Rwanda Attualità – marzo 2011 – supplemento

Sommario:

1. LA LOTTA CONTRO IL TERRORISMO, UNA FORTUNA PER I REGIMI DITTATORIALI: IL CASO DEL RUANDA.
2. PAUL KAGAMÉ: «OUR KIND OF GUY»

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1. LA LOTTA CONTRO IL TERRORISMO, UNA FORTUNA PER I REGIMI DITTATORIALI: IL CASO DEL RUANDA.

Dall’attacco dell’11 settembre 2001 sul World Trade Center di New York, il presidente degli Stati Uniti di allora, George W. Bush, ha fatto della lotta contro il terrorismo una priorità assoluta.

In questa nuova crociata,egli ha invitato i suoi tradizionali alleati ad appoggiarlo e ha ordinato ai Paesi suoi protetti di applicare le sue consegne in materia di lotta contro questo nuovo nemico del mondo libero che egli solo deve identificare. Gli alleati tradizionali l’hanno accompagnato nell’avventura irachena e afgana, in cui si sono impantanati fino ad oggi. I regimi installati dall’America trionfante, o che non devono la loro sopravvivenza che al sostegno militare o finanziario degli USA, hanno ottemperato, mentre altri si sono gettati nella breccia, per condurre una feroce lotta contro ogni tipo di opposizione, assimilandola al terrorismo. Anche l’organizzazione delle Nazioni Unite è stata coinvolta e non esita a qualificare di “terroristi” quei movimenti opposti ai regimi sostenuti dagli USA.

Lotta contro l’islamismo.

In nome della lotta contro l’islamismo, l’occidente condotto dagli USA ha permesso che dei regimi corrotti e retrogradi regnassero in Egitto e in Tunisia, almeno fino alle rivolte popolari dell’inizio 2011. Anche in Africa, gli USA “hanno installato” o sostenuto dei regimi fra i più repressivi, purché impedissero l’avanzata dell’islamismo nella regione. In Etiopia, la dittatura di Meles Zénawi è tollerata, perché serve per bloccare l’islamismo nella vicina Somalia. Da 25 anni, Yoweri Museveni regna come monarca assoluto sull’Uganda, per essere percepito semplicemente come un bastione di difesa contro l’islamismo in Sud-Sudan.

I nuovi dittatori irrompono sulla scena.

I dittatori, soprattutto quelli che sono arrivati al potere con la forza delle armi, come Yoweri Museveni dell’Uganda o Paul Kagame del Ruanda, hanno rapidamente compreso tutti i vantaggi che possono trarre da questa ossessione dell’America contro tutto ciò che è qualificato di “terrorismo”. In Uganda, se in un primo momento, Museveni aveva presentato la ribellione denominata Lord Resistenza Army (LRA) come un’organizzazione mistico-religiosa, in una seconda fase egli è riuscito a convincere gli USA, e dunque la comunità internazionale, a ritenere questa opposizione armata come un movimento terroristico. Il LRA appare dunque come tale sulla lista dell’ONU e deve essere immediatamente sradicata. Tuttavia, all’inizio, questi combattenti originari del Nord dell’Uganda intendevano protestare contro i massacri commessi dai combattenti tutsi che hanno installato Museveni al potere a Kampala nel 1986 e che, sotto il comando di un certo Paul Kagame, commettevano dei massacri sulla popolazione innocente di etnia Acholi.

Il Ruanda di Paul Kagame e lo spaventapasseri “FDLR”.

Da quando le Nazioni Unite, su istigazione degli USA e su richiesta del Ruanda, hanno iscritto l’organizzazione denominata FDLR sulla lista delle organizzazioni terroristiche, il regime dittatoriale ne approfitta e ne abusa a volontà. Ogni oppositore che osi rivendicare i suoi diritti è subito accusato di essere un collaboratore delle FDLR e, quindi, definitivamente screditato. Anche gli ex ribelli del FPR attualmente al potere, che osino criticare pubblicamente la dittatura brutale e corrotta di Paul Kagame, sono presentati dal regime come dei conniventi con le FDLR, dunque come dei terroristi infrequentabili. Il regime di Paul Kagame arriva persino ad associare delle personalità della società civile, che denunciano la mancanza di libertà, agli stessi FDLR e dunque, anch’essi, vengono qualificati di terroristi. È il caso di Paul Rusesabagina che ha ispirato il film Hotel Ruanda “, e che fu, nel passato, considerato come un eroe dal regime del FPR e dai sostenitori americani di Kagame e, in seguito, divenuto il bersaglio degli attacchi del regime di Paul Kagame, quando ha osato denunciare la sua deriva dittatoriale. Non viene risparmiato nemmeno il grande finanziatore del FPR, quello stesso che ha finanziato la riconquista del Ruanda da parte degli elementi tutsi provenienti dell’esercito regolare ugandese, dal 1990 fino alla presa di Kigali nel luglio 1994. Per essere attualmente in conflitto con l’ambiente del dittatore Kagame, Tribert Rujugiro, attualmente in esilio in Sud Africa, è accusato di collaborare con un movimento terroristico, cioè le FDLR.

Chi sono le FDLR?.

Il movimento politico-militare che si è denominato Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) è nato nel 2001, in seguito allo smantellamento dei campi dei rifugiati hutu nell’ex-Zaire e ai massacri di migliaia di rifugiati commessi dall’esercito di Paul Kagame dal 1996. I superstiti di questi massacri che il Mapping Rapporto dell’ONU, pubblicato nell’ottobre 2010, ha qualificano di “crimini di guerra, crimini contro l’umanità e forse di genocidio”, non hanno avuto altra scelta che di costituirsi in forza di auto-difesa, per resistere alla caccia all’uomo a cui si dedicava l’esercito di Paul Kagame. Sul piano politico, le FDLR richiedono un dialogo col regime, preliminare al loro ritorno in Ruanda, nella dignità e nella sicurezza.

Gestione del problema delle FDLR da parte del regime di Kigali.

Kigali ha sempre qualificato le FDLR, nel loro insieme, come i “genocidari” e ha sempre rifiutato di dialogare con questo movimento, perché “non si negozia coi genocidari”.

Questo rifiuto di dialogo coi rifugiati ruandesi che si trovano in RDCongo, permette a Paul Kagame di restare in RDCongo per continuare a sfruttare i giacimenti di minerali, pur gridando contro la minaccia che proverrebbe dalle FDLR. La realtà è che Kagame ha più bisogno delle FDLR in RDCongo che le FDLR stesse, che chiedono semplicemente di poter ritornare in Ruanda nella dignità.

Parallelamente, Kigali ha fatto credere alla comunità internazionale che la destabilizzazione della regione è causata dalle stesse FDLR, mentre è proprio da Kigali che son partite tutte le ribellioni che hanno insanguinato l’est della RDCongo (AFDL, RCD, CNDP).

Nel 2008, grazie alle sue reti mafiose e alla sua inclinazione alla corruzione, Paul Kagame è riuscito a fare iscrivere le FDLR sulla stessa lista dei movimenti terroristici come Al Qu’Aïda! Per riuscirci, ha fatto ricorso a delle ONG dette di Difesa dei Diritti dell’uomo, ma che sono, in effetti, delle associazioni per la promozione del FPR, come Africa Rights di Rakiya Omar o “Redress”. Sono questi pseudo-difensori dei diritti dell’uomo che hanno preso contatto con dei funzionari dell’ONU e altri specialisti della regione, per vender loro le analisi e le raccomandazioni redatte dai servizi segreti di Paul Kagame e che saranno poi presentate come Rapporto degli esperti delle Nazioni Unite”.

Uso politico dei veri-falsi rapporti delle Nazione-Unite.

Subito dopo essere riuscito a fare registrare le FDLR sulla lista delle organizzazioni terroristiche, il regime dittatoriale di Paul Kagame ne ha approfittato il più possibile. E’ nel novembre 2009 che un gruppo di esperti, sconosciuti e parziali (Dinesh Mahtani, Raymond Debelle, Muctar Kokouma Diallo, Christian B.; Dietrich e Claudio Gramizzi) hanno apposto le loro firme in fondo ad un documento uscito direttamente dai servizi segreti ruandesi, ma presentato come un rapporto delle Nazioni – Unite, dimostrando il carattere “terroristico” delle FDLR.

Il dittatore ha subito chiesto e ottenuto l’arresto dei leader politici delle FDLR che vivono in Occidente. Alcuni saranno accusati anche di crimini precisi che avrebbero commesso personalmente in RDCongo, quando non vi hanno mai messo i piedi.

Kagame, la sua stampa e la sua giustizia non vanno per il sottile. Tutti gli oppositori politici, che hanno voluto sfidarlo in occasione delle elezioni del 2010, sono stati incarcerati con l’accusa di essere in connivenza con un movimento terroristico: le FDLR. Victoire Ingabire è così mantenuta così nella sinistra prigione 1930, proprio per questo capo di imputazione. Per costruire dei dossier contro gli oppositori, Paul Kagame corteggia più che mai i combattenti delle FDLR che vivono in RDCongo. Muove cielo e terra per rimpatriarne qualcuno a colpo di migliaia di dollari, di promesse e di minacce. Una volta ritornato in Ruanda, l’ex-combattente è interpellato e costretto ad accusare tal o tal altro oppositore politico che, forse, non ha mai visto.

Per accusare la presidente delle FDU, Victoire Ingabire, i servizi segreti di Kagame hanno rintracciato degli ex alunni ufficiali del 1994 che vivevano nella foresta del Congo dal 1994, ma che oggi testimoniano di essere informati delle attività politiche di Victoire Ingabire che non hanno mai incontrato. Parimenti, dopo l’esilio e la dichiarazione politica dei quattro ex alti quadri del FPR (Kayumba-Rudasingwa-Karegeya-Gahima), Kagame si è affrettato a trovare un ex-combattente delle FDLR che dichiara che questi quattro sono in collegamento con le FDLR. Tuttavia, semplice candidato sottotenente nel 1994 e promosso Colonnello per la circostanza, cioè per accusarli, non aveva mai sentito parlare di queste personalità, se non attraverso la stampa ufficiale. Più ridicolo ancora, il regime di Kagame sta chiedendo ad un povero combattente malato che ritorna da Masisi (Kivu – RDCongo), dove non poteva nemmeno sapere ciò che avviene a Goma, di dire che ha seguito le trattazioni tra le FDLR e il miliardario Tribert Rujugiro in Sud-Africa. Tutto ciò, perché questo uomo d’affari è attualmente in conflitto col regime Kagame, di cui ha finanziato la guerra di conquista. E’ ora accusato di collaborare con un movimento terroristico, le FDLR.

In conclusione.

Lo spaventapasseri delle FDLR è stato creato e mantenuto da Paul Kagame stesso, per permettergli di continuare a fare il bel e il cattivo tempo nell’est della RDCongo, saccheggiandone le ricchezze e dando la caccia ai suoi oppositori. L’arresa di alcuni combattenti stanchi o manipolati gli permette di disporre di testimoni a carico contro chiunque, dal momento che è riuscito a presentare le FDLR, e tutti quelli che li frequenterebbero, come terroristi.


2. PAUL KAGAMÉ: «OUR KIND OF GUY»

E se non avessimo compreso nulla dei massacri che hanno devastato il Ruanda? Per Edward S. Herman e David Peterson, non si sarebbe trattato di un genocidio dei Tutsi da parte del Hutu Power, ma di una guerra segreta degli Stati Uniti che ha costato la vita sia ai Tutsi che agli Hutu. Al centro di questo bagno di sangue: l’impenetrabile Paul Kagamé.

Il presidente ruandese Paul Kagamé, autore di un doppio genocidio, ha dapprima sbarazzato il Ruanda da ogni minaccia sociale o democratica, poi l’ha fermamente allineato sull’occidente, consegnando il paese agli investitori stranieri. Più tardi, e per profitti ancora maggiori, Kagamé ha facilitato il saccheggio delle risorse naturali dello Zaire vicino. In tal modo, ha aperto numerosissime opportunità di investimento per i suoi propri associati e per gli investitori nordamericani o europei, in questo immenso serbatoio di risorse minerarie dell’Africa centrale, ribattezzato Repubblica Democratica del Congo (RDC), nel 1997, all’epoca della Prima Guerra del Congo (1996-1998).

Per anni, i media occidentali hanno fatto di Kagamé il salvatore del Ruanda, colui che avrebbe messo fine al genocidio del 1994, perpetrato contro la minoranza etnica a cui egli stesso appartiene, i Tutsi, da parte degli Hutu, maggioritari nel paese. Da allra, i suoi sostenitori, ed egli stesso, non hanno mai cessato di presentare l’invasione dello Zaire-RDCongo da parte delle truppe del Fronte Patriottico ruandese (FPR) come la legittima volontà di attaccare e neutralizzare i genocidari Hutu che erano fuggiti dal Ruanda, dapprima durante il conflitto, poi in seguito alla presa del potere da parte di Kagamé. Da molto tempo considerata come fallace dai dissidenti emarginati, questa scusa è stata, infine, messa in causa pubblicamente mediante la diffusione di un pre-rapporto dell’Alto Commissariato per i Diritti dell’uomo dell’ONU e poi ufficialmente, in seguito alla pubblicazione, il 1° ottobre 2010, del rapporto definitivo.

Il pre-rapporto , non solo fa l’inventario delle gravi violenze commesse in RDCongo in un periodo di dieci anni (dal 1993 al 2003), ma è precisamente al FPR di Paul Kagame che attribuisce la responsabilità di quelle più gravi. “Nessuno potrebbe negare che dei massacri etnici siano stati effettivamente perpetrati e che la maggior parte delle vittime siano state degli Hutu del Burundi, del Ruanda e dello Zaire”, spiega questo rapporto, citando i risultati di un’inchiesta dell’ONU del 1997 (parag. 510). E quando si fa il conteggio, “l’intensità con la quale questi crimini sono stati commessi, il grande numero delle vittime e la natura sistematica degli attacchi contro gli Hutu, che sono stati inventariati… in particolare nel Nord Kivu e nel Sud Kivu… sono elementi che suggeriscono che c’è stata premeditazione e che si è seguito una metodologia precisa” (parag. 514). Nella sezione dedicata al crimine di genocidio, il rapporto conclude: Gli attacchi sistematici in quasi tutto il paese… che prendevano di mira un grandissimo numero di rifugiati hutu del Ruanda e di membri delle popolazioni civili hutu della RDCongo, concretizzatisi nel loro sterminio, rivelano un gran numero di circostanze aggravanti che, se dovessero essere comprovate davanti ad una corte competente, potrebbero allora essere qualificati di crimini di genocidio (parag. 517).

Come spiegava Luc Cote, già investigatore e direttore dall’ufficio legale presso il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (TPIR): “Era orrendo: vedevo in Congo un modo di procedere che avevo già osservato in Ruanda. Era la stessa cosa. Ci sono decine e decine di crimini in cui si ritrova lo stesso modo di procedere. Tutto era eseguito in modo sistematico”.

Ma non era la prima volta che si denunciava all’ONU le operazioni genocidarie di Kagamé in Ruanda e in RDCongo.

Molto prima dell’inchiesta del 1997 rievocata sopra, l’esposizione di Robert Gersony davanti all’ONU, nel 1994 – di cui si è potuto conservare la versione scritta – faceva già stato di “massacri sistematici e di persecuzioni di popolazioni civili Hutu da parte di Kagame [FPR]”, nel Sud del Ruanda tra aprile e agosto 1994, e di “massacri indiscriminati a grande scala, di uomini, donne e bambini, malati e vecchi compresi…”. In questo rapporto, Gersony stimava tra 5 000 e 10 000 il numero di Hutu sterminati ogni mese, da aprile 1994. È importante sottolineare che, all’epoca, i membri di questa commissione decisero di classificare “Confidenziali” la testimonianza e le prove apportate dal rapporto Gersony e ordinarono che tale rapporto non potesse essere accessibile che ai soli membri della Commissione “che si affrettarono, del resto, a nasconderne immediatamente le conclusioni, come indicato dalla lettera di François Fouinât sul HCR, indirizzata a B. Molina-Abram, della Commissione di esperti, 11 ottobre 1994.

Tra i numerosi rapporti dell’ONU sulla RDCongo, particolarmente interessante è il secondo della serie dei rapporti del Gruppo degli esperti delle Nazioni Unite sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali in Repubblica Democratica del Congo. Gli esperti dell’ONU stimavano che, fino a settembre 2002, nelle cinque province dell’est del Congo, si potevano registrare circa 3 milioni e mezzo di morti in eccesso [rispetto al tasso normale in tempo di pace]”, conseguenza diretta dell’occupazione della RDCongo da parte di Ruanda e Uganda (parag. 96). Il rapporto metteva inoltre in questione la motivazione del regime di Kagamé, secondo cui il mantenimento di una parte delle sue truppe nell’est del Congo era giustificato per la necessità di difendere il Ruanda contro le forze hutu che terrorizzavano le regioni di frontiera e minacciavano di invaderlo. In realtà”, l’obiettivo reale a lungo termine era quello… di “garantire la sicurezza delle loro conquiste” “, ribatteva il rapporto (parag 66). Malgrado ciò, e benché nessuno abbia mai ordinato la soppressione di questo rapporto, contrariamente a quello di Gersony, i media occidentali lo ignorarono totalmente. Tuttavia, questi 3 milioni e mezzo di morti in esubero superavano di gran lunga il numero massimo di vittime imputabili agli autori presunti del genocidio del Ruanda nel 1994.

Evidentemente, questo silenzio è dovuto al fatto che il regime di Kagamé è innanzitutto un regime sostenuto dagli USA e le cui operazioni sanguinarie in Congo si accordavano perfettamente alla politica stato-unitense di apertura del paese agli interessi delle multinazionali e del settore minerario US e occidentale.

Interrogato sulle fughe di questo rapporto, Philip Crowley, assistente del segretario dello stato US andò fino a riconoscere: “Al di fuori della tragica storia del genocidio e di altri avvenimenti degli anni 1990, abbiamo effettivamente un legame particolare con il Ruanda. Recentemente, il Ruanda ha avuto un ruolo costruttivo nella regione. Ha svolto un ruolo importante in un gran numero di missioni dell’ONU. E’ interesse nostro aiutare le forze armate a diventare sempre più professionali. Investiamo molte forze in varie regioni del mondo. Abbiamo dunque fatto fiducia al Ruanda.”

Il primo articolo apparso sul New York Time a proposito del pre-rapporto dell’ONU era firmato Howard French.

I giornalisti occidentali non trattano mai il probabile genocidio in RDCongo senza giustificarlo, almeno un po’, iscrivendolo sistematicamente nel contesto del genocidio del 1994 in Ruanda, dove il preteso salvatore provvidenziale, Kagamé, avrebbe messo fine ai massacri dei Tutsi organizzati dagli Hutu. Nella maggior parte dei servizi dei grandi media occidentali, c’è alla partenza un primo genocidio, quello dei Tutsi da parte degli Hutu, al quale sembra oramai corrispondere un secondo genocidio perpetrato, questa volta, dai Tutsi contro gli Hutu.

Ma questo preteso contesto si fonda interamente su una monumentale menzogna della versione ufficiale a proposito del primo genocidio e, ad un’analisi più approfondita, la grande difficoltà in cui ci si imbatte oggi per fare passare l’informazione sui massacri di massa compiuti in RDCongo, è manifestamente dovuta a questa menzogna. In altri termini: dal momento in cui Kagamé è al servizio degli interessi degli USA e di altre potenze occidentali, per le personalità politiche occidentali e per i media, la documentazione concernente i crimini che gli sono imputabili non merita assolutamente particolare attenzione. La verità che Howard French e compagni non possono riconoscere, è che il vero genocidio del 1994 era, anch’esso, fondamentalmente opera di Paul Kagamé, con il sostegno di Bill Clinton, dei Britannici, dei Belgi, dell’ONU e dei media.

Sebbene si mantenga principalmente al potere attraverso la forza, l’egemonia regionale di Kagamé dipende fondamentalmente dal mito che l’istituisce come salvatore del Ruanda. Del resto, Kagame ha ormai fatto della “negazione di genocidio” un crimine maggiore del genocidio stesso. Essendo la versione ufficiale del genocidio ruandese, diventata incontestabile in Ruanda, tutti coloro che mettono in causa il potere di Kagame possono essere accusati subito di negazione di genocidio e di divisionnisme “, ed essere perseguiti per crimini contro lo stato del Ruanda. È su questa base che l’avvocato stato-unitense Peter Erlinder, principale avvocato della difesa presso il TPIR, è stato arrestato nel maggio 2010, fin dal suo arrivo in Ruanda, dove si era recato per difendere la causa di Victoire Ingabire Umuhoza, candidata di un partito di opposizione Hutu, anch’essa imprigionata e impedita di presentarsi alle elezioni. Sebbene Erlinder sia stato liberato sotto cauzione in giugno, il suo arresto e la repressione sistematica dei partiti di opposizione e dei loro candidati, alla vigilia delle elezioni del mese di agosto, sono dei dati piuttosto imbarazzanti per gli accaniti difensori dell’immagine di Paul Kagame come salvatore del Ruanda.

A proposito del carattere mitico della versione ufficiale:

– E’ comunemente ammesso che ‘l’elemento detonante’ del primo genocidio fu l’attentato, la sera del 6 aprile 1994, a Kigali, contro l’aereo presidenziale in cui perirono i due presidenti hutu del Ruanda e del Burundi, Juvénal Habyarimana e Cyprien Ntaryamira. Ci sono molte prove che attestano che tale attentato è stato organizzato da Paul Kagamé. È precisamente la conclusione a cui era arrivato Michel Hourigan, investigatore finanziato dal TPIR e che, già nel 1996, indagava sull’argomento. Ma, dopo previa consultazione con gli emissari degli Stati Uniti, il rapporto di inchiesta che egli presentò a Louise Arbour fu lasciato da parte e, durante i tredici anni seguenti, il TPIR non volle eseguire alcuna indagine su questo ‘elemento detonante.’

– La conclusione di un’altra inchiesta, ancora più dettagliata e diretta dal giudice francese Jean-Louis Bruguière su questo stesso ‘elemento detonante’, è che Kagamé aveva bisogno dell’eliminazione fisica di Habyarimana, per impossessarsi del potere in Ruanda, prima delle elezioni presidenziali previste dagli Accordi di Arusha. Kagamé non aveva assolutamente alcuna possibilità di vincere queste elezioni, perché il suo gruppo etnico di origine, i Tutsi, era numericamente molto inferiore a quello degli Hutu. Bruguière sottolineò anche che, in Ruanda, nel 1994, l’unica forza perfettamente organizzata e pronta a combattere era il FPR. Politicamente debole ma militarmente forte, il FPR di Kagamé riprese effettivamente la guerra e, solo due ore dopo l’assassinio di Habyarimana, sferrò il suo attacco generale contro il governo del Ruanda, un attacco che si estese rapidamente in tutto il paese. Se ne può dunque dedurre che i dirigenti del FPR sapevano in anticipo ciò che stava per accadere e si tenevano pronti ad agire, essendo la loro reazione stata pianificata ed organizzata in anticipo. Inversamente, sembra che i pianificatori hutu della versione mitica e ufficiale di questi avvenimenti erano piuttosto disorganizzati, impreparati e furono velocemente sconfitti. Infatti, in meno di cento giorni, Kagamé e il RPF presero il controllo del Ruanda.

– Kagamé è stato formato a Fort Leavenworth, in Kansas [24]. Ha poi costantemente beneficiato di un sostegno diplomatico e materiale da parte degli USA, dal giorno in cui prese il comando del FPR, immediatamente dopo l’invasione del Ruanda da parte dell’Uganda e del FPR, nell’ottobre 1990, fino all’assalto finale contro lo stato ruandese, iniziato il 6 aprile 1994. Durante questo assalto, mentre secondo la versione ufficiale, il “genocidio dei Tutsi” era cominciato già da molto tempo, i restanti membri del governo ruandese chiesero all’ONU di mandare altri Caschi Blu in Ruanda per contenere le violenze. Ma Paul Kagamé, vedendo la sua vittoria assicurata, si oppose all’invio di altri Caschi Blu in Ruanda e – Sorpresa! – anche gli Stati Uniti si opposero fermamente all’invio di truppe supplementari dell’Onu. Il Consiglio di Sicurezza ridusse drasticamente il contingente dei Caschi Blu in Ruanda – ciò che, in effetti, non coincide veramente con la versione ufficiale, secondo la quale la principale responsabilità di questi 100 giorni di massacri è imputabile al Hutu Power che avrebbe pianificato lo sterminio. Le scuse di Bill Clinton, nel 1998, in nome della comunità internazionale, “per” non avere agito abbastanza velocemente dopo l’inizio dei massacri sono di un’ipocrisia assolutamente inqualificabile. Ben lontano dal non aver raggiunto un preteso obiettivo umanitario, che non ha mai avuto, l’amministrazione Clinton ha, al contrario, facilitato la conquista del Ruanda da parte di Kagamé, ed è pienamente corresponsabile delle esazioni commesse dal FPR in Ruanda e in RDCongo, durante tanti anni.

– Per quanto riguarda le prove dei massacri, non c’è certamente il minimo dubbio che moltissimi Tutsi siano stati uccisi: Sembra tuttavia che si trattasse di di violenze localizzate e vendicatrici, piuttosto che di un’esecuzione metodica di un’operazione pianificata dai dirigenti hutu. In realtà, sembra addirittura che solo le forze di Kagamé abbiano sterminato in modo sistematico e pianificato e l’ONU e gli Stati Uniti hanno fatto di tutto per minimizzare questi massacri. Non solo il rapporto Gersony, del 1994, sui massacri di Hutu, fu messo nel cassetto proprio dall’ONU, ma anche un memorandum interno della segreteria di stato degli USA, datato settembre 1994, in cui si affermava chiaramente che 10 000 civili hutu, o addirittura di più, al mese sarebbero stati sterminati dalle forze tutsi, sarebbe anch’esso passato definitivamente sotto silenzio, se Peter Erlinder non l’avesse riesumato e presentato davanti al TPIR. Quando gli universitari americani Christian Davenport e Allan Stam, inizialmente incaricati dal TPIR di documentare i massacri commessi in Ruanda nel 1994, arrivarono alla conclusione che la maggioranza delle vittime erano Hutu e non Tutsi “, li si licenziò immedatamente. Riassumendo ciò che consideravano come i risultati più sconvenienti della loro ricerca, i due universitari scrivevano: “I massacri nelle zone controllate dalle FAR [Forze Armate Ruandesi] sembravano aumentare nella misura in cui il FPR avanzava nella conquista del Paese e occupava nuovi territori. Quando [il FPR] avanzava, i massacri di massa aumentavano. Quando il FPR si fermava, i massacri di massa diminuivano considerevolmente.”

Il FPR, le cui avanzate erano sistematicamente accompagnate da ondate di massacri, fu capaci di conquistare il Ruanda in appena un centinaio di giorni. Non sarebbe stato inverosimile che le forze tutsi di Kagamé, le uniche forze armate realmente organizzate nel Ruanda del 1994, siano stati incapaci di impedire che il numero di Tutsi massacrati non superasse di molto il numero di Hutu uccisi, come rivendicato dalla versione ufficiale del genocidio ruandese?” È effettivamente incredibile e questo dovrebbe, del resto, essere riconosciuto chiaramente come un puro mito di propaganda.

– Questo mito non è, del resto, neanche compatibile con le proporzioni reali della popolazione ruandese. Secondo il censimento nazionale ufficiale del 1991, poco prima del genocidio, la popolazione del Ruanda era composta al 91% di Hutu, al 8,4% di Tutsi, al 0,4% di Twa e al 0,1% di rappresentanti di altri gruppi etnici. Così che su un totale di 7 099 844 abitanti nel 1991, la minoranza tutsi non rappresentava in Ruanda che 596 387 persone, contro una popolazione hutu di 6 467 958 abitanti. Inoltre, come lo sottolineano Davenport e Stam nel loro articolo del Miller-McCune, l’organizzazione IBUKA dei superstiti tutsi del genocidio stima a circa 300 000 il numero di tutsi sopravvissuti ai massacri del 1994. Ciò che significa che su un totale compreso tra 800 000 e un milione di vittime del genocidio, più della metà erano Hutu “. E sembra anche estremamente probabile che più della metà delle persone massacrate in Ruanda tra aprile e luglio 1994 fossero, in realtà, degli Hutu. Inoltre, dopo la presa del potere da parte del FPR, nel luglio 1994, i massacri di Hutu all’interno stesso del Ruanda come in RDCongo continuarono ancora per un decennio e mezzo.

Conclusione

La pubblicazione del rapporto Mapping dell’ONU e il simulacro di rielezione di Kagame, nell’agosto 2010, riusciranno a far sì che i media occidentali siano un poco più onestamente critici al riguardo di questo sterminatore made in USA? Niente è meno sicuro, visto i preziosi servizi che offre alla super-potenza US in Africa.