Dopo il vertice della Francofonia

Congo Attualità n. 163 – Editoriale a cura della Rete Pace per il Congo

 

Il vertice della Francofonia.

Il vertice della francofonia tenutosi a Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo (RDCongo), il 13 e il 14 ottobre 2012, non ha fatto altro che ricordare alcuni valori che costruiscono un popolo, una nazione e uno stato: il rispetto della democrazia, dei diritti umani, della libertà di espressione, della giustizia, del dialogo, della partecipazione, del pluralismo… Sono questi i valori che devono impregnare la vita del popolo e orientare le decisioni politiche del governo.

Spetta ora al popolo congolese prendere in mano il proprio destino. È questo il momento in cui i governanti del Paese devono dimostrare di essere all’altezza della loro missione.

Spesso il Governo ha preso decisioni o preso accordi internazionali senza consultare il Parlamento e ciò lo ha reso debole, sospettabile, ricattabile. Altre volte, il Parlamento è stato ridotto a cassa di risonanza del Governo stesso. Frequentemente, la maggioranza respinge troppo facilmente le proposte avanzate dall’opposizione. In alcuni casi, si sono convocate sedute parlamentari a porte chiuse, adducendo motivi di segreto di stato o di segreto militare, a scapito dell’informazione dovuta ai cittadini, ciò che ha favorito voci di accordi più o meno segreti.

Certo, il vertice non ha dato risposte concrete ai vari problemi che affliggono il popolo congolese: l’ingerenza-aggressione ruandese che alimenta la guerra nell’Est del Paese attraverso il Movimento del 23 Marzo (M23) e innumerevoli altri gruppi armati, la mancanza di democrazia che soffoca la verità delle urne, le violazioni dei diritti umani, la repressione della libertà di espressione e di manifestazione, l’impunità nei confronti dei responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Ci sono problemi urgenti da affrontare, tra cui la crisi post-elettorale che, provocata dalle elezioni truccate del novembre 2011, esige una riforma della commissione elettorale.

Verso la riforma della commissione elettorale.

Il parlamento congolese, più precisamente la Camera dei Deputati, sta esaminando in questi giorni un progetto di legge che, presentato dal governo, modificherebbe l’attuale legge sulla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Si tratta di una riforma assolutamente necessaria per poter evitare, in futuro, gli errori commessi nel passato e, soprattutto, per impedire il ripetersi dei gravissimi brogli elettorali constatati nelle ultime elezioni presidenziali e legislative del mese di novembre 2011. È una riforma urgente, per potere organizzare le prossime elezioni provinciali, comunali e locali. Sono ancora molte le divergenze al riguardo tra deputati dell’opposizione e della maggioranza. A livello della strutturazione della nuova CENI, l’opposizione propone l’introduzione di un’Assemblea Plenaria con responsabilità direttive e poteri decisionali, lasciando al Comitato di Amministrazione, coadiuvato da alcune commissioni tecniche, un ruolo esecutivo. Un’altra questione riguarda la composizione di questi organi e la rappresentatività delle diverse forze politiche e sociali. È fuori dubbio che solo un’attiva partecipazione e un’equa rappresentatività delle diverse forze politiche e sociali (maggioranza, opposizione e società civile) possono garantire il corretto svolgimento e la trasparenza del processo elettorale e, quindi, una più autentica democratizzazione del Paese. D’altra parte, qualsiasi organismo serio è dotato di un’Assemblea Generale e di un Consiglio di Amministrazione. Non c’è, quindi, alcun motivo per non dotare la CENI di una simile struttura.

Diritti umani e Giustizia

Un altro grande problema è quello delle violazioni dei diritti umani, i cui autori e mandanti rimangono impuniti. Tra i tanti casi, il controverso processo per l’assassino del difensore dei diritti umani Floribert Chebeya, avvenuto il 2 giugno 2010. Il principale sospettato, l’ex direttore della polizia John Numbi compare ancora come semplice testimone informato dei fatti e non come accusato. È necessario che si faccia piena luce su questo “omicidio di Stato” e che giustizia sia resa a Floribert, ai suoi familiari e a tutti coloro che si impegnano, come lui ha fatto, per la difesa dei diritti umani. In questo senso, è urgente l’istituzione e la convocazione della commissione per i diritti umani prevista dalla legge recentemente approvata in Parlamento.

La guerra nel Kivu

Per quanto riguarda l’ingerenza-aggressione ruandese via l’M23, di fronte alla forza delle armi e della malafede dell’avversario, di fronte agli interessi delle multinazionali e all’ipocrisia delle potenze occidentali, il governo si trova spesso a dover trattare in situazione di debolezza e di sottomissione, per cui dà l’impressione di essere complice ed è sospettato di alto tradimento.

La difesa della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale del Paese esigono la coesione di tutto il popolo congolese, la collaborazione tra istituzioni politiche e società civile e l’interazione tra Governo e Parlamento.

Un dibattito nazionale e inclusivo per un’uscita dalla crisi

In questo momento in cui la crisi appare in tutta la sua complessità, è auspicabile che tutte le forze vitali del Paese – Governo, Parlamento e Società Civile – si trovino insieme per un dibattito inclusivo che possa arrivare a proposte consensuali per la soluzione dei vari problemi del Paese. Forse è questo il momento di dimostrare che la RDCongo è un Paese in cui veramente «si pratica la democrazia per convinzione e non per costrizione», come affermato dal presidente congolese Joseph Kabila nel suo discorso di chiusura del recente vertice della francofonia e che «il popolo congolese è ormai maturo ed è capace di prendere in mano il suo destino», come affermato da Etienne Tshisekedi, dopo il suo incontro con il presidente francese François Hollande.