Congo Attualità 408

IL PROCESSO VITAL KAMERHE (3)

(3ª Parte)

INDICE

1. QUINTA UDIENZA: LE RICHIESTE FORMULATE DALLE PARTI IN CAUSA
2. SESTA UDIENZA: IL VERDETTO
3. LA SENSAZIONE DI UNA “INCOMPIUTA”

1. QUINTA UDIENZA: LE RICHIESTE FORMULATE DALLE PARTI IN CAUSA

L’11 giugno, la quinta udienza del processo istituito contro Vital Kamerhe, Sammih Jammal e Muhima Ndoole è stata dedicata alle richieste (di condanna o di assoluzione) presentate dalle diverse parti in causa.
Vital Kamerhe, direttore del gabinetto della presidenza, Jammal Samih, imprenditore libanese e amministratore generale di due società commerciali (Samibo e Husmal) e Jeannot Muhima, responsabile del servizio di import-export della presidenza della Repubblica, sono accusati per presunta appropriazione indebita di fondi pubblici, corruzione e riciclaggio di denaro.
Vital Kamerhe e Jammal Samih sono accusati di appropriazione indebita di oltre 48 milioni di dollari pagati dalla Banca Centrale del Congo alla società Samibo Sarl per l’acquisto e l’installazione di 1.500 case popolari prefabbricate in 5 province della RD Congo, un progetto che fa parte del programma dei primi 100 giorni avviato dal Presidente della Repubblica.
Sono accusati anche di appropriazione indebita di oltre 2 milioni di dollari pagati a un’altra società di Jamal, Husmal Sarl, per l’acquisto e l’installazione di 3.000 case prefabbricate destinate ad agenti dell’esercito e della polizia residenti nella città di Kinshasa.
Jeannot Muhima e Vital Kamerhe sono accusati di appropriazione indebita di 1.100.000 dollari consegnati a Muhima per lo sdoganamento e il trasporto delle case prefabbricate in questione.
Un’altra accusa rivolta contro Kamerhe e Jammal è quella di corruzione e riguarda la concessione, da parte di Jammal, di un terreno di 70 m per 100, situato a Ngaliema (Kinshasa) a Soraya Mpiana, nuora di Kamerhe, affinché quest’ultimo usasse della sua influenza come direttore del Gabinetto del Presidente della Repubblica, per aggiudicare gli appalti dei due progetti delle case prefabbricate alle sue due società e in forma semplicemente consensuale, in violazione della procedura ufficiale che prevede la previa indizione di bandi di gara pubblici.[1]

Durante il processo, l’ex ministro dello sviluppo rurale, Justin Bitakwira, ha negato di aver firmato un addendum al contratto iniziale stipulato con la società Samibo di Jammal Samih.
Il responsabile della Direzione Generale di Controllo sugli Appalti Pubblici (DGCMP), Michel Ngongo, ha smentito di aver rilasciato una notifica di non opposizione all’approvazione dei due contratti (contratto iniziale e addendum), che Vital Kamerhe e i suoi avvocati hanno affermato essere legali. Di conseguenza, Michel Ngongo non ha riconosciuto la regolarità dei contratti conclusi con la società SAMIBO nell’ambito dei due progetti di costruzione delle case popolari prefabbricate.
L’ex ministro del bilancio, Pierre Kangundia, ha dichiarato che l’erogazione dei fondi non ha seguito la procedura normale, perché gestita secondo la modalità d’urgenza.
L’ex ministro delle finanze, Henri Yav, ha dichiarato di aver ricevuto l’ordine di pagare 57,6 milioni di $, mediante una lettera che Vital Kamerhe gli aveva inviato. Ha indicato che questo denaro era stato versato a SAMIBO in diverse rate, addirittura prima dell’attuazione del progetto.
Il governatore della Banca Centrale del Congo (BCC), Deogratias Mutombo, ha confermato tutto quanto era stato detto prima di lui.
La parte civile, rappresentante la Repubblica, ha dichiarato che Vital Kamerhe aveva ricevuto in dono dei beni immobiliari da parte di Jammal Samih, attraverso sua nuora Soraya Mpiana e suo cugino Daniel Shangalume Kingi, alias Massaro. Tuttavia, durante le audizioni, Daniel “Massaro” ha affermato di aver effettivamente acquistato un terreno da Jammal Samih, prima che quest’ultimo gliene offrisse un altro e di essere stato lui a menzionare intenzionalmente il nome di Soraya Mpiana, la nuora di Vital Kamerhe, a sua insaputa. Tuttavia, la parte civile è riuscita a ottenere dei documenti di acquisto di beni immobiliari da parte di Daniel Massaro, proprio durante lo stesso periodo in cui sono stati effettuati i pagamenti a Jammal Samih.[2]

Il Pubblico Ministero, per quanto riguarda l’accusa di appropriazione indebita di fondi pubblici, ha affermato che la violazione della legge sugli appalti pubblici da parte di Vital Kamerhe è una prova sufficiente che dimostra la sua colpevolezza: «La volontà dell’imputato Kamerhe di violare la procedura legale degli appalti pubblici … è una prova sufficiente della sua intenzione di appropriarsi indebitamente di fondi dello Stato». Ha quindi chiesto, nei suoi confronti, la pena di 20 anni di servitù penale, per appropriazione indebita di denaro pubblico e riciclaggio di denaro, oltre alla confisca dei suoi beni presumibilmente acquisiti con denaro dello Stato, inizialmente destinato a finanziare il progetto delle case prefabbricate. Il Pubblico Ministero ha in particolare citato gli immobili acquistati dalla moglie di Vital Kamerhe, Amida Shatur Kamerhe, e quelli registrati a nome della nuora Soraya Mpiana e del cugino Daniel Shangalume. Ha chiesto anche 15 anni di carcere per corruzione, la privazione del diritto di voto per 10 anni e di quello di esercitare la cariche pubbliche per 5 anni.
Il Pubblico Ministero ha chiesto 20 anni di servitù penale anche per Jammal Samih e Jeannot Muhima che, essendo attualmente in libertà, deve essere immediatamente arrestato. Inoltre, dopo aver scontato la pena, Jammal Samih dovrà essere espulso e interdetto di ritornare nella Repubblica Democratica del Congo.[3]

La Parte Civile, in rappresentanza della Repubblica Democratica del Congo, ha rivelato che «Vital  Kamerhe e sua moglie Amida Shatur hanno più di 10 milioni di dollari in un conto comune a Parigi», dove hanno acquistato un hotel di 3 piani. Per la ristrutturazione dell’edificio, Vital  Kamerhe e sua moglie Amida Shatur si sarebbero rivolti a Bertrand Prestige. Secondo la parte civile, il prezzo dei lavori, il cui contratto è stato firmato il 10 luglio 2019, supererebbe la cifra di un milione di euro.
Di fronte a questi fatti, la Parte Civile chiede che gli imputati siano condannati al massimo delle sanzioni previste per appropriazione indebita di denaro pubblico, riciclaggio di denaro e corruzione.
Chiede inoltre la condanna in solidum di Vital Kamerhe e di Samih Jamaal, il rimborso dei 47 milioni di dollari sottratti e il pagamento di 100 milioni di dollari a titolo di risarcimento.
La Parte Civile chiede anche la condanna in solidum di Vital Kamerhe e Jeannot Muhima, il rimborso di 1.154.800 e il pagamento di 50 milioni di dollari a titolo di risarcimento.[4]

Vital Kamerhe ha affermato che gli avvocati della Parte Civile e il Pubblico Ministero non sono riusciti a dimostrare i fatti di appropriazione indebita dio denaro pubblico che gli sono stati imputati: «Qui non si effettuando alcuna azione giudiziaria. Si sta facendo politica. Questo processo è politico. Non si è potuto dimostrare con nessun documento irrefutabile che Vital Kamerhe si sia impossessato di denaro pubblico. Non si può procedere per supposizioni. Si devono presentare delle prove». Ha aggiunto che non si è appropriato nemmeno dei soldi destinati allo sdoganamento delle case prefabbricate, perché Jeannot Muhima ha presentato tutti i documenti giustificativi all’ufficio contabile della Presidenza.
Vital Kamerhe ha affermato che il Pubblico Ministero gli ha attribuito delle cose sbagliate. «Ho sentito cose che non hanno nulla a che fare con il processo. Ho portato tutte le prove del conto bancario che ho in comune con mia moglie. Ho chiesto un mutuo. Mia moglie ha un edificio del valore di oltre 4 milioni di $. Ha un altro edificio valutato a più di 1 milione e registrato sotto il nome dei figli», ha detto Vital Kamerhe, rispondendo agli avvocati della Parte Civile che avevano rilevato l’acquisto di un edificio in Francia da parte di sua moglie. Ha continuato: «Non vedo come si possono dire delle cose che non hanno nulla a che fare con il processo. Ho finanziato la campagna elettorale per tutti i candidati del mio partito alla Camera dei Deputati. Ho venduto le mie case a Kinshasa e nel Kivu. Non ho negoziato alcun contratto di 57 milioni, come qui affermato».[5]

Samih Jammal ha confermato per la sua innocenza e ha chiesto di essere assolto: «Anche se sarò condannato, continuerò i lavori per il Presidente della Repubblica. Sono innocente. Non sono un politico. Sono un commerciante. I miei figli sono nati qui. Posso anche indebitarmi per continuare i lavori».
Jeannot Muhima ha proclamato la sua innocenza e ha chiesto di essere assolto.
La data di pronuncia della sentenza finale è fissata per il 20 giugno 2020, presso il tribunale di Grande Instanza di Kinshasa / Gombe.[6]

Secondo Africa Intelligence, Vital Kamerhe è sospettato di aver acquistato, nel 2019, tre residenze a Maule, Orgeval e Poissy, nel dipartimento degli Yvelines (vicino a Parigi). Sempre secondo questa fonte, «un contratto firmato il 6 luglio 2019 dimostrerebbe che Vital Kamerhe e sua moglie hanno pagato 1.249.668 euro all’impresa Bertrand Prestige, per ristrutturare ed equipaggiare una casa di 300 m2 a Maule, dove risiedono».
In un’intervista su Radio Top Congo, l’avvocato francese di Vital Kamerhe, Pierre-Olivier Sur, ha smentito le accuse formulate dalla Parte Civile, secondo cui, nel 2019, Kamerhe avrebbe acquistato una villa a Parigi: «Kamerhe non ha acquistato alcun hotel in Francia. È vero che possiede due case di campagna. Una è stata acquistata dalla moglie, Amida Shatur, prima del loro matrimonio e l’altra è stata acquistata da lui con un mutuo; il che dimostra che non è titolare di un conto bancario così elevato come si tenta di far credere».
Anche Didi Kinuani, ex marito di Amida Shatur, attuale moglie di Vital Kamerhe, in un twett ha negato  che la casa di Orgeval sia stata acquistata da Vital Kamerhe: «Quell’edificio è stato acquistato nel 2012 … molto prima del suo matrimonio del 2019».[7]

2. SESTA UDIENZA: IL VERDETTO

Il 20 giugno, all’inizio della sesta udienza, il giudice Pierrot Bankenge, presidente del tribunale, ha spiegato che, secondo la giurisprudenza, per constatare una malversazione di denaro pubblico non è necessario trovarne i soldi sui conti bancari degli accusati.
Secondo  lui, il direttore del gabinetto del Presidente Félix Tshisekedi ha deliberatamente violato le disposizioni legislative e le regole relative alla concessione degli appalti e all’erogazione di fondi pubblici e ciò costituisce la prova dell’esistenza di un’appropriazione indebita di denaro pubblico.
Il tribunale ha riscontrato che, su 57 milioni di dollari erogati dalla Banca Centrale del Congo a favore della società Samibo SARL, solo 8.600.000 dollari sono stati effettivamente versati alla società turca fornitrice  delle case prefabbricate e che Samih Jammal non è riuscito a precisare la destinazione degli altri 48 milioni di dollari.
Secondo il Tribunale, che ha risaltato l’evidenza dell’intenzione criminale di Vital Kamerhe e di Samih Jammal, la collusione e la complicità tra i due accusati sono altrettanto “inequivocabili”.
Il Tribunale ha anche definito la concessione di un terreno, da parte di Samih Jamal. alla nuora di Vital Kamerhe, “un atto di corruzione”. I giudici hanno concluso che gli imputati e i loro parenti si sono illecitamente arricchiti, grazie a contratti stipulati illegalmente.[8]

Il Tribunale di Kinshasa Gombe ha dichiarato Vital Kamerhe e Samih Jammal colpevoli di appropriazione indebita di 48.831.148 $ e li ha condannati ciascuno a 20 anni di lavori forzati.
Per Vital Kamerhe, il Tribunale ha aggiunto la sospensione, per 10 anni dopo l’esecuzione della sentenza, dei diritti di voto, di eleggibilità e di accesso alle cariche pubbliche.
Per Samih Jammal, il tribunale ha deciso la sua espulsione definitiva, dopo l’espiazione della pena, dal territorio della Repubblica.
Il Tribunale ha ritenuto Vital Kamerhe e Samih Jammal colpevoli di appropriazione indebita di 2.137.500 $ e li ha condannati ciascuno a 10 anni di lavori forzati.
Per Vital Kamerhe, il tribunale ha aggiunto la sospensione, per 5 anni dopo aver scontato la pena, dei diritti di voto, di eleggibilità e di accesso a cariche pubbliche.
Per Samih Jammal, il tribunale ha deciso la sua espulsione definitiva, dopo l’espiazione della pena, dal territorio della Repubblica.
Il Tribunale ha dichiarato Vital Kamerhe e Jeannot Muhima colpevoli di appropriazione indebita di 1.154.800 $ e li ha condannati ciascuno a 2 anni di lavori forzati e alla sospensione, per 5 anni dopo l’esecuzione della pena, dei diritti di voto, di eleggibilità e di accesso a cariche pubbliche.
Il Tribunale ha dichiarato Samih Jammal colpevole di due operazioni di riciclaggio di denaro e l’ha condannato, per la prima, a una multa di 20.000.000 di $ e, per la seconda, a 10 anni di Servitù Penale Principale (SPP) e a una multa di 20.000.000 di $.
Il Tribunale ha dichiarato Samih Jammal e Vital Kamerhe colpevoli di corruzione e li ha condannati ciascuno a 15 anni di SPP e a una multa di 1.000.000 di FC o una Servitù Penale Sussidiaria di 6 mesi.
Poiché i due reati di riciclaggio di denaro commessi da Samih Jammal lo sono in concorso ideale (diverse qualificazioni per lo stesso atto), il Tribunale ha pronunciato una sola pena, quella più alta, che consiste in 10 anni di SPP e una multa di 20.000.000 di $.
Per quanto riguarda gli altri reati commessi dagli imputati Vital Kamerhe e Samih Jammal, lo sono in concorso materiale (diversi fatti materiali successivi, ciascuno dei quali costituisce un reato). Di conseguenza, il Tribunale ha sommato le pene loro inflitte, ma li ha condannati ciascuno a 20 anni di lavori forzati, la pena massima consentita dalla legge, e alle seguenti sanzioni accessorie:
– Per Vital Kamerhe: la sospensione, per 10 anni dopo l’esecuzione della pena, dei diritti di voto, di eleggibilità e di accesso a funzioni pubbliche e parastatali.
– Per Samih Jammal: l’espulsione definitiva dal territorio della Repubblica, dopo l’espiazione della pena.
Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca dei fondi contenuti nei conti bancari di Amida Chatur, Soraya Mpiana e Nshangalume Nkingi Daniel (Alias ​​Massaro), nonché delle proprietà immobiliari acquisite mediante appropriazione indebita di denaro pubblico e coperte dai seguenti titoli intestati in nome delle seguenti persone:
– Il contratto di locazione n. 1348/2019 AD 44988, comune di Ngaliema, a nome di Nshangalume Daniel;
– Il certificato di registrazione AKN 11 Foglio 46 AD 193, comune di Kasa-vubu, a nome di Mpiana Daida;
– Il certificato di registrazione AGL 547 Foglio 171 AD 5082, comune di Gombe, a nome di Nshangalume Daniel;
– Il certificato di registrazione A / ML 01 Foglio 179 AD, comune di Maluku, a nome di Mayutu Namwisi Dieudonné;
– Il certificato di registrazione NN 45 Foglio 33 AD 71860, comune di N’sele, a nome di Hamida Chatur Kamerhe;
– Il certificato di registrazione AGL 547 Foglio 56 AD 5807, comune di Lingwala, a nome di Nshangalume Nkingi Daniel;
– Il contratto di cessione tra Jammal Samih e Soraya Mpiana, AD 44196, comune di Ngaliema.
Il Tribunale ha ordinato l’arresto immediato dell’accusato Jeannot Muhima Ndoole.
Infine, il Tribunale ha condannato gli imputati a pagare, in solidum, alla Parte Civile, la somma di 150.000.000 di $, a titolo di risarcimento dei danni subiti[9].

3. LA SENSAZIONE DI UNA “INCOMPIUTA”

Il giornalista Christophe Rigaud afferma che il processo dei 100 giorni lascia una sensazione di una “incompiuta”. Le audizioni sono state spesso inconsistenti, le procedure rapide, l’accusa approssimativa e la difesa difficile.
Jean-Jacques Lumumba, presidente della rete panafricana per l’anti-corruzione, Unis, afferma che «le carenze constatate nella composizione del dossier rivelano indagini incomplete e parziali». Ritiene che altre personalità, che hanno svolto un ruolo importante in questa vicenda, debbano essere sottoposte ad inchiesta e si dice sorpreso del fatto che, nel dossier, non appaia la banca privata che ha autorizzato «erogazioni colossali in contanti, in violazione della legislazione in vigore».
La Conferenza Episcopale Nazionale del Congo ritiene che sia ancora «troppo presto per dire se si è agito seriamente» e che si debba ancora aspettare, per vedere se «si tratta di qualcosa che è stato fatto per regolare dei conti politici o dell’inizio di una nuova dinamica».
Figura emblematica della vita politica congolese per vent’anni, direttore della campagna elettorale di Joseph Kabila nel 2006, fu presidente dell’Assemblea Nazionale dei Deputati fino al 2009, quando si scontrò con il presidente Kabila e passò all’opposizione, creando un suo proprio partito: l’Unione per la Nazione Congolese (UNC). Arrivato in terza posizione, dopo Joseph Ka bila e Etienne Tshisekedi, nelle elezioni contestate del 2011, aveva ritirato la sua candidatura alle presidenziali del 2018 a favore di Félix Tshisekedi, attuale Presidente della Repubblica. Di fronte alle sue molte vicissitudini politiche, Vital Kamerhe non si è mai arreso e dire che il verdetto del Tribunale di Grande Istanza di Kinshasa è stato duro nei confronti di questo peso massimo della politica congolese è un evidente eufemismo.
La severa condanna, la gravità delle pene e la perdita dei diritti civili compromettono definitivamente la vita politica di Vital Kamerhe, che aveva intenzione di presentarsi alle prossime elezioni presidenziali come primo candidato della coalizione CACH, secondo l’accordo concluso a Nairobi con Félix Tshisekedi, che avrebbe dovuto appoggiare la sua candidatura nel 2023. La pena di ineleggibilità che gli è stata inflitta, anche se dovesse essere ridotta in appello, toglie a Vital Kamerhe la possibilità di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali e rende vano l’accordo con Tshisekedi. Di conseguenza, molti osservatori affermano che Félix Tshisekedi è il grande vincitore del processo dei 100 giorni, poiché Vital Kamerhe esce dal gioco, lasciandogli così la possibilità di un secondo mandato presidenziale.
Ma la neutralizzazione di Vital Kamerhe priva anche il Presidente Félix Tshisekedi di un prezioso appoggio nel Sud Kivu, dove Vital Kamerhe è ancora popolare. Inoltre, l’arma giudiziaria è un’arma a doppio taglio per Félix Tshisekedi, che non può considerarsi immune dall’essere colpito, direttamente o indirettamente, in un modo o in un altro, dall’operazione “mani pulite”.
Tanto più che gli avvocati di Vital Kamerhe. denunciando un processo farsa e affermando che «la sua condanna non si basa su alcun documento (istruzioni date per iscritto o flussi bancari eseguiti) e risulta piena di contraddizioni, in quanto il Tribunale lo condanna per appropriazione indebita di denaro pubblico, quando non aveva alcuna competenza né sulla pianificazione, né sulla contabilità della spesa pubblica», assicurano che introdurranno una procedura di ricorso a tutti i livelli possibili: nazionale e internazionale (Unione Africana  e Nazioni Unite)». In effetti, Vital Kamerhe ha 10 giorni per ricorrere in appello presso le istanza giudiziarie congolesi.[10]

Secondo Human Right Watch, il processo ha segnato un passo importante nella lotta contro la corruzione.
Kamerhe, direttore del gabinetto del presidente Félix Tshisekedi, una delle figure politiche più potenti della recente storia della Repubblica Democratica del Congo (RD Congo) ed ex alleato del precedente presidente Joseph Kabila, è stato dichiarato colpevole di appropriazione indebita di denaro pubblico e di corruzione aggravata. È quindi diventato il politico più importante della RD Congo ad essere stato processato dalla giustizia congolese.
Durante tutto il processo, sui social network , il popolo congolese ha ripetutamente denunciato un sistema politico di governance caratterizzato, per decenni, da una dilagante corruzione e ha ricordato alle autorità che l’appropriazione indebita di fondi pubblici non riguarda solo una singola figura politica. Anche altre personalità implicate in casi corruzione negli ultimi anni dovrebbero essere oggetto di adeguate inchieste giudiziarie e azioni penali, indipendentemente dalla loro posizione o appartenenza politica. Se non si avvierà alcuna altra indagine, la “vicenda Kamerhe” rischierà di essere ricordata come un semplice regolamento di conti tra rivali politici.
Il processo ha dimostrato che le indagini effettuate hanno lasciato molte domande senza risposta e che diversi importanti testimoni, anch’essi coinvolti in diversi reati, abbiano potuto cavarsela senza essere messi sotto inchiesta.
Nella RD Congo, il desiderio di legalità e di uno Stato di diritto è evidente. Per realizzarlo, si dovrà fare tutto il possibile, affinché questo caso Kamerhe non sia stato un processo puramente politico. Molte vittime e le loro famiglie attendono giustizia per crimini e violazioni dei diritti umani commesse da agenti dell’amministrazione precedente, alcuni dei quali sono ancora in carica. Nessuno dovrebbe poter sentirsi intoccabile.[11]

Il partito di Vital Kamerhe, l’Unione per la Nazione Congolese (UNC) ha rilevato 3 irregolarità che hanno caratterizzato la sentenza di condanna:
– Il tribunale non è riuscito a stabilire la colpevolezza di Vital Kamerhe e si è accontentato di riprendere in gran parte l’accusa formulata dal Pubblico Ministero, sia per quanto riguarda le motivazioni, sia per quanto concerne le disposizioni.
– Il processo si è basato in gran parte su delle ipotesi e, tuttavia, il principio generale del diritto penale è che le disposizioni del codice penale sono interpretate rigorosamente e non ammettono analogie, ipotesi, detrazioni, allusioni.
– Le circostanze e le condizioni dell’arresto di Vital Kamerhe, il rifiuto sistematico di concedergli una qualsiasi libertà provvisoria, il rifiuto sistematico delle eccezioni, anche di ordine pubblico, sollevate dai suoi avvocati, suggeriscono che la sua condanna sia stata decisa già sin dall’inizio.
L’Unione per la Nazione Congolese ritiene che infliggere la pena più severa a una persona – che non è mai stata oggetto di condanna penale e che ha reso un grande servizio alla nazione per più di tre decenni – mette in evidenza l’intenzione maligna di compromettere la sua carriera politica.
Per quanto riguarda la decisione dei giudici di porre sotto sequestro delle proprietà private appartenenti ai familiari di Vital Kamerhe, «l’UNC evoca la palese violazione del principio di relatività delle decisioni giudiziarie, in quanto esse possono essere applicate solo contro le persone che hanno fatto parte del processo. In questo caso, l’UNC constata con amarezza la violazione di questo principio quando, nelle sue disposizioni finali, il tribunale decide il sequestro dei beni appartenenti a testimoni che, secondo il diritto di procedura penale, sono estranei al processo stesso».[12]

In un’intervista, Nazaire Nkongolo ha affermato che la rapidità del processo e la mancanza di  documenti potrebbero indurre a pensare che si tratti di un processo politico. Tuttavia, ci sono molte cose che possono escludere tale ipotesi.
– L’assenza di un governo in pieno esercizio e la fretta con cui è stato pianificato il progetto dei primi 100 giorni del nuovo Presidente hanno giocato a favore di certi personaggi, soprattutto perché il presidente uscente non aveva lasciato le casse dello Stato completamente vuote.
– L’aggiudicazione degli appalti dei cantieri e la scelta delle imprese fornitrici non sono state effettuate in modo regolare.
– Ci sono state delle erogazioni di denaro pubblico prelevato dalle riserve dello Stato … per il pagamento di lavori sovrafatturati.
– Le somme erogate non sono arrivate sul conto indicato dal Ministero delle Finanze (Ecobank), ma su un conto presso un’altra banca (Rawbank).
Non c’è nulla di politico in quanto detto sopra. Tuttavia, occorre ammettere che si potrebbe essere tentati di usare questo processo per fini politici.
Se è vero che, durante il processo, il Pubblico Ministero e la Parte Civile non hanno apportato prove sufficienti che attestino la colpevolezza di Vital Kamerhe, tuttavia gli elementi sopra citati, presumibilmente esistenti e veri, suggerirebbero che le anomalie rilevate e la fretta esibita nell’erogazione dei fondi indicherebbero che le persone, chiunque esse siano, che hanno dato o eseguito gli ordini abbiano responsabilità innegabili in tutto ciò che è successo nell’ambito del progetto dei 100 giorni.[13]

[1] Cf Radio Okapi, 11.06.’20; Politico.cd, 11.06.’20
[2] Cf Radio Okapi, 11.06.’20; Politico.cd, 11.06.’20
[3] Cf 7sur7.cd, 11.06.’20; Radio Okapi, 11.06.’20
[4] Cf Thierry Mfundu – Politico.cd, 11.06.’20; Blaise BAÏSE – Actualité.cd, 11.06.’20
[5] Cf Radio Okapi, 11.06.’20
[6] Cf Actualité.cd, 11.06.’20
[7] Cf Politico.cd, 17 et 18.06.’20
[8] Cf Patient Ligodi – RFI, 20.06.’20
[9] Cf Politico.cd, 20.06.’20  https://www.politico.cd/la-rdc-a-la-une/2020/06/20/rdc-vital-kamerhe-lourdement-condamne-voici-lintegralite-du-jugement-du-tribunal.html/63245/
[10] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 21.06.’20
[11] Cf Human Right Watch, 23.06.’20
[12] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 22.06.’20
[13] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 18.06.’20