Per un’opposizione più vera, forte ed efficace

Editoriale Congo Attualità n. 347 – a cura della Rete Pace per il Congo

L’opposizione si trova attualmente in difficoltà. Oltre alla repressione da parte del regime che le vieta, per cosiddetti motivi di sicurezza, di organizzare qualsiasi tipo di manifestazioni pubbliche e che subito interviene per disperdere i manifestati con lanci di gas lacrimogeni o sparando direttamente sulla folla, che non esita ad arrestare e a intraprendere procedure giudiziarie contro i suoi esponenti politici più rappresentativi, che continua a impedire, per cosiddetti problemi amministrativi, il funzionamento di numerosi media (radio, televisioni e giornali) gestiti da alcuni suoi membri, si possono ricordare anche motivi interni.

Un’opposizione divisa

 

Il primo motivo potrebbe essere quello di una certa divisione all’interno dell’Opposizione.

– C’è una parte dell’opposizione che ha accettato di far parte del Governo e che si è inserita nel processo elettorale espresso nel calendario elettorale pubblicato il 5 novembre scorso dalla Commissione elettorale. C’è un’altra parte che, ritenendo che l’accordo di San Silvestro 2016 non sia affatto stato applicato,  lo considera già superato e esige un periodo di transizione senza l’attuale Presidente Kabila, per poter organizzare elezioni veramente trasparenti e credibili.

– Il principale partito dell’opposizione, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), sembra aver ultimamente subito una nuova scissione, in seguito ad un recente congresso convocato da Bruno Tshibala, attuale Primo Ministro. Almeno tre sarebbero i partiti che rivendicano la sigla “UDPS”: l’UDPS / ala Félix Tshisekedi – Jean Marc Kabund, l’UDPS / ala Tshibala e l’UDPS / ala Kibassa.  Inoltre, l’UDPS di Etienne Tshisekedi sembra aver perso molte sue personalità di spicco, tra cui Valentin Mubake et Bruno Mavungo.

– Il Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP), fondato nel 2016 quando Etienne Tshisekedi era ancora in vita, aveva subito una scissione già nel 2017, dopo il decesso di Etienne Tshisekedi: il RASSOP / ala Limete, con Félix Tshisekedi (UDPS) e Pierre Lumbi (G7) e il RASSOP / ala Kasavubu, con Joseph Olenga Nkoy, attuale presidente del Consiglio Nazionale di Supervisione dell’Accordo e del processo elettorale (CNSA). Inoltre, secondo informazioni degli ultimi giorni, all’interno del RASSOP / ala Limete si starebbe constatando un cero malessere tra i due principali leader: il presidente del RASSOP in quanto tale, Félix Tshisekedi (UDPS) e il presidente del Comitato dei Saggi del RASSOP, Pierre Lumbi (G7).  Se il motivo “ufficiale” di tale malessere potrebbe essere quello della diversità delle rispettive posizioni nei confronti di un’eventuale transizione senza Kabila, il “vero” motivo potrebbe essere quello della candidatura alle prossime elezioni presidenziali: Félix Tshisekedi, proposto dall’UDPS, o Moïse Katumbi, proposto dal G7?

 

La non viabilità di certi obiettivi scelti

 

Un secondo motivo potrebbe essere quello di un’eventuale non viabilità del duplice obiettivo fissato: le dimissioni dell’attuale Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, il cui secondo e ultimo mandato presidenziale è terminato, secondo le disposizioni della Costituzione, il 19 dicembre 2016 e, conseguentemente, l’instaurazione di una transizione senza Kabila (TSK) che, guidata da una personalità neutrale proveniente dalle file dei movimenti cittadini, dovrebbe condurre il Paese verso elezioni, trasparenti, credibili e pacifiche.

– Primo problema da affrontare: come ottenere tali dimissioni? Si risponderà: con la pressione delle manifestazioni di piazza. Si potrebbe replicare: è già stato fatto, ma con quali risultati, visto che, finora, esse sono state sistematicamente e brutalmente represse dalle forze dell’ordine? Finché le forze della Polizia e dell’Esercito rimarranno schierate dalla parte del regime, la via delle manifestazioni di piazza continuerà ad essere “inutilmente” inondata dal sangue di vittime innocenti. Tanto più che, dopo la pubblicazione del calendario elettorale da parte della Commissione elettorali, il 5 novembre 2016, anche la Comunità internazionale ha voltato le spalle all’Opposizione, allineandosi sulle posizioni della Commissione elettorale e del Governo.

– Secondo problema: come ottenere un consenso politico tra opposizione e maggioranza su un Presidente di transizione? Si risponderà: con un terzo dialogo. Si potrà replicare: ma con quali risultati, dato che i due ultimi (quello del Centro dell’Unione Africana e quello del Centro Interdiocesano) hanno dimostrato quanto sia difficile costruire un consenso e rimanervi fedeli.

Inoltre, un terzo dialogo esigerebbe altro tempo supplementare e non farebbe altro che contribuire ad un ennesimo rinvio delle elezioni, peraltro già previste per il 23 dicembre 2018 e mantenere l’attuale presidente Joseph Kabila alla guida del Paese. Strana opposizione: mentre accusa il presidente Kabila di voler rinviare le elezioni, essa stessa avanza delle proposte che andrebbero nella stessa direzione.

 

Le conseguenze

 

Mentre l’opposizione continua a dimenarsi nelle sabbie mobili delle sue divisioni interne e di un’ipotetica transizione senza Kabila, il processo elettorale continua il suo percorso pilotato, ahimè, quasi esclusivamente dalla Commissione elettorale e dalla maggioranza presidenziale, senza che l’opposizione riesca ad apportarvi qualsiasi minima rettifica.

Stessa cosa anche per l’attuazione dell’Accordo di San Silvestro 2016 e, più particolarmente, per l’applicazione delle misure di rasserenamento del clima politico da esso previste.

 

Che fare?

 

  1. Secondo alcuni osservatori, le forze politiche dell’opposizione non possono più permettersi di rimanere fuori dal processo elettorale e è necessario che si preparino per presentare i propri candidati a ciascun livello delle elezioni, al fine di non lasciare campo libero alla maggioranza presidenziale che potrebbe vincere tutte le elezioni e rimanere al potere, qualora l’opposizione decidesse di rimanere accampata sulle sue attuali posizioni. Secondo gli stessi osservatori, l’opposizione dovrebbe gettarsi nella mischia del processo elettorale, per cercare di apportare il proprio contributo.

– Ora che la tappa della registrazione degli elettori sta per concludersi e che una nuova tappa sta per iniziare, quella della verifica del registro elettorale (presenza di doppie registrazioni, minorenni, stranieri, …), sarebbe importante che i partiti dell’opposizione potessero mettere a disposizione della Commissione elettorale il maggior numero possibile di loro testimoni, per contribuire ad eliminare dal registro elettorale tutte le possibili irregolarità.

– Ciò sarebbe ancor più necessario in occasione delle operazioni elettorali propriamente dette, soprattutto quando già si sa che la famosa “macchina per votare” può facilmente trasformarsi in “macchina per truffare”.

– Sarebbe inoltre opportuno che i vari partiti dell’opposizione potessero già cercare un consenso su un loro candidato unico alle prossime elezioni presidenziali, da presentare nel momento più opportuno, cioè all’apertura dell’operazione di presentazione delle candidature, non prima. Ciò potrebbe contribuire ad evitare un’inutile dispersione di voti, soprattutto in un regime di elezione presidenziale a un solo turno e a maggioranza relativa. È la condizione indispensabile che poterbbe trasformare in realtà il loro legittimo sogno di vittoria.

 

  1. Per quanto riguarda le misure di rasserenamento del clima politico, previste nell’accordo del 31 dicembre 2016 e indispensabili per l’organizzazione di elezioni libere, credibili e pacifiche, i responsabili dei vari partiti dell’opposizione dovrebbero mantenere permanenti contatti con i responsabili dei rispettivi ministeri competenti (Interni, Giustizia, mezzi di comunicazione, …), affinché siano effettivamente applicate nell’interesse superiore della Nazione.