Congo Attualità n. 341

INDICE

EDITORIALE: 15 NOVEMBRE → “MANIFESTAZIONI” MUTATE IN “CITTÀ MORTE”

I MOVIMENTI CIVICI ALLA RIBALTA

  1. Il NO al nuovo calendario elettorale e l’annuncio di grandi manifestazioni
  2. L’appoggio dell’Opposizione
  3. Alla vigilia delle manifestazioni
  4. Le manifestazioni / “città morte” del 15 novembre

EDITORIALE: 15 NOVEMBRE → “MANIFESTAZIONI” MUTATE IN “CITTÀ MORTE”

 

 

 

I MOVIMENTI CIVICI ALLA RIBALTA

 

a. Il NO al nuovo calendario elettorale e l’annuncio di grandi manifestazioni

 

Il 5 novembre, in un comunicato dal titolo “Kabila e la sua Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) dichiarano ufficialmente la guerra: ora il popolo deve difendersi”, il movimento civico “Lotta per il Cambiamento” (LUCHA) ha affermato di rifiutare il calendario elettorale pubblicato dalla CENI, in quanto esso «rappresenta una vergognosa manovra per concedere a Kabila e al suo regime più tempo, al fin di permettere loro di eseguire la loro volontà di rimanere al potere indefinitamente. D’ora in poi, la rivolta popolare diventa un’evidente necessità».

Per questo, nel suo comunicato stampa, la LUCHA ha scritto:

«1. Dichiariamo di non riconoscere più Joseph Kabila, il suo governo, i suoi rappresentanti e tutti i membri delle istituzioni eleggibili come legittimi rappresentanti del popolo congolese e invitiamo le potenze straniere e le organizzazioni internazionali a fare altrettanto.

  1. Chiediamo solennemente a tutti i Congolesi – uomini, donne e giovani – ovunque essi siano, di reagire e di usare tutti i mezzi legittimi per cacciare Joseph Kabila e il suo regime dal potere che esercitano in violazione della Costituzione. In tutta la RD Congo, mobilitiamoci nei nostri rispettivi quartieri, per bloccare completamente il paese, fino alle dimissioni di Joseph Kabila, di tutti i membri del governo centrale, del parlamento nazionale, dei parlamenti provinciali e dei governi provinciali.
  2. Chiediamo a tutti i Congolesi di praticare, a partire da oggi, la disobbedienza civile cessando, da ora in poi, di pagare qualsiasi tassa e imposta e di obbedire agli ordini e alle ingiunzioni emesse dalle istituzioni illegittime e dalle persone che le rappresentano .
  3. Chiediamo a tutti gli ufficiali generali, ufficiali superiori e ufficiali, a tutti gli uomini e a tutte le donne delle Forze Armate della RD Congo (FARDC) e della Polizia Nazionale Congolese (PNC) di mettersi immediatamente dalla parte del popolo, per garantire la sua sicurezza e la difesa dell’integrità del territorio nazionale. I recalcitranti saranno considerati come nemici del popolo e trattati come tali.
  4. Chiediamo l’immediata istituzione, previa consultazione delle forze politiche e sociali congolesi, di una transizione democratica guidata da donne e uomini neutrali provenienti dalla società civile, designati sulla base della loro onestà, competenza ed esperienza e che in nessun modo potranno candidarsi alle prossime elezioni o essere membri delle future istituzioni elettive o del futuro governo. Il loro compito principale sarà quello di organizzare elezioni democratiche e credibili entro un tempo ragionevole e di porre le basi di uno Stato veramente democratico e stabile.
    6. Chiediamo ai Congolesi di non intraprendere alcun atto di violenza, di vendetta o di caccia all’uomo. La nobiltà di questa rivoluzione deve essere salvaguardata, perché il nostro popolo vale molto di più di quelli che l’hanno oppresso per così tanto tempo
    ».[1]

 

Il 6 novembre, in un secondo comunicato intitolato “Disobbedienza civile e sollevamento popolare: quando e come concretamente?”, il movimento cittadino “Lotta per il Cambiamento” (LUCHA), contrario al nuovo calendario elettorale, ha affermato:

«Per quanto riguarda la data delle elezioni, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha pubblicamente accusato i firmatari dell’Accordo del 31 dicembre 2016 di aver imposto la data del mese di dicembre 2017 in modo irrealistico. Nel 2018 potrà ben dire che sono stati gli Americani che l’hanno costretta a ridurre il suo schema da 504 a 300 giorni. E così fino all’infinito.
Inoltre, la CENI ha presentato una serie di “vincoli” finanziari, logistici, legislativi, politici e di sicurezza, molti dei quali possono essere manipolati a volontà dallo stesso regime.
Sono da deplorare le tergiversazioni di alcuni attori politici, in quanto essi sembrano ancora dare credito a questo regime, sia per mancanza di coraggio, che per ingenuità o, persino, per complicità. La stessa cosa vale per le continue tergiversazioni della Comunità internazionale, che si limita a prendere nota e sembra pronta a continuare a ballare al ritmo imposto da Kabila.
È per questo che il popolo congolese non ha altra scelta che quella di mobilitarsi e dire a tutte queste belle persone: STOP! È questa la base del nostro appello al sollevamento e alla  disobbedienza civile.

La questione è COME concretamente? La LUCHA chiede al popolo :

– di cessare, sin d’ora, di pagare le fatture della SNEL (elettricità) e della REGIDESO (acqua), le tasse, imposte e licenze emesse da tutti i servizi dello Stato e di non presentarsi alle convocazioni inviate dalla polizia o dalla giustizia e riguardanti questo rifiuto. Se gli agenti della polizia o dello stato continuano a insistere su una persona o un’impresa, tutti gli abitanti si dimostrino solidari con loro, cacciando via tali agenti, senza tuttavia mettere in pericolo la loro vita.

– Il 15 novembre 2017, giornata di manifestazioni in tutto il paese: chiediamo ai Congolesi di organizzare delle manifestazioni pacifiche nei loro quartieri, sbarrando le strade, indicendo una giornata senza scuola, senza università e senza mercato, e esigendo che gli uffici della pubblica amministrazione chiudano le loro porte. Tale giornata servirà per verificare la capacità di mobilitazione e di preparazione della popolazione prima dell’assalto finale del mercoledì 28 novembre.
– Dal 28 novembre in poi: bloccare completamente il paese, senza alcuna interruzione, fino alla caduta effettiva del regime Kabila. Chiediamo ai Congolesi di bloccare le strade, gli aeroporti, i porti, i mercati pubblici e gli uffici amministrativi. A partire da questa data, nessuna scuola o università potrà funzionare finché Kabila rimarrà al potere. In tutto il paese, le frontiere terrestri e marittime e gli aeroporti dovranno rimanere chiusi.

– I deputati, i senatori, i ministri, gli ambasciatori, gli ufficiali generali e superiori, i magistrati e i funzionari dell’amministrazione hanno tempo fino al 15 novembre per scegliere se essere dalla parte del popolo o di Kabila e per dimostrarlo in modo chiaro. I Congolesi devono identificare chi è chi, stabilire liste di nomi, indirizzi, contatti e renderle note. Quelli che scelgono di stare dalla parte del popolo devono dimettersi dalle loro funzioni e uscire dalle istituzioni, compresi i membri dell’opposizione. Gli ambasciatori devono dichiarare la loro fedeltà al popolo e cessare di obbedire agli ordini di Kinshasa. Gli ufficiali militari devono dare ordine alle loro truppe di non lasciarsi implicare in azioni di repressione, di garantire la sicurezza della popolazione e di arrestare chiunque osi attaccarla. La polizia e l’esercito devono deporre le loro armi e non osare reprimere la popolazione di cui sono l’emanazione. Questa liberazione è anche per loro e per le loro famiglie. Gli altri devono essere considerati come nemici del popolo e trattati come tali, come Kabila.
– Gli attori politici dell’opposizione devono scegliere tra appoggiare il regime o opporvisi senza esitazioni. Il popolo deve spazzare via tutti quelli che non hanno il coraggio di difendere i suoi diritti e la sua dignità.

– I governi stranieri devono lasciare che i Congolesi si liberino da soli, senza interferenze. Il popolo esercita il suo inalienabile diritto all’autodeterminazione. Essi devono cessare anche di riconoscere Kabila e il suo regime come rappresentanti del nostro popolo.

– Le aziende di telecomunicazioni che obbedissero all’ordine di interrompere le comunicazioni ne subiranno le conseguenze. Questo governo non ha alcun diritto di dare loro degli ordini.

La LUCHA ricorda che tutto ciò presuppone una posizione ferma, coraggiosa e inequivocabile. Il tempo dell’esitazione e delle semplici dichiarazioni è finito.

Questa battaglia sarà più o meno lunga, a seconda dell’impegno di ogni cittadino: più numerosi e determinati saremo, più rapida e facile sarà la vittoria».[2]

 

In un comunicato stampa, il coordinatore del movimento civico FILIMBI, Floribert Anzuluni, ha dichiarato che «la pubblicazione del nuovo calendario elettorale da parte della Commissione elettorale marca l’inizio ufficiale dell’applicazione dell’articolo 64 della Costituzione, che condurrà alla neutralizzazione pacifica di Joseph Kabila e di tutti i suoi complici, entro il 31 dicembre 2017, conformemente alle disposizioni contenute nel Manifesto del cittadino congolese.
A partire da oggi, lanciamo un appello alla disobbedienza civile che consiste nel:

  1. non riconoscere più gli animatori di tutte le istituzioni della Repubblica, tra cui il Presidente della Repubblica, il Primo Ministro, i membri del governo, i deputati, i senatori, considerati ora come dei golpisti. Pertanto, dobbiamo rifiutare di sottometterci ad essi. Noi chiediamo a tutti gli animatori delle Istituzioni che dichiarino di essere dalla parte del popolo di dimettersi ufficialmente dalle loro rispettive funzioni il ​​27 novembre 2017 al più tardi. Passato questo tempo, il popolo li considererà come complici del regime dittatoriale.
  2. rifiutare di pagare le tasse, le imposte e le fatture dell’elettricità (SNEL) e dell’acqua (REGIDESO).
    3. Boicottare tutte le imprese private appartenenti a Joseph Kabila, ai suoi familiari e ai suoi amici politici, come la società di telecomunicazioni VODACOM, la banca BGFI Bank e il complesso alberghiero LABEVIOUR di Moanda, ecc.
  3. Alle forze di sicurezza chiediamo di mettersi dalla parte del popolo, la cui lotta pacifica ha come obiettivo quello di migliorare anche le loro condizioni di vita».[3]

 

Il 6 novembre, in una dichiarazione, il Dott. Denis Mukwege ha affermato che «la Commissione elettorale ha pubblicato il suo calendario elettorale. Esso conferma le preoccupazioni che abbiamo sempre espresso circa la mancanza di volontà, da parte del regime, di preservare la democrazia e la pace nel nostro Paese. Oltre a calpestare nuovamente la nostra Costituzione e l’accordo del 31 dicembre 2016, questo calendario elettorale è pieno di vincoli che lo rendono irrealizzabile. Si tratta di un’altra manovra dilatoria, orchestrata per prolungare uno stato di non diritto, illegale e illegittimo. Pertanto, il nostro popolo non può aspettarsi nulla di nuovo da una tale mascherata. Il suo ultimo ricorso è quello di mettersi in piedi, secondo le prescrizioni della nostra Costituzione, per recuperare i suoi diritti e la sua dignità».

All’inizio di ottobre, in una dichiarazione riferita dal giornale belga Le Soir, Dénis Mukwege aveva accennato alla possibilità di una transizione senza Kabila. In quell’occasione, egli aveva affermato che, «per avere elezioni chiare, trasparenti e credibili, occorre che l’attuale potere si ritiri. Sarà quindi necessario istituire un’equipe neutrale incaricata di organizzare le elezioni». Se aveva dichiarato di non essersi ancora candidato, aveva però lasciato intendere che ha un certo progetto e che non rimarrebbe indifferente ad un appello proveniente dalla “base”: «Non sono candidato. Occorrerebbe che il popolo capisse il mio ragionamento: ciò che è importante non è tanto la transizione, ma l’organizzazione delle elezioni. È indispensabile un cambiamento di mentalità, occorre mettere la persona umana al centro delle preoccupazioni … Due anni, il tempo per mettere le basi di un cambiamento del sistema … È un ruolo che ci si può assumere solo se il popolo lo decide. Non devo essere io a chiederlo, ma se la base mi chiede di farlo, è perché mi aiuterà a portare avanti quel mio progetto. E allora potrò essere sicuro che quel progetto diventerà realtà».[4]

 

In un video di 5 minuti e 52 secondi, l’iniziatore del movimento cittadino “Congolesi in piedi”, Sindika Dokolo, ha ricordato innanzitutto la tragedia che incombe sulla RD Congo, paese potenzialmente ricco, ma il cui popolo sta languendo in un indicibile miseria: «Siamo un paese ricco, ma purtroppo siamo governati da persone che non hanno preso coscienza dell’importanza del loro compito e che ci hanno portato, con l’intero paese, al bordo del precipizio in cui oggi si trova. Persone che muoiono negli ospedali, altre che non hanno il minimo dignitoso per sopravvivere, mangiare, vestirsi e inviare i loro figli a scuola».

Per quanto riguarda la pubblicazione del calendario elettorale, egli ha affermato che «il momento è molto grave. Come abbiamo appena sentito dire dal presidente della Commissione elettorale, Corneille Nangaa, e come abbiamo dubitavamo già da tempo, il presidente Kabila ha deciso di rimanere al potere, con la forza e in violazione della Costituzione, per un altro anno». Sindika Dokolo ha assicurato che, a questo proposito, la posizione di “Congolesi in piedi” è chiara, nitida e sicura: «A partire dal 31 dicembre 2017, non avremo più Kabila come presidente. Non gli riconosceremo più questo onore di cui si è dimostrato indegno. Egli ha umiliato il nostro Paese, ha indebolito la nostra Repubblica e ha distrutto la nostra Democrazia. Non gli obbediremo più e chiederemo a tutti i Congolesi di non riconoscere più la sua autorità». Sindika Dokolo ha inoltre proposto un momento di rumore, ogni sabato sera, con pentole, fischietti e claxon, per dimostrare il malcontento popolare. Tale iniziativa dovrà continuare «fino al crollo dei muri della dittatura che si sta purtroppo installando nella RD Congo».

Il 16 ottobre, in un’intervista, Sindika Dokolo aveva già chiesto alla popolazione congolese di prendere coscienza del fatto che “il suo destino è nelle sue mani” e aveva affermato che i mesi e le settimane precedenti alla fine dell’anno richiedono il “coraggio” di dire “no” a Joseph Kabila: «Chi scriverà la storia del Congo, non sarà la SADC o i partner stranieri. Ciò che determinerà il corso degli sarà la reazione dei Congolesi, la loro capacità di prendere il loro destino nelle proprie mani. Ritengo che la palla sia nel campo del popolo congolese. I mesi e le settimane che ci separano dalla fine dell’anno in corso saranno decisivi per il futuro politico del nostro paese. Siamo all’incrocio: o si andrà verso il caos o si andrà verso la rinascita del Congo. Noi di “Congolesi in piedi” siamo per una rinascita del Congo senza Kabila. Ciò che è importante oggi, ciò che i Congolesi devono capire è che il loro destino è nelle loro mani. Dobbiamo avere il coraggio di dire no a Kabila».[5]

 

Il 9 novembre, il movimento civico Impegno Cittadino per il Cambiamento (ECCHA) si è detto contrario al calendario elettorale pubblicato dalla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), perché non farebbe altro che prolungare il mandato presidenziale dell’attuale Capo dello Stato. ECCHA ha proposto l’organizzazione delle elezioni presidenziali nel mese di marzo 2018. Per questo movimento, dovrebbe essere il nuovo presidente eletto a organizzare, dopo un periodo di transizione e nello stesso anno, le elezioni legislative nazionali e tutte le altre elezioni. «Abbiamo chiesto alla popolazione di applicare l’articolo 64, paragrafo 1 della Costituzione, che riconosce al popolo il diritto di opporsi a chiunque tenti di prendere il potere con la forza», ha dichiarato Teddy Lukongo, coordinatore delle finanze e della logistica di ECCHA.[6]

 

Il 9 novembre, Fred Bauma, membro di LUCHA, ha chiesto le dimissioni di Joseph Kabila dalla Presidenza della Repubblica. L’ha dichiarato davanti alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti (sottocommissione per gli affari esteri – diritti umani  / Africa).

Secondo Fred Bauma, «gli Stati Uniti e i loro partner internazionali, in particolare i leader africani, dovrebbero spingere Kabila a dimettersi e a lasciare l’incarico entro la fine del 2017, per permettere il ritorno all’ordine costituzionale». Inoltre, egli ha affermato che le autorità statunitensi dovrebbero imporre sanzioni mirate dirette contro Joseph Kabila e il suo entourage, perché responsabili di violazioni dei diritti umani, riciclaggio di denaro sporco, corruzione e sabotaggio del processo politico ed elettorale. Sempre secondo Fred Bauma, il Congresso degli Stati Uniti dovrebbe anche prendere tutte le misure legislative necessarie, per assicurarsi che il sistema statunitense non venga utilizzato per finanziare attività criminali nella RD Congo. Infine, egli suggerisce che le autorità statunitensi chiedano all’ONU e alla MONUSCO di porre fine ad ogni loro forma di appoggio ai servizi di sicurezza congolesi.[7]

 

In una conferenza stampa, l’8 novembre, il portavoce del governo e ministro della comunicazione e dei media, Lambert Mende, ha ritenuto irresponsabili gli appelli alla disobbedienza civile lanciati da alcuni partiti politici dell’opposizione, da movimenti cittadini e da alcune organizzazioni della Società civile. Secondo Lambert Mende, queste appelli sono contraddittori, poiché è il governo stesso che finanzia le elezioni: «Non si può impedire alle persone di pagare allo Stato ciò che gli devono. È contraddittorio incitare la gente alla disobbedienza civile e, al tempo stesso, chiedere al governo di finanziare le elezioni».[8]

 

b. L’appoggio dell’Opposizione

 

L’11 novembre, in un comunicato stampa, la Dinamica dell’Opposizione, una componente del Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete, ha chiesto ai suoi membri di scendere in piazza il 15 novembre, per chiedere le dimissioni del presidente Joseph Kabila prima della fine di questo anno e, conseguentemente, una transizione senza il presidente Joseph Kabila: «la Dinamica dell’Opposizione chiede al popolo congolese di partecipare, in maniera massiccia, a tutte le azioni previste dal Raggruppamento dell’Opposizione e a quelle annunciate dai movimenti cittadini, in particolare a quella del 15 novembre prossimo, indetta da LUCHA, FILIMBI, Congolesi in piedi e altre associazioni e movimenti giovanili (…). Una TRANSIZIONE SENZA KABILA è l’unica soluzione possibile che permetterebbe di migliorare la situazione politica e sociale del paese, di risolvere il problema dell’insicurezza e di preparare elezioni veramente credibili e pacifiche».[9]

 

Il 14 novembre, in una conferenza stampa a Kinshasa, il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete, ha chiesto al popolo congolese di mobilitarsi e impegnarsi in  vista di un’alternanza politica alla guida del paese. Il presidente di questa piattaforma, Felix Tshisekedi, ha affermato di appoggiare le proteste di piazza indette, su tutto il territorio nazionale e per il 15 novembre, dai movimenti cittadini, tra cui LUCHA e il CASC, pur annunciando, nello stesso tempo, una giornata “città morta” proprio nello stesso giorno: «Il Raggruppamento appoggia tutte le azioni il cui obiettivo sia quello di chiedere al nostro popolo di bloccare la strada, in conformità con l’Articolo 64 della Costituzione, ad ogni individuo o gruppo di individui che oggi hanno preso in ostaggio il Congo e vogliono imporci una nuova dittatura. Dobbiamo impedire a questi individui di diventare pericolosi per le generazioni future. Domani, 15 novembre, il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete appoggerà l’appello alla giornata “città morta” indetta dai movimenti cittadini».

Il Raggruppamento dell’Opposizione ha annunciato anche l’organizzazione di un’altra marcia pacifica prevista il 28 novembre, sempre con l’obiettivo di ottenere le dimissioni di Joseph Kabila: «Informiamo il nostro popolo che, martedì 28 novembre prossimo, sarà organizzata una grande marcia pacifica, ma decisa e determinata a cacciare il dittatore. Sarà un grande giorno in cui dimostreremo al mondo che i Congolesi vogliono prendere il loro destino nelle loro mani. Essi hanno già chiaramente espresso il loro rifiuto di Joseph Kabila e del suo regime. Dimostreremo alla comunità internazionale che il popolo vuole far valere la sua volontà e che non è più disposto ad accettare dei diktat provenienti dal di fuori».[10]

 

Annunciando l’appoggio del Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete alle manifestazioni programmate dai movimenti cittadini per il 15 novembre, il presidente Felix Tshisekedi ha annunciato, per lo stesso giorno, l’indizione di una giornata “città morte” da parte di questi stessi movimenti cittadini.

In realtà, i movimenti cittadini non hanno lanciato alcun appello per una giornata “città morte”. LUCHA, FILIMBI e Congolesi in piedi hanno fatto sapere che intendono organizzare delle manifestazioni di piazza. Si tratterrebbe, quindi, di azioni abbastanza diverse da un’operazione “città morte”.

Allora perché questo cambiamento da parte del Raggruppamento dell’Opposizione? La redazione di POLITICO.CD vi vede un segno di sdoganamento da parte delle autorità dell’opposizione. «Il Raggruppamento dell’Opposizione vuole essere particolarmente prudente, al fine di evitare che gli venga abusivamente addossata la responsabilità di eventuali conseguenze delle manifestazioni. Se ci fosse un aperto appello alla rivolta che si trasformasse in un bagno di sangue, il governo e la comunità internazionale potrebbero accusare l’opposizione. È ciò che motiva un certo atteggiamento di prudenza», ha affermato Litsani Choukran, direttore editoriale di POLITICO.CD. Secondo lui, un altro motivo è anche e soprattutto quello di non puntare tutto su un movimento di folla che potrebbe non avere luogo: «In questo caso, il potere potrebbe gridare al fallimento della manifestazione stessa. Ma, annunciando una specie di doppia manifestazione, il Raggruppamento dell’Opposizione si assicura la possibilità di proclamare un successo in un modo o nell’altro».
È anche curioso constatare che il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete abbia annunciato, per il martedì 28 novembre, una grande marcia pacifica, ma ferma e determinata a cacciare il dittatore, mentre il movimento cittadino Lotta per il Cambiamento ( LUCHA) aveva già, il 5 novembre, fatto un appello per “l’assalto definitivo” nello stesso giorno, il 28 novembre, chiedendo alla popolazione di scendere in strada per difendere la libertà e la Costituzione.[11]

 

Mentre la Comunità internazionale ha apportato il suo appoggio al nuovo calendario elettorale, l’appello dei movimenti civici e dell’opposizione politica a scendere in piazza per protestare proprio contro tale calendario elettorale è un vero banco di prova, poiché è dallo scorso aprile che non ci sono state manifestazioni di un certo peso. Tutti i tentativi intrapresi sono stati, infatti, soffocati e repressi dalla polizia, a volte a caro prezzo. Un eventuale fallimento della prossima manifestazione indetta dai movimenti civici per il 15 novembre potrebbe rappresentare la fine delle proteste contro il nuovo calendario elettorale che fissa le elezioni al 23 dicembre 2018.[12]

 

c. Alla vigilia delle manifestazioni

 

Il 13 novembre, a Goma, l’ispettore provinciale della polizia nel Nord Kivu, Placide Nyembo, ha dichiarato che «la polizia arresterà tutti quelli che tenteranno di perturbare l’ordine pubblico» e ha chiesto alla popolazione locale di non seguire la parola d’ordine data da degli  “incivili” e di continuare la vita normale. Secondo le sue dichiarazioni, la polizia identificherà chiunque cerchi di intralciare l’ordine pubblico: «La strada appartiene allo stato. Non c’è nessuno che possa decidere di disturbare l’ordine pubblico. In caso contrario, dovrà fare i conti con la polizia».
Il capo provinciale della polizia ha proferito queste minacce proferite dopo che il movimento cittadino LUCHA abbia chiesto alla popolazione di scendere in piazza per chiedere le dimissioni di Joseph Kabila dalla Presidenza della Repubblica, per poter permettere un’alternanza politica ai vertici dello Stato. Da parte sua, LUCHA, che è membro del Collettivo delle associazioni della società civile che organizza i sit-in del 15 novembre a Goma, ha dichiarato di “non sentirsi intimidito” da tali parole e ha confermato che sarà in piazza per «chiedere le dimissioni degli attuali dirigenti e l’annullamento del nuovo calendario elettorale che non soddisfa minimamente le aspettative della popolazione».[13]

 

Il 14 novembre, in un comunicato stampa, il capo della missione delle Nazioni Unite nella RDC (MONUSCO), Maman Sidikou, ha chiesto il rispetto del diritto di manifestazione pacifica. La missione del’Onu chiede alle autorità congolesi di rispettare, come previsto dalla Costituzione congolese, le libertà fondamentali, tra cui la libertà di riunione e di manifestazione, e di istruire le forze di sicurezza e di difesa al rispetto dei principi di necessità, proporzionalità e legalità, in conformità con le norme internazionali. La MONUSCO ha ricordato ai cittadini che il diritto di manifestazione implica l’astenersi dal ricorrere alla violenza, in tutte le sue forme. Maman Sidikou ha infine sottolineato che, «nell’attuale contesto di transizione politica, è importante permettere che tutte le voci possano esprimersi liberamente e pacificamente. Secondo il suo mandato, la MONUSCO si riserva il diritto di osservare l’evolversi degli avvenimenti e di segnalare eventuali violazioni dei diritti umani».[14]

 

Il 14 novembre, il commissario provinciale della polizia di Kinshasa, Sylvano Kasongo, ha dichiarato che «ogni gruppo di più di 5 persone sarà disperso senza pietà». Reagendo al comunicato della missione delle Nazioni Unite, il generale Sylvano Kasongo ha affermato: «Il Congo non dipende dalla MONUSCO. La RD Congo è un paese sovrano. La polizia dipende dalle autorità politico-amministrative e non dalla MONUSCO. Noi ubbidiamo agli ordini del governatore e il governatore ci ha dato l’ordine di disperdere tutte le manifestazioni di domani».[15]

 

Il 14 novembre, in un’intervista, Remy Mukweso, attivista di LUCHA, ha affermato che l’obiettivo delle  manifestazioni del 15 novembre indette su tutto il territorio nazionale dai movimenti civici è di ottenere le dimissioni del presidente Joseph Kabila. Secondo le sue dichiarazioni, a Kinshasa è prevista una giornata “città morta”, ma in tutte le altre città del paese ci saranno delle manifestazioni, tra cui delle marce pacifiche. Nelle sue recenti dichiarazioni, LUCHA è stata chiara: essa non riconosce più Joseph Kabila come Presidente della Repubblica, tanto più che il suo mandato presidenziale è già terminato il 20 dicembre 2016. Remy Mukweso ha aggiunto che, nelle loro manifestazioni, «i movimenti civici sono appoggiati da altri gruppi politici dell’opposizione, come la Dinamica dell’Opposizione e il Raggruppamento dell’Opposizione / ala Limete, perché siamo nella stessa logica, quella di rivendicare le dimissioni di Joseph Kabila». Per quanto riguarda l’autorizzazione delle autorità amministrative per l’organizzazione delle manifestazioni, Remy Mukweso ha affermato che «i movimenti civici non riconoscono più queste autorità. Sono fuori mandato e, dunque, illegittime. Quindi, non ha alcun senso andare a informarle». Egli ha aggiunto di essere convinto che «è attraverso delle manifestazioni pacifiche che riusciremo a liberarci. Le azioni pacifiche sono sempre forti. Esse azzerano la repressione. Ci troviamo davanti a un regime che usa la repressione per intimidire le persone, ma penso che questa fase sia già superata. Niente può farci tornare indietro. L’abbiamo visto altrove, in particolare nel Burkina Faso. E se lo facciamo anche qui da noi, anche la RD Congo diventerà un Paese completamente indipendente».[16]

 

d. Le manifestazioni / “città morte” del 15 novembre

 

A Kinshasa, la capitale, durante il mattino le attività commerciali hanno subito un rallentamento nel centro città e nella parte ovest. Diversi negozi e mercati sono rimasti chiusi. Alcuni hanno aperto verso le 10:00, ma con pochi clienti. Scarso nelle prime ore della giornata, verso le 10:00 il traffico è tornato quasi alla normalità. Nonostante la situazione relativamente calma, alcuni genitori non hanno mandato i loro figli a scuola. D’altra parte, tutto ha funzionato normalmente nella parte est della città, in modo particolare nei quartier di Masina, N’djili, Barumbu, Limete, Lemba e Matete. La popolazione è andata a lavorare come di solito. Un grande dispositivo di polizia era visibile sulle principali arterie della città. Nel comune di Lemba, sono stati attaccati e distrutti un autobus Transco e una vettura.[17]

 

A Goma (Nord Kivu), alle 5:00 del mattino si sono sentiti degli spari nella periferia ovest della città. Alcuni giovani dei quartieri di Majengo, Keshero e Himbi hanno tentato di barricare le strade. Di fronte a questa situazione, la polizia e l’esercito si sono appostati in tutti i punti strategici e le parti più calde della città, come ad esempio gli assi stradali Katindo-Ndosho e Mabanga-Majengo. La polizia ha dovuto usare i gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. La popolazione è rimasta rintanata in casa. Alcuni abitanti hanno cominciato ad uscire poco dopo le 9:00. Dei taxi mezzi vuoti stavano tentando di assicurare il trasporto pubblico. Ma le scuole sono rimaste chiuse e le attività commerciali interrotte per tutta la mattinata. È stato saccheggiato un commissariato  di polizia. Non sono stati segnalati altri incidenti gravi, ma diverse persone sono state arrestate.
Il Collettivo di Azioni della Società Civile (CASC) ha dovuto annullare il sit-in previsto davanti al governatorato provinciale per protestare contro il nuovo calendario elettorale pubblicato dalla Commissione elettorale. «Il sit-in è annullato a causa del brutto clima che si è creato in città. Abbiamo preferito concentrarsi su una sola azione (città morta) e abbiamo chiesto alla popolazione di organizzare delle manifestazioni nei quartieri», ha detto Espoir Ngalukiye, membro della Lucha.[18]

 

A Butembo (Nord Kivu), un piccolo gruppo di giovani ha barricato alcune strade, bruciando dei pneumatici, ma poi è stato disperso dalla polizia. Una piccola colonna di manifestanti è stata vista anche nel centro città, camminando e scandendo degli slogan contro il regime. Gli attivisti di Lucha e di Filimbi hanno barricato le strade a Furu e Kitulu. La polizia li ha dispersi con gas lacrimogeni. Diverse attività hanno subito dei rallentamenti e alcune scuole sono rimaste chiuse.[19]

 

A Beni (Nord Kivu), nel centro città, le attività sono rimaste paralizzate molte ore. In alcune zone, i manifestanti hanno incendiato dei pneumatici per ostruire la strada. Alcuni manifestanti sono stati arrestati a Kasindi, a 75 chilometri a nord-est di Beni.[20]

 

A Kisangani (Tshopo), tutte le attività si sono svolte normalmente in tutti i sei comuni della città. Mercati, negozi, banche e distributori erano aperti, come pure i centri universitari e le scuole, sia pubbliche che private. I moto tassisti che assicurano il trasporto pubblico hanno potuto continuare il loro lavoro con tranquillità. Tuttavia, la polizia controllava i luoghi strategici della città.[21]

 

A Lubumbashi (Alto Katanga), la presenza di militari in diverse parti della città ha impedito lo svolgimento di manifestazioni. Nel comune di la Kenia, gli abitanti sono rimasti chiusi in casa e, in alcuni quartieri, le attività commerciali hanno subito dei rallentamenti. Quasi tutti i negozi e i mercati sono rimasti chiusi. Alcuni ignoti hanno incendiato un mini-bus pubblico. In alcuni quartieri sono stati segnalati casi isolati di pneumatici incendiati.[22]

 

A Matadi (Kongo-centrale), sin dal primo mattino, gli agenti della polizia controllavano diversi angoli della città. Nel quartiere Belvedere e nel quartiere Nord, le forze di sicurezza hanno lanciato gas lacrimogeni contro alcuni giovani che stavano cercando di organizzare una marcia pacifica. Ciò nonostante questi incidenti, le attività si sono svolte normalmente sin dal mattino. La maggior parte delle scuole erano aperte, anche se pochi erano gli studenti. I negozi hanno aperto normalmente.
A Boma, le attività si sono svolte normalmente. La maggior parte dei negozi erano aperti sin dal mattino. Anche al porto, le attività sono proseguite come d’abitudine. Intenso anche il traffico di veicoli.
A Muanda, tutto si è svolto normalmente, come al solito.

A Kimpese, invece, il traffico è stato scarso fino a mezzogiorno e alcuni studenti non sono andati a scuola, temendo eventuali disordini.[23]

 

A Kananga (Kasai-Centrale), al mattino alcuni giovani, identificati da alcuni come studenti e da altri come membri del movimento cittadino Lotta per il Cambiamento (LUCHA), hanno incendiato dei pneumatici nei pressi del mercato di Katoka, ma poi sono fuggiti all’arrivo della polizia. Altri pneumatici sono stati incendiati all’incrocio Cercle, non lontano dalla sede della MONUSCO. Secondo fonti locali, non ci sono stati scontri tra i manifestanti e la polizia. Alcune attività hanno subito dei rallentamenti, in particolare al mercato centrale, dove diversi negozi hanno aperto in ritardo. Invece, la maggior parte delle scuole hanno aperto le loro porte puntualmente e con una buona affluenza di studenti. Anche le banche hanno funzionato come al solito.[24]

 

A Mbuji-Mayi (Kasaï-Orientale), le attività hanno subito dei rallentamenti. La maggior parte degli uffici della pubblica amministrazione erano aperti al pubblico, ma non frequentati come al solito, a causa della mancanza di mezzi di trasporto. In effetti, i moto taxi, che assicurano il trasporto pubblico, erano meno numerosi del solito. Alcuni testimoni hanno segnalato un aumento della presenza della polizia all’ingresso di alcuni edifici pubblici e centri commerciali. L’Università e le scuole superiori erano aperte, ma con una bassa frequenza di studenti. Le scuole primarie e secondarie che avevano aperto le porte al mattino, hanno rimandato  a casa gli studenti poco prima di mezzogiorno.[25]

 

Il Collettivo delle Associazioni della Società Civile (CASC), appoggiato dal Raggruppamento  dell’Opposizione / ala Limete, ha dichiarato che il suo appello a aderire alle manifestazioni del 15 novembre ha ottenuto una buona risposta in quasi tutte le principali città del paese ma, nello stesso tempo, ha deplorato alcuni casi di violenza commessi dalla polizia nei confronti dei manifestanti. «La giornata “città morte” ha riscosso un grande successo e le manifestazioni popolari sono riuscite al 60% delle aspettative», ha dichiarato Espoir Ngalukiye, attivista del CASC e militante della LUCHA. Il CASC, di cui LUCHA è membro, ha ricordato che l’obiettivo delle manifestazioni di piazza era di “chiedere le dimissioni degli attuali dirigenti del Paese e il ritiro del nuovo calendario elettorale che non soddisfa le aspettative della popolazione.[26]

 

In una conferenza stampa, la Maggioranza Presidenziale (MP) ha constatato il fallimento della “giornata città morte” indetta dai movimenti cittadini sostenuti dall’opposizione politica. Il portavoce della MP, André-Alain Atundu Liongo, ha fatto osservare che il popolo congolese non ha seguito la parola d’ordine data dagli organizzatori. Egli ha esortato la popolazione ad essere «vigilante nei confronti di quei radicalizzati determinati a fare di tutto per bloccare il processo elettorale in corso, al fine di istituire una transizione politica infinita, a scapito della profonda aspirazione del popolo congolese alla pace e dell’organizzazione delle elezioni, conformemente con la Costituzione e l’accordo politico del 31 dicembre 2016». Atundu Liongo ha riconosciuto «la grande maturità del popolo congolese di fronte alle temerarie operazioni “città fantasma”». Secondo lui, «il popolo congolese nel suo insieme ha superbamente ignorato la parola d’ordine relativa alla giornata “città morte”, indetta da alcuni attivisti mal ispirati, con il solo obiettivo di contrastare le iniziative intraprese dal Capo dello Stato per la normalizzazione della situazione politica del paese». La MP si è detta convinta che la popolazione di Kinshasa ha ben capito «la malafede di quei democratici di facciata che vogliono deliberatamente creare confusione nella mente dei Congolesi, per arrivare a un altro dialogo politico, nella speranza di accedere al potere attraverso combutte mafiose senza le elezioni, unica via democratica per accedere al potere».[27]

[1] Cf Politico.cd, 05.11.’17  http://www.politico.cd/actualite/la-une/2017/11/05/lucha-appelle-soulevement-populaire-sauver-rdc.html ; Actualité.cd, 06.11.’17;  https://www.facebook.com/lucha.rdcongo/posts/1399677143494021

[2] Cf Actualité.cd, 06.11.’17; https://www.facebook.com/lucha.rdcongo/posts/1400371843424551

[3] Cf Congoforum, 07.11.’17 http://www.congoforum.be/fr/nieuwsdetail.asp?subitem=41&newsid=209219&Actualiteit=selected

[4] Cf Actualité.cd, 06.11.’17

[5] Cf Actualité.cd, 06.11.’17

[6] Cf Radio Okapi, 10.11.’17

[7] Cf Actualité.cd, 10.11.’17

[8] Cf Djodjo Vondi – Actualité.cd, 08.11.’17

[9] Cf Politico.cd, 12.’11.’17

[10] Cf Radio Okapi, 14.11.’17; Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 14.11.’17

[11] Cf Politico.cd, 14.11.’17; Christine Tshibuyi – Actualité.cd, 14.11.’17

[12] Cf Politico.cd, 12.’11.’17

[13] Cf Radio Okapi, 14.11.’17

[14] Cf Radio Okapi, 14.11.’17

[15] Cf Radio Okapi, 14.11.’17

[16] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualité.cd, 14.11.’17

[17] Cf Radio Okapi, 15.11.’17; Actualité.cd, 15.11.’17

[18] Cf Radio Okapi, 15.11.’17; Actualité.cd, 15.11.’17

[19] Radio Okapi, 15.11.’17; Politico.cd, 15.11.’17

[20] Cf Patrick Maki – Actualité.cd, 15.11.’17

[21] Cf Radio Okapi, 15.11.’17

[22] Cf Radio Okapi, 15.11.’17

[23] Cf Radio Okapi, 15.11.’17

[24] Cf Radio Okapi, 15.11.’17

[25] Cf Radio Okapi, 15.11.’17

[26] Cf Radio Okapi, 15.11.’17

[27] Cf Radio Okapi, 15.11.’17