Congo Attualità n. 427

LA FINE DELLA COALIZIONE TRA IL FRONTE COMUNE PER IL CONGO (FCC) E VERSO IL CAMBIAMENTO (CACH)

INDICE

1. IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
2. LA DICHIARAZIONE DEL FRONTE COMUNE PER IL CONGO (FCC)
3. ALCUNE REAZIONI
4. TRA NUOVA MAGGIORANZA PARLAMENTARE E SCIOGLIMENTO DEL PARLAMENTO

1. IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Il 6 dicembre, nel suo discorso alla Nazione, il Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, ha annunciato l’imminente nomina di un informatore, la cui missione sarà quella di individuare una nuova coalizione di maggioranza nell’ambito dell’Assemblea Nazionale. Nel suo intervento, egli ha delineato le varie proposte che gli sono state presentate durante le consultazioni e le ha raggruppate secondo i seguenti temi: pace e sicurezza, democrazia e stato di diritto, riforma elettorale e commissione elettorale, indipendenza e amministrazione della giustizia, finanze pubbliche e imprenditoria, occupazione giovanile e ruolo delle donne, sviluppo e infrastrutture, salute e istruzione. In seguito, ha così continuato:
«Tutte le aspettative, preoccupazioni e richieste espresse nel corso delle consultazioni … sono state prese in considerazione e sono state oggetto di una mia profonda riflessione.
Ne ho dedotto che, da un lato, il governo di coalizione istituito all’indomani del cambiamento politico, avvenuto ai vertici dello Stato nel mese di gennaio 2019, non ha permesso l’attuazione del programma per il quale mi avevate eletto alla Presidenza della Repubblica e che, d’altro lato, non è stato in grado di soddisfare le aspettative e le aspirazioni del nostro popolo.
Le consultazioni hanno rivelato, a stragrande maggioranza, anche il rigetto della coalizione tra il Fronte Comune per il Congo (FCC) e Verso il Cambiamento (CACH).
Questa triste conclusione è l’epilogo di due anni di pazienza e di instancabili sforzi fatti per preservare ciò che era essenziale all’interno della coalizione.
Due anni di opportunità che purtroppo non sono riusciti ad evitare una situazione di persistente crisi e di inaccettabile sfiducia tra le istituzioni della Repubblica, di cui sono l’unico garante.
Come avevo detto il 23 ottobre, non abbiamo il diritto di ipotecare il futuro della nostra nazione, a causa di litigi politici e di ambizioni individuali o di gruppo. Pertanto, non posso accettare alcun tipo status quo o di immobilismo. Non è più il tempo non delle procrastinazioni, delle discussioni infruttuose e degli interessi di parte. Ritirate tattiche e combattimenti di retroguardia non hanno più alcun senso. Questo momento storico ci impone di assumerci le nostre responsabilità, al fine di istituire uno Stato di diritto e democratico, conformemente alla missione che mi avete affidato. Per questo, ho deciso di portare avanti il ​​grande progetto di ricostruzione del Paese in collaborazione con tutte le forze politiche e sociali del nostro Paese e nell’ambito di una Sacra Unione per la Nazione, intesa come una nuova concezione di governance basata sui risultati e finalizzata all’interesse superiore della Nazione.
Pertanto, per rendere effettive e per concretizzare le riforme necessarie, essendo crollata l’attuale maggioranza parlamentare, è necessaria una nuova maggioranza.
Di conseguenza, ho deciso di nominare un INFORMATORE, in conformità a quanto previsto dall’articolo 78, comma 2, della Costituzione.
Egli sarà incaricato di identificare una nuova coalizione che raggiunga la maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea nazionale.
È con questa nuova coalizione che il Governo, che sarà istituito al più presto, condurrà la sua azione durante il resto del quinquennio, secondo la Mia visione, al fine di soddisfare le aspirazioni del popolo.
In caso contrario, constatando che le ragioni dello scioglimento sono evidenti, in quanto vi è effettivamente una crisi persistente e cristallizzata nel rifiuto del Parlamento a sostenere alcune iniziative del Governo, com’è successo in occasione del giuramento dei giudici della Corte costituzionale, userò le mie prerogative costituzionali, per rivolgermi a voi, popolo sovrano, e chiedervi questa maggioranza.
È giunto quindi il momento di unire tutte le buone volontà, qualunque sia la loro origine politica, ideologica o etnica, per dare un nuovo impulso al nostro destino nazionale, mediante la Sacra Unione della Nazione».[1]

Il 7 dicembre, all’indomani del suo messaggio alla Nazione, il Capo dello Stato Félix Tshisekedi ha ricevuto presso la Cittadella dell’Unione Africana situata nel comune di Ngaliema, il Primo Ministro Sylvestre Ilunga Ilunkamba. Secondo alcune fonti, il Capo dello Stato avrebbe chiesto al Primo Ministro di rassegnare le dimissioni, affinché un nuovo capo di governo possa essere nominato in seguito all’individuazione di una nuova maggioranza parlamentare da parte di un informatore. Va notato che il presidente Tshisekedi non può nominare un nuovo Primo ministro finché quello attuale non si sia dimesso. Secondo alcuni esponenti del Fronte Comune per il Congo, il Primo Ministro Sylvestre Ilunga Ilunkamba, nominato il 20 maggio 2019, non si dimetterà, poiché gode ancora della fiducia della maggioranza parlamentare.[2]

2. LA DICHIARAZIONE DEL FRONTE COMUNE PER IL CONGO (FCC)

Il 30 novembre, in una dichiarazione pubblica, i deputati nazionali del Fronte Comune per il Congo (FCC) avevano già affermato che «la maggioranza parlamentare è individuata per una legislatura completa, secondo l’articolo 26 del Regolamento dell’Assemblea Nazionale, dichiarato conforme alla Costituzione dalla Corte Costituzionale … Essa (la maggioranza) è ancora vigente, come dimostrato dalle firme di 305 deputati presenti a Kinshasa, incluse in appendice a questa dichiarazione, e lo sarà ogni volta che sarà necessario, soprattutto in occasione delle varie votazioni che saranno effettuate». I deputati dell’FCC avevano inoltre condannato le manovre di corruzione intraprese da alcuni politici “ben identificati”, per cambiare la maggioranza parlamentare. Affermando di avere le prove che documentano le loro accuse, avevano minacciato di ricorrere alla giustizia. Va notato che alcuni membri di Verso il Cambiamento (CACH) avevano chiesto al presidente Félix Tshisekedi di nominare un informatore, per identificare una nuova maggioranza parlamentare che, secondo loro, attualmente non è chiaramente definita. Altri avevano addirittura  chiesto delle elezioni anticipate.[3]

Il 6 dicembre, in un’intervista rilasciata dopo la decisione, presa dal Capo dello Stato, di nominare un informatore per identificare una nuova coalizione che possa raggiungere la maggioranza parlamentare, François Nzekuye, deputato nazionale del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), ha affermato che l’iniziativa del Presidente della Repubblica viola la costituzione e il regolamento interno dell’Assemblea nazionale: «Il Presidente della Repubblica dimentica che il regolamento interno dell’Assemblea nazionale afferma che i raggruppamenti e i partiti politici scelgono di appartenere alla maggioranza o all’opposizione all’inizio di ogni legislatura e per l’intera legislatura. Quindi c’è stata una violazione di quanto prescritto nel regolamento interno, dichiarato conforme alla costituzione. Era all’inizio della legislatura che il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto nominare un informatore, per identificare la maggioranza parlamentare. Egli si era affidato alla maggioranza FCC-CACH, tenuto conto del gran numero di deputati di cui questa coalizione disponeva e, oggi, egli dovrebbe continuare con questa maggioranza, fino alla fine della legislatura. Ogni altra iniziativa sarebbe una violazione della costituzione». Secondo François Nzekuye, «attualmente la maggioranza esiste e il presidente non ha alcuna prova per dimostrare che essa non ci sia. Il fatto che ci sia una petizione di 250 deputati che chiedono le dimissioni del comitato direttivo dell’Assemblea Nazionale non significa che la maggioranza non esista. Si può anche aggiungere che la destituzione o le dimissioni del Comitato direttivo dell’Assemblea nazionale non possono che essere oggetto di una votazione effettuata in seduta plenaria».[4]

Il 7 dicembre, il Fronte Comune per il Congo (FCC), piattaforma politica dell’ex presidente Joseph Kabila, ha espresso la sua posizione sul discorso pronunciato il giorno prima dal presidente Félix Tshisekedi:
«L’FCC rileva che le conclusioni unilaterali del Presidente della Repubblica violano gravemente la costituzione e servono da pretesto per liquidare, attraverso l’istituzione di un regime dittatoriale al servizio di un potere personale, le istituzioni democraticamente istituite in seguito alle ultime elezioni generali del 30 dicembre 2018. Infatti:
– La nomina di un informatore, quando già esiste un governo in funzione e sostenuto da una consistente maggioranza, è una flagrante e intenzionale violazione della costituzione. Di fatto, essa non riconosce al Presidente della Repubblica la facoltà di destituire il governo.
– L’FCC ricorda che, nel momento della nascita della coalizione FCC-CACH, constatata mediante il comunicato stampa congiunto FCC-CACH del 6 marzo 2019, e in seguito alle elezioni legislative nazionali del 30 dicembre 2018, sui 500 seggi che compongono l’Assemblea nazionale, l’FCC aveva una maggioranza assoluta di 338 deputati nazionali, ai quali cui si erano aggiunti 47 deputati di CACH. Da allora, questa maggioranza è stata sistematicamente confermata, anche recentemente, pochi giorni, in occasione del voto sul progetto della legge finanziaria per il 2021 presentato dal governo. Pertanto, nonostante molteplici e comprovati atti di corruzione intrapresi da CACH nei confronti di VARI deputati nazionali, affermare che questa maggioranza non esiste più è infondato e contrario alla costituzione.
– Il Governo continua ad essere appoggiato da un’ampia maggioranza, come recentemente dimostrato dall’approvazione del progetto di legge finanziario per il 2021. Spetta invece a CACH trarre tutte le conseguenze derivanti dalla decisione di porre fine alla coalizione. come annunciata dalla sua autorità morale. Per essere coerente, CACH dovrebbe ritirarsi dal governo centrale e dai governi provinciali, ciò che condurrebbe automaticamente ad uno schema di coabitazione. Tuttavia, l’FCC ricorda che gli obiettivi dell’accordo di coalizione firmato dall’FCC e da CACH erano la pace, la stabilità e lo sviluppo del paese.
– Giustificare il progetto premeditato di scioglimento dell’Assemblea Nazionale in assenza di una crisi persistente tra Governo e Assemblea Nazionale e con il pretesto di presunte divergenze sulla questione del giuramento dei nuovi giudici nominati illegalmente alla Corte Costituzionale, quando Governo e Assemblea Nazionale avevano lo stesso punto di vista su tale questione, non solo si tratta di una falsificazione della verità, ma anche di un tentativo di grave e intenzionale violazione della costituzione. La minaccia di scioglimento dell’Assemblea nazionale costituisce un’intimidazione priva di ogni buon senso in una democrazia, fermo restando che, finora, non ci sono le condizioni, chiaramente definite nella Costituzione, per farlo. Se il Presidente della Repubblica ritiene che vi siano motivi sufficienti per contestare la legittimità dei deputati nazionali, l’FCC gli ricorda che essi e il Presidente della Repubblica provengono da elezioni organizzate contemporaneamente nello stesso giorno e che, quindi, questa eventualità comporterebbe logicamente l’organizzazione di elezioni generali anticipate (presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali).
– Da ciò che precede:
L’FCC prende atto della decisione del Presidente della Repubblica di porre fine alla coalizione, con le conseguenze che ne derivano per CACH.
L’FCC, non sentendosi in alcun modo implicato dagli annunci incostituzionali del Capo dello Stato, li disapprova in blocco. L’FCC assicura il suo pieno appoggio al Primo Ministro, al suo governo, e ai membri dei comitati di presidenza dell’Assemblea nazionale e del Senato.
L’FCC invita la popolazione a restare mobilitata contro l’attuale tentativo di sconvolgere la sua volontà sovranamente espressa nelle urne, consegnando la maggioranza parlamentare all’FCC».[5]

Il 7 dicembre, in un’intervista, il relatore del comitato politico del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), Patrick Nkanga, reagendo alla possibilità di sciogliere il parlamento citata dal presidente Tshisekedi, ha affermato che, per un simile scenario, non ci sono le condizioni giuridiche e politiche necessarie. Secondo lui, il Presidente della Repubblica ha voluto fare pressione sui deputati, per poter costruirsi una nuova maggioranza parlamentare che gli sia più docile.
D: In assenza delle dimissioni del Primo Ministro, l’annunciata nomina di un informatore da parte del Presidente Tshisekedi è costituzionale?
R: Il Presidente della Repubblica ha evocato la possibilità di nominare un informatore per, a quanto pare, individuare una nuova maggioranza, dopo la scomparsa dell’attuale. Sarebbe utile sapere su quali dati il Presidente della Repubblica si sia basato, per constatare l’assenza, in parlamento, della maggioranza quando, come appare, essa esiste. Probabilmente, si tratta di un’operazione che il Presidente della Repubblica ha intrapreso, per assicurarsi una maggioranza a lui più consona. Ma il punto debole di tale operazione è che la missione assegnata al prossimo informatore non è quella di identificare la maggioranza, ma piuttosto quella di costruirne una nuova e diversa da quella attualmente esistente. Infatti, la missione che gli sarà affidata non sarà quella dell’informatore cui fa riferimento il paragrafo 2 dell’articolo 78 della Costituzione.
D: Il Capo dello Stato ha minacciato di sciogliere l’Assemblea nazionale, nel caso in cui l’informatore non riuscisse ad identificare una nuova maggioranza. Cosa ne pensa?
R: Non ci sono le condizioni giuridiche per farlo. È quindi impossibile pensare a una simile ipotesi. Non sarà possibile sciogliere la Camera dei deputati perché, finora, non c’è alcuna crisi tra Governo e Assemblea Nazionale. Si tratta solo di una pressione politica esercitata sui deputati, per far pesare sulle loro teste la “sacra paura” dello scioglimento. Non è possibile e non lo sarà.
D: Cosa c’è di positivo nel discorso del Presidente?
R: Ha elencato un certo numero di problemi fondamentali, che richiedono riflessioni profonde e soluzioni tempestive da parte delle Istituzioni della Repubblica e dai politici.[6]

3. ALCUNE REAZIONI

Il 1° dicembre, Rodrigue Muamba, presidente della Lega giovanile di Le Centre, partito di Germain Kambinga, attuale viceministro della formazione professionale, arti e mestieri, aveva dichiarato che la riqualificazione della maggioranza parlamentare e lo scioglimento dell’Assemblea nazionale sono opzioni impossibili dal punto di vista regolamentare e costituzionale: «Una riqualificazione della maggioranza parlamentare e lo scioglimento dell’Assemblea nazionale ci sembrano due opzioni piuttosto impossibili da attuare, proprio perché non ci sono le condizioni richieste dalla costituzione. Quindi, si tratta di due ipotesi da mettere da parte». Inoltre, Rodrigue Muamba aveva ricordato che l’FCC è pronto per governare in un regime di coabitazione ma, vista l’attuale crisi, in particolare quella sanitaria, questa possibilità rischierebbe di peggiorare la situazione: «La coabitazione è una delle opzioni peggiori, dato il contesto dell’attuale crisi sanitaria ed economica. Ora, l’opzione migliore sarebbe quella del dialogo». Insistendo sul fatto che la Sacra Unione della Nazione è impossibile senza l’FCC, egli ha proposto un incontro tra il presidente della Repubblica Felix Tshisekedi e il suo predecessore Joseph Kabila, per risolvere l’attuale situazione di crisi.[7]

Il 6 dicembre, in un tweet, il presidente di Insieme per la Repubblica, Moïse Katumbi, ha scritto: «Il presidente della Repubblica ha dato una risposta chiara e precisa alle aspettative del popolo congolese. Rendo omaggio al suo coraggio e alla sua lucidità. Appoggio il suo desiderio di porre la popolazione al centro delle sue preoccupazioni e di cercare modi e mezzi per soddisfare le sue necessità».[8]

Il 6 dicembre, il Movimento di Liberazione del Congo (MLC) ha reso omaggio alla determinazione e alla fermezza con cui il Capo dello Stato si è espresso nel suo discorso alla nazione. In una dichiarazione firmata dal suo presidente, Jean-Pierre Bemba, l’MLC afferma di condividere le varie preoccupazioni emerse durante le consultazioni ed sintetizzate dal Capo dello Stato, Felix Tshiseki nel suo discorso: pace, sicurezza, rafforzamento della democrazia e dello Stato di diritto, credibilità del processo elettorale, indipendenza della magistratura, costruzione delle infrastrutture, occupazione giovanile, miglioramento delle finanze pubbliche e del clima imprenditoriale, pianificazione dello sviluppo. Perciò l’MLC aderisce all’Unione Sacra per la Nazione promossa dal Capo dello Stato per una reale coesione nazionale.[9]

Il 6 dicembre, in una dichiarazione, il Gruppo delle 13 personalità politiche e sociali firmatarie dell’appello dell’11 luglio «si è congratulato con il Presidente della Repubblica che, nel suo intervento, ha fatto il punto della situazione sulla gravità della crisi e ne ha tratto le opportune conseguenze, impegnando la comunità nazionale nella ricerca del consenso attraverso la Sacra Unione della Nazione». Questo gruppo è composto, tra altri, da Delly Sesanga, Patrick Muyaya, Claudel Lubaya, Jacques Djoli, Henri-Thomas Lokondo e Daniel Mukoko Samba.[10]

Il 6 dicembre, dopo il discorso del Presidente della Repubblica Félix Tshiseked, il Prof. André Mbata, costituzionalista e deputato dell’UDPS, partito presidenziale, ha presentato 6 possibili scenari:
– la firma di un’ordinanza presidenziale per la nomina di un informatore.
– la riqualificazione e l’identificazione della maggioranza parlamentare, in seguito all’elezione di un nuovo presidente dell’Assemblea nazionale.
– la nomina di un nuovo Primo ministro.
– la presentazione del programma di governo.
– nel caso in cui il programma del nuovo governo venga bocciato, se ne presenterà un secondo.
– Nel caso in cui venisse bocciato una seconda volta, non rimarrà che prendere atto dell’esistenza di una crisi persistente tra il governo e l’Assemblea nazionale, ciò che permetterà al Presidente della Repubblica di sciogliere l’Assemblea nazionale, secondo il potere conferitogli dalla costituzione.[11]

Il 7 dicembre, in una dichiarazione, il raggruppamento politico Coalizione dei Democratici (CODE) guidato da Jean-Lucien Bussa, membro del Fronte Comune per il Congo (FCC), ha affermato di aver seguito con attenzione il discorso del Capo dello Stato. La CODE ha affermato di aver preso atto con interesse delle “principali opzioni” relative alle riforme politiche e al consolidamento delle conquiste democratiche, tra cui il ritorno alle elezioni presidenziali a due turni, la modifica della legge elettorale per quanto riguarda le soglie di eleggibilità, la doppia nazionalità e lo statuto territoriale dei non originatori. Inoltre, la CODE ha annunciato che appoggerà qualsiasi riforma conforme con questa dinamica e nel rigoroso rispetto della costituzione e delle leggi della Repubblica.[12]

Il 7 dicembre, in un tweet, il presidente dell’Alleanza delle Forze Democratiche del Congo e Alleati (AFDC-A), il senatore Bahati Lukwebo, ha scritto: «Il discorso del presidente Tshisekedi dà speranza al popolo congolese. L’AFDC-A lo sosterrà nel raggiungimento degli obiettivi ivi menzionati, aderendo alla Sacra Unione per la Nazione».[13]

L’8 dicembre, il portavoce della Dinamica per l’Uscita dalla Crisi (DYSOC), Lisanga Bonganga, ha dichiarato che la minaccia, brandita dal presidente Félix Tshisekedi ai deputati nazionali, di sciogliere l’Assemblea nazionale è un “odioso ricatto”. Affermando che tali intimidazioni non fanno certo onore alla funzione presidenziale, egli ha fatto notare che «il presidente Felix Tshisekedi sta portando il Paese verso il baratro, mettendo la popolazione in una situazione di incertezza e di disperazione». Secondo Lisanga Bonganga, la designazione di un informatore è “un colpo di stato politico incostituzionale” che rischia di aggravare la crisi e di paralizzare l’azione del governo: «l’annuncio di un’imminente nomina di un informatore, quando c’è ancora un Primo Ministro in carica, poiché né lui si è dimesso, né  l’Assemblea Nazionale l’ha sfiduciato, è una violazione della Costituzione». La DYSOC chiede quindi delle concertazioni dirette tra Joseph Kabila, Martin Fayulu e Felix Tshisekedi, con la mediazione delle denominazioni religiose tradizionali, come via appropriata per uscire dall’attuale crisi.[14]

4. TRA NUOVA MAGGIORANZA PARLAMENTARE E SCIOGLIMENTO DEL PARLAMENTO

Il vero obiettivo delle consultazioni condotte dal presidente Felix Tshisekedi è stato quello di cercare una maggioranza parlamentare alternativa che gli consenta di uscire dalla sfera di influenza del suo ingombrante partner Joseph Kabila. Infatti quest’ultimo, prima di cedere il trono al successore che si era scelto, si era premurato di assicurarsi la maggioranza assoluta nell’ambito dell’Assemblea Nazionale e delle varie Assemblee provinciali. Quindi, a partire dal 24 gennaio 2019, data del trasferimento del potere dall’uno all’altro, Tshisekedi e Kabila sono stati costretti a co – gestire insieme il Paese. Ma, dopo nemmeno due anni, le inevitabili tensioni  hanno raggiunto il culmine.
Per porre fine alla coalizione FCC – CACH, tanto denigrata dal popolo congolese, Félix Tshisekedi ha annunciato che nominerà un informatore, secondo quanto “previsto dall’articolo 78, paragrafo 2, della Costituzione”. È da questa riga in poi che il discorso del Presidente della Repubblica mostra i suoi limiti giuridici. Il Presidente della Repubblica può infatti nominare un informatore solo nel caso in cui non ci sia alcuna maggioranza parlamentare. Tuttavia, questa maggioranza esiste già. Ciascun partito e ogni raggruppamento politico si sono ufficialmente registrati nella lista della maggioranza o dell’opposizione all’inizio della legislatura. Secondo la Costituzione, è nell’ambito di quella maggioranza che il Presidente può nominare il Primo Ministro (e il Governo).  Pertanto, la designazione di un informatore quando c’è un Governo in vigore è puro surrealismo.
Se avesse voluto essere coerente fino in fondo, il Presidente avrebbe dovuto chiedere o esigere le dimissioni del Primo ministro dal governo. «Se lo avesse fatto, avrebbe fatto un passo davvero coraggioso. Egli si limita ad annunciare che nominerà un informatore, senza tuttavia confrontarsi con l’esecutivo. È la prima volta che succede una cosa simile», ha detto un avvocato congolese.
Secondo la Costituzione congolese, la missione di informazione ha una durata di trenta giorni, rinnovabile una sola volta. Inoltre, il presidente Tshisekedi brandisce la minaccia dello scioglimento delle camere e avverte i deputati sul fatto che il futuro governo che sarà formato a partire dalla nuova maggioranza resterà in carica per il resto della legislatura. Conseguentemente, tutti quelli che non aderiranno a questo cambiamento rimarranno disoccupati., L’ articolo 148 della costituzione congolese prevede che il presidente della Repubblica possa sciogliere l’Assemblea nazionale in caso di “crisi persistente tra governo e assemblea nazionale”.
Sempre secondo la Costituzione, lo scioglimento del Parlamento avviene “previa consultazione con il Presidente del Consiglio e con i presidenti dell’Assemblea nazionale e del Senato”, consultazioni che il Presidente della Repubblica non menziona affatto. Cosa molto più sorprendente: l’esempio che dà (la nomina dei tre giudici alla Corte Costituzionale) per giustificare la “crisi persistente” è incoerente. Primo, perché il Presidente è riuscito a imporre i suoi giudici alla Corte costituzionale (il che elimina la qualificazione di “persistente”). Secondo, perché nel caso di queste nomine, la “crisi” non era tra il governo e l’Assemblea nazionale, ma tra il presidente Tshisekedi e l’Assemblea nazionale. L’approccio del Presidente è quindi assolutamente non conforme alle prescrizioni della Costituzione.
Infine, l’articolo 148, comma 3 della Costituzione prevede che, “in seguito allo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) convoca gli elettori per nuove elezioni entro il termine di 60 giorni dopo la data di pubblicazione del decreto presidenziale di scioglimento dell’Assemblea Nazionale”. Ciò che è preoccupante è che il mandato legale della Commissione elettorale è scaduto nel 2019 e non è ancora stata rinnovata. Se il Presidente Tshisekedi arrivasse a sciogliere le Camere mediante una dimostrazione di forza, si troverebbe quindi di fronte a una CENI a fine mandato ma ancora in vigore perché senza successore. La tanto criticata CENI di Corneille Nangaa sarebbe quindi di nuovo incaricata di organizzare le elezioni anticipate, a meno che non si tenga conto delle prescrizioni della costituzione, il che equivarrebbe a un colpo di stato istituzionale, anche se dovesse essere appoggiato da un’ampia frangia dell’opposizione e dalla stessa popolazione.[15]

[1] Cf Texte complet du discours: https://actualite.cd/2020/12/06/discours-de-felix-tshisekedi-lissue-des-consultations-integralite
[2] Cf Reagan Ndota – Ouraganfm.cd, 07.12.’20
[3] Cf Actualité.cd, 30.11.’20; Prince Mayiro – 7sur7.cd, 30.11.’20
[4] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 06.12.’20
[5] Cf Radio Okapi, 07.12.’20; Fonseca Mansianga – Actualité.cd, 07.12.’20; Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 07.12.’20; Actu24.cd, 07.12.’20
[6] Cf 7sur7.cd, 07.12.’20
[7] Cf Jephté Kitsita et Christel Insiwe – 7sur7.cd, 01.12.’20
[8] Cf Actualité.cd, 06.12.’20
[9] Cf Radio Okapi, 07.12.’20 ; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 06.12.’20
[10] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 06.12.’20
[11] Cf Thierry Mfundu – Politico.cd, 07.12.’20
[12] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 07.12.’20
[13] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 07.12.’20
[14] Cf Radio Okapi, 09.12.’20
[15] Cf Hubert Leclercq – Lalibre.be/Afrique, 07.12.’20