RIBELLI AVANZANO A GOMA, VOCI DELLA CHIESA

Misna

 

“I colpi d’arma da fuoco si stanno facendo sempre più meno frequenti. I ribelli hanno preso il controllo dell’aeroporto, dei quartieri orientali e da poco anche del centro città. Sono avanzati molto rapidamente e stanno respingendo le truppe regolari fuori Goma. I miliziani dell’M23 sono passati davanti alla mia parrocchia, mi hanno salutato e hanno chiesto alla popolazione di rimanere calma”: è pacato e sollevato il tono di voce del vicario generale della diocesi di Goma, monsignor Louis De Gonzague Nzabanita, che alla MISNA racconta delle ultime ore di paura e incertezza vissute accanto alla sua gente. Dopo essere rimasto chiuso dentro casa, il vicario, parroco della parrocchia dello Spirito Santo, al centro di Goma, ha costatato che “un po’ di gente sta uscendo per le strade e in modo ancora timido sta cercando di riprendere le proprie attività”. Mentre parla con la MISNA dall’altra parte del telefono si sentono due colpi di artiglieria e il rombo di un elicottero della Monusco, la locale missione Onu.

“La popolazione è ancora sotto shock dopo gli ultimi tre giorni di tensione alle stelle, per l’incognita dell’avvicinarsi dei combattimenti al centro della nostra città – prosegue il vicario generale –. Ci sono state delle vittime a causa degli ordigni caduti su Goma, ma per ora non sappiamo quante. La sorte più difficile è toccata senz’altro alle decine di migliaia di sfollati che con ogni mezzo hanno cercato di fuggire”. La fuga dai combattimenti ha portato un numero imprecisato di civili a varcare il confine per rifugiarsi in Rwanda. Verso Kigali sono stati evacuati anche alcuni volontari della ong ‘Volontariato Internazionale per lo Sviluppo’ (Vis).

“Qui la stragrande maggioranza della gente vive nella povertà più totale e cerca ogni giorno di sbarcare il lunario. Da mesi a Goma si viveva nella paura, nell’immobilismo per le incognite del futuro. La sua popolazione era come asfissiata e allo stremo ma non ha mai perduto forza e determinazione” racconta ancora monsignor Nzabanita, originario del territorio di Rutshuru, vicario generale dallo scorso febbraio. “A questo punto tra la mia gente ho percepito un sentimento di liberazione, per non dire di sollievo per quello che sembra essere la conclusione dei combattimenti” aggiunge il prelato, sottolineando che dalla nascita della ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), sette mesi fa, “la crisi materiale degli abitanti si è ulteriormente aggravata”. Ma l’ingresso in città dei ribelli “apre altri scenari altrettanto incerti anche perché sappiamo che dietro di loro c’è anche l’agenda nascosta di Kigali” dice il vicario, auspicando per prima cosa “la fine delle sofferenze e delle esazioni subite da troppi anni” dalle popolazioni del Nord-Kivu.

Finora il Rwanda ha sempre negato, come invece sostenuto in vari rapporti Onu, di fornire un sostegno politico, militare e logistico all’M23. Fonti missionarie della MISNA contattate sulla linea del fronte hanno riferito di “armi ultramoderne in mano dei ribelli” ma hanno anche denunciato “grandi fughe strategiche per mettere in salvo mogli e figli”. Il presidente della società civile del Nord-Kivu, Thomas d’Aquin Muiti, ha sostenuto che accanto ai miliziani dell’M23 combattono anche militari dell’esercito di Kigali. Il vicario generale è invece più prudente. “Ho visto ribelli che indossano la divisa militare congolese, essendo disertori delle Fardc, ma anche altri con quella ruandese. E’ difficile capire bene chi è chi ma soprattutto se faranno peggio o meglio delle nostre forze di sicurezza e dei tanti gruppi armati in attività da decenni nella zona” prosegue monsignor Nzabanita. Il vicario generale non risparmia le sue critiche ai caschi blu della Monusco – che in più occasioni hanno assicurato che non lasceranno mai Goma – presentata come “une vergogna per la comunità internazionale, una missione che si accontenta di sorvolare la città con elicotteri. Non è così che si difendono i civili”.

Sembrano essere state risparmiate dagli scontri le comunità della Chiesa cattolica presenti a Goma. Sin dalle prime ore della battaglia preti, missionari, studenti e volontari sono rimasti chiusi dentro le proprie comunità, chiese e scuole. La parrocchia Notre Dame d’Afrique, gestita dai Padri Bianchi nel quartiere di Katoy, ha accolto 500 sfollati. Stanno bene anche i saveriani e i salesiani. Negli ultimi tre giorni oltre 7000 persone sono arrivate nel Centro educativo Don Bosco Ngangi, gestito dai salesiani di Don Bosco con il supporto dei volontari del ‘Vis’. Si tratta per lo più di donne e bambini scappati dal campo di Kanyaruchinya e da altre zone teatro di pesanti combattimenti. Nella Giornata mondiale dei bambini, che si celebra oggi in tutto il mondo, il ‘Vis’ lancia un appello straordinario per sostenere la popolazione congolese, “in particolare i bambini che non capiscono il perché di quanto sta succedendo”. Al Centro di Ngangi servono tende, cibo e acqua, tutti beni di prima necessità che nei prossimi giorni rischiano di scarseggiare. La situazione umanitaria è destinata a deteriorarsi a causa dell’instabilità dello scenario e dell’evacuazione di una parte significativa degli operatori; l’Onu ha già deciso di allontanare il personale “non necessario”.

Altri motivi di preoccupazione dopo l’ingresso in città dell’M23, riferiscono altre fonti missionarie contattate dalla MISNA a Goma, ma anonime per motivi di sicurezza, sono “la liberazione di tutti i prigionieri” e “la paura di un’invasione dal Rwanda visto che per ora le frontiere sono ancora aperte”. In molti hanno gli occhi puntati sulla vicina provincia del Sud-Kivu.

(Vedi anche notizia delle 10.40)

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