Congo Attualità n. 455

«LA LEGGE MARZIALE IN ITURI E NORD KIVU NON SARÀ REVOCATA FIN QUANDO NON  SCOMPARIRANNO LE CIRCOSTANZE CHE L’HANNO MOTIVATA»  (IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA)

INDICE

1. DUE DICHIARAZIONI
a. La dichiarazione del Dott. Dénis Mukwege, premio Nobel per la pace 2018
b. Il rapporto del Kivu Security Tracker
c. Altre comunicazioni
2. L’8ª PROROGA DELLA LEGGE MARZIALE
3. ALCUNI DEGLI ATTACCHI “ATTRIBUITI” ALLE ADF
a. Nord Kivu
b. Ituri

1. DUE DICHIARAZIONI

a. La dichiarazione del Dott. Dénis Mukwege, premio Nobel per la pace 2018

Il 9 settembre, in una sua dichiarazione, il dottor Denis Mukwege, premio Nobel per la pace 2018, ha deplorato la persistenza dei massacri di persone civili nell’Ituri e nel Nord Kivu, due province in cui vige la legge marziale dallo scorso maggio:
«È con grande sgomento che abbiamo appreso dei recenti massacri nel Nord Kivu e nell’Ituri. Mentre almeno 19 persone sono state uccise il 27 agosto 2021 nel Territorio di Beni, almeno altre 30 sono state massacrate il ​​3 settembre 2021 nel Territorio di Irumu, in attacchi attribuiti a miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF).
La popolazione di questi territori vive costantemente nella paura e nell’orrore. La loro vita quotidiana è caratterizzata da atrocità inimmaginabili che colpiscono profondamente la coscienza umana: massacri su larga scala, incendi di villaggi, saccheggi e stupri commessi con estrema violenza. Il numero di persone uccise dalle ADF a partire dal 2013 è di circa 6.000 morti, nonostante la presenza della MONUSCO e della Brigata di Intervento che operano in appoggio delle Forze Armate della RDC, in base al Capitolo VII delle Nazioni Unite che autorizza il ricorso a tutti i mezzi militari necessari per mantenere o ripristinare la pace e la sicurezza.
Questa situazione tragica e scandalosa non è più sopportabile.
Nonostante la legge marziale attualmente vigente nel Nord Kivu e nell’Ituri, il livello della sicurezza in queste due province non sembra migliorare e la drammatica crisi umanitaria che le popolazioni civili stanno vivendo si sta trasformando in una vera e propria crisi umanitaria.
La situazione che prevale in questa regione colpita da decenni di conflitti armati è la seconda crisi umanitaria più grave al mondo. Basta ricordare che, nella RDCongo, gli sfollati interni sono 5,2 milioni di persone. Inoltre, i conflitti che hanno devastato il nostro Paese per 25 anni sono i più cruenti dalla seconda guerra mondiale in poi.
Di fronte al fallimento delle soluzioni politiche e militari, siamo convinti che il cammino verso una pace duratura richiederà il ricorso a tutti i meccanismi di una giustizia appropriata a situazioni post-conflitto (giustizia di transizione). Infatti, come ogni popolo, le vittime congolesi e la società congolese nel suo insieme hanno diritto alla verità, alla giustizia, alla riparazione e alla garanzie di non reiterazione delle atrocità.
Esortiamo dunque il Presidente della Repubblica a porre la lotta contro l’impunità e il ricorso alla giustizia di post-conflitto e di transizione al centro della strategia di uscita della Missione dell’ONU (MONUSCO) dal nostro Paese. Lo invitiamo a chiedere l’approvazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che istituisca, senza indugio, un gruppo di investigatori che, integrato nel Comitato congiunto delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, comprenda, tra altri, degli esperti in antropologia forense (medico-legale), abilitato a riesumare i corpi sepolti nelle numerose fosse comuni dell’est del paese e a raccogliere ed esaminare le prove di atti che potrebbero costituire dei crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di genocidio perpetrati nella RDCongo.
Inoltre, è giunto il momento che il Capo dello Stato concretizzi il suo impegno ad adottare una strategia nazionale olistica di giustizia di transizione e di post-conflitto, chiedendo espressamente alle Nazioni Unite l’istituzione di un Tribunale Penale Internazionale per la Repubblica Democratica del Congo e l’appoggio per l’introduzione, nel sistema giudiziario congolese, di camere specializzate miste, per rendere giustizia alle vittime dei crimini più gravi e porre fine alla cultura dell’impunità che alimenta i conflitti nel nostro Paese dagli anni 1990».[1]

b. Il rapporto del Kivu Security Tracker

Il 15 settembre, in un comunicato, il Kivu Security Tracker (KST), un’iniziativa congiunta di Human Rights Watch e Congo Study Group, a affermato che, dall’entrata in vigore della legge marziale, il 6 maggio, fino al 10 settembre, nelle province di Ituri e Nord Kivu, i diversi gruppi armati, alcuni dei quali non identificati, hanno ucciso almeno 672 persone e le forze di sicurezza congolesi ne hanno ucciso altre 67. «Se il governo congolese ammette la necessità di rendere più sicure le province dell’Ituri e del Nord Kivu, l’imposizione della legge marziale non ha permesso di raggiungere tale obiettivo», ha dichiarato Thomas Fessy, ricercatore principale di Human Rights Watch per la Repubblica Democratica del Congo, aggiungendo: «Benché il governo congolese cerchi di presentare le sue azioni come successi militari, molti abitanti dell’est della Repubblica Democratica del Congo vivono ancora nella costante paura del successivo massacro».
Negli ultimi anni, molti omicidi e rapimenti perpetrati nel territorio di Beni (Nord Kivu) e, più recentemente, nel vicino territorio di Irumu (Ituri) sono stati attribuiti al gruppo armato delle Forze Democratiche Alleate (ADF).
– Secondo fonti attendibili, l’esercito congolese ha recentemente utilizzato dei membri della comunità Banyabwisha, che provenivano dal Nord Kivu e che avevano appena disertato le ADF, come combattenti ausiliari nelle operazioni militari condotte contro le ADF nella zona di Tchabi  (Ituri). Secondo Human Rights Watch, le autorità congolesi dovrebbero aprire con urgenza un’inchiesta sull’uso di forze ausiliarie e procedere rapidamente alla smobilitazione / disarmo degli ex combattenti delle ADF.
– Uno dei tanti massacri commessi in agosto mette in luce l’inadeguatezza e l’insufficienza delle operazioni militari intraprese dall’esercito congolese. Il 2 agosto, le Forze Democratiche alleate (ADF), un gruppo armato di origine ugandese e di ispirazione islamista, avrebbero ucciso almeno 16 civili, tra cui due donne, nel villaggio di Idohu, nella provincia di Ituri. Nel villaggio c’era una dozzina di militari dell’esercito congolese e altri erano di stanza in un campo militare vicino, ma non hanno impedito l’attacco. «Avevamo ricevuto delle informazioni secondo le quali le ADF stavano arrivando nel villaggio, ma i militari governativi non li hanno affrontati, anzi sono fuggiti verso il loro campo base, che si trova a circa un chilometro di distanza. Non riusciamo a capire un tale comportamento», ha dichiarato a Human Rights Watch un attivista di Idohu.
– Il governo aveva affermato che, uno degli obiettivi dell’instaurazione della legge marziale era quello di combattere la corruzione che esiste nelle file dell’esercito. In seguito ad un’inchiesta condotta dall’ispettore generale dell’esercito, il generale Gabriel Amisi, noto anche come “Tango Four”, sono stati arrestati diversi ufficiali che sarebbero implicati in casi di appropriazione indebita di denaro pubblico, mediante la falsificazione delle liste di pagamento di stipendi destinati a degli effettivi fittizi. Il governo dovrebbe garantire agli arrestati un processo equo e dovrebbe estendere le inchieste anche agli alti ufficiali militari, incluso lo stesso generale Amisi, che sono già oggetto di sanzioni internazionali, perché implicati in gravi crimini o sospettati di trarre profitto da attività illegali.
– In luglio 2019, il capo delle ADF, Seka Baluku, aveva promesso fedeltà all’ISIS, che ha rivendicato gli attacchi avvenuti a Idohu e Mapipa all’inizio di agosto 2021. In marzo 2021, gli Stati Uniti hanno designato le ADF come organizzazione affiliata all’ISIS, con il nome di “Daesh Iraq e Siria – Repubblica Democratica del Congo”. Tra il 13 agosto e l’8 settembre, un gruppo di forze speciali americane si è recato nella Repubblica Democratica del Congo, per «effettuare una valutazione della futura squadra congolese per la lotta contro il terrorismo, il cui obiettivo sarebbe quello di concentrarsi su DAECH-RDC». Tuttavia, in giugno 2021, il gruppo degli esperti delle Nazioni Unite per la RDCongo ha affermato di non aver trovato «prove sufficienti né a proposito di un comando o controllo dell’ISIS sulle operazioni delle ADF, né di un appoggio diretto dell’ISIS alle ADF, sia a livello finanziario che umano e materiale». Un approccio antiterrorista contro le ADF incentrato sullo Stato Islamico rischia di sottovalutare tutti quei fattori che, da decenni, sono alla base dei molti conflitti esistenti nell’est della Repubblica Democratica del Congo, tra cui questioni di autorità tradizionale locale, conflitti fondiari, appoggio dell’esercito nazionale a determinati gruppi armati, guerre per procura, accesso alle risorse naturali, impunità totale per reati gravi.
– Mentre le autorità governative e i media tendono ad attribuire quasi tutti gli attacchi perpetrati nel territorio di Beni alle ADF, alcune inchieste rivelano la possibile implicazione di altri gruppi armati e di certi membri dell’esercito nazionale.
Le autorità congolesi, con l’assistenza della Missione dell’ONU in Congo (MONUSCO), dovrebbero adottare determinate misure, volte a ripristinare la fiducia con le popolazioni civili, rafforzando in particolare i sistemi di allerta precoce e consultando le comunità e le organizzazioni della società civile, per quanto riguarda la protezione della popolazione stessa. Le autorità dovrebbero adottare tutte le misure possibili, per garantire la piena protezione dei civili e delle loro famiglie. Tra queste misure: il tempestivo intervento delle truppe dell’esercito, immediatamente dopo aver ricevuto dalla popolazione  informazioni sulle attività e spostamenti dei gruppi armati.
Le unità dell’esercito congolese dispiegate nelle operazioni contro i gruppi armati dovrebbero essere accuratamente selezionate e sanificate, identificando e sospendendo quei militari e ufficiali sospettati di essere implicati in violazioni dei diritti umani odi  collaborare con dei gruppi armati.
Secondo Thomas Fessy, «il Presidente Tshisekedi dovrebbe concentrare l’attenzione sulla protezione dei civili e su un controllo più stretto dei militari dispiegati nell’est della Repubblica Democratica del Congo, per evitare ulteriori atrocità nei confronti di una popolazione che sta soffrendo da troppo tempo».[2]

c. Altre comunicazioni

Il 7 settembre, in una lettera al governatore militare del Nord Kivu, circa 40 associazioni ambientaliste e per i diritti umani hanno affermato che «la maggior parte dei gruppi armati attivi nel Nord Kivu ha stabilito le proprie basi all’interno e nei pressi del Parco Nazionale dei Virunga». Secondo queste organizzazioni, il bracconaggio, la pesca illegale e il disboscamento illegale dentro e nei dintorni di questo parco nazionale apportano centinaia di migliaia di dollari ogni mese ai gruppi armati attivi in questa zona. I gruppi armati sfruttano illegalmente le varie risorse naturali per il loro autofinanziamento. Si tratta soprattutto di ​​bracconaggio, traffico illecito di avorio, abbattimento illegale di piante, fabbricazione clandestina di carbone e pesca illegale, Per quanto riguarda la pesca praticata sul Lago Edward, essa fornisce ai vari gruppi armati almeno 100.000 dollari mensili, in tasse illegali riscosse sull’attività di ogni canoa. Per quanto riguarda il commercio del carbone, nella città di Goma entra ogni giorno una media di una quarantina di camion, carichi ciascuno di 150 sacchi di carbone. Ad un prezzo unitario di 10 dollari il sacco, il giro finanziario mensile può raggiungere una cifra prossima a 1,8 milioni di dollari, I sequestri di persone e altre pratiche criminali generano fondi colossali. Questo denaro viene utilizzato dai gruppi armati per approvvigionarsi in armi, ma anche per “corrompere le autorità civili e militari”. Nella loro lettera, le 40 associazioni chiedono al governatore di “smantellare tutte le reti mafiose esistenti, vietare qualsiasi attività commerciale illecita in cui siano implicati militari dell’esercito, guardie forestali del parco e loro familiari e, infine, arrestare tutti gli intermediari”.[3]

Il 10 settembre, in una conferenza stampa a Ginevra, il portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR), Boris Cheshirkov, ha dichiarato che, quest’anno, nell’est del Paese e soprattutto nelle due province del Nord Kivu e dell’Ituri, ci sono stati “più di 1.200 morti, circa 1.100 casi di violenza sessuale, 25.000 violazioni dei diritti umani e più di un milione di sfollati“.
L’UNHCR chiede quindi misure urgenti per proteggere i civili e un maggiore sostegno da parte della comunità internazionale, precisando che, «a meno di quattro mesi dalla fine dell’anno, è stato sbloccato solo il 51% dei 205 milioni di dollari necessari nel 2021 per la RDC». Secondo l’ultimo rapporto del Kivu Security Tracker (KST), dal mese di gennaio fino ad oggi, nel Nord Kivu e nell’Ituri, 642 persone sono state uccise dalle Forze Democratiche Alleate (ADF).[4]

2. L’8ª PROROGA DELLA LEGGE MARZIALE

Il 6 settembre, la Procura militare di Beni (Nord Kivu) ha concluso l’istruzione del caso di sei ufficiali dell’esercito congolese, arrestati lo scorso mese di luglio al termine di una missione di controllo effettuata dall’ispettorato generale dell’esercito. Questi ufficiali sono membri dello stato maggiore di comando del settore operativo Sokola 1 Grand Nord e della 32ª brigata di rapida reazione. Sono accusati di aver sovrafatturato le spese di acquisto dei generi alimentari destinati ai militari dispiegati nell’ambito delle operazioni contro le Forze Democratiche Alleate (ADF) e di aver gonfiato le liste relative  al pagamento degli stipendi dei militari. Secondo fonti giudiziarie, i dossier di questi ufficiali sono già stati trasmessi all’ufficio del procuratore capo del tribunale militare del Nord Kivu.[5]

Il 9 settembre, il deputato nazionale membro dell’ECIDé di Martin Fayulu, Jean-Baptiste Kasekwa, ha presentato al presidente dell’Assemblea nazionale un rapporto sulla situazione di insicurezza che prevale nel Nord Kivu e nell’Ituri, quattro mesi dopo l’instaurazione della legge marziale da parte del governo congolese. Nel suo rapporto, egli ha affermato che «in questo periodo sono state uccise 596 persone, una media di 5 persone al giorno, con un picco di 7 persone uccise al giorno durante il primo mese della legge marziale. Purtroppo stiamo assistendo, ancora una volta, ad un vertiginoso aumento dei massacri, Basta ricordare che, in soli 10 giorni, dal 27 agosto al 5 settembre 2021, sono state uccise ben 74 persone. Rispetto al 2018 (914 morti, cioè 3 persone uccise al giorno), al 2019 (1.070 morti, cioè 3 persone uccise al giorno) e al 2020 (1.569 morti, cioè 4 persone uccise al giorno), il periodo della legge marziale sembra paradossalmente essere quello più mortale per i territori di Beni, Irumu e Mambasa». In seguito a questo macabro conteggio, Jean-Baptiste Kasekwa ha raccomandato di orientare in modo diverso la legge marziale e di applicare strategie più efficaci, per potere risolvere il problema dell’insicurezza in queste due province dell’est del Paese.[6]

Il 10 settembre, in un messaggio trasmesso alla stampa, il vicepresidente dell’Assemblea provinciale del Nord Kivu, il deputato provinciale Jean-Paul Lumbulumbu, si è detto contrario a un’ottava proroga della legge marziale nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri, senza una sua previa riqualificazione. Egli ritiene che un’8ª proroga che non tenga conto della realtà sul posto dovrebbe essere considerata come un “atto di tradimento, d’irresponsabilità e di vigliaccheria” nei confronti delle vittime delle violenze che, perpetrate dai vari gruppi armati, si sono accentuate nel periodo in cui è in vigore la legge marziale. Il vicepresidente dell’Assemblea provinciale del Nord Kivu ha sottolineato il fatto che, in diversi territori delle due province interessate dalla legge marziale, i massacri aumentano sempre e ha affermato che la legge marziale dovrebbe essere applicata solo nei territori di Beni (Nord Kivu) e di Irumu (Ituri), dove negli ultimi mesi si sono intensificate le violenze perpetrate dalle Forze Democratiche Aleate (ADF). Questa proposta era già stata presentata al Primo Ministro, Jean-Michel Sama Lukonde, durante l’udienza concessa ai deputati provinciali del Nord Kivu, il 24 agosto scorso, in occasione della sua visita a Beni.[7]

Il 10 settembre, il Governo ha approvato il disegno di legge che autorizza l’ottava proroga della legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu. Questo disegno di legge è stato presentato al Consiglio dei ministri dalla ministro della Giustizia Rose Mutombo.[8]

Il 16 settembre, l’Assemblea Nazionale ha approvato il disegno di legge sull’autorizzazione dell’8ª proroga della legge marziale nel Nord Kivu e nell’Ituri. Hanno votato a favore 280 su 281 deputati presenti e solo uno ha votato contro. Nella sua esposizione dei motivi, la Ministro della Giustizia Rose Mutumbo, ha presentato la situazione al 13 settembre nei seguenti termini:
– nell’Ituri: 26 località riconquistate dalle mani dei gruppi armati, 21 miliziani arresi, 152 persone liberate su 189 sequestrate, 49 armi recuperate e varie roccaforti delle forze nemiche smantellate.
– nel Nord Kivu: 37 località riconquistate, 2.447 miliziani arresi e 428 armi recuperate, di cui 178 durante le operazioni militari.
Il bilancio totale per le due province sarebbe di 63 località riconquistate, più di 2.460 miliziani arresi, circa 450 armi recuperate e più di 150 persone sequestrate liberate.
Secondo la ministro Rose Mutumbo, «la proroga della legge marziale è necessaria, per permettere alle forze di difesa e di sicurezza di restaurare l’autorità dello Stato nelle due province interessate, affinché la popolazione possa finalmente vivere nella pace e in sicurezza».
Tuttavia, il deputato nazionale Jean Baptiste Mohindo si è detto contrario a qualsiasi prossima proroga della legge marziale, in vigore dal 6 maggio, soprattutto perché tale proroga prolungherebbe anche la paralisi delle istituzioni provinciali. Secondo lui, le operazioni militari potrebbero continuare anche in assenza della legge marziale. Jean Baptiste Mohindo ha affermato che è inaccettabile e contrario all’articolo 220 della Costituzione che le istituzioni provinciali restino paralizzate per più di 120 giorni. Secondo lui, l’esercito e la MONUSCO possono continuare le operazioni militari e ottenere la vittoria senza essere necessariamente sottoposti alla legge marziale..
Da parte sua, la Commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea nazionale ha già presentato il suo rapporto sulle audizioni effettuate per una valutazione a metà percorso dell’applicazione della legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu. Il Presidente dell’Assemblea Nazionale ha annunciato che tale rapporto sarà sottoposto a discussione, in una delle prossime sedute plenarie.[9]

Il 17 settembre, il Senato ha approvato in seconda lettura e all’unanimità (88/88 senatori che hanno partecipato alla votazione) il disegno di legge sul8ª proroga della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu.[10]

Il 18 settembre, il deputato nazionale Jean-Baptiste Kasekwa ha accusato il presidente  dell’Assemblea nazionale di ritardare l’esame del rapporto della Commissione Difesa e Sicurezza sulla valutazione a medio termine dell’applicazione della legge marziale vigente nelle province di Ituri e Nord Kivu. Per questo deputato di Goma, Christophe Mboso non vuole che i deputati entrino in possesso delle informazioni detenute dalla Commissione Difesa e Sicurezza sull’attuazione della legge marziale. Egli sospetta che la presidenza dell’Assemblea Nazionale e il governo stiano facendo di tutto, affinché la legge marziale resti in vigore il più possibile.[11]

Il 18 settembre, il Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, ha promulgato la legge che proroga di altri 15 giorni la legge marziale in vigore dal 6 maggio nelle province di Ituri e Nord Kivu.[12]

Il 21 settembre, nel suo discorso alla 76ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, il Presidente della Repubblica, Félix Antoine Tshisekedi, ha dichiarato che la legge marziale in vigore dallo scorso mese di maggio nelle province di Ituri e Nord Kivu non sarà abrogata che «quando saranno scomparse le circostanze che l’hanno motivata». In tale occasione, egli ha presentato una valutazione ampiamente positiva delle attività militari condotte dall’esercito congolese nel contesto della legge marziale. Tra i risultati positivi, egli ha citato:
la neutralizzazione (uccisione) di diverse centinaia di miliziani,
la resa di molti membri di gruppi armati,
il recupero di armi e munizioni da parte dell’esercito,
lo smantellamento di diversi gruppi dediti al traffico illecito di armi, munizioni e minerali,
lo smantellamento di diverse catene di approvvigionamento di prodotti destinati ai gruppi armati,
il recupero di molte località finora occupate da gruppi armati,
la liberazione di molte persone prese in ostaggio da gruppi armati. tra cui le ADF,
la riapertura di alcune importanti strade che erano sotto il controllo di forze negative,
la significativa riduzione degli attacchi contro la popolazione civile.[13]

Il 22 settembre, il deputato dell’opposizione Jean-Baptiste Mohindo ha reagito al discorso del Capo dello Stato, secondo il quale «la legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu non sarà abrogata, fino a quando le circostanze che lo hanno motivato non scompariranno». Secondo questo deputato, «nessuna disposizione costituzionale autorizza il Presidente della Repubblica a prolungare indefinitamente la legge marziale». Egli ha fatto notare che, con l’instaurazione della legge marziale, i membri delle istituzioni politico-amministrative provinciali (Governatore, deputati provinciali e sindaci) sono stati sostituiti da ufficiali dell’esercito e della polizia e che. in tal modo, sono stati sospesi dalle loro funzioni e responsabilità. Secondo Jean-Baptiste Mohindo, questa sospensione provvisoria è paragonabile al caso di vuoto di potere alla Presidenza della Repubblica e a quello dello scioglimento dell’assemblea dei deputati, due casi già regolamentati dalla Costituzione: «le proroghe illimitate della legge marziale entrano in conflitto con l’articolo 76 della Costituzione, relativo al caso di vuoto di potere alla Presidenza della Repubblica, e con l’articolo 197, relativo al caso di scioglimento dell’assemblea dei deputati. In entrambi i casi, la Corte Costituzionale non può che concedere alla Commissione elettorale un massimo di 120 giorni per organizzare nuove elezioni. Di conseguenza, in virtù di quale disposizione costituzionale il Presidente della Repubblica potrebbe prolungare la legge marziale per un periodo superiore ai 120 giorni?». Jean-Baptiste Mohindo chiede piuttosto l’immediata attuazione dei meccanismi del programma di Disarmo e Reinserimento Sociale (DDRC-S) a favore dei membri dei gruppi armati congolesi che si arrendono e l’intensificazione delle operazioni militari contro i gruppi armati stranieri.
Da parte loro, i deputati della maggioranza membri della Sacra Unione per la Nazione, la legge marziale deve essere prorogata finché continuerà a prevalere l’insicurezza in quella parte del Paese. Secondo il deputato Jackson Ausse, «non c’è alcun motivo per revocarla legge marziale, visto che le cause che hanno portato alla sua instaurazione esistono ancora. Purtroppo siamo obbligati a mantenere la popolazione in una misura eccezionale anche se, secondo la costituzione, le misure eccezionali non devono durare a lungo».[14]

3. ALCUNI DEGLI ATTACCHI “ATTRIBUITI” ALLE ADF

a. Nord Kivu

Il 5 settembre, un nuovo attacco attribuito alle Forze Democratiche Alleate (ADF) ha causato la morte di due persone, residenti nel villaggio di Musamambu, situato nella valle di Mwalika, nel distretto di Bashu del territorio di Beni. Altre persone sono state prese in ostaggio.[15]

Il 10 settembre, almeno quattro persone sono state uccise a colpi di machete durante un nuovo attacco di miliziani membri delle Forze Democratiche Alleate (ADF) a Kitchimba, un villaggio situato nei pressi della località di Kainama, nel nord del territorio di Beni. Altre tre persone sono rimaste gravemente ferite. Fonti locali hanno dichiarato che le vittime sono state delle donne, aggredite e decapitate mentre facevano il bucato sulle rive del fiume Vubake, a un chilometro di distanza da una postazione dell’esercito. Il responsabile della società civile locale, Jonas Bin Kasumba, ha affermato che l’aggressione è avvenuta verso le 10:00 del mattino e ha deplorato il fatto che, «benché la popolazione avverta le autorità civili e militari su movimenti sospetti nella zona, esse continuano a non tenerne conto».[16]

Il 12 settembre, durante la notte, dei miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) hanno ucciso 3 persone in un attacco al villaggio di Kyakolwa, nei pressi di Muthendero, distretto di Bashu, nel territorio di Beni.[17]

Il 13 settembre, almeno quattro persone sono state uccise in un attacco perpetrato da miliziani delle Forze Democratiche alleate (ADF) nel villaggio di Nzaka, situato nel raggruppamento di Isale Kasongwere, del distretto di Bashu, nel territorio di Beni.[18]

Il 15 settembre, nella notte, almeno cinque persone, tra cui un capo tradizionale, sono state uccise e diverse case incendiate, durante un attacco attribuito a presunti miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) a Muthendero, un villaggio situato nel raggruppamento di Isale, del distretto di Bashu, una ventina di chilometri a est di Butembo. Altre fonti parlano di 8 persone uccise.
Secondo Timothée Kombi, coordinatore della società civile di Isale, l’attacco è iniziato verso le 22:00. Gli aggressori hanno preso di mira due località, tra cui Muvuhombwe e Kilahu. Hanno ucciso almeno cinque persone, di cui tre che stavano partecipando a una veglia di lutto. Tra queste, Katembo Kamali, il custode della tradizione del distretto di Bashu. Gli aggressori hanno incendiato almeno sette case.
«Muthendero è un luogo importante nella cultura locale. Innanzitutto, è qui che risiede il custode della tradizione del clan Basukali (uno dei clan Nande). È anche un importante centro rituale per gli Yira (i Nande della Repubblica Democratica del Congo e i Konzo dell’Uganda), che vi celebrano dei riti a favore della fertilità e dell’abbondanza. Quindi è la cultura stessa che, con questo assassinato, è stata colpita», ha affermato il giornalista-scrittore Christian Muke, autore del libro “The Yira Nation”. Nel distretto di Bashu, gli attacchi si sono intensificati negli ultimi giorni: 24 persone uccise in un solo mese. Dal 12 settembre, migliaia di persone hanno abbandonato diversi villaggi del distretto di Bashu, a causa dei continui attacchi delle ADF. Tra i villaggi abbandonati: Kilahu, Vuhombe, Muthethero, Kathikali, Shahuma, Kalambi e Vulambo, i cui abitanti sono fuggiti verso Butembo e Kyondo. Questi villaggi erano molto popolati, con circa 5.000 persone ciascuno.[19]

Il 20 settembre, in una conferenza stampa a Beni, il portavoce del governatore del Nord Kivu, il generale Sylvain Ekenge, ha affermato che l’attacco che ha provocato vari morti la scorsa settimana nel villaggio di Mutehendero del distretto di Bashu è stato compiuto da miliziani Mai-Mai. «Questo omicidio potrebbe essere sto compiuto da combattenti Mayi-Mayi che sono molto attivi nella zona e che, molto spesso, vengono usati come ausiliari delle ADF. Il miliziano che è stato ucciso dalle forze armate della RDC a Makungwe, conosciuto dalla popolazione come membro Mai-Mai, ne è una prova eloquente. Pensiamo che si sia trattato di un regolamento di conti tra due famiglie discendenti della famiglia reale, che riguarda la gestione e l’occupazione della collina sacra di Muthendero. L’assassinio del custode della collina, poco prima di un incontro di riconciliazione indetto dal mwami (capo), solleva molte domande e dubbi. Lo stesso vale per le altre persone uccise e per le case incendiate, che sono state prese di mira in modo particolare, poiché erano direttamente implicate nel conflitto. È come se un gruppo armato sia stato utilizzato, per regolare i conti con l’altra parte», ha affermato il generale Ekenge.
Infatti, due famiglie, cioè la famiglia Siriwayo e la famiglia Abdoul, tutte e due discendenti di Kalemire, sono in conflitto tra loro. L’ultima disputa tra le due famiglie è iniziata con la morte, il 30 luglio 2021, di Valentin Kasumbakali, della famiglia Siriwayo. La famiglia di Abdoul Kalemire 3, attuale capo del distretto di Bashu, si era opposta alla sepoltura del corpo di Valentin Kasumbakali nel cimitero ancestrale di Muthendero. Nonostante ciò, il corpo del defunto è stato sepolto nel luogo sacro per tradizione, ma il giorno seguente, la tomba è stata profanata.[20]

Il 22 settembre, verso le 22:00, sei persone sono state uccise e diverse altre scomparse, in un attacco perpetrato da miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) a Kamaghando e a Kyarutavira, due villaggi nelle vicinanze di Kabasewa, distretto di Bashu, territorio di Beni. Da parte sua, il portavoce delle operazioni Sokola 1, il capitano Anthony Mwalushayi, ha affermato che questo attacco ai villaggi di Kamaghando e Kyarutavira potrebbe essere stato commesso da dei combattenti Mayi-Mayi, ma non ha voluto fornire ulteriori dettagli.[21]

Il 24 settembre, nel tardo pomeriggio, almeno due persone sono state uccise da uomini armati nel villaggio di Kavasewa, distretto di Bashu, territorio di Beni. Le vittime stavano tornando dai campi. L’omicidio è stato perpetrato a meno di un chilometro di distanza da una postazione dell’esercito. L’identità degli autori non è ancora nota, ma nella zona operano combattenti Mayi-Mayi e miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF).[22]

Il 24 settembre, il sindaco ad interim della città di Butembo, il commissario Mowa Baeki-Telly Roger, ha affermato che alcune botteghe e mototaxi dei quartieri Wayene, Kamesi Mbonzo e Kimbulu, comune di Bulengera, appartengono alle Forze Democratiche Alleate (ADF). L’ha dichiarato nel corso di un incontro di sensibilizzazione della popolazione, il cui obiettivo era quello di sollecitarla alla vigilanza, vista la vicinanza con il distretto di Bashu dove, negli ultimi giorni, ci sono stati degli attacchi. Egli ha colto l’occasione per chiedere alla popolazione di dissociarsi dalle ADF.[23]

b. Ituri

Il 7 settembre, almeno 7 persone sono state uccise in un attacco attribuito a dei miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) nel villaggio di Mambumembume, situato nel territorio di Irumu, al confine con la provincia del Nord Kivu. Kinos Katuho, coordinatore della la società civile di Mamove, un villaggio vicino, ha affermato che gli aggressori hanno fatto irruzione nel mercato del villaggio verso le 10:00 del mattino, hanno poi saccheggiato vari beni della popolazione, giustiziato i 7 civili e incendiato diverse case. Egli ha precisato che le vittime provenivano dal Nord Kivu.[24]

Il 10 settembre, in mattinata, si è riaperto al traffico il tratto stradale Komanda – Luna, nel territorio di Irumu. Un convoglio di una sessantina di veicoli, tra cui dei camion carichi di merci, è stato scortato da militari della MONUSCO e dell’esercito congolese sul tratto di strada citato, Nel primo pomeriggio, un secondo convoglio, simile a quello del mattino, ha potuto percorrere il tragitto inverso (Luna – Komanda), sempre scortato dalle forze della MONUSCO  e dell’esercito congolese. I due convogli hanno potuto percorrere questa tratto di strada lungo una settantina di km. senza incidenti. Il traffico su questo tratto stradale era stato sospeso la settimana precedente dalle autorità militari del territorio di Irumu, in seguito a un attacco perpetrato da presunti miliziani ADF contro un convoglio di un centinaio di veicoli, benché fosse scortato da militari della MONUSCO e dell’esercito congolese. La strada nazionale numero 4 (RN4) collega l’Ituri e il Nord Kivu. È di capitale importanza sociale ed economica, perché è attraverso di essa che transitano, tra il Nord Kivu e l’Ituri, persone e merci, tra cui beni di prima necessità, come prodotti alimentari, sapone, utensili da cucina, scarpe, vestiti. Dopo la sospensione del traffico su questo tratto stradale da parte dell’amministratore del territorio di Irumu, centinaia di veicoli erano rimasti bloccati su entrambi i lati di provenienza, con gravi conseguenze sul piano economico, provocando una scarsità di merci sui mercati locali e l’aumento dei relativi prezzi.[25]

Il 10 settembre, tre veicoli, 34 case e una dozzina di moto taxi sono stati incendiati da sospetti miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) a Ndimo, un villaggio situato sulla strada nazionale numero 4 (RN4), nel territorio di Irumu. Secondo alcuni testimoni, questi presunti miliziani ADF hanno attaccato il villaggio di Ndimo verso le 17:00, ora locale. L’attacco è iniziato dopo il passaggio di un convoglio di veicoli proveniente da Luna e scortato da caschi blu della MONUSCO e da militari dell’esercito congolese. Fonti della società civile locale hanno dichiarato che i miliziani sono improvvisamente usciti dalla foresta, hanno subito bloccato i veicoli che essi pensavano facessero parte del convoglio scortato, hanno poi incendiato tre veicoli, tra cui un camion che trasportava carbone e diretto verso Beni, nel Nord Kivu. Il portavoce dell’esercito in Ituri, il tenente Jules Ngongo. ha affermato che, negli scontri che hanno avuto luogo tra l’esercito e gli aggressori dopo l’attacco, sono state uccise sei persone, tra cui quattro sospetti miliziani delle ADF.[26]

Il 13 settembre, nel pomeriggio, è stato segnalato un altro attacco di miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) a Mahala, una località situata sul tratto stradale Komanda-Luna, nel territorio di Irumu. Secondo la società civile locale, due veicoli sono caduti in un’imboscata tesa dalle ADF dopo il passaggio di un convoglio scortato da militari della MONUSCO e dell’esercito congolese. Il bilancio provvisorio è di due veicoli incendiati. Tutti i passeggeri sono risultati dispersi. Secondo alcune fonti, sono rimaste uccise tre persone. Secondo altre fonti, vari veicoli bloccati a Komanda erano partiti da questa località, nella mattonata, in un convoglio diretto a Luna e scortato da militari della MONUSCO e dell’esercito congolese. Altri veicoli sono arrivati in ritardo, ​​quando il convoglio era già partito. Tra questi veicoli in ritardo, un’auto e un camion hanno deciso di intraprendere il viaggio nel pomeriggio e senza scorta, Un membro della società civile di Irumu ha raccomandato agli autisti di non intraprendere alcun viaggio senza scorta su questa strada.[27]

Il 13 settembre, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno annunciato la liberazione di 8 persone (7 congolesi e 1 straniero) recentemente prese in ostaggio da miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) sulla strada Luna-Komanda. La loro liberazione è avvenuta a Otoabere, un villaggio del territorio di Irumu.[28]

Il 18 settembre, in una missione nel territorio di Irumu, una delegazione della Missione dell’ONU in Congo (MONUSCO) ha constatato che una quindicina di villaggi situati sulla strada Loya-Mambelenga sono ormai disabitati. Vi si vedono solo dei militari delle Forze Armate della RDC (FARDC). Tutti gli abitanti delle località di Loya, Sokotano, Mafifi, Sesa, Ofay, Idohu, Ndimo fino a Membelenga hanno dovuto abbandonare le proprie case e le proprie attività, a causa delle violenze perpetrate da miliziani delle ADF. La delegazione ha potuto constatare che molte case e botteghe sono state saccheggiate e incendiate e parecchi veicoli danneggiati. Gli utenti di questa strada hanno ormai paura di viaggiare su questo tratto di strada, lungo circa 50 km, senza scorta dell’esercito e della MONUSCO.[29]

Il 23 settembre, durante la notte, almeno 5 persone sono state uccise da sospetti miliziani delle Forze Democratiche Alleate (ADF) che hanno attaccato Bogi e Kipe Yayo, due quartieri della città di Komanda, situata nel territorio di Irumu (Ituri).
L’attacco è iniziato poco prima delle 19:00 ora locale ed è continuato fino alle 3:00 del mattino. Secondo la Croce Rossa, tra le vittime ci sarebbero quattro civili (tre donne e un uomo) e un miliziano delle ADF. Un’altra persona è stata gravemente ferita con un machete. Altre cinque persone, tra cui un soccorritore, sono state sequestrate e condotte nella foresta.
Secondo il presidente della società civile di Komanda, Daniel Herabo, «un ostaggio sfuggito dalle mani delle ADF aveva dato l’allarme verso le 15:00. Egli aveva avvisato della presenza di miliziani ADF nei dintorni, ma non è stata intrapresa alcuna azione di ricerca».
Anche il coordinatore della ONG Convenzione per il Rispetto dei Diritti Umani (CRDH), Christophe Munyanderu, ha deplorato la negligenza delle autorità militari nei confronti degli allarmi segnalati dalla popolazione prima che gli attacchi abbiano luogo: «Abbiamo l’impressione che le autorità ci abbiano abbandonati perché, anche quando le avvertiamo della presenza del nemico, non intervengono immediatamente».
Secondo il governatore militare dell’Ituri, il generale Luboya N’kashama, «i miliziani delle ADF, purtroppo associati a dei concittadini nazionali, volevano attaccare dei veicoli che erano rimasti bloccati a Komanda, a causa delle cattive condizioni della strada e dell’insicurezza». Gran parte della popolazione di Komanda è fuggita, alcuni verso Mambasa e altri verso Bunia.[30]

[1] Cf https://panzifoundation.org/declaration-du-dr-mukwege-sur-les-recents-massacres-en-ituri-et-au-nord-kivu-09-08-2021/
[2] Cf Radio Okapi, 16.09.’21; Lire le rapport ici: https://www.hrw.org/fr/news/2021/09/15/rd-congo-les-massacres-se-poursuivent-en-depit-de-letat-de-siege#
[3] Cf AFP – Actualité.cd, 07.09.’21
[4] Cf AFP – Radio Okapi, 10.09.’21
[5] Cf Radio Okapi, 06.09.’21
[6] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 09.09.’21
[7] Cf Glody Murhabazi – 7sur7.cd, 12.09.’21
[8] Cf Moise Dianyishayi – 7sur7.cd, 11.09.’21
[9] Cf Radio Okapi, 17.09.’21; Christian Okende – Politico.cd, 16.09.’21
[10] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 17.09.’21
[11] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 17.09.’21
[12] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 18.09.’21
[13] Cf Radio Okapi, 21.09.’21
[14] Cf Radio Okapi, 22.09.’21
[15] Cf Radio Okapi, 06.09.’21
[16] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 10.09.’21
[17] Cf Joël Kaseso – 7su7.cd, 13.09.’21
[18] Cf Actualité.cd, 13.09.’21
[19] Cf Yassin Kombi et Claude Sengenya – Actualité.cd, 16.09.’21
[20] Cf Radio Okapi, 20.09.’21; Yassin Kombi – Actualité.cd, 20.09.’21
[21] Cf Radio Okapi, 24.09’21
[22] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 25.09.’21
[23] Cf Radio Okapi, 26.09.’21
[24] Cf Yassin Kombi – Actualité.cd, 08.09.’21
[25] Cf Radio Okapi, 10.09.’21
[26] Cf Radio Okapi, 11 et 12.09.’21
[27] Cf Radio Okapi, 14.09.’21
[28] Cf Joël Kaseso – 7sur7.cd, 13,09.’21
[29] Cf Radio Okapi, 20.09.’21
[30] Radio Okapi, 24.09.’21; Patrick Maki – Actualité.cd, 24.09.’21; Azarias Mokonzi – Politico.cd, 24.09.’21