Congo Attualità n. 508

INDICE

1. IL SENATO CONGOLESE REVOCA L’IMMUNITÀ PARLAMENTARE DI JOSEPH KABILA
a. La procedura
b. Di cosa è esattamente accusato Joseph Kabila?
2. JOSEPH KABILA HA MESSO FINE AI SUOI SEI ANNI DI SILENZIO
a. Un discorso rivolto al popolo congolese
b. Dopo il suo discorso, come si può interpretare la strategia di Joseph Kabila?
3. L’ARRIVO DI JOSEPH KABILA A GOMA, CITTÀ OCCUPATA DALL’AFC/M23
a. Una serie di consultazioni
b. La strategia di Kabila crea divisioni

1. IL SENATO CONGOLESE REVOCA L’IMMUNITÀ PARLAMENTARE DI JOSEPH KABILA

a. La procedura

Il 22 maggio, il Senato della Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha revocato l’immunità parlamentare di Joseph Kabila, ex Presidente della Repubblica e attualmente senatore a vita. Questo provvedimento permette di avviare una procedura legale nei suoi confronti presso la giustizia militare, che potrebbe accusarlo di essere complice del gruppo armato Movimento del 23 Marzo (M23). Joseph Kabila, 53 anni, ha governato il Paese per 18 anni, tra il 2001 e il 2019.
I senatori hanno votato a scrutinio segreto, con un risultato finale di 88 voti a favore e 5 contrari. Essi hanno seguito le raccomandazioni della una commissione speciale ad hoc, i cui 40 senatori membri si erano già tutti espressi a favore di questa misura.
Ad aprile, il Ministro della Giustizia Constant Mutamba si era rivolto al tribunale militare, affinché avviasse una procedura giudiziaria contro Joseph Kabila per la sua “partecipazione diretta” all’M23. Successivamente, il procuratore generale militare aveva inviato al Senato una richiesta di revoca dell’immunità parlamentare di Kabila. Il procuratore generale presso l’Alta corte militare accusa Kabila di partecipazione a un movimento insurrezionale, tradimento, partecipazione a crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Secondo vari esperti legali, la revoca dell’immunità di un ex Presidente della Repubblica avrebbe dovuto richiedere una maggioranza di due terzi del Parlamento riunito in Congresso (Senato e Assemblea Nazionale dei Deputati). Tuttavia, il Senato ha seguito il parere della commissione speciale ad hoc, che ha stimato che le accuse mosse contro Kabila non riguardavano la sua posizione di ex presidente della Repubblica, ma quella di senatore a vita.
La richiesta del governo congolese contro Joseph Kabila è stata inviata poco dopo che quest’ultimo avesse annunciato il suo imminente ritorno in patria dall’esilio. Ad aprile, Joseph Kabila aveva infatti annunciato il suo imminente ritorno nella RDC rientrando “dall’est del Paese”, senza però precisare se sarebbe passato attraverso una zona sotto controllo dell’M23. In seguito a questo annuncio, le autorità congolesi hanno effettuato delle perquisizioni in diverse proprietà dell’ex presidente e sospeso il suo partito, il PPRD.[1]

Secondo il rapporto della commissione speciale del Senato, incaricata di studiare la richiesta di autorizzazione di avvio di eventuali procedure giudiziarie contro Joseph Kabila, il pubblico ministero aveva iniziato le indagini contro Joseph Kabila ben prima delle istruzioni fornite dal Ministro della Giustizia. Il pubblico ministero sostiene di disporre già di un insieme di prove. Egli menziona il fatto che Joseph Kabila si fosse già recato non solo a Goma, ma anche in Paesi definiti come ostili e afferma di avere ulteriori prove relative a questi viaggi. Non fornisce dettagli su queste prove perché, afferma, ancora coperte dal segreto istruttorio. Accusa inoltre Joseph Kabila di aver fornito appoggio finanziario all’AFC/M23 e precisa che le indagini su questi flussi finanziari sono già in corso. Ma, anche in questo caso, le prove rimangono coperte dal segreto istruttorio. Oltre alla partecipazione a un movimento insurrezionale, il Pubblico Ministero afferma di essere in possesso di prove che dimostrano l’appoggio di Kabila a un piano di rovesciamento delle istituzioni costituzionali, in collusione con una potenza straniera, il Ruanda.[2]

b. Di cosa è esattamente accusato Joseph Kabila?

Perché le autorità congolesi sospettano Joseph Kabila di tradimento? Di cosa è esattamente accusato Joseph Kabila? Intervista a Ithiel Batumike, ricercatore senior presso l’Istituto congolese di ricerca su politica, governance e violenza / Ebuteli.

TV5MONDE: La procedura della richiesta di revoca dell’immunità parlamentare di Joseph Kabila è legale?
Ithiel Batumike: La procedura utilizzata è del tutto legale, poiché il Presidente Kabila è perseguito per atti commessi dopo aver lasciato la carica di Presidente della Repubblica. In questo caso, è un senatore e può solo beneficiare del suo statuto di senatore. Joseph Kabila potrebbe beneficiare delle tutele garantitegli dalla legge del 2018 sullo statuto di ex Presidente della Repubblica, qualora fosse perseguito per atti commessi nell’esercizio delle sue funzioni o per atti commessi al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni mentre era ancora  Presidente della Repubblica. Tuttavia, attualmente non è perseguito per atti commessi prima del 2019.
TV5MONDE: Perché Kabila è accusato di complicità con l’M23/AFC?
Ithiel Batumike: Già da tempo il Governo sospetta che Joseph Kabila sia in combutta con la ribellione dell’M23/AFC. Diversi mesi fa, il presidente Félix Tshisekedi aveva dichiarato che “l’AFC di Corneille Nanga è Joseph Kabila”. Già in quel periodo, il presidente Tshisekedi riteneva che Kabila avesse boicottato le elezioni del 2023, per potersi impegnare nella lotta armata. In seguito, sono arrivate altre accuse da parte di un membro dell’AFC, arrestato in Tanzania. Davanti all’intelligence militare, egli avrebbe testimoniato di aver sentito Joseph Kabila parlare con Corneille Nanga, incoraggiandolo a continuare la guerra, con lo scopo di rovesciare le istituzioni della Repubblica Democratica del Congo. Tuttavia, se le accuse di crimini di guerra e contro l’umanità e di tradimento della Patria mosse contro Joseph Kabila si basassero esclusivamente su queste confessioni, ciò rappresenterebbe un problema, poiché avrebbero potuto essere estorte sotto tortura. Pertanto, se la testimonianza di questo membro dell’AFC è l’unica prova a disposizione della giustizia, non si può essere certi che questa operazione giudiziaria non venga strumentalizzata politicamente.
TV5MONDE: Il partito di Kabila, il PPRD, è stato sospeso e le proprietà di Kabila sono state perquisite. Tutte queste operazioni sono legali?
Ithiel Batumike: Tutte queste operazioni, come la revoca dell’immunità di Kabila, le perquisizioni e la sospensione del suo partito, sembrano per ora conformi alla legge. Tuttavia, gli elementi a disposizione non sembrano sufficienti per giustificare tali operazioni. Per esempio, il Ministero dell’Interno si è affrettato a sospendere il partito di Joseph Kabila, il PPRD, benché questo partito non abbia mai dichiarato il suo appoggio alla ribellione, a differenza di altri partiti che hanno dichiarato apertamente il loro sostegno alla ribellione e non sono stati sospesi. Questo potrebbe dimostrare un atteggiamento di due persi e due misure, ciò che indurrebbe le persone a credere a una certa strumentalizzazione e manipolazione del sistema giudiziario.
TV5MONDE: Perché, secondo lei, se non ci sono ancora prove sufficienti a sostegno di tutte le accuse, le autorità, il governo e la giustizia congolesi stanno attaccando Kabila e il suo partito?
Ithiel Batumike: Si tratta anche di una lotta politica, di un modo per annientare un avversario politico che sta attualmente cercando di unire l’opposizione politica, in vista di una mobilitazione contro un’eventuale revisione costituzionale che permetterebbe un terzo mandato presidenziale, quando l’attuale testo ne permette un massimo di due. Allo stesso tempo, è un modo per dimostrare alle popolazioni vittime della guerra che “stiamo cercando di fare qualcosa per punire i vostri carnefici”. L’impunità è infatti una delle ragioni per cui questa guerra continua. Si ha l’impressione che ci siano persone che si ritengono al di sopra della legge, che possono svegliarsi al mattino e decidere di ricorrere alla lotta armata come mezzo per far prevalere i propri interessi. Proprio per questo, a un certo momento occorrerà che lo Stato si doti di tutti i mezzi necessari per fermare tutti coloro che prendono le armi per raggiungere obiettivi personali o di parte.[3]

Secondo altri osservatori, optando per questo voto, i senatori hanno violato la legge del 26 luglio 2017 sullo statuto giuridico degli ex presidenti eletti. L’articolo 7 stabilisce che “il presidente gode dell’immunità penale per atti commessi nell’esercizio delle sue funzioni”. L’articolo 8, che riguarda gli atti commessi al di fuori di tali funzioni, stabilisce che “le procedure penali contro ogni ex presidente della Repubblica eletto saranno sottoposte al voto, i cui risultati dovranno raggiungere una maggioranza dei due terzi dei membri di entrambe le Camere del Parlamento riuniti in Congresso”. Nel caso attuale dell’ex presidente Joseph Kabila, il Senato congolese non avrebbe quindi potuto occuparsi di questo dossier da solo.[4]

2. JOSEPH KABILA HA MESSO FINE AI SUOI SEI ANNI DI SILENZIO

a. Un discorso rivolto al popolo congolese

Il 23 maggio, l’ex presidente congolese Joseph Kabila è uscito da sei anni di silenzio, pronunciando un discorso duramente critico nei confronti del suo successore, Félix Tshisekedi, che egli accusa di aver “sperperato” l’eredità affidatagli dalla prima transizione pacifica nella storia della Repubblica Democratica del Congo (RDC).
In un suo discorso trasmesso su You-tube, l’ex capo dello Stato (2001-2019) ha denunciato “l’ubriacatura del potere”, il “collasso delle istituzioni”, la “violazione della Costituzione” e una “deriva dittatoriale” che, a suo dire, ha fatto precipitare il Paese in una crisi multiforme. “Il Congo è gravemente malato”, ha egli dichiarato. Kabila, che afferma di aver voluto facilitare “il funzionamento armonioso delle istituzioni” attraverso l’accordo di coalizione concluso nel 2019 con Félix Tshisekedi, ritiene che quell’accordo sia stato tradito da una serie di manovre politiche, tra cui il “colpo di Stato istituzionale” del dicembre 2020, la “nomina illegale” dei membri della Commissione Elettorale e la “farsa delle elezioni truccate” del 2023. Kabila ha criticato non solo la  magistratura, definendola “sottomessa” e “strumentalizzata per fini politici”, ma anche il Parlamento che, a suo dire, è diventato una “camera di registrazione della volontà di una singola persona”.
Sul fronte economico, l’ex presidente ha duramente criticato l’attuale governo per la sua “inerzia” di fronte al peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, lamentando la recrudescenza dell’inflazione, della corruzione e di un debito “superiore a dieci miliardi di dollari”. Ha inoltre denunciato “l’asfissia sociale”, l’esodo rurale e “l’angoscia esistenziale” dei giovani “abbandonati a se stessi”.
Sul piano della sicurezza, Joseph Kabila ha accusato il regime di aver “subappaltato la sicurezza a gruppi armati, milizie tribali e mercenari”, indebolendo l’esercito nazionale e favorendo una “regionalizzazione del conflitto”. “Trasformando le forze negative, tra cui le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) e centinaia di gruppi armati congolesi, in ausiliari delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo, il governo ha aperto la strada alla regionalizzazione del conflitto”, ha egli dichiarato.
In tale contesto, l’ex presidente congolese Joseph Kabila ha annunciato che si sarebbe recato “nei prossimi giorni” a Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu, denunciando nello stesso tempo, la reazione del governo a un suo annuncio precedente circa il suo ritorno in patria attraverso l’est del Paese: “Qualche giorno fa, in seguito a una semplice voce, circolata tra la popolazione e sui social network, sulla mia presunta presenza a Goma, dove mi recherò nei prossimi giorni come annunciato precedentemente in altra occasione, il regime al potere a Kinshasa ha preso delle decisioni arbitrarie con sconcertante negligenza, che testimoniano il spettacolare declino della democrazia”.
L’ex presidente propone un “patto civico” strutturato attorno alle seguenti dodici priorità:
– Porre fine alla dittatura, o meglio, alla tirannia;
– Fermare la guerra;
– Ripristinare l’autorità statale su tutto il territorio nazionale;
– Ristabilire la democrazia tornando ai fondamenti di un vero stato di diritto;
– Ripristinare le libertà fondamentali;
– Riconciliare il popolo congolese e ricostruire la coesione nazionale;
– Rilanciare lo sviluppo del Paese attraverso una buona governance economica, una gestione amministrativa e finanziaria ortodossa e un’equa distribuzione delle risorse nazionali;
– Rilanciare un dialogo sincero e costante con tutti i Paesi limitrofi, al fine di ristabilire la pace e uno sviluppo duraturo nella regione;
– Ripristinare la credibilità del Paese presso i partner regionali, continentali e internazionali;
– Neutralizzare tutti i gruppi armati nazionali e stranieri e rimpatriare questi ultimi verso i loro Paesi di origine;
– Porre definitivamente fine all’utilizzazione di mercenari;
– Ordinare il ritiro immediato di tutte le truppe straniere dal territorio nazionale.
L’ex capo dello Stato ha chiesto che si tenga conto delle iniziative di pace locali, in particolare quelle delle Chiese cattolica e protestante. Ha criticato la posizione del governo che, a suo dire, avrebbe accettato il dialogo con l’AFC/M23 a Doha, criminalizzando al contempo altre forme di dialogo tra Congolesi. Ha infine invitato tutti i Congolesi a un “sussulto patriottico” per “salvare il Congo”. Joseph Kabila ha concluso il suo discorso con un appello all’unità e al patriottismo, invitando tutti i Congolesi a unirsi per salvare il Paese, preservarne l’indipendenza e ristabilirne le istituzioni, il che permetterebbe di “far uscire il Paese dall’abisso in cui è caduto”. Egli ha ribadito il suo impegno, “ieri al potere e oggi fuori dal potere”, a lavorare per la pace, la stabilità e l’integrità della Repubblica Democratica del Congo. “Ognuno deve fare la sua parte. Io mi impegno a fare la mia”, ha egli concluso, senza fornire ulteriori dettagli. Con un atteggiamento altezzoso e al tempo stesso freddo, ha affermato di essere “un militare pronto al sacrificio supremo”, confermando il suo “impegno per la democrazia, la coesione nazionale, la pace e la stabilità del Paese”.[5]

Dopo il discorso dell’ex presidente Joseph Kabila, le reazioni sono state numerose.
Uno degli ex fedelissimi di Joseph Kabila e ora vice primo ministro e ministro della funzione pubblica nell’attuale governo, Jean-Pierre Lihau, ha qualificato il discorso di Joseph Kabila di “inettitudine” e di “grande barzelletta” dopo “18 anni di un lungo regno assoluto e sterile”.
Secondo il deputato Peter Kazadi, membro del partito presidenziale, Joseph Kabila è “complice del disordine attuale che egli ha pianificato per ritornare al potere come salvatore del Paese”. A proposito del discorso dell’ex presidente Kabila, egli ha fatto notare la mancanza di condanna del Ruanda e dell’AFC/M23.
Il ministro delle Finanze Doudou Fwamba ha ricordato i crimini e la cattiva amministrazione che hanno caratterizzato la presidenza di Joseph Kabila. Un modo per dire implicitamente che l’ex capo dello Stato non ha lezioni da dare all’attuale regime.
Da parte della società civile, Jean-Claude Katende, membro dell’ASADHO, colloca l’ex presidente Joseph Kabila e il suo successore sullo stesso livello: “Se il presidente Kabila non avesse manipolato le elezioni del 2018, non saremmo in questa situazione … Se il presidente Tshisekedi avesse gestito il Paese in modo responsabile e ortodosso, non saremmo in questa situazione”.[6]

Secondo Dorley Matumona, autorevole personalità del distretto di Funa a Kinshasa, il discorso di Kabila benché pronunciato in forma pacata, non è altro che la dichiarazione di una minaccia diretta alla nazione. Egli ritiene che quel discorso rappresenti un’implicita incitazione all’insurrezione. Egli fa notare che il regime di Kabila è figlio dell’AFDL (Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione del Congo), che, sostiene, è la radice di tutti i mali che affliggono il paese: “Nessuno può ignorare le violenze e le tirannie di quel sanguinoso regime durato 18 anni e caratterizzato da una lunga serie di crimini (umanitari, economici ed ecologici). Il regime di Kabila è figlio dell’AFDL, che è il fondamento stesso di tutti i mali che affliggono oggi la Repubblica Democratica del Congo. Tra quei mali si possono citare la confisca dell’economia nazionale a vantaggio di una sola famiglia, il saccheggio delle nostre ricchezze naturali, l’indebolimento e l’infiltrazione dell’esercito e dei servizi di sicurezza da parte di forze straniere e l’assenza delle libertà fondamentali.
Per quanto riguarda l’accordo FCC-CACH, considerato come una messa in comune delle forze, egli indica che si è trattato piuttosto di una coabitazione, imposta per neutralizzare le azioni del presidente Tshisekedi. “Presentare l’accordo FCC-CACH come messa in comune delle forze e come una forma di generosità istituzionale è un insulto alla memoria collettiva. Se l’obiettivo era davvero quello di facilitare la governance e di evitare una crisi, perché allora si è mantenuto un controllo paralizzante sulla sicurezza, sulla giustizia e sull’economia per quasi due anni?”. “Kabila è al comando e può disconnettere Tshisekedi in qualsiasi momento”, dicevano i suoi luogotenenti. Ciò che la gente costatava era che un presidente eletto aveva un potere esecutivo teorico e che un ex presidente controllava di fatto l’Assemblea Nazionale, i ministeri chiave, le finanze, l’esercito e la diplomazia. “Non si è trattato di una messa in comune delle forze, ma di una coabitazione imposta, creata per neutralizzare le azioni del Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi, senza evidentemente assumersene la responsabilità”, sottolinea il deputato di Funa, chiedendosi: “Perché Kabila, che ha promesso di didendere il Congo, nel suo discorso non ha pronunciato alcuna condanna contro il Ruanda o l’M23 e ha invece citato solo le FDLR?”.[7]

b. Dopo il suo discorso, come si può interpretare la strategia di Joseph Kabila?

Ripetendo la sua intenzione di recarsi a Goma “nei prossimi giorni”, Joseph Kabila invia un duplice messaggio: esprime il suo rifiuto di lasciarsi intimidire dalla minaccia di  procedure giudiziarie che incombono su di lui e, nello stesso tempo, ribadisce di non accettare di essere escluso dai negoziati in corso per porre fine al conflitto nell’est del Paese. I suoi riferimenti alle varie iniziative di mediazione lo attestano: Joseph Kabila afferma di accogliere “favorevolmente” il dialogo avviato tra l’AFC/M23 e le autorità congolesi a Doha. Ma è all’iniziativa di dialogo promossa dalla Chiesa Cattolica e dalla Chiesa di Cristo in Congo che egli dà il suo più chiaro appoggio. Le due Chiese (cattolica e protestante) stanno proponendo un dialogo intercongolese, finora respinto da Kinshasa. In altre parole, l’ex presidente Kabila si dice indignato, per il fatto che il suo successore, Félix Tshisekedi, ha accettato il dialogo con l’opposizione armata appoggiata dal Ruanda, ma non facilita quello non con l’opposizione politica interna, un’opposizione politica di cui probabilmente Joseph Kabila vorrebbe assumere la leadership. L’ex presidente non è affatto esplicito né chiaro riguardo alle sue intenzioni circa il futuro, il che lascia trapelare la minaccia di un eventuale colpo di Stato, soprattutto quando, “come militare”, afferma di essere ancora oggi pronto al “sacrificio supremo” per “difendere la patria”. In tal modo, Joseph Kabila ribadisce che, ai suoi occhi, il conflitto nell’est del Paese è “soprattutto una questione prettamente congolese”, come appare dal fatto che, nel suo discorso, si è astenuto dal citare il ruolo del Ruanda nel conflitto, insistendo invece sulla responsabilità di Kinshasa nel “deterioramento della situazione di insicurezza” che caratterizza il Paese.[8]

La parte più sorprendente della lunga diatriba anti-Tshisekedi pronunciata da Joseph Kabila nel suo discorso è stata la sua valutazione del suo mandato presidenziale durato 18 anni alla guida della RDC. I tratti principali: un paese “pacificato”, una costituzione “progressista”, istituzioni funzionanti “armoniosamente”, un’economia “dinamica”, un esercito “sempre più professionale”, una democrazia “in costante consolidamento”, Si tratta di un bilancio che solo dei Congolesi dalla memoria corta possono accettare. “Joseph Kabila ha descritto il suo mandato presidenziale come un’età dell’oro”, ha ironicamente commentato l’oppositore Diomi Ndongala. Su X egli scrive: “Che audacia! Tutti i fatti dicono esattamente il contrario. È lui che ha imprigionato più di 700 membri dell’opposizione politica, me compreso”. Nessuno infatti ha dimenticato gli anni di Kabila, segnati da corruzione, repressione, violazioni dei diritti umani, impunità. Ci si aspettava che l’ex presidente dicesse qualcosa di più sulla sua posizione nei confronti dell’M23 e di Corneille Nangaa. Su questo punto è rimasto silenzioso e molto vago. Ha solo detto: “Se io fossi complice dell’M23, la situazione sarebbe molto diversa da quella attuale”. Una cosa è però certa: il ritorno dell’ex presidente costituisce una nuova spina nel fianco di Félix Tshisekedi che, oltre al problema dell’insicurezza nell’Est del Paese, deve ora affrontare anche una nuova sfida politica.
Voler mettere Joseph Kabila fuori gioco sarebbe una buona strategia per Félix Tshisekedi? È molto improbabile. Revocandogli l’immunità parlamentare, Kinshasa sta ora trasformando Joseph Kabila in un ex presidente in esilio, che può presentarsi come vittima e rimettersi al centro della vita politica. Eventuali procedimenti giudiziari rischiano inoltre di radicalizzare la posizione di Joseph Kabila e di polarizzare ulteriormente la società congolese. Tutto ciò, in definitiva, rafforzerebbe un fronte anti-Tshisekedi, attualmente composto dai principali leader dell’opposizione: Martin Fayulu, Moïse Katumbi, Delly Sesanga e… Joseph Kabila. Un mix molto eterogeneo, certo, ma che giustificherebbe l’iniziativa della CENCO (Chiesa cattolica) e dell’ECC (Chiesa protestante) consistente  nell’organizzazione di un dialogo intercongolese per risolvere le questioni politiche interne. Finora, Félix Tshisekedi si rifiuta di farlo. Quanto al ruolo di Joseph Kabila, il mistero rimane intatto e completo. Nella conclusione del suo discorso, Joseph Kabila afferma che nella crisi congolese “ognuno deve fare la sua parte” e promette che lui farà la sua. La domanda è: quale? Quella dell’ex militare che “ha giurato di difendere la patria fino al sacrificio supremo” o quella dell’ex capo dello Stato che vuole “ristabilire la democrazia tornando ai fondamenti di un vero stato di diritto”? Chi è tornato? L’ex signore della guerra o il democratico che afferma di essere? Solo il tempo dirà quale ruolo Joseph Kabila sceglierà di svolgere.[9]

3. L’ARRIVO DI JOSEPH KABILA A GOMA, CITTÀ OCCUPATA DALL’AFC/M23

a. Una serie di consultazioni

Il 26 maggio, fonti del gruppo politico-militare AFC/M23 e dell’entourage di Joseph Kabila hanno annunciato l’arrivo, la sera del giorno precedente, dell’ex presidente Joseph Kabila a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Il 23 maggio, lui stesso aveva annunciato, senza fornire dettagli precisi, che vi si sarebbe recato ufficialmente. Emmanuel Ramazani Shadary, segretario permanente del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), il partito di Joseph Kabila, ha dichiarato che l’ex presidente è arrivato a Goma per incontrare personalità politiche e della società civile, con l’obiettivo di cercare di ristabilire la pace: “È qui per incontrare quelli che hanno deciso di prendere le armi. Darà il suo contributo parlando con loro, come hanno fatto i vescovi e molti altri”. Una fonte prossima al comitato organizzatore ha dichiarato che Joseph Kabila incontrerà diversi gruppi, tra cui politici, amministratori, agenti della sicurezza, il governatore, il sindaco di Goma, gruppi socio-culturali, leader religiosi, organizzazioni femminili, la Commissione Esecutiva Federale (FEC), capi tradizionali e leader comunitari, al fine di comprendere meglio la realtà sul campo. Dopo queste consultazioni, Joseph Kabila prevede di tenere una conferenza stampa a Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu.[10]

Il 26 maggio, Joseph Kabila ha visitato il centro di formazione ideologica M23/AFC a Rumangabo, nel territorio di Rutshuru, a nord della città.[11]

Il 27 maggio, Joseph Kabila ha ricevuto il coordinatore politico dell’AFC/M23, Corneille Nangaa, accompagnato dai suoi compagni del movimento AFC/M23, tra cui Bertrand Bisimwa.[12]

Il 29 maggio, presso la sua residenza a Kinyogote, a circa dieci chilometri dalle rive del Lago Kivu, a ovest di Goma, Joseph Kabila ha incontrato rappresentanti e leader di una decina di confessioni religiose di Goma e del Nord Kivu. Tra le confessioni religiose presenti all’incontro c’erano la Chiesa di Cristo in Congo (ECC – Protestanti), la Chiesa Ortodossa, la Comunità Islamica del Congo, l’Esercito della Salvezza, la Chiesa Kimbanguista, l’Associazione delle Chiese del Risveglio, l’Unione delle Chiese Indipendenti e la Chiesa del Risveglio in Congo. Non era presente il vescovo cattolico di Goma, monsignor Willy Ngumbi. “L’ex presidente ci ha detto di essere venuto per la pace e che la sua principale preoccupazione è il ritorno della pace nel Paese e il ripristino dell’integrità territoriale”, ha dichiarato il vescovo Joël Amurani, presidente della Piattaforma delle Confessioni Religiose del Nord Kivu. Egli ha aggiunto che l’ex capo dello Stato non ha fatto alcun riferimento alla questione della ribellione dell’AFC/M23 né ha citato il nome del suo successore.[13]

Il 30 maggio, l’ex capo dello Stato Joseph Kabila ha incontrato una trentina di autorità tradizionali per discutere con loro su questioni relative a insicurezza, coabitazione tra potere moderno e potere  tradizionale, ritorno delle popolazioni sfollate e sviluppo.[14]

Il 30 maggio, l’ex capo dello Stato Joseph Kabila ha ricevuto anche una delegazione delle donne del Nord Kivu. Durante l’incontro, le donne gli hanno comunicato la loro principale aspirazione: il ritorno della pace nella loro provincia, parte della quale è occupata dai ribelli dell’M23 da circa sei mesi. Le donne gli hanno espresso anche il loro desiderio di essere pienamente coinvolte in tutte le iniziative volte a ripristinare la pace in quella regione. Esse hanno presentato all’ex Presidente della Repubblica un quadro molto inquietante sulla situazione vissuta dalla popolazione nelle zone passate sotto il controllo dell’M23: uccisioni, arresti arbitrari, torture e una grave crisi economica causata dalla chiusura delle banche. Sottolineando l’urgenza di porre fine a questo conflitto, che sta paralizzando la vita delle famiglie e della società, la rappresentante delle donne, Liberata Rubumba Buratwa, membro della delegazione che ha incontrato Joseph Kabila, ha dichiarato: “Abbiamo detto all’ex Presidente Joseph Kabila che vogliamo la pace e ci opponiamo  alla balcanizzazione del Paese. Il Congo deve rimanere uno e indivisibile. È il nostro Paese. Infine, gli abbiamo chiesto di essere pienamente coinvolte in tutte le iniziative di pace, tra cui negoziati e dialoghi.[15]

Il 31 maggio, l’ex presidente Joseph Kabila ha incontrato i Direttori dell’Istruzione Superiore e delle Università e i responsabili delle strutture ospedaliere e sanitarie. Al centro delle discussioni un unico punto: crisi politica, situazione di insicurezza e proposte di soluzioni durature per porvi fine. Da parte sua, Joseph Kabila ha ribadito il suo impegno per la stabilità, la pace, la coesione nazionale e lo sviluppo economico. Ha nuovamente fatto appello all’unità e alla mobilitazione collettiva, per superare le sfide attuali e costruire un futuro prospero per il popolo congolese.[16]

Il 2 giugno, Joseph Kabila ha incontrato le associazioni giovanili di Goma. Egli ha loro ricordato i rischi di frammentazione del Paese e li ha invitati a “evitare di essere strumentalizzati” e a diventare “costruttori di una vera pace, basata sull’unità, la verità e la solidarietà”.[17]<

Il 3 giugno, l’ex presidente Joseph Kabila ha incontrato i rappresentanti delle diverse comunità etniche del Nord Kivu. Durante l’incontro, i delegati delle comunità etniche si sono concentrati su questioni di sicurezza, sviluppo locale, riconciliazione e giustizia sociale. Rispondendo loro, l’ex capo dello Stato ha ribadito il suo “impegno per salvaguardare la sovranità della RDC” e ha elogiato “l’impegno delle comunità a favore della stabilità e della ricostruzione del Nord Kivu”. L’obiettivo di queste consultazioni è stato quello di “ascoltare le preoccupazioni delle popolazioni locali, rafforzare il dialogo intercomunitario e individuare possibili soluzioni alla crisi multiforme” che il Paese sta attraversando.[18]

b. La strategia di Kabila crea divisioni

Dal suo arrivo a Goma il 25 maggio, Joseph Kabila ha tenuto numerosi incontri con leader religiosi, autorità tradizionali, associazioni femminili, direttori di istituti di istruzione superiore e di università, responsabili ospedalieri e sanitari, politici, funzionari amministrativi e agenti di sicurezza.
Tutti hanno dichiarato che l’ex presidente congolese si è detto impegnato per la pace, la stabilità, la coesione nazionale e lo sviluppo economico del Paese. Ma a Kinshasa, il governo non crede a queste affermazioni e si sta invece preparando a qualsiasi eventualità. Christian Lumu Lukusa, membro dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale, il partito del presidente Félix Tshisekedi, si dice convinto che Joseph Kabila è il principale leader della ribellione dell’AFC/M23: “È lui il creatore dell’AFC. È lui che finanzia l’AFC. L’AFC-M23 è una forza terroristica”. Alcuni analisti ritengono che la presenza di Joseph Kabila a Goma e le consultazioni che vi sta conducendo rappresentino un grande pericolo per il governo congolese e il presidente Félix Tshisekedi. All’interno del campo governativo congolese si levano sempre più voci che denunciano e condannano la presenza di Kabila in una zona sotto controllo dell’AFC-M23 da quasi tre anni.[19]

Il ritorno dell’ex presidente a Goma ha riacceso le divisioni sul suo ruolo e le sue ambizioni.
Dal suo arrivo a Goma, l’ex presidente congolese ha intensificato le consultazioni con la società civile. confessioni religiose, capi tradizionali, leader accademici e associazioni femminili. Secondo Onesphore Sematumba, esperto di International Crisis Group, «apparendo in pubblico e tenendo numerosi incontri, Kabila sta inviando un messaggio chiaro: sono qui». Secondo altri osservatori, si tratta di un esercizio di comunicazione volto a smentire le persistenti voci sul suo isolamento nella vita politica del Paese. La presenza di Joseph Kabila nell’est della RDC ha creato un clima esplosivo. Ogni suo incontro viene esaminato attentamente, analizzato e talvolta interpretato come un atto di sfida o di calcolo politico.
La presenza di Joseph Kabila in una regione controllata dai ribelli dell’AFC/M23 continua a suscitare reazioni. Ex presidente rimasto a lungo in silenzio, Kabila suscita perplessità, preoccupazioni e divisioni. Per alcuni, la sua presenza nell’Est fa parte di un’iniziativa civica per trovare soluzioni alla crisi. Per altri, sembra più una manovra politica, i cui contorni sono ancora poco chiari.
Moïse Nyarugabo, storico compagno politico di Joseph Kabila e presente al suo fianco durante queste consultazioni, ha voluto chiarire il significato di questa iniziativa. «Non si tratta semplicemente di una visita di cortesia o di un gesto simbolico», ha egli dichiarato, aggiungendo: «Nel suo discorso alla nazione, Joseph Kabila aveva chiaramente affermato di voler ritornare per contribuire alla ricerca di una soluzione alla crisi attuale, impegnandosi a collaborare a favore della pace». Egli ha poi spiegato il metodo adottato: «la priorità è ascoltare, per poter ricevere informazioni dirette sulla situazione da chi vive la realtà della crisi. Prima di proporre qualsiasi contributo, è necessario avere una chiara comprensione della situazione, a partire da ciò che la popolazione e le autorità possono dire». Secondo l’entourage di Joseph Kabila, le consultazioni in corso non sono che un primo passo. In definitiva, esse dovrebbero portare all’elaborazione di una tabella di marcia basata sulle aspettative raccolte dalle comunità locali. Questo documento, ancora in fase di elaborazione, dovrebbe definire delle azioni prioritarie e proporre un calendario per la loro attuazione.
Tra le fila dell’opposizione, la risposta è stata immediata. Martin Fayulu ha denunciato quella che considera una pericolosa legittimazione implicita del movimento ribelle. «Joseph Kabila deve lasciare la città di Goma. Nessuna strategia può giustificare la collaborazione con quelli che stanno facendo a pezzi il nostro Paese», ha egli insistito, chiedendo chiarimenti privi di ambiguità.
All’interno del partito presidenziale, l’UDPS, la linea è altrettanto chiara. Augustin Kabuya, il segretario generale ad interim, ha duramente criticato l’iniziativa, che ha visto come un tentativo inequivocabile di ritornare sulla scena politica nazionale. «Joseph Kabila è un uomo del passato; non ha più lezioni da insegnare», ha egli affermato, respingendo qualsiasi idea di ritorno di Kabila alla vita politica del Paese.
Di fronte a questa crescente polemica, sorge spontanea una domanda: cosa farà Joseph Kabila dopo le informazioni raccolte e le critiche ascoltate? «Questa è la domanda centrale: trarrà delle  conclusioni? Farà una sintesi per chiarire le sue intenzioni e le sue future azioni?», si chiede un analista dell’International Crisis Group. Anche molti altri osservatori si aspettano che Joseph Kabila prenda una sua posizione precisa sulla questione dell’AFC/M23 e specifichi la durata e gli obiettivi concreti, della sua permanenza a Goma.
Sullo sfondo, questa sequenza mette in evidenza le persistenti fratture all’interno della classe politica congolese. Mentre alcuni accolgono con favore un’iniziativa patriottica a favore della pace, altri la vedono come un tentativo di riposizionamento, in vista delle prossime elezioni. Il governo, da parte sua, ha adottato un cauto silenzio, mentre diverse voci temono che, in assenza di chiarimenti, questa presenza di Kabila a Goma possa contribuire a imbrogliare le piste o, addirittura, a legittimare di fatto la ribellione dell’AFC-M23.[20]

Con un lungo discorso in cui ha promesso di “porre fine alla dittatura” e con la sua presenza a Goma per incontrare i rappresentanti dell’AFC-M23, Joseph Kabila ha chiaramente dimostrato di aver scelto da che parte stare, quella dell’opposizione diretta al presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi e si è così rimesso al centro della crisi congolese. Se l’ex presidente giustifica la sua visita a Goma, occupata dalla ribellione, per portare la pace, è proprio sulla scena politica interna che egli intende affermarsi. Secondo Joseph Kabila, la pace richiede un cambio di governo alla guida del Paese e si fa promotore di un dialogo intercongolese, in linea con quanto proposto dalle Chiese cattolica e protestante (CENCO e ECC). L’ex capo dello Stato ha scelto di presentarsi al fianco dei ribelli dell’AFC-M23, mentre le prospettive di un accordo di pace sono ancora incerte. I negoziati di Doha (Qatar) e di Washington (Stati Uniti) stanno infatti procedendo molto lentamente. Il regime ruandese finge di apparire come un bravo studente e l’AFC-M23 ritiene ormai di non avere alcun motivo per ritirarsi dai territori occupati.
Stabilitosi a Goma, Joseph Kabila attende di vedere come evolveranno le varie iniziative di pace, per poi “fare la sua parte” in un eventuale dialogo inclusivo con Kinshasa. Nel frattempo, a Goma, egli ha consultato vari gruppi sociali. Da parte sua, il campo presidenziale ha immediatamente intuito il rischio che Joseph Kabila riporti il conflitto con l’ADF-M23 sulla scena interna. Le autorità congolesi hanno rapidamente adottato una serie di misure per mettere fuori gioco Joseph Kabila e i suoi più stretti collaboratori. La sua immunità parlamentare è stata revocata, il che ha aperto la strada ad un’eventuale procedura giudiziaria contro di lui. Il suo partito, il PPRD, è stato sospeso, i dirigenti di questo partito sono stati convocati dalla giustizia, alti ufficiali dell’esercito sospettati di essere filo-Kabilisti sono stati incarcerati e ai media è stato interdetto di pubblicare informazioni su dichiarazioni e attività dell’ex capo dello Stato e di membri influenti del suo partito politico.[21]

[1] Cf AFP – TV5monde.com, 22.05.’25
[2] Cf RFI, 27.05.’25
[3] Cf Philippe Randrianarimanana – TV5.com, 23.05.’25
[4] Cf Hubert Leclercq – Lalibre.be / Afrique, 23.05.’25
[5] Cf Actualité.cd, 23.05.’25
[6] Cf Pascal Mulegwa – RFI, 24.05.’25; Clément Muamba – Actualité.cd, 26.05.’25
[7] Cf Prince Mayiro – 7sur7.cd, 26.05.’25
[8] Cf RFI, 25.05.’25
[9] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 25.05.’25   http://afrikarabia.com/wordpress/rdc-joseph-kabila-pret-a-jouer-sa-partition
[10] Cf RFI, 26.05.’25 ; Clément Muamba – Actualité.cd, 27.05.’25
[11] Cf Alphonse Muderwa – 7sur7.cd, 27.05.’25
[12] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 27.05,’25
[13] Cf Yvonne Kapinga – Actualité.cd, 29.05.’25
[14] Cf Yvonne Kapinga et Samyr Lukombo – Actualité.cd, 30.05.’25
[15] Cf Radio Okapi, 01.06.’25
[16] Cf Alphonse Muderwa – 7sur7.cd, 31.05.’25
[17] Cf Actualité.cd, 03.06.’25
[18] Cf Actualité.cd, 03.06.’25
[19] Cf Jean-Noël Ba-Mweze – Deutsche Welle, 02.06.’25
[20] Cf Le Point / MCP , via mediacongo.net, 05.06,’25  https://www.mediacongo.net/article-actualite-151449_les_consultations_tous_azimuts_de_joseph_kabila_divisent.html
[21] Christophe Rigaud – Afrikarabia,com, 09.06.’25   https://afrikarabia.com/wordpress/rdc-comment-joseph-kabila-bouscule-la-scene-politique-congolaise/