Congo Attualità n. 428

LA DESTITUZIONE DEL COMITATO DI PRESIDENZA DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE

INDICE

1. SEI MOZIONI DI SFIDUCIA
a. L’inoltro delle petizioni
b. I risultati del voto in seduta plenaria
c. Qualche reazione
2. IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DAVANTI AL PARLAMENTO RIUNITO IN CONGRESSO
3. LA CONCLUSIONE DELLA SESSIONE PARLAMENTARE DI SETTEMBRE

1. SEI PETIZIONI DI SFIDUCIA

a. L’inoltro delle petizioni

Il 2 dicembre, il deputato nazionale Muhindo Nzangi, della coalizione LAMUKA, ha annunciato che più di 250 deputati, di cui quasi un centinaio sono membri del Fronte Comune per il Congo (FCC), hanno firmato sei petizioni per ottenere le dimissioni del comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale presieduto da Jeanine Mabunda. Secondo lui, «con queste firme, la maggioranza assoluta dei deputati che compongono l’Assemblea nazionale hanno ritirato la fiducia al comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale. Ne consegue che la riqualificazione della maggioranza parlamentare è già effettiva». Egli ha inoltre precisato che «non si tratta solo di una petizione contro il comitato di presidenza, ma anche per la riqualificazione della maggioranza in Parlamento. Tutti i deputati che hanno aderito all’appello del Capo dello Stato hanno firmato la petizione, il che riqualificherà la maggioranza in Parlamento, Non si tratta dunque di una petizione normale come altre». Di conseguenza, egli ha chiesto al Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, di tenere conto di questa nuova situazione nel suo discorso che pronuncerà dopo le consultazioni: «Il Capo dello Stato ha oggi la possibilità di tener conto di questa nuova dinamica interna all’Assemblea nazionale, per designare un informatore che possa identificare formalmente questa nuova maggioranza in seno all’Assemblea nazionale».[1]

Il 3 dicembre, il deputato Boniface Balamage Nkolo, secondo vicepresidente dell’Assemblea nazionale e membro dell’FCC, ha reagito all’annuncio della petizione in corso. Egli ha denunciato un’azione politica orchestrata, secondo lui, da una cera parte politica, per ottenere un indebolimento dell’Assemblea nazionale e una nuova maggioranza parlamentare. Ha inoltre indicato che l’appartenenza alla maggioranza parlamentare o all’opposizione è notificata, mediante dichiarazione scritta da parte dei gruppi parlamentari, al Comitato di presidenza  dell’Assemblea Nazionale, all’inizio della legislatura e dura per l’intera legislatura, in conformità con il Regolamento interno dell’Assemblea Nazionale.[2]

Il 4 dicembre, in un comunicato stampa, i firmatari delle sei petizioni hanno annunciato che le inoltreranno il giorno seguente, 5 dicembre. Tra i deputati firmatari del comunicato: Adèle Kahinda per il gruppo parlamentare AFDC-A, Daniel Mbau per l’MLC, Dieudonné Bolengetenge per Insieme, Martin Tshipama e Léon Mubikayi.[3]

Il 5 dicembre, alla vigilia del discorso del Presidente della Repubblica al popolo congolese, a conclusione delle sue precedenti consultazioni delle varie forze politiche e sociali, una delegazione di deputati nazionali si è recata a Palazzo del Popolo, sede del Parlamento, per depositare le petizioni contro i membri del comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale. Non avendo potuto consegnarle a causa della chiusura degli uffici, la delegazione ha fatto appello a un agente giudiziario, Gabriel Akila, che ha promesso loro di inoltrarle a chi di dovere. Solo in serata, dopo diverse ore di attesa, la delegazione ha finalmente potuto depositare le petizioni al vice relatore del comitato di presidenza e al segretario generale dell’Assemblea nazionale.
La delegazione ha energicamente protestato per la chiusura, proprio in quel giorno, di tutti gli uffici dell’Assemblea nazionale. Da parte sua, la presidente del comitato di presidenza, Jeanine Mabunda, ha risposto che, per l’amministrazione dell’Assemblea nazionale, il sabato è un giorno non lavorativo, affermazione respinta da Verso il Cambiamento (CACH), la piattaforma politica di cui il Presidente Félix Tshisekedi è autorità morale. Secondo Peter Kazadi, il sabato è un giorno in cui le amministrazioni pubbliche operano fino alle ore 13:00.[4]

I deputati firmatari delle petizioni contro il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale rimproverano alla presidente di questa camera, Jeanine Mabunda, una totale “opacità” nella gestione delle finanze dell’Assemblea nazionale. In particolare, uno di loro, Paulin Maembo Gelingi, rileva la “mancanza della controfirma” del questore per il ritiro di denaro dalla banca: «Le finanze dell’Assemblea nazionale sono gestite da una sola persona, Jeanine Mabunda. Nel libretto degli assegni, non c’è nessuna controfirma per le operazioni bancarie … Non si può gestire il denaro delle istituzioni come se fosse denaro privato. Per esigenze di trasparenza e di buon governo, i documenti finanziari devono essere gestiti da due persone, in questo caso particolare, dalla presidente e dal questore. Nonostante ciò, la presidente Mabunda ha ritirato la seconda firma, quella del questore, rimanendo l’unica che può prelevare del denaro dalla banca».[5]

Il 5 dicembre, il deputato Daniel Nsafu, membro di AMK e firmatario delle petizioni, ha dichiarato: «Il Congo ha perso il senso della nazione. Non siamo più una nazione, siamo uno Stato retto da autorità morali. Ciò significa che ci troviamo davanti a un certo bicefalismo ai vertici dello stato. Si tratta di due teste ai vertici dello stato. Non è possibile avere due persone che abbiano la pretesa di governare il Paese. Con ciò ci imbattiamo in quella che i politologi chiamano liquefazione o scomparsa del Congo». E aggiunge: «Tanto di cappello al Presidente Felix Tshisekedi che ha capito che il bicefalismo ai vertici dello Stato ci stava portando verso la liquefazione o scomparsa della nazione. È necessario dire addio alla maggioranza di Kabila, per trovare una nuova maggioranza che ci permetta di far uscire il Congo dal baratro. Il Congo non è una nazione, dobbiamo fare del Congo una nazione». Affermando di essere ancora prossimo a Martin Fayulu, egli spiega le ragioni della sua azione a favore di Félix Tshisekedi: «In questo momento, chi rifiuta di  collaborare con il Presidente Tshisekedi è nemico del Congo».[6]

Il 5 dicembre, Daniel Mbau, deputato nazionale del Movimento di Liberazione del Congo (MLC) e firmatario delle petizioni, ha affermato che si sta formando una nuova maggioranza: «Oggi stiamo assistendo ad una svolta storica, perché c’è una nuova maggioranza che si sta costruendo e che sta emergendo. Oggi è il momento della cristallizzazione delle grandi speranze di tutto il popolo congolese. Dopo la consegna di queste petizioni, secondo l’articolo 31 del regolamento interno, sono il deputato più anziano e i due più giovani che dovranno convocare e presiedere una seduta plenaria in cui l’insieme dei deputati dovranno pronunciarsi, mediante voto, su queste petizioni. I risultati sono sin d’ora già noti: una sfiducia generale nei confronti del comitato di presidenza, con la conseguente sua caduta a livello giuridico».[7]

Il 5 dicembre, dopo la consegna delle petizioni, la deputata Geneviève Inagosi, membro del Fronte Comune per il Congo (FCC), piattaforma politica dell’ex presidente Joseph Kabila, ha affermato che l’appartenenza alla maggioranza o all’opposizione parlamentare viene dichiarata all’inizio della legislatura: «L’appartenenza alla maggioranza o all’opposizione è dichiarata all’inizio di ogni legislatura. Cercare di creare una nuova maggioranza attraverso atti di corruzione (alcuni deputati avrebbero ricevuto 5.000 $, 7.000 $ o 9.000 $) è una grave violazione del Regolamento interno dell’Assemblea nazionale. L’obiettivo di tutto ciò è la destabilizzazione della nostra istituzione. Chi trarrà vantaggio da questa crisi?».[8]

Il 5 dicembre, in un comunicato pubblicato in serata, il Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale ha denunciato una serie di atti violenti commessi da un centinaio di attivisti che avevano accompagnato la delegazione dei deputati (una ventina) per la consegna delle petizioni. Secondo il comunicato, si tratta di: «attacchi fisici contro alcuni deputati nazionali presenti; sequestro del Segretario generale dell’Assemblea nazionale; violazione della sede dell’Assemblea nazionale da parte di un gruppo di attivisti che hanno proceduto ad atti di violenza fisica, minacce e insulti contro il personale della nostra istituzione, il cui edificio è inviolabile secondo l’articolo 7 del nostro regolamento interno. Sono purtroppo da deplorare diversi feriti e la distruzione dell’ufficio del Vice Relatore per obbligarlo ad emettere ricevuta delle varie petizioni».[9]

Il 6 dicembre, il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale ha convocato i deputati nazionali per una seduta plenaria prevista per il giorno successivo, 7 dicembre alle 13:00. All’ordine del giorno: l’esame e l’approvazione del rapporto del comitato di monitoraggio e di valutazione a proposito delle audizioni dei direttori generali della Società Nazionale dell’Elettricità (SNEL) e della RÉGIDESO, sulla dispersione della corrente elettrica e sulla mancata fornitura di acqua. Il comitato di presidenza sembra intenzionato a continuare la sua attività, nonostante la crisi in corso. Da parte loro, i firmatari delle petizioni ritengono che l’attuale comitato di presidenza non abbia più la fiducia dei deputati e che, quindi, non possa più convocare alcuna nuova seduta plenaria, in conformità con l’articolo 34, paragrafo 2, punti 7 e 8 del Regolamento interno dell’Assemblea Nazionale, secondo cui solo il Presidente dell’Assemblea Nazionale ha il potere di convocare presiedere le sedute plenarie, a meno che non sia personalmente messo in causa da una petizione (art. 31 comma 7 del Regolamento interno).[10]

Il 7 dicembre, un gruppo di attivisti di Verso il Cambiamento (CACH) e di alcuni altri partiti dell’opposizione sono entrati all’interno dell’edificio del parlamento e hanno impedito lo svolgimento della seduta plenaria prevista. Anche i deputati UDPS e alleati sono entrati in aula, non però per partecipare alla seduta, ma per impedirla. I seggi riservati ai membri del comitato di presidenza sono stati divelti e rovesciati, appunto per impedire la loro presenza. In queste condizioni, la maggior parte dei deputati non ha nemmeno potuto entrare. Alcune fonti indicano che l’FCC intendeva avviare una procedura per respingere in blocco le petizioni introdotte. Infine, il comitato di presidenza ha rinviato la seduta plenaria a una data successiva.[11]

Il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale ha deciso di sospendere lo svolgimento delle sedute plenarie e delle attività delle commissioni fino a nuovo avviso, “secondo l’articolo 31 paragrafo 9 del Regolamento”. In una dichiarazione pubblicata in serata, il 2° vicepresidente dell’Assemblea nazionale, il deputato Boniface Balamage, ha spiegato che tale decisione è stata presa in seguito all’aggravarsi dei disordini organizzati dai deputati dell’UDPS e alleati. Secondo il comunicato, «Il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale ricorda che solo la Presidente di questa istituzione ha il potere esclusivo di convocare le sedute plenarie, sulla base dell’articolo 31 paragrafo 7 del Regolamento interno».[12]

A tarda notte e dopo un lungo incontro a cui hanno partecipato 275deputati firmatari delle petizioni, tra i quali Jean Marc Kabund, presidente a.i. dell’Unione per la Democrazia e lo Sviluppo Sociale (UDPS), il Segretario generale dell’Assemblea nazionale, Jean Nguvulu Khoji, attraverso un comunicato stampa, ha convocato una seduta plenaria prevista per il giorno successivo, 8 dicembre. Secondo il comunicato, la suddetta seduta plenaria avrà un solo punto all’ordine del giorno: l’installazione di un comitato provvisorio di presidenza, al fine di poter esaminare le petizioni avviate contro i membri del comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale: «In conformità con l’articolo 31 paragrafo 6 del Regolamento interno dell’Assemblea nazionale, il Segretario generale dell’Assemblea nazionale convoca gli onorevoli deputati nazionali per partecipare alla seduta plenaria di questo martedì, 8 dicembre 2020, alle 11:00. Un solo un punto all’ordine del giorno: l’insediamento del comitato provvisorio di presidenza per l’esame delle petizioni avviate contro i membri del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale».[13]

b. I risultati del voto in seduta plenaria

L’8 dicembre, in una seduta plenaria convocata dal Segretario generale dell’Assemblea nazionale e alla quale hanno partecipato 279 deputati, è stato insediato un direttivo provvisorio presieduto dal deputato più anziano, Mboso Nkodia (78 anni), coadiuvato dai due deputati più giovani: Gael Bussa (27 anni) e Aminata Namasiya (27 anni), tutti e tre membri dell’FCC.
Essi collaboreranno con un gruppo di dieci esperti (cinque del gruppo dei firmatari e altri cinque del gruppo dei non firmatari) per precisare la procedura da seguire.
Mboso Nkodia ha riconosciuto ai membri del Comitato di presidenza il diritto di preparare la loro difesa e ha invitato i deputati a far prova di rispetto, tolleranza, trasparenza, amore e dignità.
A conclusione della seduta, il direttivo provvisorio dell’Assemblea nazionale ha annunciato che l’esame delle petizioni e il voto su di esse avranno luogo due giorni dopo, il 10 dicembre.[14]

Il 10 dicembre, i deputati nazionali si sono riuniti in seduta plenaria, per esaminare le sei petizioni inoltrate contro i sei membri del comitato di presidenza. Con 469 deputati presenti su 500, il quorum è stato raggiunto. Le firme raccolte sono: 250 contro la presidente, 234 contro il 2° vicepresidente, 253 contro il relatore, 248 contro il vice-relatore, 247 contro il questore e 229 contro il vice questore.
La presidente dell’Assemblea nazionale, Jeanine Mabunda, è stata accusata di: opacità nella gestione delle finanze; accumulo di mancato pagamento delle spese parlamentari; disprezzo nei confronti del’assemblea plenaria, organo supremo dell’Assemblea nazionale; inserimento di argomenti nell’ordine del giorno senza previamente sottoporli al parere dei presidenti dei gruppi parlamentari e ripetute violazioni della costituzione e dello statuto.
Il secondo vicepresidente dell’Assemblea nazionale è accusato di: negligenza nella gestione della sicurezza sociale dei deputati nazionali e incapacità di implementare i mezzi di informazione per il controllo dell’Assemblea nazionale.
Il relatore dell’Assemblea nazionale è accusato di: convocazione di sessioni plenarie in orari indebiti, ripetuta violazione dell’articolo 10, secondo cui i documenti di lavoro devono essere distribuiti 48 ore prima e rifiuto di rendere disponibili i verbali delle sedute plenarie.
Il questore dell’Assemblea nazionale è accusato di: incompetenza nell’esercizio delle sue prerogative normative, incapacità di gestire le finanze dell’Assemblea nazionale e incompetenza nella preparazione del bilancio dell’Assemblea nazionale.
Da parte sua, la presidente dell’Assemblea nazionale, Jeanine Mabunda, ha respinto in blocco tutte queste accuse, qualificandole come false. Riguardo alla presunta cattiva gestione finanziaria e, soprattutto, il ritiro della controfirma, ella ha respinto l’accusa, come dimostrato dal fatto che l’Assemblea nazionale ha potuto funzionare anche quando ella era assente. Ella a aggiunto che deputati di diverse tendenze  hanno sempre potuto verificare la gestione finanziaria dell’Assemblea nazionale e che il relativi rapporti sono sempre stati approvati in seduta plenaria. Per quanto riguarda la sua mancata partecipazione alla cerimonia di giuramento dei giudici nominati alla Corte costituzionale, ella ha dichiarato che tale decisione era stata presa dalla Conferenza dei capi gruppo.
Infine, a nome proprio e dell’intero comitato di presidenza, Jeannine Mabunda ha chiesto scusa ai deputati se hanno commesso qualche errore durante la loro gestione e ha loro chiesto di “respingere” la petizione. Nonostante ciò, 281 deputati su 483 hanno votato per la sua destituzione e 200 hanno respinto la petizione. C’è stato un voto nullo e un’astensione. Il secondo vicepresidente dell’Assemblea nazionale, Boniface Balamage è stato destituito con 265 voti a favore della petizione e 215 voti contrari. Il relatore, Musao Kalombo, è stato destituito con il voto di 260 deputati. Il vice relatore, Jacques Lungwana, è stato destituito con il voto di 279 deputati. Anche il questore, Machozi Alfani, ha subito la stessa sorte. La petizione contro il sesto membro del comitato di presidenza non ha potuto essere esaminata, essendosi egli ammalato e ricoverato in ospedale a Kinshasa. Questi risultati aprono quindi la strada a prossime elezioni dei membri di un nuovo comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale.[15]

c. Qualche reazione

Il presidente del partito Insieme per la Repubblica, Moïse Katumbi, dopo la revoca del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, è intervenuto rapidamente via Twitter: «Congratulazioni ai deputati per questo voto storico. Hanno risposto le aspettative della popolazione e onorato la memoria dei nostri martiri. Non ci sono più ostacoli per una politica a favore della popolazione e per l’attuazione delle proposte scaturite dalle consultazioni».
Il deputato Gratien Iracan si congratula con i suoi colleghi deputati nazionali che hanno fatto uso della loro libertà di coscienza per votare a favore della petizione contro il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale. Eletto per la circoscrizione di Bunia (Ituri), egli sta già pensando alla fase successiva, quella di far cadere il governo Ilunkamba.[16]

Il deputato nazionale Delly Sessanga, presidente del partito Envol, ha qualificato di opportuna la caduta del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, incapace di favorire il dibattito in seno all’Assemblea Nazionale: «Oggi è successo quello che la gente si aspettava da molto tempo. Ci siamo sbarazzati di un comitato di presidenza che sempre ostacolava il dibattito democratico all’interno dell’Assemblea Nazionale. Oggi assistiamo ad una svolta nella storia del nostro Paese e del nostro parlamento perché, da oggi, potremo vedere le cose in modo diverso, soprattutto per quanto riguarda le riforme da intraprendere, il funzionamento delle istituzioni e la collaborazione tra di loro».
Il deputato nazionale Patrick Muyaya Katembwe ha dichiarato che la caduta del Comitato di presidenza dell’Assemblea Nazionale è come una seconda alternanza, dopo quella di gennaio 2019 avvenuta tra Joseph Kabila e Félix Tshisekedi. Secondo lui, d’ora in poi gli interessi del popolo devono essere al centro di ogni azione politica.
La deputata nazionale Henriette Wamu ha affermato che il voto contro il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale è l’espressione di un cambiamento della maggioranza e la consacrazione della Sacra Unione della nazione proposta dal Capo dello Stato Félix Tshisekedi: «Quello che è successo oggi dimostra sufficientemente che la maggioranza ha cambiato schieramento. La maggioranza non è più quella che pensavamo. Oggi la maggioranza si trova nella Sacra Unione. È un segnale forte che dimostra che l’Unione Sacra già esiste per appoggiare la visione del Capo dello Stato». [17]

In un’intervista, Jean-Pierre Lihau, deputato nazionale del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD) e firmatario delle petizioni contro il Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, si è detto felice di aver detto no alla “parola d’ordine” della sua famiglia politica e di aver invece ascoltato la voce del popolo. Secondo questo deputato eletto a Bumba, la maggioranza dei deputati nazionali ha deciso di rompere con il vecchio sistema, per guardare al futuro: «Un grande giorno per il nostro Paese! Una netta maggioranza dei deputati ha deciso di rompere con il passato per guardare con decisione verso il futuro. Con questo cambiamento senza precedenti, si apre una nuova pagina della storia del nostro Paese. Il problema non è cambiare le persone per conservare le vecchie pratiche. Occorre rinnovare il Parlamento, affinché sia sempre più al servizio dei Congolesi».
In un’intervista, Paul Tshilumbu, deputato nazionale membro dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), ha dichiarato che la destituzione del Comitato di presidenza  dell’Assemblea nazionale è l’inizio della fine di quel sistema che, secondo lui, ha oppresso il popolo per diversi decenni.
In un suo messaggio pubblicato su Twitter, il presidente a.i. dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean-Marc Kabund, ha affermato che, con la destituzione di Jeanine Mabunda e degli altri membri del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, si chiude una pagina oscura della storia della Repubblica Democratica del Congo. E se ne apre un’altra che sarà scritta dai Congolesi che aspirano al cambiamento.[18]

Constatando l’esito del voto a favore della destituzione del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, il Partito del Popolo per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD) ha riconosciuto la sconfitta del Fronte Comune per il Congo (FCC): «Coraggio compagni. Non sempre si può vincere. Raddrizziamo rapidamente le nostre teste. Il dolore è profondo, ma non deve abbatterci. Continuiamo la lotta».
In un twett, Félix Kabange Numbi ha scritto: «Rendiamo omaggio a Jeanine Mabunda per aver guidato l’Assemblea nazionale. Rimango convinto che, per l’FCC, si tratti solo di una battaglia persa. Ci saranno altre occasioni e l’FCC continuerà la sua lotta per la democrazia, la sovranità nazionale e la ricostruzione della nazione».
Il deputato Musao Kalombo Mbuyu Célestin, ormai ex relatore del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, ha dichiarato: «L’esito è chiaro. L’Assemblea plenaria è sovrana e ha deciso. Ci incliniamo di fronte alla sua sentenza. Tuttavia, non rinunceremo alla nobile lotta per la difesa dei valori e dell’interesse superiore della nostra madre patria».[19]

In un suo Twitt, il presidente del Partito Laburista e membro del Fronte Comune per il Congo (FCC), Steve Mbikayi, ha scritto: «Abbiamo combattuto la buona battaglia e abbiamo perso. Dobbiamo continuare la lotta. Lotteremo per risalire la china, perché non siamo tra quelli che rinnegano la propria identità. Affronteremo tutto rimanendo in piedi».
In un’intervista, il professor Gabriel Banza Malale, professore di diritto presso l’Università di Lubumbashi e deputato provinciale del Fronte Comune per il Congo (FCC) nell’Alto-Katanga, ha affermato che diversi deputati nazionali dell’FCC, piattaforma politica dell’ex presidente Joseph Kabila, hanno aderito alla Sacra Unione della Nazione proposta dal Presidente Felix Tshisekedi, per il timore di perdere il loro posto, qualora il Capo dello Stato  decidesse di mettere in atto la sua minaccia di sciogliere l’Assemblea nazionale.
Il deputato nazionale e membro del PPRD, François Nzekuye, ha affermato che, con questo voto, alcuni colleghi abbiano voluto trasmettere un messaggio e che, di conseguenza, l’FCC debba riorganizzarsi: «Abbiamo perso. La maggior parte dei deputati che hanno fatto cadere il comitato di presidenza sono membri dell’FCC. Tra loro, ci sono alcuni con i quali abbiamo fatto un cammino iniziato molti anni fa e che, forse, ora non vogliono più continuarlo. Ci sono altri che, come in ogni società, sono scontenti e che, attraverso questo voto, hanno voluto mandarci un messaggio. Ne terremo conto, per riorganizzarci in vista delle elezioni del nuovo comitato di presidenza».[20]

Secondo Patrick Nkanga, relatore del comitato direttivo del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), è tempo di fare dei grandi cambiamenti all’interno del partito e del Fronte Comune per il Congo (FCC), la piattaforma politica dell’ex presidente Joseph Kabila.
Il responsabile della comunicazione del PPRD e dell’FCC, Papy Tamba, ha chiesto le dimissioni di Néhémie Mwilanya dal coordinamento dell’FCC. In un twit, ha scritto: «Per l’FCC e il PPRD, è giunto il momento di mettersi in questione. Il coordinatore dell’FCC, Néhémie Mwilanya, dovrebbe dimettersi subito. Anche altri lo dovrebbero fare. Non farlo, sarebbe un suicidio».[21]

2. IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DAVANTI AL PARLAMENTO RIUNITO IN CONGRESSO

Il 14 dicembre, il Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi Tshilombo si è rivolto alla nazione mediante un discorso pronunciato in parlamento riunito in congresso.
Il Capo dello Stato ha spiegato che la coalizione FCC-CACH era “diventata paralizzante” rispetto alla sua visione concentrata, in modo particolare, sulle riforme da attuare per ricostruire il Paese:
«Avevo promesso al nostro popolo di portare avanti delle riforme coraggiose e ambiziose, necessarie per la ricostruzione del nostro Paese. Sapevo che il solo desiderio non sarebbe stato sufficiente e che era necessario istituire un ambito politico e istituzionale favorevole alla loro attuazione. Nello stesso tempo, avevo auspicato che, nell’ambito della nostra Coalizione, il mio predecessore ed io avremmo risolto insieme i problemi che tutti noi dobbiamo affrontare come cittadini di questo bellissimo paese.
Infatti, com’era stata concepita dopo le elezioni del 2018, la coalizione FCC – CACH aveva come obiettivo non solo quello di garantire un’alternanza pacifica ai vertici dello Stato, evitando al nostro Paese possibili conflitti, ma anche quello di fungere da catalizzatore, affinché l’azione del governo potesse rispondere meglio alle aspettative della popolazione. Purtroppo, la realtà dei fatti è che, nonostante i miei migliori sforzi, i sacrifici che ho fatto e le umiliazioni che ho sopportato, ciò non è stato sufficiente per far funzionare questa coalizione nell’armonia e non ha impedito l’emergere, al suo interno, di difficoltà di ogni genere, rendendo così impossibile la concretizzazione di quel cambiamento richiesto dal nostro popolo» .
Di fronte a questa situazione che, a lungo andare, avrebbe minacciato il normale funzionamento delle Istituzioni di cui è garante, il Presidente della Repubblica ha detto:
«Dovevo assolutamente reagire o, meglio, agire, cosa che ho fatto in tre tappe:
● Innanzitutto lanciando, il 23 ottobre 2020, un appello a tutti i nostri connazionali, di qualsiasi tendenza essi siano, ad unirci in una SACRA UNIONE della NAZIONE e attorno a Principi, Valori e Azioni che siano al servizio della popolazione;
● In secondo luogo, basandomi sulle prerogative conferitemi dall’articolo 69 della nostra Costituzione, ho consultato le forze vive della nazione, incontrando i leader più rappresentativi della società civile e della classe politica, al fine di raccogliere le loro opinioni ed eventuali raccomandazioni sulle soluzioni da adottare per porre fine alla crisi;
● Infine, nel mio messaggio alla Nazione del 6 dicembre, ho reso pubbliche le decisioni che avevo preso, arricchite dai contributi dei diversi gruppi e personalità consultate.
Infatti, come emerso nel mio ultimo messaggio alla Nazione, ho notato una forte convergenza tra la stragrande maggioranza dei partiti consultati sulla necessità di:
►Rompere la coalizione FCC – CACH, ormai diventata paralizzante per l’azione del governo;
► Nominare un Informatore, al fine di individuare una coalizione, secondo il comma 2 dell’articolo 78 della Costituzione;
► Procedere alla formazione di un Governo di Sacra Unione della Nazione che opererà in sintonia con il Capo dello Stato;
► Attuare le riforme proposte nell’ambito delle consultazioni, la maggior parte delle quali sono le stesse volute dal Presidente della Repubblica e contenute nel Programma del Governo».
Riguardo alla crisi cui si è assistito all’interno dell’Assemblea Nazionale, il Capo dello Stato ha affermato che «la sua soluzione democratica ed esemplare, raggiunta attraverso il dibattito conseguente alla petizione presentata dai deputati di ogni tendenza contro l’ormai ex Comitato di presidenza, è un evidente segnale di maturità politica. Questo fatto tende a contraddire una certa tendenza popolare secondo cui il destino del nostro Paese può essere scritto solo con sangue, violenza, ribellioni, omicidi e colpi di stato. È quindi giunto il momento di capire che non c’è alternativa alla costruzione della democrazia se non nella pace e nell’armonia nazionale, per quanto difficile possa essere. Che si sia della maggioranza o dell’opposizione, tutti devono fare la loro parte, nell’amore del Paese e del suo popolo, e nel rispetto delle istituzioni».[22]

3. LA CONCLUSIONE DELLA SESSIONE PARLAMENTARE DI SETTEMBRE

L’11 dicembre, dopo la destituzione del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, il deputato nazionale Delly Sesanga, presidente del partito Envol e membro del Gruppo delle 13 personalità firmatarie dell’appello dell’11 luglio, ha affermato che il costituente ha limitato i poteri conferiti al Comitato direttivo dell’Assemblea nazionale composto secondo criteri di età, inquadrando nel tempo e secondo determinate modalità le sue missioni, aggiungendo che l’apertura e la chiusura delle sessioni parlamentari rientrano nelle competenze del Comitato di presidenza definitivo. Pertanto, secondo lui, al comitato direttivo composto secondo criteri di età non possono essere affidate le missioni di chiusura e di apertura delle sessioni parlamentari, prerogativa che la Costituzione riserva solo al comitato di presidenza definitivo. Per non violare la Costituzione, egli a quindi chiesto che l’attuale sessione parlamentare possa continuare oltre il 15 dicembre, fino all’insediamento del Comitato di presidenza definitivo dell’Assemblea nazionale.[23]

Il 12 dicembre, in una conferenza stampa organizzata a Kinshasa, il deputato del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), Fidèle Likinda, ha affermato che, benché destituito, il Comitato di presidenza di Jeanine Mabunda è, per il momento, l’unico autorizzato ad assicurare la gestione degli affari correnti, fino all’elezione e all’effettivo insediamento del prossimo comitato di presidenza definitivo. «È il comitato di presidenza uscente che continua a occuparsi degli affari correnti», ha detto il deputato Likinda, affermando che non esiste alcuna disposizione legale che autorizzi il comitato provvisorio costituito secondo criteri di età a chiudere l’attuale sessione parlamentare o a convocare una sessione parlamentare straordinaria. Quindi, secondo lui, spetta al comitato di presidenza di Mabunda farlo: «Finora abbiamo un comitato di presidenza che è stato eletto e che non sarà sostituito che da un altro ufficio altrettanto eletto. La missione del comitato di presidenza istituito secondo criteri di età è l’arbitrato e la sua missione è terminata. È il comitato di presidenza uscente che convocherà una nuova seduta per l’elezione del nuovo comitato di presidenza».
Da parte sua, il deputato Jacques Djoli, membro del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC) e costituzionalista, ha affermato che, una volta destituito, il comitato di presidenza non può più intraprendere alcuna azione nell’ambito dell’Assemblea nazionale. «È chiaro che, secondo l’articolo 3 del regolamento interno dell’Assemblea nazionale, le funzioni di un membro del Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale arrivano a termine in caso di morte, di perdita del mandato e di destituzione dall’incarico in seguito a una mozione di sfiducia», ha egli affermato, chiedendosi: «Come può un membro destituito dal comitato di presidenza continuare a presiedere una sessione parlamentare? È un’aberrazione». Secondo lui, in conformità con il regolamento interno e con la Costituzione, il comitato di presidenza istituito secondo criteri di età può ora assumere il ruolo di comitato provvisorio di presidenza, i cui poteri sono chiaramente definiti all’articolo 114 della Costituzione.[24]

Il 15 dicembre, il deputato nazionale Tony Mwaba ha ricordato che, secondo l’articolo 31 del regolamento interno dell’Assemblea nazionale, il comitato di presidenza istituito secondo criteri di età presiede la seduta plenaria in cui i deputati devono pronunciarsi sulle mozioni di sfiducia iniziate contro i membri del comitato di presidenza. Tuttavia, il legislatore non ha previsto il caso di destituzione di tutti i membri del comitato di presidenza e, quindi, il Regolamento interno non ha tenuto conto di questo caso. Il deputato Tony Mwaba ha quindi ricordato un principio giuridico elementare: “ciò che non è proibito è permesso” e ha aggiunto che, «se il regolamento interno tace su questo punto, esso deve essere completato dalla prassi parlamentare. Quindi è il comitato istituito secondo criteri di età che presiederà le sedute fino all’elezione dei membri del comitato di presidenza definitivo». Per quanto riguarda la sorte del comitato di presidenza destituito, Tony Mwaba è chiaro: «Secondo l’articolo 30, i membri di un comitato di presidenza destituito perdono il loro mandato e non possono continuare ad esercitarlo». Pertanto, egli ne ha dedotto che «il comitato di presidenza istituito secondo criteri di età sta esercitando le sue prerogative e sta agendo secondo il regolamento interno».[25]

Il 15 dicembre, dietro richiesta del presidente del Comitato di presidenza istituito secondo criteri di età, Mboso Nkodia, per interpretazione dell’articolo 31 del Regolamento interno dell’Assemblea nazionale, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza di abilitazione, secondo la quale il comitato di presidenza istituito secondo criteri di età può chiudere la sessione parlamentare in corso e convocare una sessione straordinaria dell’Assemblea nazionale. Come regolatore del buon funzionamento delle istituzioni pubbliche, il giudice costituzionale ha constatato che c’è un vuoto da colmare e ha autorizzato il comitato di presidenza istituito secondo criteri di età ad assicurare la continuità dell’istituzione e la gestione degli affari correnti, fino all’insediamento del Comitato di presidenza definitivo dell’Assemblea nazionale. Questa sentenza è molto importante, perché vari deputati ritenevano che il comitato di presidenza istituito secondo criteri di età non avesse la facoltà di chiudere la sessione parlamentare in corso e di convocare una sessione parlamentare straordinaria.[26]

Il 15 dicembre, l’Assemblea Nazionale e il Senato hanno concluso la sessione ordinaria di settembre, in conformità con l’articolo 115 della Costituzione. All’Assemblea nazionale, la chiusura è stata presieduta dal presidente del comitato di presidenza istituito secondo criteri di età, Christophe Mboso. Erano presenti 307 deputati. Christophe Mboso ha dichiarato che il comitato di presidenza istituito secondo criteri di età colmerà il vuoto che si è creato con la destituzione del precedente comitato di presidenza e ha annunciato una probabile sessione parlamentare straordinaria, al fine di votare la petizione di destituzione del vice questore finora ammalato e di eleggere i membri del comitato di presidenza definitivo.[27]

[1] Cf Ivan Kasongo Ndala – Actualité.cd, 02.03.’20; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 02.12.’20
[2] Cf Lionel Kioni – Dépeche.cd, 03.12.’20
[3] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 04.12.’20; Actualité.cd, 05.12.’20
[4] Cf Roberto Tshahe et Merveil Molo – 7sur7.cd, 05.12.’20 ; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 05.12.’20; Prince Mayiro – 7sur7.cd, 06.12.’20
[5] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 06.12.’20
[6] Cf Actualité.cd, 05.12.’20
[7] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 05.12.’20
[8] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 05.12.’20
[9] Cf Actualité.cd, 05.12.’20
[10] Cf Actualité.cd, 06.12.’20; Actualité.cd, 07.12.’20
[11] Cf Radio Okapi, 07.12.’20; Actualité.cd, 07.12.’20
[12] Cf Actualité.cd, 07.12.’20
[13] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 08.12.’20; Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 08.12.’20
[14] Cf Actualité.cd, 08.12.’20; Radio Okapi, 08.12.’20; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 08.12.’20
[15] Cf Radio Okapi, 10.12.’20; Actualité.cd, 10.12.’20; Raphaël Ngandu – Politico.cd, 10.12.’20
[16] Cf Actualité.cd, 10.12.’20
[17] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 11.12.’20
[18] Cf Roberto Tshahe et Prince Mayiro – 7sur7.cd, 11.12.’20
[19] Cf Actualité.cd, 10 et 11.12.’20
[20] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 10.12.’20; José Mukendi – Actualité.cd, 13.12.’20; Berith Yakitenge – Actualité.cd, 11.12.’20
[21] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 10.12.’20; Carmel Ndeo – Politico.cd, 11.12.’20;
[22] Cf Testo completo: https://actualite.cd/2020/12/15/rdc-discours-de-felix-tshisekedi-sur-letat-de-la-nation-2020-integralite
[23] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 11.12.’20
[24] Cf Radio Okapi, 12 et 13.12.’20
[25] Cf Berith Yakitenge Actualité.cd, 15.12.’20
[26] Cf Radio Okapi, 16.12.’20
[27] Cf Radio Okapi, 15.12.’20; Berith Yakitenge – Actualité.cd, 15.12.’20