ESTRAZIONE ABUSIVA E COMMERCIO ILLEGALE DEL COLTAN NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
Rapporto di ENACT, un progetto finanziato dall’UE per la lotta contro il crimine organizzato transnazionale in Africa – maggio 2022.[1]
INDICE
INTRODUZIONE
1. CRIMINALITÀ ORGANIZZATA NELLA FILIERA DEL COLTAN
a. Estrazione illegale b. Contraffazione c. Contrabbando d. Complicità e. Società fittizie
2. PROTAGONISTI
a. Agenti dello Stato b. Agenti di sicurezza c. Gruppi armati d. Società minerarie locali ed estere
e. Gruppi vulnerabili
3. TRACCIABILITÀ E CERTIFICAZIONE
4. ESTRAZIONE ABUSIVA E COMMERCIO ILLEGALE DEL COLTAN
a. Frontiere colabrodo b. Regime fiscale transfrontaliero c. Tracciabilità e certificazione dei minerali
5. VULNERABILITÀ DELLE PERSONE E DELL’AMBIENTE
a. Danni ambientali b. Danni economici c. Danni sociali
6. RACCOMANDAZIONI a. Governo nazionale b. Società civile c. Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi d. Società minerarie
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INTRODUZIONE
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è ampiamente riconosciuta come il paese più ricco di risorse naturali al mondo: si stima che i suoi giacimenti di minerali grezzi abbiano un valore superiore a 24mila miliardi di dollari. Il Paese è tuttavia l’epicentro di una instabilità cronica che colpisce la Regione dei Grandi Laghi Africani e che alimenta quella che viene spesso descritta come un’economia di guerra transnazionale.
In questo contesto, personalità politiche e militari avide di ricchezza, capi di gruppi armati e dirigenti di multinazionali collaborano insieme, alimentando il commercio illegale dei minerali.
Per salvaguardare i loro interessi comuni, questi attori hanno fomentato un’economia di guerra. La persistente instabilità ha ridotto la capacità dello Stato di far rispettare l’ordine pubblico. I gruppi armati (nazionali e stranieri) hanno occupato e controllano vasti territori, gran parte dei quali rimangono inaccessibili alle autorità statali del paese.
La maggior parte di queste zone occupate dai gruppi armati sono ricche di minerali strategici, tra cui il “coltan”, un’abbreviazione di “columbo-tantalite”, un minerale ampiamente utilizzato nell’industria delle nuove tecnologie, in particolare nell’elettronica.
I capi dei diversi gruppi armati accedono alle miniere di coltan usando la violenza. Controllano l’attività di estrazione del minerale, poi lo vendono sul mercato ufficiale, corrompendo i funzionari dello Stato e evadendo il sistema fiscale.
La lotta per il controllo delle miniere di coltan gioca un ruolo chiave nel conflitto che è attualmente in corso nell’est della RDCe che ha provocato la morte di oltre quattro milioni di persone solo negli ultimi dieci anni.
Nel lucroso commercio del coltan sono implicati, tra altri, i capi dei vari gruppi armati e vari ufficiali dell’esercito congolese. Essi sottopongono i minatori e i trasportatori a una serie di tasse illegali per poi potere accedere alle miniere, ciò che rende il controllo di questi siti e dei territori vicini ultra competitivo e carico di violenza.
Secondo alcune stime, circa l’80% delle riserve mondiali di coltan si trovano nella RDC, che nel 2019 ha fornito il 40% della produzione mondiale.
Secondo le statistiche ufficiali, i due principali paesi produttori di tantalio nel mondo dal 2015 al 2020 sono la RDC e il Ruanda.
I paesi industrializzati come gli Stati Uniti, la Cina, la Corea del Sud e il Giappone sono i maggiori consumatori di coltan al mondo. Questo minerale viene utilizzato dalle grandi multinazionali dell’informatica, come Apple, Samsung, Sony e altri produttori di dispositivi elettronici.
La maggior parte del coltan congolese viene estratto manualmente, in modo artigianale. Successivamente, degli intermediari si occupano del suo trasporto, effettuano un’eventuale primissima trasformazione e negoziano il prezzo di vendita. Il percorso normale del coltan comprende tre fasi: la miniera, il centro commerciale di raccolta e il centro di esportazione. I commercianti, spesso associati a contrabbandieri, capi di gruppi armati, ufficiali militati e personalità politiche, prefinanziano le operazioni di estrazione, fornendo cibo, strumenti e altri beni essenziali ai minatori, in cambio di una quota della produzione e/o di un diritto prioritario di acquisto di coltan.
La maggior parte dei centri esportazione dispone di licenze ufficiali, ma spesso questo non è il caso dei centri commerciali di raccolta, soprattutto di quelli che acquistano i minerali direttamente presso la miniera stessa. Alcuni centri di esportazione sono associati alle proprie fonderie, altri esportano i minerali non trasformati verso fonderie internazionali. Per ridurre il carico fiscale, spesso essi dichiarano volumi di esportazione inferiori, con la complicità di alcuni funzionari doganali, mentre altri ricorrono alla pratica del contrabbando.
Un’inchiesta delle Nazioni Unite ha rivelato che molti centri di esportazione sono consapevoli di star acquistando coltan proveniente da zone controllate da gruppi armati, ma sfruttano la loro differenza rispetto ai commercianti per affermare di non conoscere l’origine del minerale. Le compagnie internazionali trasportano quindi il minerale direttamente nel paese di destinazione o lo esportano verso fonderie straniere, attraverso l’Uganda e il Ruanda.
1. CRIMINALITÀ ORGANIZZATA NELLA FILIERA DEL COLTAN
È possibile citare sette elementi costitutivi della criminalità organizzata transnazionale presenti nella catena di approvvigionamento del coltan tra la RDC e i diversi Paesi di destinazione in Africa, Nord America, Asia ed Europa. Tra questi elementi si possono ricordare l’estrazione illegale, la contraffazione, il ricorso a società di copertura, la complicità di Congolesi locali e il contrabbando, I due elementi che incidono maggiormente nell’ambito della criminalità organizzata sono l’estrazione illegale e il contrabbando.
a. Estrazione illegale
Secondo le stime, il 90% dei minerali prodotti nella RDC sono estratti da minatori artigianali, la stragrande maggioranza dei quali opera senza alcuna autorizzazione. Negli ultimi anni, il 60% della produzione mondiale proviene dall’estrazione artigianale.
Il Codice Minerario congolese permette ai minatori artigianali di ottenere delle licenze minerarie dal governo e di organizzarsi in cooperative, ciò che consente loro di lavorare in Zone di estrazione artigianale (ZEA). Un attivista della società civile di Goma (provincia del Nord Kivu) ha affermato che la maggior parte dei minatori artigianali di coltan lavorano in siti minerari dove l’autorità dello Stato non riesce né ad esercitare alcuna forma di controllo, né a imporre una qualsiasi regolamentazione mineraria, Ne consegue che è molto difficile, se non impossibile, determinare la quantità di coltan estratta dai minatori artigianali.
Per regolamentarne la produzione, nel 2003 il governo congolese ha istituito il Servizio di Assistenza e supervisione delle miniere artigianali e di piccole dimensioni (SAEMAPE). La missione di questo servizio sarebbe quella di ufficializzare l’attività mineraria artigianale attraverso una duplice strategia: regolamentarne / monitorarne le operazioni e sostenerne la professionalità.
In generale, la sua missione principale è quella di offrire alle cooperative dei minatori artigianali un supporto formativo, garantire loro un’assistenza tecnica e finanziaria e creare un fondo di credito a loro favore. Inoltre, il SAEMAPE deve monitorare anche le attività dei minatori artigianali lungo tutta la filiera del coltan, dall’estrazione fino al centro di esportazione passando attraverso il punto vendita.
Il SAEMAPE ha fallito almeno in tre dei suoi obiettivi.
Innanzitutto, dato che l’agenzia si focalizza sul rispetto del pagamento delle tasse imposte dallo Stato, ciò instaura una cultura che massimizza la rendita, alimenta la corruzione e spinge i suoi funzionari ad angariare costantemente i minatori finché non abbiano effettuato i loro pagamenti.
In secondo luogo, spesso i suoi agenti non vengono pagati e si recano nelle miniere in modo incostante. Di conseguenza, il SAEMAPE non può adempiere correttamente la sua missione di assistenza, di monitoraggio e registrazione delle statistiche e di regolamentazione del settore minerario.
Infine, l’incapacità dello Stato ad accedere e monitorare l’insieme delle miniere di coltan fa sì che molti minatori artigianali occupino illegalmente dei siti situati in zone lontane e di difficile accesso. Ne consegue che, spesso, il coltan estratto in queste miniere dell’interno non viene né dichiarato, né certificato, né tracciato. Malgrado ciò, viene venduto nell’ambito dell’economia sommersa ed entra nella catena di approvvigionamento mondiale illegalmente come prodotto contraffatto. Inoltre, in questo contesto, i profitti del fondo minerario artigianale rischiano di finanziare le attività dei gruppi armati che operano nell’est della RDC e che esportano di contrabbando i minerali in Ruanda.
b. Contraffazione
Il Codice minerario congolese del 2017 vieta l’estrazione artigianale nelle zone in cui operano le società minerarie del coltan. Tuttavia, invece di installare i macchinari propri dell’attività mineraria industriale per lavare le pietre di coltan estratto e separare la columbite dal tantalio, alcune società minerarie assumono dei minatori artigianali, che estraggono il coltan e lo vendono a queste stesse società o ad altri intermediari. Anche quando queste società minerarie munite di licenze installano i macchinari necessari, continuano ad acquistare del coltan dai minatori artigianali.
Questa pratica danneggia la catena di approvvigionamento legittima, poiché il coltan estratto in siti non autorizzati (principalmente di notte) arriva in siti autorizzati e viene illegalmente presentato al SAEMAPE per la sua certificazione.
L’International Tin Association (ITA), con sede a Londra, e l’organizzazione internazionale per lo sviluppo PACT sono i responsabili del programma Tin Supply Chain Initiative (iTSCi) relativo alle catene di approvvigionamento responsabile dei minerali che contengono dello stagno. L’obiettivo di questo programma è di garantire che ogni sacco di coltan sia tracciabile sin dalla sua miniera di origine, affinché il coltan estratto e commercializzato illegalmente non possa essere introdotto nella catena di approvvigionamento mondiale. I dipendenti dell’iTSCi sono formati per individuare la presenza di minori e di gruppi armati nelle miniere e per determinare se sono coinvolti nell’estrazione e nel commercio del coltan. A tal fine visitano regolarmente i siti operativi. Se una miniera è considerata sicura e priva di conflitti, gli agenti locali del SAEMAPE procedono all’etichettatura dei sacchi di coltan.
Tuttavia, anche a questo livello, alcuni riescono a raggirare ancora le norme. Agenti senza scrupoli vendono le etichette sul mercato nero. Esse verranno poi trovate su sacchi di coltan provenienti da miniere colpite da conflitto situate in zone lontane, isolate, difficili da raggiungere a causa della mancanza di infrastrutture stradali e, quindi, non controllate dagli organismi competenti. Per questo motivo, e per l’inadeguatezza dei sistemi ufficiali di tracciabilità sopra citati, il coltan può essere oggetto di contraffazione. Pertanto, i consumatori e gli utenti finali non possono essere sicuri dell’origine degli elementi a base di tantalio presenti nei loro dispositivi elettronici.
c. Contrabbando
Il contrabbando del coltan rappresenta una costante sfida per il settore minerario congolese, con i suoi molteplici attori e le sue reti sotterranee che vanno dai minatori che lavorano nelle miniere fino ai produttori di apparecchi elettronici. Diverse sono le cause che determinano l’aumento del contrabbando del coltan e di altri minerali: vaste zone di territorio in cui lo Stato non riesce ad esercitare la sua autorità, la presenza di gruppi armati che si finanziano mediante l’estrazione e il commercio del coltan, l’inefficacia dei programmi di tracciabilità e di certificazione dei minerali e la porosità delle frontiere.
I contrabbandieri del coltan ricorrono a vari espedienti per far passare i minerali oltre confine.
A volte, agli agenti doganali dei posti di frontiera essi presentano documenti di tracciabilità e di certificazione falsificati. Altre volte nascondono i minerali nei serbatoi di carburante delle motociclette o all’interno dei copertoni delle ruote delle auto. Altre volte ancora li nascondono sotto le merci trasportate su camion. Spesso il coltan viene introdotto in Ruanda su imbarcazioni che, di notte, attraversano il lago Kivu o il fiume Ruzizi che marcano la frontiera tra la RDC e il Ruanda. La polizia di frontiera è spesso complice di queste operazioni di contrabbando, favorendole in cambio di tangenti.
Negli ultimi otto anni sono stati segnalati, tra altri, i seguenti incidenti:
– Tra gennaio e dicembre 2013, le forze dell’ordine hanno intercettato 965,3 kg di coltan di contrabbando.
– Cinque casi di traffico illegale sono stati segnalati a Kahendwa tra febbraio e settembre 2013.
– Nel 2013, 6.400 kg di coltan contrabbandato sono arrivati a Uvira via Misisi.
– Nel 2015, l’ufficio provinciale della Commissione nazionale per la lotta contro il contrabbando minerario ha riferito che 60 tonnellate di stagno, tungsteno e coltan di contrabbando erano state intercettate a Bukavu (Sud Kivu).
– Nel 2019, a causa di furti e traffici illeciti, la Bisunzu Mining Company (SMB), una società mineraria di coltan con sede a Rubaya (Nord Kivu), ha perso circa 50 tonnellate di coltan al mese.
– Nel mese di febbraio 2020, le autorità ruandesi hanno sequestrato 155 kg di coltan congolese, presumibilmente arrivato di contrabbando.
Il Ruanda, l’Uganda e il Burundi traggono enormi benefici dal commercio minerario congolese, ciò che costituisce una delle principali fonti di reddito nazionale per i tre paesi. Il coltan congolese viene esportato tramite reti commerciali ufficiali che passano attraverso questi paesi. Tuttavia, gran parte di esso è oggetto di contrabbando transfrontaliero. I commercianti non dichiarano l’origine del coltan oggetto di contrabbando e gli agenti doganali non impongono le tasse, come invece dovrebbero fare. I carichi del coltan contrabbandato seguono le stesse rotte commerciali delle altre merci e entrano nel circuito normale del commercio transfrontaliero. I posti di frontiera più utilizzati per il contrabbando minerario sono quelli di Uvira-Bujumbura, Bukavu-Cyangugu e Goma -Gisenyi.
I minerali esportati illegalmente dalla RDC verso i paesi vicini, anch’essi produttori degli stessi minerali, anche se in forma minore influiscono sulle esportazioni di questi Paesi perché, talvolta, le quantità esportate superano quelle prodotte localmente. Appare che il Ruanda sia diventato il paese di transito preferito del coltan oggetto di contrabbando. Ciò è dovuto al divario del regime fiscale e dei prezzi a livello transfrontaliero.
Nel 2013 il Ruanda ha esportato 2.466.025 kg di coltan, ovvero il 28% della quantità prodotta a livello mondiale. Nel 2014, il Ruanda era il maggiore esportatore mondiale di questo minerale.
Nel 2015, il Ruanda ha guadagnato 66.200.323 dollari per 1.652 tonnellate esportate e nel 2016 39,7 milioni di dollari per 1.270 tonnellate. Il Paese ha guadagnato 71 milioni di dollari nel 2018 e 44 milioni di dollari nel 2019. Secondo gli osservatori della società civile della provincia del Kivu, queste cifre dimostrano l’implicazione del Ruanda nel traffico illegale dei minerali perché, in realtà, le quantità di coltan prodotte localmente sono inferiori a quelle dichiarate all’esportazione.
d. Complicità
Gli atti di complicità e di corruzione che si constatano nell’attività di estrazione e nel commercio del coltan sono commessi da agenti statali. Anche nelle miniere dove sono state messe in atto delle iniziative di approvvigionamento responsabile, funzionari del SAEMAPE esigono “tangenti” per etichettare i sacchi pieni di minerali; membri delle forze di sicurezza (esercito e polizia) e capi tradizionali delle comunità locali impongono tasse illegali, erigendo blocchi stradali irregolari e senza emettere ricevute. Altri complici appartengono alla polizia mineraria, all’unità antifrode e all’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR). Secondo alcuni rapporti, la polizia mineraria di Rubaya, ad esempio, chiederebbe “piccole somme” ai minatori artigianali della concessione SMB, permettendo loro di lavorare di notte, perché la miniera è ufficialmente chiusa. Si noti che i capi tradizionali sono considerati come i guardiani della moralità e i protettori dell’identità culturale delle loro comunità locali e che l’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR) è stata creata per garantire la sorveglianza della sicurezza interna ed esterna.
e. Società fittizie
Un’altra dimensione della criminalità organizzata all’interno della catena di approvvigionamento del coltan è l’utilizzo di società di copertura, per celare operazioni estrattive e commerciali clandestine.
Si tratta di una strategia adottata da molti investitori stranieri, personalità politiche e ufficiali militari congolesi, che approfittano di certe disposizioni del Codice Minerario del 2002, modificato dalla Legge n. 18-001 del 9 marzo 2018. Esso afferma il principio relativo alla priorità di mano d’opera di origine locale, ciò che conferisce alcuni vantaggi ai cittadini congolesi che svolgono attività commerciali nel settore minerario. Esso favorisce inoltre la presenza di imprese autoctone anche nella fase della prima trasformazione dei minerali.
L’utilizzo di società prestanome si concretizza principalmente in due modi: la collaborazione tra congolesi e stranieri (in particolare cinesi) da un lato e la collaborazione tra gli agenti delle forze di sicurezza e i membri della comunità locale dall’altro.
Attraverso società fittizie, investitori stranieri e ufficiali militari collaborano con la popolazione locale per effettuare operazioni commerciali clandestine all’interno della catena d’approvvigionamento del coltan. Per esempio, le società minerarie fittizie assumono manodopera locale, ciò che permette loro di ottenere beni e servizi locali. Certi comandanti dell’esercito nominano un delegato (un civile che non ha alcuna relazione dichiarata con loro) per gestire segretamente i loro interessi nei siti minerari da essi controllati. È ciò che sta accadendo sui siti di Mutiku e Walikale, controllati dell’85ª Brigata non integrata delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC).
Molti funzionari dello Stato e ufficiali delle forze armate svolgono attività commerciali e minerarie e investono in esse. Essi riproducono le operazioni legali delle società private o collaborano con esse, offrendo mezzi di produzione e di trasporto e, nel caso di militari, un certo grado di protezione. Questi ufficiali militari e agenti amministrativi spesso costringono o convincono i minatori a lavorare per loro. A volte agiscono come piccoli commercianti (intermediari su piccola scala), fornendo strumenti di lavoro e altri prodotti essenziali, in cambio della maggior parte del coltan prodotto.
2. PROTAGONISTI
Oltre ai minatori che rischiano la vita per estrarre i minerali e alle società di copertura create per riciclare alcune operazioni estrattive e commerciali clandestine, si possono citare altre cinque categorie di attori implicati nella catena di approvvigionamento del coltan o in altre attività illegali parallele: agenti dello Stato, agenti dei servizi di sicurezza, gruppi armati, società minerarie straniere e locali e gruppi vulnerabili.
a. Agenti dello Stato
Diversi servizi statali svolgono funzioni importanti all’interno della catena di approvvigionamento del coltan. Si tratta del Ministero delle Miniere, della Cellula di Coordinamento Tecnico e di Pianificazione Mineraria, del Servizio di Assistenza e Vigilanza per l’attività mineraria artigianale e su piccola scala (SAEMAPE), del CEEC, del Catasto Minerario e della Commissione di Certificazione.
Dei funzionari corrotti membri di queste agenzie agiscono in complicità con altri attori all’interno della catena di approvvigionamento del coltan, per facilitare o rendere possibile l’estrazione e il commercio illegale dei minerali, in cambio di mazzette. Altri dirottano i proventi dei minerali esportati sui propri conti bancari.
Secondo la legge mineraria congolese, i trafficanti devono essere arrestati, i loro beni venduti e i relativi ricavi depositate su un conto bancario intestato al Ministero delle Finanze. Nonostante queste disposizioni, in diverse occasioni i pubblici ministeri di Nyunzu e di Kalemie non solo non hanno arrestato i trafficanti, ma hanno confiscato i sacchi di coltan e li hanno venduti a dei centri di esportazione, che “li hanno etichettati e imballati, in conformità con il sistema iTSCi di certificazione mineraria”, trattenendone per sé i profitti.
Nei siti minerari, spesso sono presenti organismi statali e non statali non autorizzati. Tra essi, ci sono dei membri dei servizi di sicurezza e autorità militari e doganali che impongono tasse illegali ai minatori e ai commercianti sulla produzione e la commercializzazione del coltan.
b. Agenti di sicurezza
Nell’est della RDC, l’attività mineraria artigianale è notevolmente cresciuta a partire dagli anni 1970. Oggi, il volume e il valore della produzione artigianale superano quelli della produzione industriale. Tuttavia, l’estrazione artigianale rimane un settore prevalentemente informale. Tra i tanti minatori artigianali e commercianti di minerali, pochissimi sono quelli registrati regolarmente presso gli organismi statali responsabili della gestione del settore minerario. Inoltre, questi ultimi non riescono a gestire il settore minerario artigianale per diverse cause, tra cui la corruzione, la vastità del territorio e la mancanza di mezzi, di personale e di conoscenze tecniche.
Il governo centrale non riesce a imporre in modo sufficiente la sua autorità nelle zone remote dell’interno e ciò permette ai gruppi armati di controllare l’attività estrattiva dei minerali e la loro commercializzazione, traendone ingenti benefici. Inoltre, l’informalità dell’attività mineraria artigianale fa sì che il governo non è sia in grado di esercitare la propria autorità sui minatori artigianali. Questa situazione impedisce allo Stato la possibilità di risolvere in modo soddisfacente il problema dei minerali provenienti dalle zone di conflitto e gestiti dalla criminalità organizzata, fenomeni molto diffusi nell’est della RDC.
Il fatto che le attività di estrazione e di commercio del coltan siano principalmente di tipo informale e spesso illegale fa sì che vi partecipino anche degli agenti di sicurezza dello Stato. Molti militari e agenti di polizia sono spesso presenti nelle zone minerarie senza alcuna autorizzazione e, quindi, illegalmente, commettendo angherie e soprusi nei confronti dei minatori e dei commercianti che non hanno altra possibilità se non quella di subirne le conseguenze.
Gli agenti di sicurezza incaricati della protezione delle miniere e dell’applicazione delle leggi traggono spesso profitto da quel commercio illegale delle risorse minerarie che, invece, dovrebbero impedire. Per facilitare l’esportazione illegale di coltan, per esempio, degli ufficiali militari collaborano con agenti della dogana e dell’ufficio immigrazioni in servizio sui posti di frontiera.
A volte, degli agenti di sicurezza viaggiano su camion che attraversano la frontiera trasportando dei minerali ottenuti illegalmente. Essi non vengono né controllati, tanto meno arrestati perché, avendo l’appoggio di autorità superiori che garantiscono la loro impunità.
Infine, la presenza di soldati dell’esercito regolare sui siti minerari facilita il commercio delle armi. Mal pagati, spesso i soldati vendono fucili a gruppi armati in cambio di minerali.
c. Gruppi armati
Più di 100 gruppi armati nazionali e stranieri operano nelle province dell’est della RDC, ricche di minerali. Quasi tutti sono implicati nell’estrazione e nel commercio illegali del coltan, loro principale fonte di reddito. Normalmente, sono presenti in siti minerari situati in zone isolate dell’interno e lontane dai centri abitati senza, quindi, essere sotto il controllo dell’autorità dello Stato, peraltro assente. I minatori artigianali devono pagare loro una certa somma di denaro, o l’equivalente n natura, per poter accedere giornalmente alle miniere ed estrarvi i minerali. In altre zone più vicine ai centri abitati, i minatori artigianali pagano periodicamente un determinato gruppo armato, affinché assicuri la loro protezione e difenda i loro interessi nei confronti delle autorità statali incaricate di effettuare i dovuti controlli e di riscuotere le tasse.
A volte i gruppi armati sono appoggiati da truppe di un esercito straniero, come quello ruandese (le Forze di Difesa Ruandesi/RDF) e quello ugandese (le Forze di Difesa Popolare dell’Uganda/FDPU). Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, diverse operazioni di estrazione del coltan effettuate sotto il controllo dei colonnelli Muzoora e Burundi, membri dell’esercito ugandese (Uganda People’s Defense Forces / UPDF), sono state gestite dalla società prestanome Trinity Investment, in cui il generale Kazini svolge un ruolo importante. Il coltan della società Trinity Investment viene trasportato, via terra, oltre la frontiera tra Congo e Uganda, fino all’aeroporto internazionale di Entebbe. Viene quindi esportato per essere trasformato a Ulba (Kazakistan), via l’aeroporto di Sharjah (Dubai / Emirati Arabi Uniti), al costo di 140.000 dollari per volo.
d. Società minerarie locali ed estere
Le attività commerciali del coltan sono gestite da società minerarie straniere e locali e da alcune aziende pubbliche statali. Tra altre, si possono citare la Societa Mineraria di Bisunzu (SMB), la Società aurifera del Kivu e del Maniema (SAKIMA), Banro, Haxiom, Sojecom, Cotecha, Congojaxin e la Federazione delle Imprese del Congo (FEC), una associazione del settore privato.
L’implicazione delle società minerarie nell’estrazione e nel commercio illeciti di coltan si manifesta in diversi modi. Spesso esse comprano del coltan estratto illegalmente nell’entroterra e lo mescolano con altro coltan di provenienza legale. Normalmente, esse abusano di esenzioni fiscali e agiscono con la complicità dei centri commerciali locali, dei centri di esportazione e di membri dell’esercito e dei gruppi armati.
e. Gruppi vulnerabili
Il carattere informale del settore estrattivo offre opportunità di lavoro per donne e minorenni, che costituiscono una fonte di manodopera a basso costo. L’estrazione del coltan va di pari passo con il lavoro minorile e gli abusi sessuali. Secondo vari rapporti, circa 40.000 minorenni, per lo più bambini e adolescenti che hanno abbandonato la scuola o non hanno mai avuto l’opportunità di andarci, lavorano duramente giorno e notte nelle miniere per estrarre minerali. Spesso sono anche vittime della tratta di minori e di reclutamento da parte dei gruppi armati.
3. TRACCIABILITÀ E CERTIFICAZIONE
Istituito dal Ministero congolese delle Miniere, il Centro di analisi, valutazione e certificazione di minerali preziosi e semipreziosi è l’organismo responsabile della tracciabilità e della certificazione del coltan. Esso collabora con gli organismi internazionali di controllo dell’intera catena di approvvigionamento dei minerali, dalle miniere di origine fino alle industrie di trasformazione (fonderie e raffinerie) e alle industrie fornitrici dei prodotti finali in Nord America, Asia ed Europa.
I principali protocolli di certificazione internazionale inerenti alla trasformazione dei minerali, di cui la RDC è firmataria, comprendono il meccanismo di certificazione della Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi, il sistema di certificazione del processo di Kimberley e la legge Dodd-Frank Act. La RDC ha inoltre firmato la Guida dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico sul dovere di diligenza, in vista di catene di approvvigionamento responsabili e prive di minerali provenienti da zone di conflitto o ad alto rischio e il Regolamento sui minerali provenienti da aree di conflitto.
Tuttavia, soprattutto nell’est del Paese, lacune significative continuano ad ostacolare e ad impedire l’attuazione concreta dei programmi di certificazione dei minerali e l’applicazione di certe leggi come quelle sul lavoro dei minorenni e delle donne nelle miniere e sulle condizioni di sicurezza richieste per i lavoratori del settore minerario.
Le risorse amministrative sono insufficienti per garantirne il rispetto. I finanziamenti sono inadeguati e i dipartimenti minerari provinciali non dispongono di personale sufficiente per monitorare i siti minerari in modo regolare e, qualora sia necessario, in modo tempestivo.
D’altra parte le ispezioni sui siti minerari da parte di agenti governativi e di organizzazioni della società civile per verificare la conformità agli standard di certificazione sono spesso sabotate dagli stessi agenti dello stato che avvertono in anticipo delle visite, dando ai minatori e alle compagnie estrattive il tempo sufficiente per nascondere le tracce delle loro pratiche irregolari.
4. ESTRAZIONE ABUSIVA E COMMERCIO ILLEGALE DEL COLTAN
a. Frontiere colabrodo
Il commercio transfrontaliero illegale di minerali strategici come il coltan è facilitato dall’esistenza di ampie zone non sufficientemente sorvegliate e situate lungo la frontiera tra il Congo con il Burundi, il Ruanda e l’Uganda. Anche quando gli agenti dello stato sono presenti per monitorare le frontiere, spesso essi chiudono gli occhi sul traffico illecito del coltan e si lasciano corrompere, diventando complici dei trafficanti. È questa complicità che ostacola la lotta contro il commercio transfrontaliero illegale dei minerali.
b. Regime fiscale transfrontaliero
Il Ruanda è la rotta preferita per il commercio illegale del coltan. A differenza del governo congolese, il Ruanda non impone tasse sulle importazioni dei minerali. Inoltre, la sua legislazione gli consente di qualificare come prodotti ruandesi le merci importate se, subendo un processo di trasformazione all’interno del suo territorio, ottengono un plusvalore di almeno il 30% rispetto al loro valore iniziale. Il traffico illecito di coltan verso il Ruanda e altri paesi vicini è stato favorito anche dalla differenza tra i prezzi congolesi e quelli ruandesi. Nel 2018 e nel 2019, per esempio, il prezzo medio del coltan era di 23,85 dollari al chilo nella RDC e di 36 dollari al chilo in Ruanda. Nel 2021, a seconda della percentuale di concentrato di tantalio, il coltan è stato venduto nella RDC a un prezzo compreso tra 35 e 52,5 dollari al chilo, mentre in Ruanda il prezzo era compreso tra 52 e 65 dollari per mezzo chilo. Queste differenze di prezzi contribuiscono alla crescita del mercato sommerso, Secondo questi dati, è più che probabile che la maggior parte del minerale esportato dal Ruanda sia di origine congolese.
c. Tracciabilità e certificazione dei minerali
Il SAEMAPE è il servizio governativo congolese istituito per sostenere i minatori artigianali e le piccole società minerarie e collabora con iTSCi. Gli agenti di entrambe le organizzazioni etichettano i sacchi di coltan nei siti minerari. La certificazione e la tracciabilità dei minerali richiedono la disponibilità di strumenti precisi. Tuttavia, iTSCi ha più volte sottolineato che la mancanza di strumenti moderni limita l’efficacia e l’efficienza di tali operazioni.
Ad esempio, nel territorio di Pangi (provincia di Maniema), sono state rilevate delle differenze di peso tra i dati forniti da una miniera e quelli forniti da un centro locale di commercio.
Un controllo eseguito sul campo dal team dell’iTSCi ha rivelato che la causa principale della differenza di peso del minerale era la mancanza di bilance. A causa di questa mancanza, gli agenti del SAEMAPE erano stati costretti ad utilizzare delle bilance appartenenti a dei commercianti locali, anche se esse non erano calibrate secondo gli standard governativi.
Il caso di Pangi dimostra che l’uso di bilance non adatte permette che grandi quantità di minerali preziosi escano dalla RDC senza essere dichiarate. Ciò causa allo Stato un’enorme perdita di entrate derivanti dal settore delle esportazioni e rappresenta un’enorme perdita per l’economia dell’intero paese.
5. VULNERABILITÀ DELLE PERSONE E DELL’AMBIENTE
a. Danni ambientali
L’estrazione e il commercio illegali del coltan hanno avuto un effetto molto negativo sulla biodiversità ambientale e hanno accelerato la distruzione dell’ecosistema.
Vari minerali come il rame, il cobalto, il litio e il coltan vengono estratti in modo abuisivo e irresponsabile. Pertanto, il suolo è impoverito a causa della deforestazione, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua e dell’accumulo di rifiuti tossici.
L’estrazione del coltan sta distruggendo l’ecosistema, ciò che riduce drasticamente le riserve di carbonio, danneggia il processo di fotosintesi e ha un impatto negativo sulla qualità dell’aria. Colpisce anche l’habitat della fauna e, conseguentemente, vari tipi di animali, di uccelli e di rettili stanno scomparendo.
Le sostanze chimiche utilizzate per pulire e trattare i minerali inquinano i corsi d’acqua, i fiumi e i ruscelli, ciò che danneggia le diverse specie acquatiche. I minerali inoltre contengono sostanze radioattive dannose per la salute umana, causando spesso problemi di sterilità e malformazioni cerebrali. Infine, una volta terminata l’attività estrattiva in una determinata miniera, raramente si procede al rimboschimento della zona circostante e al riempimento delle gallerie scavate, ciò causa frequenti frane del terreno, con ingenti perdite di vite umane.
b. Danni economici
L’attività mineraria è il settore più importante dell’economia congolese. Rappresenta il 98% delle esportazioni, il 18% del PIL, il 18% delle entrate dello Stato e l’11% dell’occupazione. Negli ultimi anni, il settore estrattivo si è notevolmente sviluppato. Tuttavia, il clima di una corruzione dilagante, il commercio illegale dei minerali e l’incapacità delle autorità pubbliche impediscono la redistribuzione della ricchezza proveniente dalle risorse naturali verso altri settori dell’economia.
Il commercio illegale del coltan è sinonimo di enormi perdite di possibili entrate economiche da parte dello Stato. Si stima che, a causa della corruzione e del commercio illegale di minerali strategici, lo Stato perda circa 4 miliardi di dollari all’anno.
Inoltre, i profitti derivanti dall’estrazione e dal commercio illegali dei minerali vadano in gran parte a beneficio solo di un piccolo gruppo di élite, tra cui politici (ministri, deputati e senatori), ufficiali delle forze di sicurezza (esercito e polizia), commercianti e multinazionali.
Infine, il Paese non riesce ad attrarre gli investimenti esteri necessari per migliorare l’attività mineraria. I potenziali investitori, infatti, non vogliono che la propria immagine venga offuscata da una pubblica opinione negativa.
c. Danni sociali
Raramente le società minerarie implementano programmi di sviluppo per risarcire i danni subiti dalle comunità locali, nonostante si tratti di un’obbligazione sancita dal codice minerario.
Anche se le disposizioni del Ministero delle Miniere raccomandano ai minatori di scavare solo fino a 30 metri di profondità, a volte essi arrivano fino a 200 metri. A causa di frequenti frane, molti di loro restano intrappolati in fondo alle miniere e muoiono asfissiati.
Gran parte del coltan viene estratto manualmente da minorenni che lavorano in condizioni pericolosissime, Molti siti minerari presentano tassi molto elevati di prostituzione, malattie sessualmente trasmissibili e violenze sessuali.
6. RACCOMANDAZIONI
a. Governo nazionale
– Rivedere le procedure attuali per identificarne i punti deboli.
– Rimediare le lacune osservate nei programmi di sviluppo all’interno delle comunità vulnerabili.
– Verificare la capacità dell’Agenzia congolese per l’ambiente nel fare applicare le valutazioni di impatto ambientale e i piani di gestione.
– Collaborare con associazioni no-profit internazionali per elaborare e implementare una metodologia del dovere di diligenza a livello nazionale, al fine di poter assicurare la tracciabilità dei minerali dalla miniera di origine fino alla loro esportazione.
– Collaborare con dei gruppi della società civile per pervenire a un consenso internazionale, in vista dell’adozione di un sistema di certificazione obbligatorio su scala mondiale.
b. Società civile
– Approfittare dell’appoggio fornito dall’Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive, per avviare delle inchieste sulla gestione della tassa per la conservazione dell’ambiente e sul pagamento delle licenze di estrazione.
– Formulare dei piani d’azione per raccogliere dati sulla corruzione in vista di eventuali inchieste più approfondite e per esigere maggior responsabilità da parte del settore estrattivo.
– Formare gruppi di osservatori locali per monitorare i siti minerari.
– Fare pressione sull’Unione Africana affinché nomini un relatore speciale sul commercio criminale di minerali strategici.
c. Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi
– La Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL) dovrebbe rivedere il proprio impegno in Congo, Burundi, Ruanda e Uganda, per promuovere dei partenariati della società civile per la tracciabilità e la certificazione del coltan.
d. Società minerarie
– Pubblicare dei rapporti periodici sull’estrazione, l’importazione, la fusione, la raffinazione e l’utilizzo del coltan, per quanto riguarda il rispetto dei principi “3 P”: persone, pianeta, profitto.
– Presentare i dati sulla tracciabilità alle principali organizzazioni della società civile.
– Collaborare con i gruppi di osservatori locali.
– Le società a valle dovrebbero implementare dei programmi di tracciabilità dei minerali, del coltan in particolare, ispezionando la loro catena di approvvigionamento.
– Collaborare con delle organizzazioni no-profit che lavorano per migliorare le condizioni sociali, ambientali ed etiche delle catene di approvvigionamento mondiali.
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