Congo Attualità n. 355

INDICE

EDITORIALE: REGISTRO ELETTORALE E MACCHINA PER VOTARE → ANCORA SENZA CONSENSO

  1. IL PROCESSO ELETTORALE
    1. La pubblicazione delle statistiche degli elettori secondo le varie province
    2. La problematica relativa alla macchina per votare
    3. Il CLC e la CENCO
    4. La Comunità Internazionale
  2. IL CASO MOÏSE KATUMBI
    1. La questione della sua nazionalità
    2. L’accusa di reclutamento di mercenari

 

EDITORIALE: REGISTRO ELETTORALE E MACCHINA PER VOTARE → ANCORA SENZA CONSENSO

 

 

 

 

1. IL PROCESSO ELETTORALE

 

a. La pubblicazione delle statistiche degli elettori secondo le varie province

 

Il 6 aprile, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha pubblicato le statistiche degli elettori secondo le varie entità elettorali, una tappa decisiva in vista della ripartizione dei seggi in Parlamento, la cui legge deve essere discussa e approvata dal parlamento stesso durante l’attuale sessione parlamentare. Secondo le statistiche presentate da Corneille Nangaa, presidente della CENI, al termine dell’operazione di registrazione degli elettori, sul registro elettorale risultavano iscritti 46.542.289 elettori. Nel corso di un’operazione di verifica e di controllo, sono stati rilevati e eliminati 5.381.763 casi di doppioni e 902.290 casi di minorenni. Dopo tale operazione, gli elettori avrebbero dovuto essere 40.258.236. Inspiegabilmente, le statistiche pubblicate dalla CENI contengono un surplus di 29.151 persone, vale a dire un totale di 40.287.387 elettori. È stato il gruppo lituano Neuro Technology BTC che ha esaminato il registro elettorale per conto della CENI.

Il presidente della CENI, Norbert Nangaa, ha annunciato che avrebbe trasmesso la lista dei doppioni al Procuratore generale della Repubblica, affinché applichi la legge. La CENI ha dichiarato di aver «individuato e inserito in una lista rossa tutti i suoi agenti che potrebbero essere implicati» e che, per questo, non potranno più essere assunti dalla CENI. Ha inoltre annunciato procedimenti legali contro gli elettori che si sono iscritti più di una volta.

Corneille Nangaa ha anche presentato il calcolo sulla cui base verrà effettuata la ripartizione dei seggi in Parlamento: «Per 500 deputati nazionali, il quoziente elettorale sarà ottenuto dividendo il numero dei circa 40 milioni di elettori iscritti per il numero dei 500 deputati. Esso sarà quindi 80.000. Ciò significa un deputato per ogni 80.000 elettori registrati. Il quoziente elettorale per l’elezione dei deputati provinciali sarà di circa 51.650».[1]

 

I doppioni sono stati localizzati principalmente in due province: la provincia di Sankuru e quella di Tshuapa. Si stima che la sola provincia di Sankuru abbia avuto più di 800.000 doppioni.
Secondo alcune fonti prossime alla CENI, queste due province erano state sospettate sin dall’inizio. Certi politici avrebbero organizzato un’operazione di gonfiamento, per ottenere più seggi nelle elezioni legislative. Infatti, poiché la nuova legge elettorale ha fissato una soglia di sbarramento che eliminerebbe molti piccoli partiti politici dalla corsa delle elezioni legislative, alcuni politici avrebbero puntato su questo “gonfiamento sistematico” del numero delle registrazioni di elettori per aumentare, in tal modo, il numero dei seggi parlamentari riservati alle loro province, ciò che darebbe loro maggiori possibilità di essere eletti.

Secondo le stesse fonti, gli elettori registrati nel Sankuru sarebbero stati più di 1,7 milioni. Stranamente, in questa provincia gli elettori erano solo 453.599 nel 2006 e circa 626.141 nel 2011.

La provincia del Sankuru è la roccaforte di Lambert Mende, ministro della comunicazione e dei media, portavoce del governo e membro della Maggioranza Presidenziale (MP). Il mese scorso, Lambert Mende, presidente della Convenzione dei Congolesi Uniti (CCU), aveva sorpreso gli altri membri della MP, quando aveva confermato al Ministero degli Interni che il suo partito politico si sarebbe presentato da solo alle prossime elezioni. Lo scorso agosto, Mende aveva tentato di spiegare che il grande aumento del numero degli elettori registrati nella sua provincia era causato dall’afflusso di molti sfollati provenienti dalla regione del Kasai, allora in preda alla violenza.
Va anche fatto notare che la provincia di Tshuapa è la base elettorale del senatore Jacques Ndjoli, ex vicepresidente della CENI.[2]

 

Qui di seguito le statistiche ufficiali pubblicate dalla Commissione elettorale[3]:

 

PROVINCE ELETTORI % PROVINCE ELETTORI %
Bas-Uélé    478.132 1,18 Lomami 1.231.359 3,05
Equateur    969.381 2,40 Lualaba 1.023.342 2,54
Haut-Katanga 2.461.838 6,11 Mai-Ndombe    966.820 2,40
Haut-Lomami 1.313.985 3,26 Maniema 1.028.045 2,55
Haut-Uélé    929.875 2,30 Mongala    971.983 2,41
Ituri 2.236.616 5,55 Nord-Kivu 3.863.721 9,59
Kasaï 1.500.525 3,72 Nord-Ubangi    680.375 1,69
Kasaï Central 1.556.729 3,86 Sankuru 1.267.610 3,14
Kasaï Oriental 1.097.248 2,72 Sud- Ubangi 1.306.451 3,24
Kinshasa 4.457.019 11,06 Sud-Kivu 2.554.513 6,34
Kongo central 1.926.040 4,78 Tanganyika 1.174.710 2,91
Kwango    980.814 2,43 Tshopo 1.221.150 3,03
Kwilu 2.313.568 5,74 Tshuapa    775.538 1,92
Totale 40.287.387

 

Secondo le statistiche pubblicate dalla CENI, sulle cinque province con il maggior numero di elettori, Kinshasa arriva prima con 4.457.019 elettori, ovvero l’11%. Seguono il Nord Kivu, con 3.863.721 elettori (9,5%), il Sud Kivu, con 2.554.513 (6,3%), l’Haut Katanga, con 2.461.833 elettori (6,1%) e il Kwilu, con 2.313.568 elettori ( 5,7%). Da sole, queste cinque province contengono il 38,6% del totale nazionale degli elettori iscritti.

Dall’analisi delle statistiche pubblicate dalla CENI, si constata che le province dell’est hanno raggiunto una percentuale del 45,38% (18.285.927) dei potenziali elettori convalidati a livello nazionale. Si tratta delle province dell’ex. Katanga (Alto Katanga, Alto Lomami, Lualaba e Tanganica); Grande Kivu (Nord Kivu, Sud Kivu e Maniema) e dell’ex provincia Orientale (Tshopo, Bas Uele, Haut Uele e Ituri).

La parte occidentale del Paese ha raggiunto una percentuale del 38% (15.347.989) degli elettori convalidati. Si tratta delle seguenti province: Kinshasa, Kongo Central, ex. Bandundu (Kwango, Kwilu e Mai Ndombe) ed ex. Equateur (Equateur, Mongala, Tshuapa, Nord Ubangi e Sud Ubangi).

Le province del Centro hanno raggiunto solo il 16,5% (6.653.471) di elettori. Si tratta delle province dell’ex. Kasai Occidental (Kasai e Kasai Central) e dell’ex. Kasaï Occidental (Kasaï Oriental, Sankuru e Lomami).[4]

 

Il 9 aprile, la Commissione elettorale ha presentato al Ministero degli Interni il progetto di legge sulla ripartizione dei seggi in Parlamento.[5]

 

Ecco una proiezione della ripartizione dei seggi alla Camera dei deputati nazionali fatta da un gruppo di studi, dopo la pubblicazione delle statistiche degli elettori da parte della Commissione elettorale[6]:

 

PROVINCE DEPUTATI. % PROVINCE DEPUTATI %
Bas-Uélé 6 1,2 Lomami 15 3
Equateur 12 2,4 Lualaba 13 2,6
Haut-Katanga 30 6 Mai-Ndombe 12 2,4
Haut-Lomami 16 3,2 Maniema 13 2,6
Haut-Uélé 11 2,2 Mongala 12 2,4
Ituri 28 5,6 Nord-Kivu 48 9,6
Kasaï 19 3,8 Nord-Ubangi 8 1,6
Kasaï Central 19 3,8 Sankuru 16 3,2
Kasaï Oriental 14 2,8 Sud- Ubangi 16 3,2
Kinshasa 55 11 Sud-Kivu 32 6,4
Kongo central 24 4,8 Tanganyika 15 3
Kwango 12 2,4 Tshopo 15 3
Kwilu 29 5,8 Tshuapa 10 2
Totale 500

 

Il 10 aprile, la Commissione elettorale ha trasmesso al procuratore generale della Repubblica (PGR), Flory Kabange Numbi, la lista dei casi di registrazioni multiple e irregolari degli elettori, affinché possa avviare una procedura giudiziaria contro gli autori di tali atti, in conformità con le disposizioni della legge n. 04/028 del 24 dicembre 2016 relativa all’identificazione e registrazione degli elettori.[7]

 

L’11 aprile, in una dichiarazione congiunta rilasciata a Kinshasa, i leader dell’opposizione hanno fatto notare che «la Commissione elettorale ha affermato di aver registrato un totale di 46.442.289 elettori e di aver eliminato 5.381.763 doppioni e 90.229 minorenni. Ne risulterebbe che gli elettori effettivi sarebbero 40.258.236. Tuttavia, la Commissione elettorale ha pubblicato una cifra chiaramente inesatta di 40.287.387, con 29.151 elettori in più. Ciò indica che il lavoro della Commissione elettorale non è molto serio. Il numero eccessivo dei doppioni rilevati e la registrazione irresponsabile di minorenni denotano un tentativo di imbrogli già a monte».
Alla luce dei fatti denunciati, «l’opposizione chiede:

– un’operazione di verifica e di controllo esterno del registro elettorale e del server centrale della Commissione elettorale,

– la pubblicazione della lista dei doppioni e dei minorenni eliminati dal registro elettorale di ogni circoscrizione elettorale,

– l’annullamento e il ritiro dei certificati elettorali invalidati, per evitare che siano usati durante le prossime operazioni di voto».[8]

 

In un altro documento, l’opposizione ritiene che «il registro elettorale presentato dalla Commissione elettorale dopo averlo rivisto è un falso, perché le cifre non corrispondono alla realtà». Confrontandole con quelle della popolazione totale registrata dall’Istituto Nazionale di Statistica (INS), si nota che, secondo le stime dell’INS, la popolazione congolese è cresciuta del 24% in cinque anni, mentre la Commissione elettorale annuncia un aumento del 30% degli elettori rispetto al 2011, “con inspiegabili disparità tra le varie province“. Alcune di esse registrano un aumento di elettori molto più alto rispetto all’aumento dei loro abitanti. Per esempio: il Sankuru (102%, mentre la popolazione sarebbe aumentata solo del 23%), provincia di origine del portavoce del governo, Lambert Mende, o il Lomami (78%, mentre l’aumento della popolazione sarebbe solo del 23%). D’altra parte, in altre province l’aumento del numero di elettori è stato inferiore all’aumento del numero dei loro abitanti, come il Tanganica (9% contro il 26%), il Kasaï orientale (3% contro il 23%), il Nord. -Ubangi (11% contro il 20%) o il Bas-Uélé (10% contro il 17%).[9]

 

b. La problematica relativa alla macchina per votare

 

Il 29 marzo, il vicepresidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Norbert Basengezi, ha annunciato che, il 2 aprile, la Commissione inizierà le sue attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul funzionamento della macchina per votare. Sarà una vasta operazione che vedrà interessate «26 province, 32 città, 330 comuni, 2.815 quartieri, 145 territori, 734 settori, 6.095 raggruppamenti e 88.000 villaggi».[10]

 

Il 9 aprile, il Gruppo di Studi sul Congo (GEC), un progetto di ricerca con sede presso il Centro di cooperazione internazionale dell’Università di New York, ha manifestato i suoi dubbi sull’affidabilità della macchina per votare, sulla reale capacità della CENI per poter condurre una campagna di educazione della popolazione circa il modo di usarla e sull’opacità della procedura di appalto adottata per la sua ordinazione.

Secondo il GEC, «le elezioni congolesi di dicembre prossimo rischiano di svolgersi nel caos, a causa della possibilità di eventuali guasti delle macchine per votare, della mancanza di formazione all’uso di queste macchine e dell’eventuale violazione della segretezza del voto che l’uso di queste macchine potrebbe comportare». Inoltre, il GEC ritiene che «la sfiducia del popolo congolese nei confronti della CENI è stata causata, tra altre cose, dalla mancanza di trasparenza per quanto riguarda l’operazione di acquisto delle macchine per votare, dalla mancanza di una loro sperimentazione previa e dall’assenza di una terza parte imparziale per monitorare il loro uso».

Il GEC teme che l’introduzione di questa tecnologia nello svolgimento delle prossime elezioni possa causare un grande caos: «Il potenziale di guasti e di confusione è molto elevato, soprattutto perché ci si troverà con 84.000 macchine che dovranno operare contemporaneamente, nello stesso giorno, su tutto il territorio nazionale. Inoltre, le elezioni si svolgeranno in dicembre, un mese in cui, in molte parti del paese, le piogge sono molto abbondanti».

Il GEC aggiunge che l’altro unico paese in Africa ad aver già usato una forma di voto elettronico è la Namibia, nel 2014: «Là, tuttavia, il paese si era ben preparato in anticipo: la legge elettorale era stata modificata nel 2009, al fine di permettere il voto elettronico in modo ufficiale; prima di essere utilizzato per le elezioni nazionali del 28 novembre 2014, il sistema era stato sperimentato in quattro elezioni locali del mese di agosto 2014 e in elezioni parziali del mese di novembre 2014. La Namibia è anche un paese piccolo, le cui dimensioni equivalgono a quelle di una piccola provincia congolese; con 1,2 milioni di elettori, invece dei 40 milioni di elettori congolesi e con molte più infrastrutture  … La Namibia ha utilizzato 2.080 macchine e disponeva di 121 tecnici e 31 ingegneri disponibili su richiesta. Mantenendo le proporzioni della Namibia, il Congo dovrebbe assumere e formare più di 6.000 tecnici». Il GEC ritiene che, attualmente, la CENI non ha né il tempo né il budget per condurre una campagna di educazione civica a livello nazionale a questo proposito: «Non è solo l’elettorato che ha bisogno di formazione, ma anche gli agenti della CENI che, in pochi mesi, dovranno imparare ad utilizzare queste macchine per votare».

Il GEC aggiunge che c’è solo un altro paese in cui vengono utilizzate le stesse macchine: Fidji, dove gli elettori sono solo 624.000 e la commissione elettorale aveva sperimentato le macchine durante le elezioni sindacali e studentesche, prima di usarle per le elezioni politiche.
La CENI ha previsto circa 107.000 macchine per votare, una per ciascuno degli 84.000 seggi elettorali e una in standby per ciascuno dei 23.000 centri di voto. La CENI sostiene che l’introduzione della macchina per votare non è più una possibile opzione, ma una decisione che è stata presa per limitare il costo delle elezioni e per abbreviare il tempo del conteggio dei voti. Ha anche fatto capire che, senza l’uso di questa macchina, è impossibile organizzare le elezioni entro la fine di quest’anno.[11]

 

Il Gruppo di Studi sul Congo (GEC) si è dimostrato molto critico anche a proposito del preventivo finanziario previsto per l’acquisto delle macchine per votare e della procedura di appalto che ne è conseguita: «Nangaa ha affermato che le macchine per votare potevano abbassare i costi di 100 milioni di dollari. Ha dichiarato che si sarebbe potuto risparmiare quasi 200 milioni di dollari e ridurre il tempo necessario per la trasmissione dei risultati da due mesi a due giorni. Tuttavia, la CENI non ha reso pubblico il ragionamento su cui si potrebbero fondare questi calcoli e si teme che essa abbia ridotto i costi riducendo il numero dei centri di voto, il che potrebbe creare grossi problemi nel giorno delle elezioni». Il GEC ricorda che, secondo il budget della CENI, ogni macchina per votare costa circa 1.500 $, cioè 160 milioni di $ per 107.000 macchine. A questo proposito, il GEC esprime i suoi dubbi sulla procedura di appalto: «Non è chiaro perché la CENI abbia scelto MIRU Data Systems come fornitore di queste macchine. Secondo un rapporto di Jeune Afrique, il primo contatto con MIRU è avvenuto nel 2014, quando Apollinaire Malu Malu, ex presidente della Ceni, era andato in Corea del Sud con una delegazione congolese. Secondo alcune fonti critiche, il figlio di Norbert Katintima, vice presidente della Ceni, avrebbe approfittato dei suoi rapporti personali con Miru Systems, per negoziare il contratto, un’affermazione che Corneille Nangaa ha categoricamente smentito (…) Alla fine di marzo 2018, la CENI aveva già ricevuto circa 200 macchine per votare, ma non si sa ancora se abbia firmato un contratto per le restanti 100.000».

Il GEC ricorda che, nel mese di gennaio 2018, l’Osservatorio delle Spese Pubbliche (ODEP) aveva accusato la CENI di mancanza di trasparenza nella gestione dei fondi stanziati dal governo e da alcuni partner internazionali a favore del processo elettorale. L’ODEP aveva affermato che la CENI non aveva ancora pubblicato il piano di erogazione dei fondi messi a sua disposizione e aveva sottolineato la mancanza di supervisione, da parte del Parlamento, della Corte dei Conti e dell’ispettorato generale delle finanze, sull’esecuzione del budget riservato al processo elettorale. Secondo l’ODEP, i rapporti annuali della CENI presentati in Parlamento non sono stati oggetto né di alcun dibattito in sede parlamentare, né di missioni di inchiesta parlamentare.[12]

 

L’11 aprile, in una dichiarazione congiunta rilasciata a Kinshasa, i leader dell’opposizione hanno ribadito il loro rifiuto nei confronti dell’uso della macchina per votare. Firmatari della dichiarazione sono: Félix Tshisekedi (UDPS e alleati), Eve Bazaiba Masudi (MLC / FRC), Vital Kamerhe (UNC e alleati), Pierre Lumbi Okongo (Ensemble) e Freddy Matungulu (NBC / SYENGO). Essi accusano la Commissione elettorale di acquistare la macchina per votare a 1.500 dollari quando, secondo loro, costerebbe solo 400 dollari. Essi sospettano quindi «un atto di malversazione di fondi pubblici, tanto più che, nella legge finanziaria del 2018, non esiste alcuna previsione di spesa relativa all’acquisto di macchine per votare». Di conseguenza, essi hanno chiesto al Procuratore Generale della Repubblica di aprire un’inchiesta giudiziaria a tale proposito.

Prendendo atto della posizione del governo sud coreano che, ufficialmente, ha rivelato un elevato rischio di brogli elettorali mediante l’uso della macchina per votare proposta dalla società sudcoreana Miru System, l’opposizione ha «ribadito il suo rifiuto nei confronti dell’uso della macchina per votare, ha chiesto alla Commissione elettorale di rinunciare immediatamente a questo suo progetto, portatore di germi di conflitti, e ha invitato il governo ad annullare il contratto tra la società  Miru System e la Commissione elettorale, perché oggetto di gravi sospetti di corruzione». Di conseguenza, invitano gli Stati Uniti d’America, gli altri paesi occidentali e la Corea del Sud a bloccare i conti bancari di Miru Systems per transazioni illegali.
I leader dell’opposizione insistono anche sul fatto che «l’uso della macchina per votare costituisce  una violazione della costituzione congolese, che sostiene il valore di elezioni libere, trasparenti e segrete, e dell’attuale calendario elettorale che, negli articoli 39 e 40, prevede le operazioni di stampa e di distribuzione delle schede elettorali».[13]

 

c. Il CLC e la CENCO

 

L’8 aprile, in un comunicato stampa, il Comitato Laico di Coordinamento (CLC),
«A. per quanto riguarda la Commissione elettorale, ha osservato:

  1. La mancata pubblicazione, il 26 marzo 2018, della lista dei partiti politici abilitati a partecipare alle elezioni. In quella data, si è assistito a una semplice consegna di una brochure al Presidente della Commissione elettorale da parte del Ministro degli Interni e non alla pubblicazione della lista. Il rifiuto, da parte della Commissione elettorale, di rivelare il contenuto della lista getta dei dubbi sull’atto stesso.
  2. La testardaggine nel voler imporre la macchina per votare, una tecnologia disapprovata a livello nazionale e internazionale e acquistata, tra l’altro, in condizioni non trasparenti.
  3. L’emarginazione del gruppo di esperti internazionali che dovrebbe accompagnare la Commissione elettorale in tutte le fasi del processo elettorale.
  4. Per quanto riguarda il governo, il CLC ha constatato:
  5. Le vessazioni nei confronti di cittadini pacifici, in particolare giornalisti, attivisti per i diritti umani e membri dei movimenti dei cittadini;
  6. La non liberazione dei prigionieri politici e di opinione e il rifiuto di porre fine alle procedure giudiziarie ingiustificate menzionate nell’Accordo del 31 dicembre 2016.
  7. La persistenza dell’interdizione di manifestazioni pubbliche, della chiusura degli spazi di espressione democratica e dei mandati di arresto emessi contro membri del CLC attivamente ricercati.
    4. Il deterioramento della situazione sociale e la leggerezza con cui vengono affrontate le questioni esistenziali e umanitarie.
  8. In queste situazioni,
  9. Il CLC attira l’attenzione dei partner sul fatto che la mancanza di fiducia del popolo nei confronti dell’istituzione organizzatrice delle elezioni rimane un argomento più che preoccupante e richiede una soluzione urgente. Chiede alla Commissione elettorale di ritirare immediatamente la sua proposta di usare la macchina per votare, che rischia di far precipitare il paese in un inutile ciclo di violenza.
  10. Infine, il CLC ribadisce il suo invito a tutte le parti interessate a organizzarsi per raggiungere, prima del 30 aprile 2018, il rasserenamento del clima politico pre-elettorale, per garantire pari opportunità a tutti i potenziali candidati nelle prossime competizioni elettorali».[14]

 

Il 13 aprile, in una conferenza stampa, il segretario generale e portavoce della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), don Donatien Nshole, ha affermato che
«– La CENCO è molto preoccupata del fatto che le disposizioni dell’accordo di San Silvestro 2016 per l’organizzazione di elezioni libere, trasparenti e pacifiche non siano ancora pienamente applicate. Si tratta principalmente delle misure di rasserenamento del clima politico. Non metterle in pratica significa compromettere il processo elettorale e ipotecare le elezioni, unica via d’uscita dall’attuale crisi.

– A otto mesi prima delle urne, i vescovi membri della CENCO deplorano il fatto che non sia stato ancora trovato un consenso sull’uso della macchina per votare proposta dalla Commissione elettorale. Al contrario, voci discordanti arrivano anche dal paese di produzione e di origine di queste macchine. La CENCO ribadisce la sua richiesta di certificazione di queste macchine per votare da parte di esperti nazionali e internazionali, al fine di trovare un consenso che possa rassicurare tutte le parti interessate, sia a livello tecnico che giuridico.

– Il dibattito sulla questione della doppia nazionalità in relazione alle elezioni è fonte di preoccupazione per la CENCO che teme un aumento delle tensioni identitarie e la strumentalizzazione della giustizia per un regolamento dei conti di tipo politico. La CENCO approfitta dell’occasione per ricordare che nessuno è al di sopra della legge, che deve essere applicata in modo imparziale».[15]

 

d. La Comunità Internazionale

 

Il 12 aprile, l’ambasciatore britannico presso la RD Congo, John Murton, ha dichiarato che la Commissione elettorale ha chiesto al governo del Regno Unito di inviare degli esperti tecnici per controllare le macchine per votare e ha aggiunto che il suo paese è pronto a rispondere positivamente a tale richiesta. Egli ha fornito queste informazioni dopo il suo incontro con Norbert Basengezi, vicepresidente della Commissione elettorale, e Harriett Baldwin, ministro britannico per l’Africa.

Da parte sua, il vicepresidente della Commissione elettorale, Norbert Basengezi, citato da Deutsche Welle, ha dichiarato che sono già state intraprese due gare internazionali: una per il controllo esterno del registro elettorale e l’altra per la certificazione della macchina per votare.[16]

 

Il 12 aprile, il portavoce della MONUSCO, Florence Marchal, ha affermato che la decisione di utilizzare la macchina per votare spetta al governo congolese attraverso la Commissione elettorale:
«La risoluzione 2409, che conferma le precedenti risoluzioni, chiede alla MONUSCO di fornire un supporto tecnico e logistico alla Commissione elettorale per l’organizzazione delle elezioni. Supporto tecnico significa che i nostri esperti possono trasmettere alla Commissione elettorale delle osservazioni sul funzionamento delle macchine per votare. Anche se, in collaborazione  con la Commissione elettorale e il governo, la MONUSCO vuole assicurarsi che un eventuale mal funzionamento  delle macchine per votare non interrompa l’intero processo elettorale, il suo ruolo rimane sempre un ruolo di assistenza tecnica e di supporto logistico e non un ruolo di convalidazione o di certificazione».[17]

 

Il 13 aprile, la rappresentante del Segretario Generale delle Nazioni Unite nella RD Congo, Leila Zerrougui, ha affermato la necessità di un consenso tra gli attori politici sulla questione dell’uso della macchina per votare: «Sulle questioni che suscitano dei dubbi, tra cui quella relativa alla macchina per votare, è necessario raggiungere un consenso. Non posso dire alla RD Congo di non usare la macchina per votare, non è il mio ruolo. Tuttavia, in un contesto in cui l’opposizione teme che la macchina per votare favorisca il rischio di gravi brogli elettorali, è necessario ricostruire la fiducia, mediante un dialogo tra governo e opposizione che permetta loro di raggiungere un accordo. Inoltre, essendo la prima volta che si userebbe la macchina per votare , è necessario assicurarsi in anticipo del suo buon funzionamento, anche se è sempre necessario avere un piano B, in modo che, se qualcosa non funzionasse bene, si possa ricorrere immediatamente al piano B».

Inoltre, Leila Zerrougui ha auspicato che, dopo un controllo esterno indipendente, i dati contenuti nel registro elettorale possano essere utilizzati per creare un registro di stato civile: «Dopo le elezioni, si potrebbe usare il registro elettorale per dare alle persone una loro carta d’identità e un certificato di nascita, ciò che contribuirebbe ad identificare la popolazione, facilitando molte pratiche burocratiche».[18]

 

 

2. IL CASO MOÏSE KATUMBI

 

a. La questione della sua nazionalità

 

Il 22 marzo, l’amministrazione comunale di una cittadina del sud Italia ha confermato che Moïse Katumbi ha effettivamente detenuto la nazionalità italiana tra il 2000 e il 2017. Contraria alla legge congolese, questa situazione potrebbe avere delle ripercussioni negative sulla sua candidatura alle elezioni presidenziali previste per il prossimo dicembre.

Il municipio di San Vito dei Normanni, una piccola cittadina di 20.000 abitanti del sud Italia, conferma che Moïse Katumbi aveva acquisito la Nazionalità italiana il 3 ottobre 2000, con il nome di Moïse Katumbi d’Agnano e che vi ha rinunciato il 13 gennaio 2017. È probabile che Moïse Katumbi abbia acquisito la nazionalità italiana tramite suo padre, nato sull’isola greca di Rodi che, nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, era sotto il dominio dell’Italia. Moïse Katumbi avrebbe approfittato di questo legame di parentela, come uno dei criteri ammessi dalla legislazione in vigore in quel tempo per acquisire la nazionalità italiana.

Questa doppia cittadinanza suscita un grave problema nei confronti della legislazione congolese, poiché l’articolo 10 della Costituzione del 2006 proibisce espressamente la doppia nazionalità: “La nazionalità congolese è una ed esclusiva. Essa non può essere detenuta in concomitanza con un’altra”.

Avendo acquisito la nazionalità italiana, Moïse Katumbi ha di fatto perso la sua nazionalità congolese. È ciò che il ministro della Giustizia, Alexis Thambwe Mwamba, lasciava intuire nel mese di giugno 2017: «Sapendosi in questa situazione, spetta a lui avviare la procedura prevista dalla legge per recuperare la nazionalità congolese».

Il 12 marzo, Moïse Katumbi ha dato inizio al suo movimento “Insieme per il cambiamento” esprimendo, nel contempo, la sua intenzione di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali. Tuttavia, l’articolo 7.2 della Costituzione congolese stabilisce che “nessuno può essere candidato alle elezioni del Presidente della Repubblica se non possiede la nazionalità congolese di origine”.
In queste circostanze, difficilmente Moïse Katumbi potrà presentare la sua candidatura per le elezioni presidenziali del 23 dicembre prossimo. Bob Kabamba, professore di scienze politiche e co redattore della Costituzione congolese del 2006, l’ha detto apertamente: «Finché Moïse Katumbi non abbia intrapreso le procedure necessarie per recuperare la sua nazionalità d’origine, non potrà essere candidato alle elezioni presidenziali».[19]

 

Il 24 marzo, mentre divampa il dibattito sulla doppia cittadinanza di Moïse Katumbi e riaffiora il caso del reclutamento di mercenari da parte sua, il Comitato Laico di Coordinamento (CLC) interviene per ricordare agli uni e agli altri lo spirito e la lettera dell’Accordo di San Silvestro 2016, che chiede la cessazione delle procedure giudiziarie nei confronti dei membri dell’opposizione e il ritorno in patria dei politici costretti a vivere in esilio, due disposizioni che faciliterebbero l’organizzazione di elezioni pacifiche e credibili previste per il 23 dicembre 2018. Secondo il suo comunicato stampa, «il CLC continuerà a monitorare, fino al 30 aprile 2018, il dibattito sull’urgente necessità di applicare le misure di rasserenamento del clima politico, in conformità con la sua lettera del 10 marzo, indirizzata al Segretario Generale delle Nazioni Unite … Il CLC chiede a tutte le parti implicate nell’attuale crisi, di arrivare al rasserenamento del clima pre-elettorale prima del 30 aprile, in modo da garantire l’uguaglianza di opportunità a tutti i potenziali candidati nelle prossime competizioni elettorali». Riferimento qui fatto a Moïse Katumbi, che rischia di essere escluso dal processo elettorale.[20]

 

Il 27 marzo, il procuratore generale della Repubblica, Flory Kabange Numbi, ha annunciato di aver aperto un’inchiesta giudiziaria contro Moïse Katumbi circa la sua nazionalità.
Flory Kabange Numbi ha dichiarato: «Abbiamo aperto un’indagine giudiziaria contro Moïse Katumbi affinché, quando sarà il momento, possa rispondere di tutte le sue azioni. Com’è possibile che un individuo con nazionalità italiana sia venuto nei nostri uffici per ottenere il passaporto [congolese] e il certificato elettorale? Com’è possibile che abbia usato documenti falsi durante tutto il tempo in cui è stato governatore della provincia del Katanga?».

Da parte sua, Olivier Kamitatu, portavoce di Moïse Katumbi, ha denunciato una vera e propria persecuzione contro l’ex governatore del Katanga: «Si tratta di un accanimento contro Moïse Katumbi dovuto al fatto che si è dichiarato candidato alla presidenza della Repubblica».
In esilio dal 2015, nel maggio 2016, Moïse Katumbi era stato condannato, in contumacia, a tre anni di prigione per appropriazione indebita di un edificio. Questo fascicolo è stato trasferito alla Corte di Cassazione.[21]

 

Il 30 marzo, in occasione dell’apertura dell’informazione giudiziaria sulla nazionalità di Moïse Katumbi, avviata dal Procuratore generale della Repubblica Flory Kabange Numbi, il coordinatore dell’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ ), Georges Kapiamba, ha affermato che si tratta di «un’azione politica presentata come un dossier giudiziario». Georges Kapiamba ha ritenuto che le procedure giudiziarie avviate contro Moïse Katumbi per reclutamento di mercenari, appropriazione indebita di un edificio immobiliare e detenzione di doppia nazionalità, violerebbero la recente risoluzione delle Nazioni Unite sulla RDC, che chiede di applicare le misure di rasserenamento del clima politico previste dall’accordo del 31 dicembre 2016.[22]

 

Se Moïse Katumbi rinunciasse alla nazionalità italiana che detiene, potrebbe recuperare la sua nazionalità congolese, ma una volta riacquistatala, potrebbe essere perseguito dalla giustizia congolese per detenzione e uso di falsi documenti, un reato la cui pena potrebbe variare da 3 mesi a 5 anni di reclusione per un cittadino congolese ordinario e raggiungere i 10 anni di reclusione per un agente dello Stato, come nel caso dell’ex governatore Moïse Katumbi, secondo gli articoli 124, 125, 126 e 127 del codice penale congolese.[23]

 

A meno di un miracolo, l’eventuale candidatura di Moïse Katumbi alle presidenziali di dicembre 2018 sarà invalidata dalla Commissione elettorale, per irregolarità dovuta alla mancanza della nazionalità congolese.

Affinché la sua candidatura sia convalidata, Moïse Katumbi dovrebbe essere in possesso di un certificato che attesti il recupero della sua nazionalità congolese di origine. Secondo la legge, il recupero della nazionalità congolese di origine non è automatico.

Il certificato di recupero della nazionalità è rilasciato solo dal Ministro della giustizia, in seguito a una procedura definita dalla legge del 24 aprile 2004 sulla nazionalità.

La procedura è dichiarativa. Il richiedente deve inviare al ministero della Giustizia una dichiarazione di rinuncia alla sua nuova nazionalità. Questo è il primo passo. Katumbi deve quindi  scrivere a Thambwe Mwamba per comunicargli che ha rinunciato alla sua nazionalità italiana.

Tuttavia, il Ministro della Giustizia non ha il potere di decidere da solo. La decisione di riconcedere la nazionalità, con decreto ministeriale, può essere presa solo dopo una deliberazione in Consiglio dei ministri. In caso di un probabile diniego, vista l’inimicizia che esiste tra i Katumbisti e i  Kabilisti, Moïse Katumbi avrebbe diritto a un ricorso amministrativo.

Questo significa ritornare ancora dallo stesso ministro della giustizia, Alexis Thambwe Mwamba, per chiedere nuovamente la sua nazionalità congolese. A partire dalla data di ricezione di questa seconda procedura, il Ministro della giustizia dispone di 3 mesi per decidere. Il suo eventuale silenzio alla fine di questi tre mesi equivarrebbe a un nuovo rifiuto. In questo caso, Moïse Katumbi dovrà rivolgersi alla Corte Suprema.

La data di presentazione delle candidature per le elezioni presidenziali, luglio 2018, sembra ormai troppo vicina e, anche se la Corte Suprema di Giustizia si pronunciasse favorevolmente, Katumbi non avrà il tempo necessario per completare il suo dossier.

Ironia della sorte, colui che, nel 2015,  ha sbattuto la porta della maggioranza presidenziale per difendere la Costituzione, è ora ostacolato dai suoi ex compagni in nome della stessa legge fondamentale. Sconfitta nel suo piano di modificare la Costituzione per permettere a Joseph Kabila di ricandidarsi per un terzo mandato presidenziale, la maggioranza aveva giurato di far rispettare l’intera Costituzione. Dal primo all’ultimo articolo! Malevola, ella aveva pensato all’articolo 10 che vieta la doppia nazionalità, perché la nazionalità congolese è una ed esclusiva e non può, quindi, essere detenuta in concomitanza con un’altra.

Presumibilmente, Moïse Katumbi non avrà il diritto di candidarsi alle presidenziali di dicembre 2018. Un vantaggio non solo per i suoi avversari politici della maggioranza presidenziale, ma anche per i suoi colleghi dell’opposizione, come Vital Kamerhe (UNC), Felix Tshisekedi (UDPS), Freddy Matungulu (NBC) e Martin Fayulu (ECIDE).[24]

 

b. L’accusa di reclutamento di mercenari

 

Il 23 marzo, secondo una corrispondenza trapelata sui social network, il procuratore generale della Repubblica, Flory Kabange Numbi, ha chiesto alla Corte Suprema di Giustizia di fissare un’udienza per il caso relativo al reclutamento, da parte di Moïse Katumbi, di mercenari stranieri. Infatti, il 19 maggio 2016, l’ex governatore del Katanga era stato accusato di “attentato alla sicurezza interna ed esterna dello stato”. Era poi stato autorizzato a lasciare la RD Congo per recarsi in Sud Africa per cure mediche. Il documento emesso dal procuratore della Repubblica lo identifica come cittadino “congolese”. Si tratta di un importante chiarimento, poiché la nazionalità congolese è unica e esclusiva. Olivier Kamitatu, portavoce di Moïse Katumbi, allora si chiede: «Sarebbe congolese quando lo si vuole condannare e italiano quando lo si vuole escludere dalle elezioni presidenziali?».[25]

 

Il 4 aprile, in una conferenza stampa, gli avvocati di Moïse Katumbi hanno affermato che, nell’ambito del dossier sul reclutamento di mercenari, l’ex governatore del Katanga rischia di essere privato del suo diritto a un processo equo. Il processo è stato fissato per il 27 giugno, presso la Corte Suprema di Giustizia. Gli avvocati di Moïse Katumbi rimproverano al Procuratore Generale della Repubblica il mancato rispetto dell’articolo 19 della Costituzione, riguardante il doppio grado delle giurisdizioni di cui dovrebbe usufruire il loro cliente. Secondo loro, il processo contro Moïse Katumbi non dovrebbe svolgersi alla Corte Suprema di Giustizia, perché il giudice naturale dell’accusato sarebbe il tribunale distrettuale di Lubumbashi. Secondo loro, nel caso in cui Moïse Katumbi fosse processato direttamente presso la Corte suprema di giustizia, si rischierebbe di privarlo del livello superiore di appello. In conseguenza, in caso di una sentenza non conforme alla legge, non vi sarebbe più alcuna possibilità di far ricorso.

Moïse Katumbi è accusato dal Procuratore Generale della Repubblica di diversi fatti risalenti al 2014, tra cui reclutamento di mercenari, fornitura di armi e munizioni senza autorizzazione da parte del governo. Era già stato processato e condannato a tre anni di carcere in un caso di appropriazione indebita di un edificio presumibilmente appartenente al greco Alexandros Stupis di Lubumbashi. Il caso, cui Katumbi non riconosce alcun fondamento, è attualmente in appello presso il tribunale distrettuale di Lubumbashi.[26]

 

Nel cosiddetto dossier “reclutamento di mercenari”, sulla cronologia dei fatti, gli ultimi rapporti indicano una contraddizione tra i servizi di intelligence e il sistema giudiziario.

In un documento riservato dal titolo “Rapporto aggiornato dell’indagine sul reclutamento di mercenari da parte Moïse Katumbi“, datato del 16 dicembre 2016 e indirizzato al Procuratore Generale della Repubblica, con copia riservata al Capo dello Stato, Joseph Kabila, l’ANR ricorda i fatti e li situa alla fine del 2015: «Dopo le dimissioni di Moïse Katumbi, il 29 settembre 2015, dalle sue funzioni di governatore dell’ex provincia del Katanga, si è osservato, da novembre 2015, nel suo immediato entourage, la presenza di guardie del corpo di origine straniera». Secondo il testo, «è in seguito a questa costatazione che, il 5 gennaio 2016, Evariste Boshab, allora Ministro dell’Interno, aveva pubblicato una dichiarazione ufficiale per ricordare l’obbligo, da parte di qualsiasi persona fisica o giuridica, beneficiaria di una guardia del corpo, di informarne entro il 15 gennaio 2016 il comandante della polizia nazionale congolese più vicino».

Tuttavia, nella sua richiesta emessa il 16 marzo 2018 per fissare una data di udienza, il Procuratore generale della Repubblica situa i fatti contestati a Moise Katumbi nel 2014, mentre era ancora governatore della provincia del Katanga. «Senza pregiudizio per una data più precisa, ma nel periodo compreso tra il 2014 e il 2016», l’ex governatore è accusato di aver reclutato dei soldati e di aver fornito loro armi e munizioni senza autorizzazione da parte del governo, scrive il Procuratore generale della Repubblica al primo presidente della Corte Suprema di Giustizia, chiedendogli di fissare una data di udienza in questo processo.

Da parte sua, la difesa di Moïse Katumbi denuncia «un tentativo di voler sottrarre l’imputato dal suo giudice naturale, per presentarlo direttamente davanti alla Corte Suprema di Giustizia che prende le sue decisioni in prima e ultima istanza». In altre parole, senza possibilità di appello.[27]

[1] Cf 7sur7.cd, 06.04.’18; Actualité.cd, 06.04.’18

[2] Cf Politico.cd, 05 et 06.04.’18

[3] Cf ACP – Digitalcongo.net, 07.04.’18

[4] Cf Forum des As – Kinshasa, 09.04.’18

[5] Cf Radio Okapi, 10.04.’18

[6] Cf Blaise Kapampy – Forum des As – Kinshasa, 12.04.’18

[7] Cf Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 11.04.’18

[8] Cf Radio Okapi, 11.04.’18

[9] Cf Marie-France Cros – La Libre.be – Afrique, 11.04.’18  https://afrique.lalibre.be/17751/rdc-lopposition-conteste-les-chiffres-de-la-commission-electorale/

[10] Cf 7sur7.cd. 30.03.’18

[11] Cf Actualité.cd, 09.04.’18; Tony-Antoine – Cas-info.ca, 09.04.’18

[12] Cf Deskeco.com, 09.04.’18

[13] Cf Radio Okapi, 11.04.’18

[14] Cf Congoforum.be, 12.04.’18

http://www.congoforum.be/fr/nieuwsdetail.asp?subitem=41&newsid=210432&Actualiteit=selected

[15] Cf http://cenco.org/les-preoccupations-de-la-cenco-sur-les-enjeux-sociopolitiques-actuels/

[16] Cf Actualité.cd, 12.04.’18; Politico.cd, 13.04.’18

[17] Cf Actualité.cd, 12.04.’18

[18] Cf Yassin Komb – Actualité.cd, 13.04.’18

[19] Cf Olivier Liffran – Jeune Afrique, 22.03.’18

[20] Cf Politico.cd, 25.03.’18

[21] Cf Radio Okapi, 28.03.’18

[22] Cf Edmond Izuba – Cas-info.ca, 31.03.’18

[23] Cf Politico.cd, 29.03.’18

[24] Cf 7sur7.cd, 23.03.’18

[25] Cf Pierre Boisselet et Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 23.03.’18

[26] Cf Radio Okapi, 05.04.’18

[27] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 09.04.’18