, al mattino presto, a Kibumba, una cittadina situata a circa 30 km a nord di Goma, sono ripresi i combattimenti tra le FARDC e i ribelli dell’M23. Il portavoce delle FARDC, Olivier  Amuli, ha confermato che l’M23 ha nuovamente attaccato le loro posizioni. La MONUSCO, la Missione delle Nazioni Unite nella RDCongo, ha appoggiato l’esercito congolese con elicotteri da combattimento. Il portavoce della società civile del Nord Kivu, Omar Kavotha, ha affermato che le forze ribelli dell’M23 sono state recentemente rafforzate da militari provenienti dal Ruanda: «Abbiamo saputo che oltre tre camion Mercedes Benz, pieni di soldati ruandesi, hanno attraversato la frontiera ieri, venerdì, tra le 14h00 e le 15h00, passando per Ndjerima, nel distretto di Rubavu, provenendo dal Ruanda. Ma hanno continuato ad arrivare anche durante la notte da venerdì a sabato».

Secondo le testimonianze degli sfollati provenienti da Kibumba, già al mattino l’M23 ha preso il controllo delle due località di Kibumba e  Buhumba, nel territorio Nyirangongo. Il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, ha ammesso che l’esercito nazionale si è ritirato da Kibumba, perché i ribelli dell’M23 erano appoggiati da migliaia di militari ruandesi, circa 3.500, che hanno attraversato la frontiera nelle ultime ore.

Il portavoce dell’M23, Vianney Kazarama, ha dichiarato che, per il momento, i ribelli non volevano continuare i combattimenti fino  a Goma, se non attaccati dalle FARDC: «L’M23 controlla ormai il territorio Kibumba. Chiediamo al presidente Kabila di accettare dei negoziati per cercare un compromesso politico. Se le FARDC tentano una nuova offensiva contro le nostre forze, allora continueremo la nostra avanzata per cacciarle dalla città di Goma».

In serata, il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha rivelato che, in appoggio dell’M23, «4.000 militari circa, provenienti dal territorio ruandese, sono entrati, a piedi o in camion, in territorio congolese». Secondo il rapporto di un Consiglio dei Ministri straordinario, «si tratta di tre battaglioni RDF (Ruanda Defence Force, l’esercito ruandese), comandati dal generale di brigata ruandese Ruvusha e di due unità speciali delle RDF, fra cui un’unità di artiglieria comandata dal generale ruandese Gatama Kashumba».

Il portavoce dell’esercito ruandese, Joseph Nzabamwita, ha smentito tale informazione, assicurando: «Non c’è nessun soldato della RDF nella RDCongo».[3]

Il 18 novembre, al mattino, sono ripresi gli scontri a Kibati, situato a 17 chilometri da Goma. Secondo l’esercito congolese, dopo una notte di calma, i ribelli dell’M23 hanno lanciato un nuovo attacco a partire da Kayanja, nel raggruppamento di Kibati. I soldati dell’esercito regolare si sono ritirati da Kibati. Il tenente colonnello Vianney Kazarama, portavoce militare dell’M23, ha chiesto alla MONUSCO di cessare di sostenere l’esercito regolare e ha minacciato ritorsioni. L’M23 ha continuato ad avvicinarsi alla città di Goma, pur affermando che il suo obiettivo non è quello di prendere il capoluogo della regione.

In seguito all’intervento degli elicotteri della Monusco per proteggere le vicinanze dell’aeroporto, l’M23 si è fermato a Munigi, a circa 3 km dall’aeroporto di Goma, a circa 10 chilometri dalla città di Goma, ma ha minacciato di “prendere la città di Goma”, qualora sia attaccato dall’esercito congolese.

Il capo militare dell’M23, il colonnello Innocent Kayina, ha annunciato d’avere installato il suo posto di comando nei pressi del campo di Munigi, principale base delle Nazioni Unite all’uscita di Goma, base affidata a un battaglione sud africano.

Secondo il vice-governatore del Nord Kivu, Feller Lutaichirwa, le autorità militari hanno deciso di ritirarsi per “evitare un bagno di sangue” a Goma.

Man mano che gli scontri si avvicinavano alla città, tra la popolazione di Goma è aumentato il panico. Le strade della città di Goma sono diventate deserte. Non c’è traffico e i mezzi di trasporto non funzionano. I distributori di benzina, i magazzini e i negozi sono chiusi. I pochi fedeli che andavano in chiesa, sono dovuti tornare indietro. Centinaia di militari governativi ritornano dal fronte a piedi, in bicicletta o sulle loro jeep. Anche molti sfollati arrivano a Goma con dei materassi e le loro poche cose sulla testa o sulla schiena, sfiniti da una marcia di diverse ore. L’esercito regolare ha posto dei carri armati nei posti strategici di tutta la città, soprattutto lungo la strada che conduce all’aeroporto internazionale di Goma.[4]

In un comunicato diffuso nella notte del 18 novembre, l’M23 esige dal governo congolese la cessazione delle ostilità e l’accettazione, entro 24 ore, di negoziati diretti, con l’implicazione dell’opposizione congolese, della società civile e della diaspora. Chiede, in particolare, il mantenimento del riconoscimento dei gradi di tutti i suoi ufficiali e rifiuta la “mutazione” che Kinshasa vuole loro imporre, mandandoli in altre regioni del Paese, allontanandoli così dalla loro zona di influenza, l’est della RDCongo. Chiede, inoltre, la smilitarizzazione della città di Goma e del suo aeroporto, controllato finora dall’esercito regolare appoggiato dalla MONUSCO e la riapertura della frontiera Bunagana. Nel caso in cui queste richieste non siano soddisfatte, l’M23 ha dichiarato che continuerà la sua resistenza contro il governo di Kinshasa, fino alla sua caduta.

Sempre il 18 novembre, Vital Kamerhe, presidente di un partito di opposizione, l’Unione per la Nazione Congolese (UNC), avverte il governo congolese che «è il momento di mettere a tacere i cannoni e di cominciare a parlare con i ribelli, al fine di evitare il ripetersi della storia». In una conferenza stampa sulla situazione di insicurezza nell’Est della RDCongo, Vital Kamhere afferma che, «essendo l’esercito nazionale infiltrato, i soldati congolesi muoiono sul fronte per niente”». aggiungendo: «È perfettamente inutile voler farci credere che si riuscirà a impedire la caduta della città di Goma. Tra due mali, ormai occorre scegliere il minore. Non c’è bisogno di vergognarsi a negoziare».

Da parte sua, il portavoce del governo, Lambert Mende, ha detto che «il governo congolese “non negozierà” con i ribelli dell’M23». Secondo lui, «sono forze fittizie create dal Ruanda per nascondere le sue attività criminali nella RDC ed eludere le sanzioni internazionali. Noi preferiamo trattare con il Ruanda, vero aggressore, nell’ambito della conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi», anche se la cooperazione bilaterale è ormai difficile.[5]

Il 19 novembre, sulla linea del fronte a Munigi, a 10 km a nord della città di Goma, si è osservata una relativa calma. Secondo fonti militari, le FARDC e l’M23 hanno mantenuto le loro posizioni, ad una distanza di circa 1 km l’una dall’altra. A Goma, le scuole, i negozi e i mercati erano tutti chiusi. Poco traffico sulle strade. Si vedevano solo alcune pattuglie delle FARDC e alcuni blindati delle Nazioni Unite posti in alcuni incroci. La strada a nord della città e lungo l’aeroporto era deserta. Gli sfollati del campo di Kanyaruchinya, a nord di Goma, si sono diretti verso il campo di Mugunga che, situato a sud di Goma, accoglie già circa 90.000 sfollati. Alcuni hanno passato la notte sul ciglio della strada, altri sono stati ospitati da famiglie. Quelli che sono arrivati a Mugunga dicono di mancare di tutto, in particolare di cibo e acqua.

Nel pomeriggio sono ripresi alcuni scontri tra i ribelli e l’esercito regolare. I ribelli hanno sparato in direzione dell’aeroporto, ancora tenuto dalla Guardia Repubblicana congolese e contro il campo militare di Katindo. Il Capo di Stato Maggiore dell’M23, il “generale” Sultani Makenga, ha qualificato di “inevitabile” la ripresa dei combattimenti, a causa del rifiuto dell’esercito congolese a ritirarsi dalla città di Goma. Nel tardo pomeriggio, il portavoce dell’esercito ruandese, il generale Joseph Nzabamwita, ha accusato l’esercito congolese di avere “volutamente” bombardato il Ruanda per mezzo di un carro armato e di mortai. Il portavoce dell’esercito congolese, il colonnello Olivier Hamuli, ha smentito di aver dato ordini di sparare verso il Ruanda. Senza escludere la possibilità di una sparatoria accidentale, ha annunciato che era in corso un’inchiesta e ha concluso: «Se è vero, si tratta di un atto isolato che impegna solo un individuo».[6]

b. La caduta di Goma

Il 20 novembre, nella mattinata, l’M23 ha preso il controllo dell’aeroporto strategico di Goma che, in precedenza, era difeso da membri della Guardia Repubblicana appoggiati dalla MONUSCO. Dopo brevi scontri, le FARDC hanno lasciato la città e si sono diretti verso Sake, a circa 27 km di distanza. A metà giornata, una colonna di ribelli dell’M23 entrava nella città di Goma, progredendo verso il centro città e la vicina frontiera ruandese. Alcuni abitanti di Goma affermano che i ribelli dell’M23 avrebbero loro chiesto di continuare normalmente le loro attività. Altri non nascondono la loro delusione e hanno manifestato la sensazione di essere traditi dal governo. L’M23 ha poi preso il controllo dei due posti di frontiera con la vicina città ruandese di Gisenyi.

Nel pomeriggio, dopo aver preso il controllo della città, il portavoce militare dell’M23, il colonnello Vianney Kazarama, ha lanciato un appello alla radio locale di Goma per chiedere ai militari delle FARDC e agli agenti di polizia di arrendersi. Ha chiesto loro di presentarsi il giorno dopo, alle 8:00 (7:00 GMT), allo stadio di calcio, per farsi identificare e registrare. Egli ha inoltre chiesto alla popolazione di “mantenere la calma” e di riprendere le normali attività.

Secondo alcune fonti, i ribelli dell’M23 hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani: hanno ferito dei civili, operato dei sequestri di donne e bambini, distrutto delle proprietà private e intimidito dei giornalisti e coloro che cercavano di resistere alla loro avanzata.

Deserta al mattino, la città ha cominciato a rianimarsi nel pomeriggio, anche se i moto-taxi non circolavano ancora. Nel tardo pomeriggio, l’attività è timidamente ripresa, ma tutti i negozi erano chiusi.

Durante un discorso alla nazione a Kinshasa, il presidente congolese Joseph Kabila ha invitato la popolazione e tutte le istituzioni a mobilitarsi «contro l’aggressione di cui la RDCongo è vittima, in particolare a Goma». «La RDCongo si trova ad affrontare una situazione difficile», ha detto il capo dello Stato, aggiungendo che «quando una guerra è imposta, abbiamo l’obbligo di resistere». Ha inoltre annunciato che l’ambasciatore della RDCongo in Ruanda era già stato richiamato a Kinshasa, per consultazioni, già da diverse settimane.

I membri del governo provinciale del Nord Kivu hanno lasciato Bukavu, nel Sud Kivu,dove si erano rifugiati dopo la caduta di Goma, sede delle istituzioni provinciali. Una fonte prossima al governo ha indicato che i ministri provinciali si sono stabiliti a Beni (Nord Kivu), da dove hanno intenzione di continuare a governare la provincia. Il vice governatore del Nord Kivu, Feller Lutahichirwa, ha annunciato che anche le istituzioni giudiziarie e il comando militare del Nord Kivu sono stati trasferiti a Beni. «Questa misura resterà in vigore sino al ripristino dell’autorità dello Stato a Goma», ha dichiarato. Il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, ha ammesso di temere degli “omicidi selettivi” da parte dei ribelli dell’M23 e ha rivelato che alcune fonti gli hanno riferito che le case di alcune personalità prossime al potere di Kinshasa sono state “visitate” da uomini di Sultani Makenga, comandante dell’M23.[7]

Il 21 novembre, gli abitanti di Goma hanno lentamente ripreso le loro attività. Durante la notte, in città non si sono sentiti spari. Si nota un certo traffico e sono riapparsi i taxi-moto. Molti negozi, tuttavia, sono rimasti chiusi. Nessuna pattuglia delle Nazioni Unite era visibile in città. Le basi della MONUSCO sono ermeticamente chiuse con sentinelle davanti ai cancelli.[8]

Il 21 novembre, l’M23 ha convocato i militari delle FARDC e gli agenti di polizia ancora presenti in città e ha chiesto loro di arrendersi e di integrare la ribellione. «A un soldato, il governo paga 50 dollari, mentre lo stipendio di un deputato nazionale è di 4500 dollari. È necessario che vi uniate a noi, perché noi stiamo lottando per il benessere dei militari», ha assicurato il portavoce dell’M23 ai militari e agli agenti della polizia riuniti nello stadio. «Non abbiamo intenzione di fermarci a Goma, andremo a Bukavu, a Kisangani e a Kinshasa per “liberare tutto il paese”», ha affermato il portavoce militare dell’M23, il colonnello Vianney Kazarama che, tra l’altro, ha fatto un discorso di offensiva contro il presidente congolese, chiedendo l’appoggio della popolazione di Goma, per consentire al movimento di “cacciare Kabila dal potere”. «Kabila deve lasciare il potere, perché non ha vinto le elezioni dell’anno scorso», ha aggiunto, riferendosi alle accuse di frode da parte dell’opposizione contro Kabila nelle elezioni presidenziali del novembre 2011.[9]

Oltre 750.000 persone sono fuggite dai loro villaggi e case da quando sono iniziati i combattimenti nel mese di aprile scorso, provocando una grave crisi umanitaria nell’Est della RDCongo. Di fronte all’avanzata dell’M23, anche migliaia di sfollati hanno dovuto abbandonare i campi profughi a nord di Goma, in cerca di rifugio sia in città o in altri campi, a sud della città.

Oltre 55.000 nuovi sfollati sono arrivati nel campo profughi di Mugunga 3, situato a sud di Goma. Questi sfollati si aggiungono ai 60.000 provenienti dal campo di Kanyarushinya che hanno dovuto abbandonare a causa dell’avanzata dell’M23. La Presidente del campo di Mugunga, Charlie Amunazo, parla di una situazione molto grave. «Queste persone sono esposte alle intemperie e non mangiano da quando sono arrivate. Senz’acqua, senza medicine, il personale infermieristico del dispensario, sopraffatto dal lavoro e stanco, se n’è andato», ha affermato, rammaricandosi che i pazienti non siano curati. «Stiamo andando incontro a un vero disastro», ha aggiunto, temendo la diffusione del colera e della dissenteria che può essere addirittura peggio della guerra. Il capo dell’Ufficio OCHA del Nord Kivu riconosce che la situazione è drammatica.[10]

2. LE DICHIARAZIONI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

Il 17 novembre, in una dichiarazione, il portavoce del Ministero degli affari esteri della Francia, Philippe Lalliot, «ha chiesto la cessazione immediata dei combattimenti e ha esortato tutti i paesi della regione ad astenersi da ogni ingerenza negli affari interni della RDCongo».

A conclusione di una riunione di emergenza richiesta dalla Francia, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite «ha condannato con fermezza l’intensificarsi degli attacchi perpetrati dall’M23, ha chiesto l’arresto della sua avanzata verso Goma, la capitale della la provincia del Nord Kivu e la cessazione immediata di qualsiasi appoggio esterno e della fornitura, all’M23, di ogni tipo di assistenza militare e logistica». Il Consiglio di Sicurezza ha inoltre annunciato l’intenzione di applicare ulteriori sanzioni mirate contro i dirigenti dell’M23 e tutti coloro che violano l’attuale regime di embargo sulle armi. I ribelli sono, infatti, in possessione di attrezzature di visione notturna che hanno permesso loro di lanciare l’offensiva contro le FARDC su Kibumba, a 25 km da Goma. Hanno, inoltre, recentemente acquisito anche dei cannoni 120 mm.[11]

Il 18 novembre, in una dichiarazione, la rappresentante della diplomazia europea, Catherine Ashton, «ha chiesto ai ribelli dell’M23 di cessare immediatamente la loro offensiva militare su Goma», aggiungendo che «deve cessare anche qualsiasi appoggio esterno all’M23, in quanto costituisce una flagrante violazione del regime delle sanzioni e dell’embargo sulle armi». Dicendosi molto preoccupata per le conseguenze umanitarie della nuova esplosione di violenza, Catherine Ashton ha osservato che «tutte le parti devono garantire il pieno accesso all’assistenza umanitaria di chi ne ha bisogno». Il capo della diplomazia europea ha sottolineato che «l’UE è particolarmente preoccupata per la sorte degli oltre 70.000 sfollati che hanno cominciato a lasciare il campo di Kanyaruchinya, situato a nord della città». La rappresentante della politica estera dell’UE «invita tutte le parti interessate, compresi i paesi limitrofi alla DCongo, a prendere tutte le misure necessarie per evitare un ulteriore deterioramento della situazione ed evitare un conflitto più ampio».[12]

Il 19 novembre, al margine di una riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea a Bruxelles, l’UE ha chiesto l’immediato arresto dell’offensiva dei ribelli dell’M23 e ha espresso “grave preoccupazione” per la crescente crisi umanitaria nel Nord Kivu, mentre i ribelli sono ormai alle porte della capitale di questa provincia, Goma. «L’UE ribadisce la sua condanna del gruppo ribelle dell’M23 e degli altri gruppi armati attivi nella regione e chiede l’immediata cessazione della violenza, compresa la violenza sessuale, le violazioni dei diritti umani e il reclutamento di bambini soldato. L’UE condanna fermamente le azioni intraprese dall’M23 per stabilire un’amministrazione parallela (a quella di Kinshasa) nelle zone che controlla». Secondo il testo, «qualsiasi tentativo di minare la sicurezza, la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della RDCongo non può in alcun modo essere tollerato». L’UE ha inoltre detto di “prendere nota” del rapporto di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite che ha accusato il Ruanda e l’Uganda di sostenere l’M23, mediante la fornitura di armi, in violazione di un embargo decretato dalle Nazioni Unite ed esprime “profonda preoccupazione” per il perpetuarsi dell’appoggio esterno ai gruppi ribelli attivi nell’Est della RDCongo, come documentato dai vari rapporti. Senza mai citare il Ruanda e l’Uganda, né fare esplicitamente riferimento alla possibilità di sanzioni contro questi due Paesi, i Ministri dell’UE «chiedono a tutti coloro che sono implicati, di mettere immediatamente fine a tale sostegno e di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale della RDCongo».[13]

Il 19 novembre, la presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA), Nkosazana Dlamini Zuma, ha duramente condannato l’attacco militare da parte dell’M23 nella zona di Goma e ha chiesto a questo gruppo armato di mettervi incondizionatamente e immediatamente fine. Ha ribadito la necessità per tutte le parti interessate di fornire la massima collaborazione agli sforzi in corso, nel quadro della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), pienamente sostenuti dall’UA.[14]

Il 19 novembre, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha chiamato il presidente ugandese Yoweri Museveni, per chiedergli di usare la sua influenza sull’M23, come l’aveva già chiesto al presidente ruandese Paul Kagame.[15]

Il 20 novembre, il Ruanda, accusato da Kinshasa e dalle Nazioni Unite di sostenere il Movimento del 23 marzo (M23), ha preso atto della caduta della città e ha chiesto al governo congolese di negoziare con i ribelli dell’M23. La Ministro ruandese degli Affari Esteri, Louise Mushikiwabo, che continua a smentire l’appoggio di Kigali all’M23, ha chiesto al governo congolese di accettare dei negoziati e un “dialogo politico” diretto con i ribelli e con tutta l’opposizione, così come richiesto dai ribelli, cosa che Kinshasa ha finora rifiutato. «Ciò che è successo oggi a Goma dimostra chiaramente che l’opzione militare (…) è fallita e che il dialogo politico è ormai l’unica opzione», ha detto la Ministro ruandese.[16]

Il 20 novembre, nel corso della serata, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità una risoluzione proposta dalla Francia, che condanna la presa di Goma da parte dell’M23. La risoluzione chiede, inoltre, di sanzionare, attraverso il congelamento dei conti e il divieto di viaggiare all’estero, altri due capi dei ribelli: Innocent Kaina e Baudouin Ngaruye. Il Consiglio chiede l’immediato ritiro dei ribelli da Goma e chiede la “cessazione immediata” di ogni sostegno esterno all’M23 senza, tuttavia, nominare esplicitamente il Ruanda e l’Uganda che, entrambi,continuano a smentire la loro implicazione. Nella risoluzione, si chiede però al segretario generale, Ban Ki-moon, di indicare nei prossimi giorni i nomi dei paesi che appoggiano i ribelli dell’M23.[17]

La risoluzione non prevede sanzioni contro il Ruanda, come era stato previsto. Gli Stati Uniti hanno, infatti, rifiutato di includere i nomi degli ufficiali ruandesi sulla lista delle sanzioni, come raccomandato dal gruppo degli esperti sulla RDCongo. I diplomatici sostengono che l’ONU non è in grado di presentare una prova chiara e formale dell’implicazione del Ruanda.

Tuttavia, un rapporto di esperti indipendenti delle Nazioni Unite, trapelato su Internet la scorsa settimana, accusa senza mezzi termini degli ufficiali ruandesi di “fornire consulenza strategica e supporto logistico” ai ribelli e di “svolgere un ruolo centrale nel sostenere le attività politiche dell’M23”. Secondo un alto funzionario delle Nazioni Unite, le prove del ruolo del Ruanda in particolare, sono molte: nuove armi, strumenti di visione notturna, nuove reclute che parlano inglese e, soprattutto, nuove tattiche che hanno contribuito a prendere di sorpresa i militari della MONUSCO (il contingente Onu nel paese) e dell’esercito congolese. Secondo un altro funzionario delle Nazioni Unite, le truppe dell’M23 sono raddoppiate in un mese, fino a raggiungere 3.000 effettivi. Hanno usato mitragliatrici sofisticate per sparare e colpire un elicottero d’attacco della MONUSCO (senza feriti).[18]

Human Rights Watch (HRW) ha criticato gli Stati Uniti per non avere voluto menzionare, nella risoluzione, le personalità ruandesi implicate nell’appoggio all’M23. Gli Stati Uniti, infatti, hanno semplicemente condannato la “violazione della sovranità della RDCongo” e chiesto al Ruanda di utilizzare la sua capacità di influenza sull’M23. «Se il Consiglio di Sicurezza vuole davvero proteggere la popolazione civile a Goma, è necessario inviare a Kigali un messaggio molto più chiaro. Ci si può stupire del silenzio inspiegabile degli Stati Uniti su questo punto, nonostante la loro influenza sul Ruanda. A nome della popolazione civile di Goma, Washington dovrebbe adottare sanzioni immediate contro coloro che appoggiano l’M23 dall’esterno», ha dichiarato il responsabile di HRW, Philippe Bolopion.[19]

Il 21 novembre, al termine di una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza a New York, l’ambasciatore di Francia presso le Nazioni Unite ha dichiarato che il Consiglio di Sicurezza ha ingiunto ai ribelli dell’M23 di ritirarsi da Goma e ritornare alle posizioni che occupavano prima della violazione della tregua con l’esercito congolese (FARDC) della scorsa estate (a Bunagana, territorio di Rutchuru). Lo stesso appello è stato fatto anche dall’ambasciatore americano a Kinshasa.[20]

Il 22 novembre, il primo ministro britannico, David Cameron, ha telefonato al presidente ruandese Paul Kagame e lo ha invitato a “fare pressione” sui ribelli dell’M23, affinché si ritirino da Goma. David Cameron «ha chiaramente indicato che la comunità internazionale non può ignorare l’evidenza dei legami del Ruanda con l’M23 e che, quindi, il presidente Kagame deve dimostrare che il governo ruandese non ha alcun legame con l’M23», ha precisato il portavoce del Primo Ministro britannico. David Cameron ha telefonato anche al presidente della RDCongo, Joseph Kabila e lo ha «incoraggiato a lavorare in stretto contatto con il Ruanda e l’Uganda per mettere in atto il comunicato» firmato il 21 novembre.[21]

Il 23 novembre, la rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri, Catherine Ashton, ha chiesto “l’immediata cessazione” dell’offensiva della ribellione dell’M23 e ha esigito il suo ritiro da Goma. La Ashton «incoraggia tutte le parti a lavorare in buona fede per una rapida attuazione dell’accordo firmato il 21 novembre a Kampala» e ha ribadito che «in stretto coordinamento con l’ONU e con altri partner  internazionali, l’UE è pronta ad appoggiare la regione nei suoi sforzi per contribuire a una soluzione duratura alla crisi».[22]

3. LA CONFERENZA INTERNAZIONALE PER LA REGIONE DEI GRANDI LAGHI

Il 21 novembre, riuniti a Kampala (Uganda), i presidenti ugandese Yoweri Museveni, ruandese Paul Kagame e congolese Joseph Kabila, hanno «chiesto ai ribelli dell’M23 di cessare immediatamente la loro offensiva e di ritirarsi da Goma». «A questo scopo, un piano sarà loro trasmesso», si legge in un comunicato congiunto che, nello stesso tempo, rileva che «il governo congolese si è impegnato a cercare rapidamente le cause dei disordini [nell’est del Paese] e a rimediarvi il meglio possibile».

Delimitando tuttavia il quadro di queste future discussioni, il presidente Joseph Kabila ha osservato che «ogni nuovo passo o contatto tra il governo e l’M23 si baserà sul rapporto di valutazione dell’applicazione dell’accordo del 23 marzo 2009, redatto dalla Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi». Si tratta di una piccola apertura a negoziati con l’M23 che dovrebbero concernere esclusivamente questioni militari sollevate, a suo tempo, dall’M23. Non si tratterrebbe quindi di negoziati politici estesi a tutti gli attori politici e sociali, come reclamato oggi dall’M23 e da altre personalità congolesi. Secondo lo stesso comunicato, i presidenti Museveni e Kagame hanno ammesso che, anche se ci sono rivendicazioni legittime da parte del gruppo ribelle noto come M23, essi non possono accettare né la continuazione della guerra, né l’idea di un rovesciamento del governo legittimo della RDCongo o di un indebolimento della sua autorità.

Secondo certe informazioni, il presidente Kabila starebbe prendendo in considerazione la possibilità di negoziati con l’M23 e sarebbe disposto a prendere in esame le sue richieste. Un memorandum dell’M23, precedentemente respinto dal capo dello stato congolese, sarebbe infatti all’ordine del giorno di Kampala. Ma senza la partecipazione dei responsabili dell’M23. Secondo alcune fonti, l’M23 pretenderebbe alcuni posti ministeriali, la riabilitazione degli ufficiali militari dell’M23 recentemente spogliati dei loro gradi e revocati dalle FARDC, il loro mantenimento nel Nord Kivu, la verità delle urne, il rispetto dei diritti umani, la democrazia, ecc.[23]

Il 22 novembre, il presidente dell’M23, Jean-Marie Runiga, ha dichiarato che, prima di ritirarsi da Goma, l’M23 esige l’apertura di un dialogo con presidente congolese Joseph Kabila. «Bisogna sedersi attorno a un tavolo con la società civile, la diaspora, l’opposizione e il governo, affinché si possa parlare di tutti i problemi del popolo congolese. Ci sono dei problemi e delle rivendicazioni proprie all’M23, ma ci sono anche altri problemi relativi alla democrazia, alla governance, alla questione sociale, ai diritti umani», ha sottolineato Runiga Lugerero, aggiungendo che «l’offensiva continuerà fino a quando i negoziati non saranno aperti». Poi è partito per Kampala per incontrare il presidente ugandese Yoweri Museveni, su richiesta di quest’ultimo.[24]

Secondo Said Abbas Ahamed, esperto in negoziazioni e professore di geopolitica presso la Rouen Business School, «le rivendicazioni ufficiali avanzate dall’M23 non costituiscono un motivo sufficiente per intraprendere una guerra. Si tratta, piuttosto, di un pretesto per ingannare la gente. In realtà, l’M23 chiederà al governo di ri-proteggere Bosco Ntaganda, già protetto dal 2009 al 2011, di garantire che i suoi militari, se di nuovo ammessi nelle file delle FARDC, non saranno mandati in altre regioni del Congo, ma che rimarranno nel Kivu e, infine, di potere avere un ruolo più significativo, sia nella provincia del Nord Kivu come a livello nazionale, inserendo più persone nello stato maggiore dell’esercito e nei circuiti decisionali della politica».[25]

4. IL RAPPORTO FINALE DEL GRUPPO DEGLI ESPERTI DELL’ONU

Il 15 novembre, su internet è trapelata la versione definitiva del rapporto finale del gruppo degli esperti delle Nazioni Unite sulla RDCongo. Conferma l’aggressione della RDCongo da parte del Ruanda.

È stato redatto tenendo conto della lettera inviata dal governo ruandese in seguito alla versione provvisoria. Tale contributo non ha, tuttavia, portato a una revisione delle conclusioni degli esperti delle Nazioni Unite, perché le informazioni fornite da Kigali non contenevano, secondo gli esperti, nuovi “elementi di fondo”. Il rapporto finale degli esperti delle Nazioni Unite, già disponibile su internet nella sua versione inglese, conferma l’evidenza del sostegno del Ruanda all’M23. Secondo il rapporto, il Ruanda viola l’embargo sulle armi decretato dall’Onu stessa. È documentato che ufficiali ruandesi hanno fornito aiuto militare all’M23 e che l’hanno aumentato in modo permanente. Questo fatto conferma la tesi dell’aggressione contro la RDCongo da parte del Ruanda e smentisce quella secondo cui si tratterrebbe di una ribellione congolese contro il governo centrale.

Nel rapporto, anche le famose unità speciali dell’esercito nazionale ruandese, che erano di stanza a Rutshuru per operazioni congiunte con le FARDC e di cui si era enfatizzata un’ampia operazione mediatica di rientro, sono chiaramente indicate per avere servito come canale per fornire un’assistenza clandestina alla pseudo ribellione dell’M23.

Il rapporto denuncia, tra l’altro, il reclutamento di centinaia di giovani (maschi e femmine), in villaggi ruandesi e per conto dell’M23, sotto la diretta supervisione del Ministro della Difesa ruandese, il generale James Kabarebe. Membri del Fronte Patriottico Ruandese, il partito attualmente al potere in Ruanda, hanno organizzato una raccolta di fondi per l’M23; la maggior parte dei feriti dell’M23 sono curati in un centro medico nei pressi dell’aeroporto di Kanombe, a Kigali e i militari dell’M23 deceduti sul fronte sono sepolti dai soldati dell’esercito ruandese.

Secondo il rapporto, l’ex generale Bosco Ntaganda rimane il più alto comandante dei cosiddetti ribelli e Ruzandisa, alias Makenga, è solo il responsabile delle operazioni militari e del coordinamento con gli altri gruppi armati alleati dell’M23. Laurent Nkunda, ufficialmente agli arresti domiciliari in Ruanda, ha potuto varcare la frontiera e recarsi a Runyonyi per visitare e incoraggiare le truppe ruandesi e dell’M23. Secondo il rapporto, i minerali esportati dal Ruanda provengono dal territorio congolese, in particolare dalle cooperative minerarie artigianali dell’Est e quindi venduti all’estero dal Ruanda in tutta illegalità, come se fossero di sua produzione.

Per quanto riguarda le accuse volte contro l’esercito congolese (FARDC), il rapporto rileva alcune collaborazioni di circostanza tra qualche elemento isolato delle FARDC e alcuni capi militari delle FDLR. Tuttavia, non vi è alcuna prova di una diretta cooperazione tra le FDLR e il governo della RDCongo. Dopo l’apparizione di questo rapporto finale, nulla potrà spiegare la procrastinazione della comunità internazionale nel condannare inequivocabilmente il Ruanda e imporgli sanzioni che possano costringerlo a fermare la sua disastrosa attività di destabilizzazione della RDCongo. È ciò che il governo congolese si attende dalla riunione del Comitato delle sanzioni delle Nazioni Unite.

Il rapporto finale (S/2012/843) del gruppo degli esperti delle Nazioni Unite sulla RDCongo è stato approvato e pubblicato ufficialmente il 21 novembre. [26]

5. PROPOSTE DELLA SOCIETÀ CIVILE

Il 20 novembre, in un comunicato pubblicato in seguito alla riunione dei ministri degli Affari Esteri dell’Unione europea, EURAC, la piattaforma delle ONG europee che operano nella regione dei Grandi Laghi, deplora il fatto che l’UE abbia dimostrato, ancora una volta, una mancanza di coerenza nel linguaggio utilizzato nelle conclusioni del Consiglio: in effetti, se fa riferimento all’appoggio esterno, di cui gode l’M23, il Ruanda e l’Uganda non sono affatto menzionati né in quanto fornitori di tale appoggio, né come responsabili della ripresa del conflitto nella RDCongo.

Eppure, il rapporto finale del gruppo degli esperti delle Nazioni Unite ha confermato le accuse relative al ruolo del Ruanda nel conflitto armato nella parte orientale della RDCongo: diretto appoggio militare ai ribelli dell’M23, agevolazione nel reclutamento di nuove leve, agevolazione di diserzioni dalle FARDC, fornitura di armi e munizioni, di informazione e di consulenza politica. La catena di comando è ancora nelle mani di Bosco Ntaganda in stretta relazione con il ministro della Difesa ruandese, il generale James Kabarebe. In questo contesto, la comunità internazionale non deve limitarsi ad azioni simboliche, isolate e non concertate nei confronti del Ruanda. La situazione attuale richiede una maggiore fermezza nei confronti dei Paesi che contribuiscono all’instabilità nella RDCongo. Eurac e i suoi membri chiedono all’Unione Europea e ai suoi Stati membri di:

– Condannare con forza l’appoggio del Ruanda e dell’Uganda all’M23 ed esigere da questi due Paesi di cessare ogni forma di sostegno alla ribellione e di condannarla;

– Bloccare gli aiuti europei al governo del Ruanda, conformemente all’accordo di Cotonou circa i criteri di rispetto dei diritti dell’uomo e della democrazia, che sono condizioni necessarie per la concessione di aiuti ad un governo;

– Incitare agli Stati membri a cessare la cooperazione militare e riprogrammare il loro aiuto al governo ruandese, a causa del suo appoggio a una rivolta in un paese vicino, la RDCongo;

– Chiedere al comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite di stabilire sanzioni mirate nei confronti di quegli alti ufficiali ruandesi (tra cui il generale James Kabarebe), ugandesi e congolesi, che sono implicati nella destabilizzazione dell’Est della RDCongo e direttamente o indirettamente responsabili dei crimini commessi contro le popolazioni civili.[27]

Di fronte alla caduta della città di Goma, le Ong della Società Civile raggruppate in AETA invitano tutti le personalità politiche di ogni schieramento e gli agenti sociali a superare le divergenze che li dividono e a unirsi nell’interesse della Nazione, dell’unità e dell’integrità territoriale del Paese. La piattaforma delle organizzazioni della società civile propone la tenuta di un dialogo tra Congolesi, per risolvere la situazione del Kivu. Secondo AETA, il dialogo è ormai la sola via privilegiata per potere salvaguardare e proteggere l’integrità territoriale della RDCongo, difendendola fino al sacrificio supremo e superando le divisioni politiche interne. Secondo AETA, «il dialogo politico tra Congolesi resta ormai l’unica via possibile per risolvere la crisi e dovrebbe vedere la partecipazione di personalità politiche sia della maggioranza al governo che dell’opposizione intra ed extra-parlamentare, gli agenti sociali ed economici del paese, l’opposizione armata». Il dialogo interno è diventato una necessità come soluzione adeguata e sostenibile alla crisi in quanto il paese non è in grado di dotarsi di un esercito moderno, attrezzato, ben addestrato e motivato, capace di combattere le forze negative che, spesso sostenute dall’esterno, operano all’interno del paese.[28]


[1] Cf Radio Okapi, 15 et 16.11.’12; AFP – Kinshasa, 15.11.’12; AFP – Goma, 16.11.’12

[2] Cf AFP – Goma, 16.11.’12; Laurent Larcher – La Croix, 16.11.’12

[3] Cf Radio Okapi, 17.11.’12; RFI, 17.11.’12; AFP – Goma, 17.11.’12; Radio Okapi, 18.11.’12; AFP – France 24, 18.11.’12

[4] Cf Radio Okapi, 18.11.’12; AFP – Goma, 18.11.’12; AFP – Bruxelles, 18.11.’12

[5] Cf Radio Okapi, 19.11.’12

[6] Cf Radio Okapi, 19.11.’12; AFP – Goma, 19.11.’12

[7] Cf AFP – Goma, 20.11.’12; Radio Okapi, 20.11.’12

[8] Cf AFP – Goma, 21.11.’12

[9] Cf AFP – Kampala, 21.11.12

[10] Cf Radio Okapi, 21.11.’12

[11] Cf AFP – Goma, 17.11.’12; Radio Okapi. 18.11.’12; AFP – France 24, 18.11.’12

[12] Cf AFP – Bruxelles, 18.11.’12

[13] Cf Belga – Le Vif, 19.11.’12

[14] Cf African Press Organization (APO) – Addis Abeba, Ethiopie, 19.11.’12

[15] Cf Karim Lebhour – RFI – New York, 20.11.’12

[16] Cf AFP – Goma, 20.11.’12

[18] Cf Karim Lebhour – RFI – New York, 20.11.’12;

Adèle Smith – Le Figaro, 21.11.’12   http://www.lefigaro.fr/international/2012/11/21/01003-20121121ARTFIG00360-l-onu-condamne-la-prise-de-goma-par-les-rebelles-du-m23.php

[19] Karim Lebhour – RFI – New York, 20.11.’12

[20] Cf Radio Okapi, 22.11.’12

[21] Cf Radio Okapi, 23.11.’12

[22] Cf AFP – Bruxelles, 23.11.’12

[23] Cf Radio Okapi, 21.11.’12; BBC- Afrique, 21.11.12

[24] Cf Radio Okapi, 22.11.’12

[25] Cf Charlotte Idrac – RFI, 23.11.’12

[26] Cf Kongo Times, 16.11.’12

Il testo ufficiale è disponibile su:  http://www.un.org/french/documents/view_doc.asp?symbol=S/2012/843

[28] Cf Gode Kalonji Mukendi – La Tempête des Tropiques – Kinshasa, 21.11.’12