Marcia per la pace e la giustizia in RdCongo – di John Mpaliza

28 luglio – 22 settembre 2012

Reggio Emilia – Bruxelles: 1600 km

A cura della Rete Pace per il Congo

Trascrizione incontro a cura di P. Silvio Turazzi

 

Abbiamo partecipato venerdì 10 agosto 2012 all’incontro di Torino, la fine di una tappa del suo cammino verso Bruxelles, nel Centro “Sereno Regis” per la pace e la non violenza.

C’erano vari amici ed i rappresentanti del Comune e della Provincia.

John ha presentato il gruppo dei camminatori e l’esperienza che sta vivendo, ci sembra utile farla conoscere per coglierne meglio lo spirito.

 

 

Esperienza di John

In R.d.Congo continua una guerra dimenticata o sconosciuta dai più. Mi sono chiesto: Si può fare qualcosa? Ho visto le tristi conseguenze della guerra… Mia sorella è tra i dispersi.

Il 1° ottobre 2010 è uscito il “Rapporto Mapping” degli esperti dell’Onu; una denuncia forte della violazione dei diritti umani in R.d.Congo dal ’93 al 2003. Non è successo nulla, nessuna azione è stata intrapresa per fermare le stragi, eppure è un vero genocidio: 7 milioni di morti dal ’98 ad oggi (fonte: IRC – International Rescue Committee – Comitato Internazionale di Soccorso con sede a New York).

Ci sono grossi interessi economici legati al traffico illegale delle ricchezze minerarie, coltan in particolare richiesto oggi dalle nuove tecnologie.

Cosa fare? Mi sono detto: “La sensibilizzazione è importante”.

Allora sono andato a Taizè, poi a Santiago di Compostela e a Roma. Ho incontrato tante persone, gruppi, rappresentanti di Istituzioni. Per questo ho pensato ad una marcia da Reggio Emilia a Bruxelles per dare voce con il corpo, e i piedi in particolare, ai 7 milioni di morti del Congo, vittime innocenti della guerra.

Oggi siamo a Torino, domani continueremo verso la Francia. Il cammino è aperto a tutti! Chi può si unisca anche per qualche km…

Insieme ci mettiamo in gioco come strumenti di pace e non solo per il Congo.

Non posso dimenticare il recente Rapporto Onu (giugno 2012) in cui si denuncia la sofferenza di due milioni di sfollati costretti a lasciare i loro campi; la violenza sulle donne, almeno 400.000 stupri, e la ripresa della guerra con il nuovo gruppo armato (ma sono gli stessi di ieri), chiamato M23, Movimento 23 marzo, sostenuto apertamente dal Rwanda e dall’Uganda per il controllo delle ricchezze del Kivu.

A tutto questo si aggiunge il dramma umanitario che costringe la gente alla fame, li priva delle cure mediche e riduce la media della vita.

Per questo chiediamo all’Unione Europea di prendere posizione:

–          di rivedere le regole di ingaggio della Missione Onu (Monusco), per cui si spendono più di 2 milioni di Euro al giorno;

–          di mettere in atto le regole sulla tracciabilità delle ricchezze minerarie a partire dal Congo;

–          di impegnarsi perché i due milioni di sfollati possano lasciare i campi e rientrare nei loro villaggi.

Porto con me la bandiera del mio paese con cui spesso mi asciugo il sudore come segno di legame con la mia gente.

Ho messo nel braccio due nastri: uno nero e uno rosso. Mi aiutano a ricordare il lutto e il sangue innocente. Li porterò finché non sarà la pace, il perdono nella giustizia e nella verità. La pace è di tutti, aiutiamoci a costruirla dappertutto.

 

E’ questo il messaggio di John che sta camminando con Giordano, Simon, Juditte e altri che si aggiungono nelle singole tappe, verso Bruxelles.

 

 

È seguita la testimonianza di Pierre Kabeza, insegnante e sindacalista di Bukavu (Sud Kivu).

Ha detto: “Si parla oggi di diritti umani, ma mi chiedo: Noi congolesi facciamo parte della famiglia umana? Ci sono stati tanti morti nell’Ituri. Nessuno ne ha parlato, poi sono stati uccisi alcuni soldati dei caschi blu ed è scattata l’operazione che ha impegnato la Francia, con l’accordo internazionale, per un intervento immediato che ha fermato la guerra in quella regione.

Qualcosa di analogo è successo a Bukavu, occupata dai soldati ribelli di Nkunda. Violenze e stupri sulle donne della città. Silenzio! Poi furono violentate 3 donne di una Ong occidentale e seguì l’intervento immediato delle Forze dell’Onu.

Ogni giorno in Congo ci sono tanti morti come a New York l’11 settembre 2011 con l’attentato alle Torri Gemelle. Ma allora a chi interessano i nostri morti?

 

 

Conclusione dell’incontro

“Davvero le città – come ha scritto E. Balducci – possono essere nuove fonti di pace”. Così ha ricordato il rappresentante del Comune di Torino.

Dopo un evento come questo la tappa a Torino, una camminata di 35 km, ho avuto l’impressione che il colloquio con le Autorità andasse oltre i convenevoli e abbia suscitato un interesse per la pace, oltre le mura della città.

Alcune indicazioni emerse dal dialogo:

–          Patrocinio della marcia come anello di una rete, ma non solo;

–          Una presa di coscienza delle Autorità comunali e provinciali anche sul loro ruolo nei confronti della politica estera;

–          L’impegno a contattare i parlamentari locali per una loro azione in ambito nazionale ed europeo;

–          L’appoggio ad un’azione di sensibilizzazione nelle scuole e tra i cittadini.

Stimolante, mi è sembrata la conclusione con i canti di Ranzie Mensah, Ghana, e la performance teatrale della Compagnia dei Rifugiati del Teatro dell’Argine di Bologna: colloquio in questura tra un funzionario e una ragazza congolese che presenta la sua richiesta di asilo politico.

 

Grazie John!

Il tuo messaggio è chiaro, forte, portato insieme ai tuoi amici con la forza e la fragilità delle gambe.

Ci auguriamo che sia accolto dalle Autorità e dalla gente che incontrate, che la marcia sia un’occasione per creare o rinnovare una rete di impegno per la pace, in Congo in particolare, e sia un motivo di speranza per i nostri fratelli del Kivu.