Congo Attualità n. 300

INDICE

EDITORIALE: UN DIALOGO ANCORA ALLA RICERCA DI UNA MAGGIORE INCLUSIVITÀ

  1. LA CENCO INIZIA UNA NUOVA SERIE DI CONSULTAZIONI
  2. IL MEMORANDUM DEL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE
  3. IL COMIZIO DEL 5 NOVEMBRE PREVISTO DAL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE

EDITORIALE: UN DIALOGO ANCORA ALLA RICERCA DI UNA MAGGIORE INCLUSIVITÀ

 

1. LA CENCO INIZIA UNA NUOVA SERIE DI CONSULTAZIONI

Il 31 ottobre, diversi leader dell’opposizione che hanno bocciato l’accordo politico firmato il 18 ottobre si sono incontrati con i vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO). Si tratta, tra altri, di Franck Diongo, Christophe Lutundula, Jean Pierre Lisanga Bonganga, Gilbert Kakonde, Peter Kazadi, Eve Bazaiba e Fidèle Babala. «Si trattava di cercare i punti di divergenza e di convergenza tra quelli che hanno partecipato al dialogo organizzato alla Cittadella dell’Unione africana e quelli che non vi hanno partecipato», ha detto uno dei partecipanti alla riunione con i Vescovi. Secondo alcune fonti, è Joseph Kabila stesso che ha chiesto la mediazione della CENCO, per tentare di ottenere l’adesione del Raggruppamento dell’opposizione e del Movimento di Liberazione del Congo (MLC) all’accordo politico firmato il 18 ottobre alla Cittadella dell’Unione Africana. Altre fonti hanno affermato che il Presidente della Repubblica si sarebbe incontrato con il Presidente della CENCO, Marcel Utembi, presso la sua fattoria di Kingakati, per affidargli tale missione. Un esponente del PPRD, il partito presidenziale, ha spiegato che uno dei motivi che potrebbe ritardare la designazione di un nuovo primo ministro e la formazione del nuovo governo di unità nazionale sarebbe proprio quest’ultimo tentativo fatto dal Capo dello Stato per ottenere una maggiore inclusività dell’accordo. «Facendo quest’ultimo tentativo, il Capo dello Stato svolge il suo ruolo di padre della nazione, ma ciò non significa che egli voglia un nuovo dialogo», ha detto uno stretto collaboratore di Joseph Kabila, che ha sottolineato che solo l’accordo politico del 18 ottobre può servire come base per qualsiasi tipo di discussione. Questo è anche il parere dell’opposizione che ha partecipato al dialogo nazionale e che chiede ai vescovi di continuare ad essere neutrale (una chiesa in mezzo al villaggio). Secondo alcuni osservatori, ci si potrebbe aspettare un secondo giro del dialogo politico, sotto forma di negoziati politici diretti tra la maggioranza e l’opposizione, sotto l’egida della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO).[1]

Il 1° novembre, al termine dell’incontro con i Vescovi, Vital Kamerhe, leader dell’opposizione che ha preso parte al dialogo della Cittadella dell’UA, ha dichiarato che non si tratta di organizzare un nuovo dialogo . Egli ha sottolineato che «è da escludere l’eventualità di un nuovo dialogo. Ma se quelli che non hanno partecipato ai lavori del dialogo vogliono aderire all’accordo, incluso apportando qualche proposta o modifica, saranno i Vescovi a valutarle. Abbiamo già un accordo che può evitare il caos al paese. Se i nostri amici del Raggruppamento dell’opposizione hanno una proposta migliore, possono ben presentarcela, visto che si è parlato del rapporto del loro congresso. Noi tutti abbiamo parlato di dialogo. Ma la differenza tra noi e loro è che noi abbiamo parlato di transizione, ma loro hanno parlato di regime speciale».[2]

Il deputato nazionale della Maggioranza Presidenziale (MP), Henry Thomas Lokondo, ha fatto queste osservazioni: «Accolgo con favore l’iniziativa della CENCO, perché sono convinto che, se gli amici del Raggruppamento dell’opposizione non sono con noi, sprofonderemo in una crisi politica e sociale da cui sarà difficile uscirne. Occorre a tutti i costi il coinvolgimento di tutti. È necessario trovare una formula che permetta ai membri del Raggruppamento di far sentire la loro voce. Occorre prendere in considerazione anche alcuni aspetti della loro tabella di marcia e ciò nell’interesse superiore della nazione. È necessario confrontare le conclusioni dell’accordo finale del dialogo con quelle del congresso del Raggruppamento dell’opposizione che non ha partecipato al dialogo. L’accordo è come un testo di legge che può essere modificato. Se si cambiano le leggi della Repubblica, e addirittura la Costituzione, perché non si può modificare il testo dell’accordo, se l’interesse superiore della nazione lo esige?»[3]

Il 1° novembre, in una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Regione dei Grandi Laghi, Saïd Djinnit, ha esortato il governo congolese a lavorare per un processo politico realmente inclusivo. Nello stesso tempo, egli ha invitato tutte le parti implicate a perseguire i loro obiettivi politici attraverso il dialogo e dei mezzi pacifici.[4]

Il 1° novembre, fonti prossime al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno rivelato che una delegazione guidata dagli ambasciatori di Francia, Senegal e Angola, si recherà a Kinshasa, Goma e Beni dal 10 al 14 novembre, per incontrare il presidente Joseph Kabila e i leader dell’opposizione e della Società civile.

L’ambasciatore angolano Ismael Gaspar Martins ha dichiarato ai giornalisti che questa delegazione potrebbe esigere una “data precisa” per le elezioni presidenziali, cui il presidente Kabila non si candiderebbe: «Egli (Kabila) deve terminare il suo mandato e permettere ad altri di essere eletti». Ma secondo il diplomatico, questa transizione deve effettuarsi in maniera “ordinata”, senza “creare un vuoto” destabilizzante: «Si deve scegliere una buona data (..) Occorre evitare che dopo le elezioni ci sia il caos».

Secondo l’ambasciatore francese François Delattre, «è necessario organizzare le elezioni il più presto possibile e nel pieno rispetto della Costituzione». Il Consiglio di Sicurezza, ha egli detto, approfitterà di tale opportunità per «parlare con tutte le parti interessate, in modo che siano pienamente consapevoli della loro responsabilità di preservare la pace e di essere disposte a dei compromessi».[5]

Il 1° novembre, tredici membri del Raggruppamento dell’opposizione hanno firmato l’accordo politico raggiunto il 18 ottobre, alla fine del dialogo. Willy Mishiki, uno dei 13 che hanno firmato l’accordo, ha affermato di avervi aderito per «evitare al paese un bagno di sangue». I 13 nuovi firmatari dell’accordo politico hanno affermato di continuare ad appoggiare Etienne Tshisekedi, presidente del comitato dei saggi del Raggruppamento che, a loro avviso, è «ostaggio di certe forze oscure che oggi guardano solo ai loro interessi». In seguito a delle trattative con la maggioranza presidenziale, i 13 nuovi firmatari dell’accordo hanno rivelato di aver ottenuto la garanzia secondo cui il prossimo primo ministro sarà uno del Raggruppamento dell’opposizione. Da parte sua, Jean-Pierre Lisanga Bonganga, membro del Raggruppamento, ha dichiarato che Willy Mishiki e il suo gruppo non fanno più parte di questa piattaforma dell’opposizione e che «la loro firma non ha nulla a che fare con il Raggruppamento che non ne rimane vincolato».[6]

2. IL MEMORANDUM DEL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE

Il 2 novembre, il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento ha consegnato alla CENCO una nota in cui ha ripreso, punto per punto, le sue richieste e raccomandazioni, in relazione all’accordo politico raggiunto il 18 ottobre, presso la Cittadella dell’Unione Africana. In questo documento,

«il Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento appoggia la missione di mediazione della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO). Riafferma la sua volontà di implicarsi attivamente in tale iniziativa, con l’unico scopo di ottenere il rispetto della Costituzione della Repubblica da parte di tutti e di sbloccare pacificamente il processo elettorale, mediante l’organizzazione di elezioni trasparenti, libere e credibili, in vista di un’alternanza democratica al potere, in conformità con la Costituzione.

A tal fine, il Raggruppamento appoggia l’idea secondo cui il rapporto finale del suo congresso del 4 ottobre 2016, da un lato, e l’accordo politico firmato il 18 ottobre alla Cittadella dell’Unione Africana, a Kinshasa, dai partecipanti al dialogo non inclusivo organizzato sotto la facilitazione di Edem Kodjo, dall’altro, costituiscono i documenti di lavoro di base, i cui contenuti rispettivi potranno essere oggetto di una sintesi, in vista di un compromesso politico inclusivo. Secondo il Raggruppamento, le parti implicate sono quindi le seguenti:

  1. i firmatari dell’accordo della Cittadella dell’Unione Africana e
  2. il Raggruppamento e quelli con cui condivide le stesse posizioni.

Dalla lettura delle posizioni delle due parti espresse nei loro rispettivi documenti sopra evocati, appaiono profonde divergenze sulle seguenti questioni fondamentali:

  1. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA E PATTO REPUBBLICANO DI SUN CITY Il Raggruppamento ritiene altamente importante che le parti interessate prendano, senza equivoci, i seguenti tre impegni:
  2. rispettare l’intangibilità del patto repubblicano nato dal dialogo inter-congolese di Sun City e della Costituzione del 18 febbraio 2006, in particolare per quanto riguarda la limitazione del numero e della durata dei mandati del Presidente della Repubblica.

Questo importante impegno implica che non solo nessuna delle parti interessate prenderà l’iniziativa di modificare o di cambiare la Costituzione per via legislativa o referendaria, ma anche che il Presidente della Repubblica attualmente in funzione, il cui secondo e ultimo mandato presidenziale terminerà il 19 dicembre alle 23:59, non si presenterà come candidato per le prossime elezioni presidenziali;

  1. rispettare il primato dello Stato di diritto, i diritti umani, le libertà fondamentali, individuali e collettive; 3. rispettare la risoluzione 2277 (2016) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare nelle sue disposizioni sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e sull’apertura dello spazio politico.

Il documento di accordo politico dovrà necessariamente contenere delle clausole chiare e precise sui 3 impegni sopra citati.

  1. PROCESSO ELETTORALE

Secondo il Raggruppamento, il processo elettorale deve essere conforme alla Costituzione, trasparente e credibile. Le elezioni presidenziali e legislative devono essere organizzate il più presto possibile e, in ogni caso, entro il 2017.

  1. Quadro istituzionale

Il Raggruppamento esige che tutte le istituzioni coinvolte nel processo elettorale, in particolare la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore per gli Audiovisivi e la Comunicazione (CSAC), siano pienamente indipendenti e veramente neutrali e imparziali. In effetti, nella loro attuale configurazione, la CENI e la Corte costituzionale sono di parte e sbilanciate in favore del movimento Kabilista. Per quanto riguarda il CSAC, esso non è in grado di garantire né il libero accesso di tutte le correnti di opinione ai mezzi pubblici, né l’imparzialità dei media in generale.

Inoltre, il Raggruppamento chiede la ristrutturazione di queste tre istituzioni strumentalizzate dal potere. In questo contesto, l’attuale composizione della CENI dovrebbe essere completamente rivista. Allo stesso modo, il Raggruppamento chiede che un gruppo di esperti delle Nazioni Unite (ONU) e dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) affianchi la CENI per rinforzare le sue capacità e per garantire la sua imparzialità.

Il Raggruppamento ricorda che la neutralità e l’imparzialità sono un dovere imposto anche alle Forze Armate, alla Polizia Nazionale, ai servizi segreti, all’amministrazione territoriale e alla pubblica amministrazione in generale.

A tal fine, le due parti interessate dovranno concordare delle disposizioni pratiche.

  1. Registrazione degli elettori

Il Raggruppamento dell’opposizione ritiene che l’attuale operazione di registrazione degli elettori sia piuttosto un implicito censimento della popolazione, utilizzato per ritardare le elezioni presidenziali e per permettere a Kabila di rimanere al potere, in violazione della Costituzione e contro la volontà del popolo congolese. Per questo motivo, il Raggruppamento chiede un’attenta valutazione dell’operazione in corso, al fine di garantirne la regolarità e di accelerarla.

  1. Ordine di successione delle elezioni

1) La priorità deve essere accordata alle elezioni presidenziali abbinate, come in passato (2006 e 2010), alle legislative nazionali;

2) entro un periodo di al massimo 30 giorni dalla proclamazione dei risultati provvisori delle elezioni presidenziali e legislative, si dovrà procedere all’organizzazione delle elezioni provinciali e senatoriali; 3) le elezioni locali, urbane e municipali si terranno dopo l’installazione delle istituzioni nazionali e provinciali. 4. Calendario elettorale

Il calendario elettorale deve essere oggetto di un consenso delle due parti implicate ed essere incluso nel documento finale.

Questo calendario dovrà comprendere tutte le operazioni pre-elettorali ed elettorali che riguardano le elezioni presidenziali e legislative, come avvenuto nel 2006 e nel 2011.

Le elezioni presidenziali e legislative si terranno entro la fine del 2017.

  1. Finanziamento delle elezioni

Per affrontare la sfida del finanziamento del processo elettorale, il Raggruppamento chiede la mobilitazione combinata delle risorse interne ed esterne e il supporto logistico da parte della MONUSCO. Sul piano interno, la priorità deve essere effettivamente data allo stanziamento delle risorse necessarie e alla sua esecuzione, seguendo il piano di erogazione precedentemente adottato dal Governo per l’organizzazione delle elezioni entro i tempi concordati.

Inoltre, il Raggruppamento sottolinea la necessità di:

5.1. Elaborare un preventivo economico elettorale realistico e viabile;

5.2. Procedere ad un’operazione di controllo finanziario della CENI;

5.3. Garantire la trasparenza nel settore degli appalti e riattivare la cooperazione con il PNUD, nell’ambito del progetto di appoggio al processo elettorale.

Sul piano esterno, occorre cercare e ottenere un sostegno finanziario da parte dei partner bilaterali e multilaterali della Repubblica Democratica del Congo.

  1. Sicurezza durante le elezioni

Il Raggruppamento propone l’istituzione di una piattaforma di segnalazione e di studio dei casi di insicurezza relativi all’organizzazione delle elezioni sull’insieme del territorio nazionale.

III. LEGITTIMITÀ DEI MEMBRI DELLE ISTITUZIONI POLITICHE ED ESERCIZIO

DEL POTERE DOPO IL 19 DICEMBRE 2016

I mandati dei deputati provinciali, dei governatori e vice governatori delle province e dei senatori sono arrivati a termine già nel 2012.

Il prossimo 19 dicembre terminerà il mandato presidenziale di Joseph Kabila e in febbraio 2017 terminerà anche quello dei deputati nazionali.

In pochi mesi, la Repubblica Democratica del Congo, per volontà di Joseph Kabila, sarà nell’atipica situazione di uno Stato in cui tutte le istituzioni nazionali e provinciali con mandato elettivo hanno perso ogni legittimità. Ne risulterà, quindi, un vuoto di potere. In una democrazia, il potere non può che emanare dal popolo sovrano, come prescritto, tra l’altro, dall’articolo 5, paragrafo 1 della Costituzione della Repubblica.

Per essere risolta, questa questione di legittimità richiede un ampio consenso politico nazionale, tenendo conto sia della struttura generale della Costituzione, sia delle responsabilità di ciascuno nell’attuale situazione d’impasse elettorale.

Pertanto, il Raggruppamento prevede l’istituzione di un regime speciale che dovrà assicurare la gestione del paese, in modo da organizzare, senza alcun indugio, le elezioni nel rispetto della Costituzione e delle norme democratiche.

  1. TENSIONE POLITICA E FIDUCIA RECIPROCA

Per un vero allentamento della tensione politica e per l’instaurazione di un clima di fiducia reciproca tra le parti, il Raggruppamento ribadisce che è indispensabile che chi è al potere ponga i seguenti atti:

  1. la liberazione, senza condizioni, di tutti i prigionieri politici e di opinione, sia a Kinshasa che all’interno del paese;
  2. la cessazione delle procedure giudiziarie ingiuste e ispirate da ragioni politiche e intraprese contro i leader dell’opposizione;
  3. il ritorno, in modo sicuro e senza problemi, degli esiliati politici congolesi;
  4. la cessazione di tutte le forme di angherie, di intimidazioni e di minacce proferite contro i membri dell’opposizione, sia a Kinshasa e all’interno del Paese;
  5. la cessazione delle misure fiscali, amministrative e poliziesche intraprese illegalmente contro i membri dell’opposizione e della società civile;
  6. l’interdizione della duplicazione dei partiti politici dell’opposizione;
  7. la revoca di tutte le restrizioni alla libertà di stampa e di espressione;
  8. il libero accesso di tutte le correnti di pensiero e di opinione ai mezzi di comunicazione;
  9. la riapertura di tutti i mezzi di comunicazione dell’opposizione;
  10. la libertà di movimento dei membri dell’opposizione.
  11. MECCANISMO DI MONITORAGGIO DELL’APPLICAZIONE DEL COMPROMESSO POLITICO Al fine di garantire il rispetto degli impegni assunti e l’organizzazione dell’intero processo elettorale, il Raggruppamento chiede la creazione di adeguati meccanismi di controllo interni ed esterni da concordare tra le parti».[7]

Il 4 novembre, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) ha organizzato una conferenza stampa a Bruxelles.

Il vice segretario generale responsabile delle questioni politiche, giuridiche e diplomatiche e della comunicazione all’interno dell’UDPS, Felix Tshisekedi, ha dichiarato che il Raggruppamento dell’opposizione si è allineato alla logica della non organizzazione delle elezioni nel 2016. Egli ha affermato che non è più possibile organizzarle entro i tempi costituzionali, ma che, nell’attuale situazione, non è nemmeno possibile che Joseph Kabila continui a guidare il paese durante la transizione: «A differenza degli altri, il campo cioè di Kabila, noi diciamo che non si può tollerare che il potere rimanga nelle mani di quelle stesse persone che sono alla base della mancata organizzazione delle elezioni. Per questo, noi diciamo che Joseph Kabila non può essere quello che guiderà la transizione. Faremo di tutto affinché cessi di essere Presidente della Repubblica il giorno in cui si concluderà il suo mandato».

Il nuovo segretario nazionale per le relazioni esterne, Tharcisse Löseke, ha affermato che, tra i firmatari dell’accordo della Cittadella dell’UA e il Raggruppamento dell’opposizione, «ci sono ampie divergenze che, nell’accordo firmato, non sono state superate: ad esempio, l’accordo non fa alcun riferimento alla problematica di una revisione o di un cambiamento della costituzione. L’accordo non menziona neppure il fatto che Kabila non possa più candidarsi per un terzo mandato presidenziale».[8]

3. IL COMIZIO DEL 5 NOVEMBRE PREVISTO DAL RAGGRUPPAMENTO DELL’OPPOSIZIONE

Il 2 novembre, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) ha inviato al governatore di Kinshasa una lettera ufficiale, informandolo del comizio del 5 novembre 2016 co-organizzato con altre forze politiche membri del Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento.

In una lettera firmata dal suo segretario generale, Jean Marc Kabund-A-Kabund, l’UDPS ha chiesto al Governatore André Kimbuta di prendere tutte le misure possibili per inquadrare i partecipanti e garantire il rispetto dei loro diritti di espressione, di opinione e di manifestazione.

Questa lettera dell’UDPS è stata inviata tre giorni dopo una dichiarazione firmata dal vice governatore della città, circa l’interdizione, fino a nuovo ordine, di tutte le manifestazione a carattere politico nella città di Kinshasa. Si tratta di un divieto imposto dal governatore della città di Kinshasa, dopo i disordini del 19 e 20 settembre 2016.[9]

Il 3 novembre, il Municipio di Kinshasa ha risposto negativamente alla lettera informativa dell’UDPS sul comizio del 5 novembre a Kinshasa. In una nota in cui conferma di avere ricevuto la lettera del Raggruppamento indirizzata al Governatore della città, il Vice Governatore Clément Bafiba Zomba ha ricordato ancora una volta la decisione del governatore provinciale del 22 settembre 2016 che vieta, fino a nuovo avviso e su tutto il territorio della città di Kinshasa, organizzazione di manifestazioni pubbliche a carattere politico. L’autorità urbana ha approfittato dell’occasione per ricordare che il Commissario Provinciale della polizia nazionale congolese e la Sindaco del Comune di Kasavubu, luogo in cui è previsto il comizio, sono stati incaricati di prendere le abituali misure di sicurezza.[10]

Il 3 novembre, in un comunicato intitolato “Precisazioni della Polizia Nazionale sulla giornata del 5 novembre 2016”, la Polizia Nazionale Congolese (PNC) ha annunciato che impedirà il comizio di Etienne Tshisekedi previsto per il 5 novembre 2016. Secondo il documento firmato dal portavoce della PNC, il colonnello Mwanamputu, «secondo la decisione del governatore della Città-Provincia di Kinshasa, che vieta qualsiasi manifestazione o riunione politica, decisione presa il 22 settembre 2016, in occasione del Consiglio dei ministri provinciali, e ricordata il 31 ottobre 2016 dal Vice Governatore, alle unità della polizia nazionale stanziate nella città-provincia di Kinshasa è stato richiesto di aumentare la loro presenza in tutti i punti caldi e i siti strategici, con l’obiettivo di far rispettare, su tutto il territorio della città di Kinshasa, il divieto di qualsiasi manifestazione politica non autorizzata. La Polizia Nazionale ha precisato che il 5 novembre 2016 rimane un giorno qualunque, come tanti altri, in cui tutti continueranno le loro attività e in cui non sarà tollerata alcuna perturbazione dell’ordine pubblico».[11]

Il 3 novembre, in un’intervista, il segretario generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha dichiarato che «il comizio del 5 novembre ci sarà. Ho risposto al vice governatore che la sua posizione rappresenta una violazione della Costituzione. Sì, si tratta di una flagrante violazione della Costituzione. Il governo sta cercando di mettere a tacere l’opposizione attraverso un colpo di stato, per imporre Joseph Kabila al potere anche dopo il 19 dicembre, ma noi non lo accetteremo. Manteniamo il comizio nella data e nel luogo indicati. Abbiamo il diritto di batterci per instaurare la democrazia nel nostro Paese. Se è necessario pagare con il sangue, noi e i nostri combattenti siamo pronti».[12]

Il 3 novembre, un gruppo di esperti delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti umani ha chiesto alle autorità congolesi di abolire il divieto ormai “ingiustificato” di organizzare delle manifestazioni nella capitale, Kinshasa. Questo divieto era stato imposto alla fine del mese di settembre, dopo le manifestazioni brutalmente represse dalle forze di sicurezza, causando decine di morti e di feriti.

Secondo gli esperti, «i diritti alla libertà di espressione, di riunione e di associazione pacifica sono diritti fondamentali garantiti dal diritto internazionale. Questi diritti non possono essere limitati che in circostanze molto particolari e ben definite». Questi esperti sono Mainia Kiai, relatore speciale per i diritti alla libertà di associazione e di manifestazione pacifica, Michel Forst, relatore speciale per la situazione dei difensori dei diritti umani, e David Kaye, relatore speciale per la promozione e la tutela delle libertà di opinione e di espressione.

Essi hanno sottolineato che «l’attuale situazione congolese non giustifica alcun divieto generale delle manifestazioni» e hanno aggiunto che, «poiché il paese si trova in un periodo elettorale fortemente contestato, i cittadini dovrebbero avere più spazio, per esprimere le proprie libertà fondamentali. In vista delle prossime manifestazioni, in particolare di quelle previste per il 5 novembre, chiediamo alle autorità congolesi di revocare la loro decisione di vietare le manifestazioni». Il divieto di manifestazioni politiche è in vigore anche a Kalemie, nella provincia del Tanganica, e a Lubumbashi, nella provincia del Haut Katanga.[13]

Il 3 novembre, diverse ONG e partiti politici dell’opposizione hanno chiesto all’autorità urbana di ritirare la decisione che vieta manifestazioni pubbliche in tutta la città di Kinshasa. Secondo il Presidente dell’Associazione Congolese per il diritto alla Giustizia (Acaj), questa decisione viola la Costituzione. Secondo Georges Kapiamba, «l’articolo 26 della Costituzione impone un solo obbligo agli organizzatori, quello di informare l’autorità competente sull’organizzazione della manifestazione e sul suo percorso. La legge aggiunge che la responsabilità e l’obbligo di mantenere l’ordine pubblico in occasione di una manifestazione o di incontro pubblico spettano unicamente alla stessa autorità competente».

Il governo della città-provincia di Kinshasa si è affrettato a rispondere attraverso la sua portavoce, Thérèse Olenga Kalonda, secondo cui gli avvenimenti del 19 e 20 settembre hanno costretto le autorità ad essere prudenti. Ella ha spiegato che «le valutazioni che sono state fatte in sede di Consiglio dei Ministri non ci garantiscono di potere assicurare la sicurezza delle persone. Queste sono le ragioni che ci portano a dire che non siamo in grado di inquadrare questa attività. Inoltre, vorremmo che anche gli organizzatori si assumessero le loro responsabilità».[14]

Il 4 novembre, il governo provinciale di Kinshasa ha riaffermato il divieto di manifestazioni pubbliche di natura politica e ha raccomandato al Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento di rinviare il meeting previsto per il 5 novembre a Kinshasa.

In un comunicato letto alla televisione nazionale dalla sua portavoce, Thérèse Olenga, l’esecutivo provinciale ha affermato che il Raggruppamento non è in grado di prevenire eventuali disordini: «Prendendo atto del fatto che gli organizzatori non offrono alcuna garanzia in merito alla loro capacità di evitare eventuali disordini che potrebbero aver luogo nel corso di una manifestazione pubblica, il governo provinciale di Kinshasa ribadisce i termini del comunicato stampa diffuso il 31 ottobre 2016 e invita gli organizzatori a rinviare a data ulteriore l’attività programmata per il 5 novembre 2016». Thérèse Olenga ha anche ricordato che, «il 19 settembre 2016, l’opposizione politica aveva organizzato una marcia debitamente autorizzata dal governatore della città dopo aver concordato un punto di incontro, un percorso e un punto d’arrivo». Purtroppo, secondo lei, invece di svolgersi pacificamente, la manifestazione si è trasformata, addirittura prima dell’orario fissato, in un «movimento insurrezionale». Nel comunicato stampa, Thérèse Olenga ha ricordato che l’articolo 26 della Costituzione garantisce la libertà di manifestazione, ma che questa libertà è soggetta alla “rispetto della legge”, che ne determina le condizioni, tra cui l’ordine pubblico e la sicurezza.

Conformemente con questa disposizione delle autorità cittadine, la polizia ha già avvertito che avrebbe impedito ogni raggruppamento di persone.

In un’intervista, il segretario generale dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha ribadito, da parte sua, che il meeting programmato si terrà, secondo l’articolo 26 della Costituzione che sancisce la libertà di espressione, di opinione e di manifestazione.[15]

Il 5 novembre, a Kinshasa, la polizia si è dispiegata in massa per impedire lo svolgimento del comizio del Raggruppamento dell’opposizione. Fin dal mattino presto, un vasto dispositivo di agenti della Polizia Nazionale Congolese (PNC) era già visibile a Limete, nei pressi della residenza di Etienne Tshisekedi e della sede dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS). Le forze dell’ordine hanno interdetto ogni movimento di entrata e di uscita dalla zona. Verso le 08h15 (07h15 GMT), la polizia ha sparato dei gas lacrimogeni per disperdere una sessantina di giovani che si erano radunati nei pressi della residenza di Etienne Tshisekedi. Un militante è stato ferito alla testa da un proiettile. Sono stati segnalati alcuni arresti di attivisti dell’UDPS. Sul viale Trionfale, lo spazio in cui doveva svolgersi il comizio del Raggruppamento dell’opposizione è stato trasformato in un campo di calcio. Secondo un testimone oculare, «si tratta di militari e agenti di polizia in borghese che fingono di giocare un torneo di calcio». Sul luogo, sono presenti molti furgoni della polizia e le forze di sicurezza non tollerano alcun raggruppamento di persone. Le emissioni della radio francese RFI e della radio delle Nazioni Unite OKAPI sono state interrotte o disturbate.[16]

Il 6 novembre, una coalizione di 33 organizzazioni non governative ha denunciato la decisione di interdire il comizio dell’opposizione programmato per il 5 novembre a Kinshasa e infine impedito can l’intervento della polizia. Il coordinatore di questa struttura, Georges Kapiamba, ha condannato la restrizione della libertà di movimento di Etienne Tshisekedi, presidente dell’UDPS, che non ha potuto lasciare la sua residenza e recarsi sul luogo del comizio. Egli ha anche condannato l’interruzione delle emissioni di RFI e le interferenze sulle frequenze di Radio Okapi. «Si tratta di una grave violazione dei diritti alla libertà di stampa e all’informazione, garantiti al popolo congolese dalla Costituzione e dagli strumenti giuridici internazionali ratificati dalla RDCongo», ha denunciato Georges Kapiamba che ha chiesto la ripresa, senza condizioni, delle emissioni di queste due stazioni radio.[17]

In un comunicato stampa firmato dalla loro ambasciata a Kinshasa, gli Stati Uniti d’America hanno affermato che «le tragiche violenze del 19 e 20 settembre a Kinshasa hanno evidenziato l’urgenza di un accordo politico più ampio e inclusivo sulla data delle prossime elezioni presidenziali e sulla gestione del potere dopo la fine, il 19 dicembre, del secondo e ultimo mandato del presidente Joseph Kabila». Gli Stati Uniti hanno sottolineato che il dialogo inclusivo e il rispetto dei principi fondamentali della democrazia sono di un’importanza fondamentale, perché permettono alla RDCongo di evitare ulteriori disordini nel paese.

Gli Stati Uniti d’America hanno rinnovato il loro appoggio alla Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), attualmente impegnata nella ricerca di un accordo politico più inclusivo e hanno invitato i protagonisti della crisi politica in corso alla moderazione. «Ancora una volta chiediamo a tutte le parti di rispettare i principi fondamentali della democrazia, di non ricorrere alla violenza e ad astenersi da qualsiasi tipo di linguaggio che possa incitare alla violenza», insiste il comunicato stampa.

Su un altro piano, gli Stati Uniti deplorano il fatto che il comizio del Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento previsto per il 5 novembre, non abbia potuto aver luogo. Per gli Stati Uniti, l’interdizione di questa manifestazione dell’opposizione da parte dell’autorità urbana della città di Kinshasa, è niente di meno che una violazione dei principi democratici. «Gli intenti fatti dal governo congolese per impedire ai membri dei partiti di opposizione e della società civile di tenere riunioni pubbliche e di organizzare manifestazioni pacifiche in luoghi pubblici, la violazione della libertà di stampa da parte del governo e il privare il popolo congolese dell’accesso alle informazioni sono dei fatti incompatibili con i principi democratici», ha aggiunto l’Ambasciata degli Stati Uniti nel suo comunicato. Gli Stati Uniti si sono infine detti convinti che la democrazia non può funzionare correttamente senza la libertà di riunione e di stampa. «La libertà di stampa e il diritto di riunirsi pacificamente sono componenti essenziali della democrazia», conclude il comunicato.[18]

Il deputato nazionale e membro del Raggruppamento dell’opposizione Lumeya Dumalegi ha affermato che l’obiettivo del comizio impedito il 5 novembre era quello di dimostrare al mondo che il governo congolese non rispetta i diritti umani. L’obiettivo del Raggruppamento era quello di dimostrare a tutti che, in materia di rispetto dei diritti umani, la RDCongo è un paese in cui nulla è rispettato. Per un comizio, occorrono un palco e la corrente elettrica. Sapevamo che il governo non avrebbe accettato ciò. Eravamo sicuri che il governo non avrebbe mai accettato che fosse montato un palco. Sapevamo anche che avrebbe tolto la corrente elettrica. Il nostro obiettivo era quello di dimostrare che nel nostro paese non si rispettano i diritti umani.[19]

[1] Cf Stanys Bujakera Tshamala – Actualité.cd, 31.10.’16; RFI, 01.11.’16

[2] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 01.11.’16

[3] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 01.11.’16

[4] Cf Radio Okapi, 03.11.’16

[5] Cf AFP – Africatime, 02.11.’16

[6] Cf Radio Okapi, 01.11.’16

[7] Cf Le Phare – Kinshasa, 04.11.’16 http://www.lephareonline.net/cahier-de-charges-a-cenco-rassemblement-tolere-glissement-jusquen-2017/

[8] Cf Jacques Kini – Actualité.cd, 05.11.’16

[9] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualite.cd, 03.11.’16 https://actualite.cd/2016/11/03/ludps-saisit-officiellement-kimbuta-meeting-5-novembre/

[10] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualite.cd, 03.11.’16 https://actualite.cd/2016/11/03/lhotel-de-ville-rejette-demande-rassemblement-de-tenir-meeting-5-novembre/

[11] Cf Actualite.cd, 03.11.’16

[12] Cf Actualité.cd, 04.11.’16

[13] Cf Radio Okapi, 04.11.’16

[14] Cf RFI, 04.11.’16

[15] Cf Radio Okapi, 05.11.’16

[16] Cf Radio Okapi, 05.11.’16; AFP – Africatime, 05.11.’16

[17] Cf Radio Okapi, 07.11.’16

[18] Cf Laurel Kankole – Forum des As – Kinshasa, 08.11.’16

[19] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 08.11.’16