L’albero che nasconde la foresta

Congo Attualità n. 154 – Editoriale a cura della Rete Pace per il Congo

 

 

La pubblicazione degli annessi del rapporto del gruppo degli esperti dell’Onu conferma l’appoggio del regime ruandese al nuovo gruppo armato denominato Movimento del 23 marzo (M23).

È quindi necessario prendere tutte le misure possibili per mettere fine a tale ingerenza che viola la sovranità nazionale della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo).

Tuttavia, il Ruanda non è solo a portare la responsabilità del dramma causato al popolo congolese, in generale e al popolo del Kivu, in particolare.

Dietro il Ruanda, ci sono le multinazionali occidentali implicate nel commercio illegale dei minerali del Kivu. C’è una rete internazionale di intermediari e mediatori. Ci sono società fittizie immatricolate in Paesi conosciuti come paradisi fiscali. Ci sono banche occidentali che garantiscono le transazioni finanziarie. Ci sono i Paesi donatori che assicurano un cospicuo aiuto finanziario al governo ruandese. I loro nomi, le loro sedi e le loro attività sono ben conosciute, perché riportate nei numerosi rapporti dell’Onu, Organismi internazionali e Organizzazioni non governative per la difesa dei diritti umani.

Dietro il Ruanda, ci sono anche grandi potenze occidentali, tra cui gli Stati Uniti che, attraverso la loro ambasciatrice presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu, Susan Rice , hanno almeno ritardato, se non cercato di bloccare, la pubblicazione degli annessi, ufficialmente per permettere al Ruanda di venirne a conoscenza e presentare le sue osservazioni. Solo dopo grandi pressioni, il dipartimento di Stato Americano ne ha permesso la pubblicazione. Certamente, gli Stati Uniti avranno avuto i loro motivi. Verso la fine degli anni 1980 e l’inizio degli anni 1990, decisero di disfarsi di Joseph-Désiré Mobutu, allora presidente dello Zaire e di Juvénal Habyarimana, allora presidente del Ruanda, a favore di una nuova leadership africana: Joweri Museveni, ora presidente dell’Uganda e Paul Kagame, ora presidente del Ruanda.

Tutto questo aveva un obiettivo preciso: rimpiazzare la Francia per il controllo sull’Africa centrale, e potere, in tal modo, usufruire delle immense risorse naturali dell’allora Zaire!

Insieme all’Uganda, il Ruanda, è diventato la piattaforma locale e la porta per entrare nel Kivu (RDCongo). Qui l’accoglienza è assicurata da una nebulosa di militari dell’esercito, capi di gruppi armati, personalità politiche, funzionari dell’amministrazione e commercianti, tutti pronti a fare affari in qualsiasi modo, ricorrendo alla corruzione, al contrabbando, all’evasione fiscale, all’imposizione di tasse illegali, alla guerra per il controllo delle miniere. Anche in questi casi, i loro nomi, la loro localizzazione e le loro attività sono ben note dai diversi rapporti.

Si tratta di un sistema perverso che, creato e coordinato a livello internazionale, opera a livello locale, provocando violenza, miseria e desolazione. La popolazione congolese ne è la prima vittima, costretta a scegliere tra la morte e la fuga in foresta o verso i campi per sfollati.

Se la guerra all’Est della RDCongo non finisce mai è perché la sfrenata corsa ai minerali del Kivu ha garantito l’impunità degli autori di ignobili crimini, alleati e stretti collaboratori di coloro che hanno fatto grossi affari. Il profitto economico e la legge del libero mercato hanno vinto sulla giustizia, condannando il popolo congolese alla miseria, all’erranza e alla morte.

Per riportare la pace all’Est della RDCongo sarà necessario ristabilire il diritto e la giustizia.

Il Rapporto Mapping, pubblicato dalla Commissione dell’Onu per i diritti umani nell’ottobre 2010, sui crimini commessi nella RDCongo dal 1993 al 2003, aveva proposto la creazione di camere specializzate miste (con partecipazione temporanea di personale internazionale) in seno al sistema giudiziario congolese.

Il 13 giugno 2011, il Governo congolese aveva presentato al Parlamento un progetto di legge in tal senso.Il 22 agosto 2011, il Senato l’aveva bocciato e rimandato al Governo. Da allora non si sono più avuto notizie!

Constatando che la principale causa delle violenze e delle guerre subite dal popolo congolese, è di ordine economico e si fonda sullo sfruttamento illegale delle risorse minerarie, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) hanno emanato precise direttrici sulla “diligenza ragionevole” (processo attraverso cui le imprese stesse si assicurano di non importare minerali provenienti da zone di conflitto) e sulla “tracciabilità e certificazione di origine” dei minerali importati. Solo gli Stati Uniti, nel luglio 2010, hanno integrato tali direttive nel capitolo 1.502 della legge finanziaria Dodd Frank. Ma dopo due anni, la legge non è ancora entrata in vigore. In tutti gli altri Paesi, inclusi quelli appartenenti all’Unione Europea (UE), nulla, o quasi nulla, è stato previsto.

Si dovrà forse ritornare a pensare sulla possibilità di istituire un Tribunale Penale Internazionale per la RDCongo, una proposta che, pur giudicata la migliore, fu scartata dallo stesso Rapporto Mapping. Tale Tribunale dovrebbe essere incaricato di far luce sulle responsabilità e complicità, a livello nazionale, regionale e internazionale, che sono alla base del “genocidio dimenticato” (o volutamente nascosto) che da anni si sta perpetrando nella RDCongo. Esso dovrà applicare con rigore le misure e le sanzioni previste dal diritto internazionale, come mezzi deterrenti per rompere la spirale della violenza e della mafia che sta stroncando il popolo congolese.