Congo Attualità n. 484

IL MOVIMENTO DEL 23 MARZO (M23): APPOGGIO DEL REGIME RUANDESE, INEFFICACIA DELLA DIPLOMAZIA, FALLIMENTO DELLE OPERAZIONI MILITARI E COMPLICITÀ DI PERSONALITÀ POLITICHE

INDICE

1. INTRODUZIONE
a. Accordi di cessate il fuoco e iniziative di pace di Nairobi e Luanda: una lunga serie di fallimenti
b. Passività della forza militare regionale dell’EAC e complicità di personalità politiche
2. L’M23 HA CONTINUATO AD OCCUPARE NUOVE LOCALITÀ
3. INIZIATIVE DIPLOMATICHE PER UN PROCESSO DI PACE
4. FALSO RITIRO DELL’M23 DA QUALCHE LOCALITÀ
5. L’ARRESTO DEL DEPUTATO ÉDOUARD MWANGACHUCHU

1. INTRODUZIONE

a. Accordi di cessate il fuoco e iniziative di pace di Nairobi e Luanda: una lunga serie di fallimenti

Nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), i combattimenti tra il Movimento del 23 marzo (M23) e l’esercito congolese sono continuati, nonostante un nuovo cessate il fuoco annunciato a Luanda (Angola) all’inizio di marzo. L’inadeguatezza dell’esercito congolese costringe Kinshasa a delegare la sicurezza e la diplomazia a Paesi terzi.
Il sesto accordo di cessate il fuoco, firmato il 3 marzo e che avrebbe dovuto entrare in vigore il 7 marzo, non è ancora stato rispettato. Nel territorio di Masisi, i combattimenti sono proseguiti nei dintorni della cittadina di Sake, ultima barriera di accesso al capoluogo di provincia, Goma. Ancora una volta, l’esercito congolese e l’M23 si sono accusati a vicenda di aver violato il piano di pace negoziato a Luanda. Nel suo ruolo di mediatore, l’Angola aveva fatto di tutto per far sì che questo ennesimo cessate il fuoco arrivasse a buon termine. Sforzo sprecato. I rapporti di forza, molto sfavorevoli a Kinshasa sul terreno militare, spingono l’M23 a costringere il governo congolese a sedersi al tavolo di negoziati che quest’ultimo continua a rifiutare.
L’apatia della forza militare regionale dell’EAC, che non ha mosso un dito per affrontare l’M23, l’ha convinto che poteva continuare ad avanzare verso Goma, capoluogo di provincia, per aumentare la pressione militare sulle autorità congolesi. Se l’occupazione di questa città di 2 milioni di abitanti da parte dell’M23, appoggiato dal Ruanda, sembra un obiettivo diplomaticamente troppo rischioso, il suo accerchiamento da ovest, per asfissiarla economicamente, potrebbe essere altrettanto vantaggioso. Il mancato rispetto del cessate il fuoco e il proseguimento dei combattimenti attorno a Goma non è quindi una vera sorpresa.
A Luanda, il 3 marzo, oltre al cessate il fuoco, che non è ancora stato rispettato, il presidente angolano era riuscito a ottenere che l’M23 accettasse anche un piano di ritiro delle se truppe, entro la fine di marzo, dalle zone occupate verso le sue posizioni iniziali, nei pressi della frontiera con l’Uganda. A questo proposito, in un comunicato stampa del 12 marzo, l’M23 ha annunciato la sua intenzione di ritirarsi da Karuba, Muremure, Nyamitima, Nkingo, Kagano e Kihuli. Tuttavia, occorre qui ricordare che, anche all’inizio del 2023, l’M23 aveva già annunciato il suo ritiro da Kibumba e Rumangabo, nel territorio di Nyiragongo. Un ritiro relativo, visto che, stranamente, queste postazioni fanno nuovamente parte delle zone da liberare entro il 30 marzo.
Secondo il piano previsto, la forza militare regionale dell’EAC, lentamente rinforzata da truppe burundesi e angolane, dovrà insediarsi in quelle zone lasciate libere dall’M23, trasformandosi così in una semplice forza cuscinetto di interposizione, molto contestata dalla popolazione locale, che denuncia un rischio di “balcanizzazione” della regione.
Militarmente impotente contro l’M23, Kinshasa attende soluzioni dalla Comunità dell’Africa dell’Est e vorrebbe che la forza militare regionale fosse avesse un mandato più offensivo nei confronti dell’M23. Inoltre, Kinshasa si aspetta che le Nazioni Unite e la comunità internazionale impongano forti sanzioni contro il regime ruandese, per costringerlo a mettere fine al suo appoggio all’M23 e porre così fine all’avanzata dell’M23.
Militarmente in posizione di forza, l’M23 costringe Kinshasa a cercare un appoggio all’esterno, benché senza molto successo, almeno per il momento. Di fronte all’estrema debolezza del loro esercito, le autorità congolesi hanno subappaltato la sicurezza del Paese alla Comunità dell’Africa dell’Est (EAC), di cui, ironicamente, fanno parte anche il Ruanda (accusato di appoggiare l’M23) e l’Uganda (sospettato di aver facilitato l’accesso dell’M23 sul territorio congolese). Sul piano diplomatico, è ancora l’EAC che, attraverso la mediazione del presidente angolano Lourenço,  sta lavorando per la pacificazione dell’est congolese.
D’altra parte, anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una cui delegazione si è recentemente recata nella RDCongo, ha ricordato che Kinshasa non poteva aspettarsi tutto dall’esterno. L’ambasciatore francese all’Onu, Nicolas de Rivière, è stato molto chiaro: «Non aspettatevi che le Nazioni Unite sistemino le cose in modo magico e istantaneo al posto delle autorità congolesi», insistendo su un aspetto ovviamente poco popolare in Congo: «La via d’uscita da questo conflitto non può che essere politica e non può che concretizzarsi in negoziati».[1]

Questa via politica si è finora concretizzata nelle due iniziative di pace di pace di Nairobi (Kenia) e di Luanda (Angola). La prima è rivolta ai gruppi armati in generale, in vista della loro adesione al nuovo programma di disarmo e reinserimento sociale, ma l’M23 ne è stato finora escluso, perché considerato gruppo terroristico dal governo congolese. La seconda è invece un tentativo di mediazione tra i governi congolese e ruandese sulla questione dell’M23. I risultati di entrambe le iniziative sembrano piuttosto deludenti. Non basta infatti esortare alla cessazione di ogni tipo di appoggio militare e logistico ai gruppi armati, tra cui l’M23, né fissare date per un cessate il fuoco e un ritiro delle truppe che, normalmente, non vengono mai rispettate.
Si tratta invece di offrire un “programma di disarmo e di reinserimento sociale” credibile e attraente, capace di offrire ai membri dei gruppi armati, tra cui l’M23, una vera alternativa di vita: cessazione effettiva delle ostilità, ritorno degli sfollati ai loro villaggi di origine, convivenza pacifica tra etnie diverse, equo accesso al potere e alle terre, formazione professionale, creazione di posti di lavoro, partecipazione attiva alla vita politica democratica del Paese e rispetto dei diritti umani, senza però dimenticare le esigenze della giustizia nei confronti di quelli che hanno ordinato o commesso dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità e senza tergiversare nell’imporre adeguate sanzioni ai responsabili dei gruppi armati che non accettano di deporre le armi e alle personalità e regimi che continuano a finanziarli e a fornire loro armi, munizioni e truppe.

b. Passività della forza militare regionale dell’EAC e complicità di personalità politiche

Nonostante i numerosi appelli al cessate il fuoco e al ritiro delle sue truppe sulle posizioni iniziali, il Movimento del 23 marzo (M23) ha continuato le ostilità e, nel territorio di Masisi, è riuscito ad occupare e nuove località, tra cui Mushaki (il 24 febbraio), Rubaya (il 26 febbraio), riconquistata poi dall’esercito congolese due giorni dopo (il 28 febbraio), Mweso (il 27 febbraio), Kibirizi (il 4 marzo), Karuba (il 7 marzo).
L’avanzata dell’M23 è stata possibile non solo grazie alla inadeguatezza dell’esercito congolese e all’appoggio (in armi, truppe e logistica) dell’esercito ruandese all’M23, di cui si è già molto parlato e scritto, ma anche grazie alla mancanza di un’offensiva militare da parte delle truppe della Comunità dell’Africa dell’Est (CAE) e della Missione dell’ONU in Congo (MONUSCO), benché presenti sul territorio.
Per quanto riguarda la forza militare regionale dell’EAC, essa era stata istituita con un mandato “offensivo”, a cui ricorrere nei casi in cui determinati gruppi armati non avessero aderito al programma di disarmo e reinserimento sociale. Tuttavia, finora essa non è mai intervenuta a fianco dell’esercito congolese per combattere i gruppi armati recalcitranti, tra cui l’M23. Questa sua passività è certamente dovuta al fatto che l’EAC comprende paesi spesso in conflitto con la RDC: il Ruanda, che attualmente appoggia l’M23, e l’Uganda, che sembra abbia facilitato il passaggio dell’M23 sul suo territorio, in occasione dell’occupazione di Bunagana da parte dell’M23. È quindi difficile pensare che una istituzione regionale come l’EAC possa intervenire contro gli interessi di paesi membri.  Questa passività della forza regionale dell’EAC ha fatto capire all’M23 che avrebbe potuto continuare le ostilità contro l’esercito congolese, senza essere minimamente disturbato dalla presenza della forza militare regionale. È così che l’M23 ha potuto avanzare fino alle porte della città di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu.
Inoltre, dopo il ritrovamento di un nascondiglio di armi, probabilmente destinate all’M23, in una proprietà di Édouard Mwangachuchu, deputato nazionale e titolare di una società mineraria, il suo arresto ha messo in luce un quarto elemento che ha favorito l’avanzata dell’M23: lo stretto legame esistente tra politica, economia e violenza. Il caso di Édouard Mwangachuchu non sarebbe un caso isolato: all’interno delle istituzioni politiche, militari e amministrative della RDC ci sarebbero altri vari casi simili a quello di Mwangachuchu, come rivelato dal presidente dell’Assemblea Nazionale, Christophe Mboso quando, qualche mese fa, rivolgendosi ai deputati, li esortò a “uscire dai gruppi armati”. La complicità di personalità politiche, militari, amministrative e imprenditoriali con capi di gruppi armati locali per motivi politici (accesso al potere) ed economici (commercio illegale dei minerali) è un elemento che contribuisce al proseguimento del conflitto. Perciò occorre:
– Individuare le personalità politiche, militari, amministrative e imprenditoriali complici con i gruppi armati in generale e con l’M23 in particolare e affidarli alla giustizia.
– Passare da una “economia di guerra” monopolizzata dai gruppi armati a una “economia sociale” in cui la popolazione locale possa usufruire delle risorse naturali che si trovano sul suo territorio.

2. L’M23 HA CONTINUATO AD OCCUPARE NUOVE LOCALITÀ

Nonostante i molteplici appelli a un cessate il fuoco immediato e a un ritiro verso la sua posizione iniziale, l’M23 ha continuato ad attaccare nuove località, in violazione delle decisioni prese dai Capi di Stato della regione, a conclusione di vari loro incontri, tra cui quelli di Loanda (Angola), Nairobi (Kenya), Bujumbura (Burundi) e Addis Abeba (Etiopia).

Da metà febbraio, in vari villaggi del territorio di Rutshuru, degli agenti del Movimento del 23 marzo (M23) passano di casa in casa per riscuotere delle tasse mensili equivalenti a 1.000 franchi congolesi (0,5 dollari). Dopo il pagamento, viene rilasciato uno scontrino timbrato. Altri agenti dell’M23 passano di porta in porta per controllare lo stato delle toilette, delle cucine e dei bidoni della spazzatura, con l’unico scopo di trovare delle irregolarità, per poi poter estorcere denaro ai pacifici cittadini. I venditori ambulanti di ricariche telefoniche devono pagare 5 $ al mese, mentre i proprietari di negozi devono pagare 108.000 FC. A Kalengera, nel tratto stradale Goma-Rutshuru, una moto che trasporta della merce deve pagare 5 dollari.[2]

Il 20 febbraio, nel territorio di Masisi, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e il Movimento del 23 marzo (M23) appoggiato dall’esercito ruandese (RDF) si sono scontrati sul tratto stradale tra Kitshanga e Mwesso, a più di 80 chilometri a nord-ovest di Goma. L’M23 ha attaccato quattro postazioni delle FARDC a Kyahemba, Butchalwichi, Kihusha e Lubula.[3]

Il 22 febbraio, sempre nel territorio di Masisi, le FARDC e l’M23 si sono scontrati nei pressi della collina di Kagoma e dei villaggi di Malehe e Ruvunda, nel raggruppamento di Kamuronza. Secondo fonti locali, l’obiettivo dell’M23 sarebbe quello di poter occupare la località di Mushake, ciò che gli aprirebbe la strada verso Sake, situata a 27 km a nord-ovest di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu.[4]

Il 23 febbraio, l’M23 ha occupato le località di Kyekire e Kirumbu, nel raggruppamento (di villaggi) di Bashali Mokoto, a ovest di Kitshanga, nei pressi della località di Mwesso.[5]

Il 24 febbraio, al mattino e dopo oltre 48 ore di combattimenti, l’M23 ha occupato la località di Mushaki, situata a 15 chilometri a ovest di Saké e a 30 km dalla città di Goma, capoluogo del Nord Kivu. L’M23 ha continuato ad attaccare in direzione sia del villaggio di Karuba che della collina di Malehe, nei dintorni della cittadina di Sake.[6]

Il 25 febbraio, gli scontri tra le FARDC e l’M23, sempre appoggiato dal Ruanda, sono proseguiti a Matanda, nei pressi della cittadina mineraria di Rubaya, nel territorio di Masisi.
Dopo due giorni di intensi combattimenti tra le FARDC e l’M23, una tregua è stata osservata a Kishishe, nel distretto di Bwito (in territorio di Rutshuru). L’esercito è riuscito a bloccare un gruppo di combattenti M23 che tentavano di attraversare il fiume Rwindi, con l’obiettivo di raggiungere i loro compagni d’armi nel territorio di Masisi.[7]

Il 26 febbraio, l’M23 ha preso il controllo dei villaggi di Busumba, Gashungo e Rugongwe, a meno di 10 chilometri da Mwesso, nel territorio di Masisi. Secondo fonti locali, l’esercito mantiene ancora le sue posizioni a Mwongozi e Mwesso.
Più a sud, sul lato nord-ovest di Mushaki, l’M23 ha conquistato la cittadina mineraria di Rubaya. Situata a una cinquantina di chilometri dalla città di Goma. Rubaya era nel mirino dell’M23 già da molto tempo, perché vi si estrae una grande quantità di minerali, tra cui il coltan (colombo-tantalite), la cassiterite, la tormalina, il manganese e altri. Altri scontri sono stati segnalati lungo l’asse stradale Sake-Mushaki, soprattutto a Malehe, in raggruppamento di Kamuronza, a meno di 10 km da Sake.[8]

Il 27 febbraio, nel pomeriggio, nel territorio di Masisi, l’M23 ha preso il controllo sulla città di Mweso, a 15 km da Kitshanga e a un centinaio di km a nord di Goma.[9]

Il 28 febbraio, l’M23 avrebbe dovuto cessare le ostilità e iniziare a ritirarsi dalle zone occupate ma, in realtà, l’M23 e le truppe ruandesi che l’appoggiano stanno intensificando gli attacchi, in vista dell’occupazione di nuove entità. Occorre ricordare che la riunione dei capi di stato maggiore delle forze di difesa della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC), tenutasi a Nairobi il 9 febbraio, aveva concesso all’M23 un periodo di 30 giorni, a partire dal 28 febbraio, per ritirarsi dalle zone occupate. Confermando questa raccomandazione, il 17 febbraio i Capi di Stato dei Paesi membri dell’EAC avevano fissato il 30 marzo come data limite del “ritiro di tutti i gruppi armati”, tra cui l’M23[10].

Il 28 febbraio, nel territorio di Masisi, dopo intensi combattimenti contro l’M23, l’esercito congolese ha ripreso il controllo sulla cittadina mineraria di Rubaya e ha cacciato l’M23 da Karuba e Misekera, due località situate nei dintorni di Mushaki, a 13 km da Sake.
Sempre nel territorio di Masisi, una tregua è stata osservata a Mushaki, Kitshanga e Mweso, entità ancora sotto occupazione dell’M23.
Per ora. solo la strada verso Minova (Sud Kivu) permette l’accesso alla città di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu, poiché le altre tre strade Rutshuru-Kanyabayonga, Sake-Kitshanga e Sake-Masisi-centro sono tutte sotto controllo dell’M23.[11]

Dal 28 febbraio al 3 marzo, una delegazione dell’M23 si è recata a Loanda (Angola) su invito del presidente Joao Lourenço, incaricato dai Capi di Stato dell’EAC di mantenere i contatti con l’M23. Sul campo di battaglia, c’è stata una relativa calma.

Il 5 marzo, dopo un periodo di relativa calma, nel territorio di Masisi, sono ripresi dei combattimenti tra le Forze Armate della RDC (FARDC) e il Movimento del 23 marzo (M23) che ha attaccato alcune postazioni dell’esercito su almeno tre fronti nei dintorni di Sake, a una trentina di chilometri da Goma: a Kingi sulla strada Sake-Kirolirwe-Kitshanga, a Malehe e Neenero sulla strada Sake-Mushaki e a Karuba sulla strada Sake-Ngungu.
Più a nord, sulla strada Kitshanga-Mwesso-Pinga, dopo aver preso Mwesso, l’M23 è avanzato verso Kashuga e altri villaggi circostanti del raggruppamento di Bashali Mukoto. Questa ripresa degli attacchi da parte dell’M23 avviene appena due giorni dopo che lo stesso M23, il 3 marzo, si era impegnato a cessare le ostilità a partire dalle ore 12:00 del 7 marzo.[12]

Il 6 marzo, verso le ore 14:00, l’M23 sostenuto dal Ruanda ha preso il controllo di Kibirizi, località situata a sud-ovest di Rwindi, nel raggruppamento di Mutanda, distretto di Bwito. Non ci sono stati combattimenti con le FARDC, poiché si erano già ritirate verso Rwindi (a 17 km da Kibirizi).[13]

Il 7 marzo, nonostante la sua dichiarazione di cessate il fuoco a partire da mezzogiorno, l’M23 ha riconquistato la località di Karuba, un importante centro di approvvigionamento di prodotti agricoli, situato a una quindicina di chilometri a nord di Sake e a circa 30 km a ovest di Goma, capoluogo di provincia.[14]

L’8 marzo, un giorno dopo la data annunciata dall’M23 per un cessate il fuoco, le FARDC e l’M23/RDF si sono scontrati sulle colline che sovrastano il villaggio di Kirotshe, in territorio di Masisi, a circa 10 km a ovest di Sake. L’obiettivo dell’M23 sarebbe quello di bloccare anche la strada Sake-Minova a partire da Kirotshe, unica strada rimasta ancora aperta per rifornire Goma di viveri e altri prodotti. Altri scontri sono stati segnalati lungo la strada  Mabenga-Rwindi, sul fronte settentrionale, in territorio di Rutshuru.[15]

3. INIZIATIVE DIPLOMATICHE PER UN PROCESSO DI PACE

Il 22 febbraio, in una dichiarazione del Dipartimento americano, gli Stati Uniti hanno chiesto la rapida attuazione delle risoluzioni dei mini-vertici dei Capi di Stato della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC) svoltisi a Luanda (Angola) in novembre 2022 e a Addis-Abeba (Etiopia) il 17 febbraio 2023: «Ribadiamo il nostro appello al Ruanda, affinché ritiri le sue truppe dall’est della RDC e cessi di appoggiare l’M23, per facilitare l’attuazione degli impegni presi, in conformità con il calendario approvato nel mini-vertice dell’EAC svoltosi a Addis-Abeba (Etiopia) il 17 febbraio 2023». Inoltre, in sintonia con il Consiglio per la Pace e la Sicurezza (CPS) dell’Unione Africana, gli Stati Uniti hanno espresso la propria preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria e hanno condannato le violazioni dei diritti umani commesse dai vari gruppi armati tra cui, in particolare, il Movimento del 23 marzo (M23) , le Forze Democratiche Alleate (ADF), la Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO) e le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). Secondo la dichiarazione, «Gli Stati Uniti chiedono che tutti i gruppi armati cessino le ostilità e si ritirino, senza condizioni, dalle zone sotto loro controllo».[16]

Il 25 febbraio, in apertura della XXIIª sessione ordinaria della Conferenza dei Capi di Stato e di Governo della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale (CEECA) a Kinshasa, il rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per l’Africa centrale, Abou Abah, ha dichiarato che «la risoluzione del conflitto nell’est della RDC passa per una soluzione politica». Abu Abah ha inoltre ribadito l’appello delle Nazioni Unite alla cessazione di ogni appoggio esterno ai gruppi armati attivi nell’est della RDC e al ritiro dell’M23 dalle posizioni occupate: «Appoggiando le iniziative di pace di Nairobi (Kenia) e di Luanda (Angola), le Nazioni Unite chiedono la cessazione di ogni tipo di appoggio, interno ed esterno, ai gruppi armati, tra cui l’M23, la cessazione di ogni forma di violenza da parte dei gruppi armati, il loro disarmo e il ritiro dell’M23 dalle zone occupate. Tutto ciò in conformità con la risoluzione 2666 delle Nazioni Unite». Abu Abah ha infine espresso l’accordo delle Nazioni Unite nei confronti del comunicato del Consiglio per la Pace e la Sicurezza (CPS) dell’Unione Africana reso pubblico il 17 febbraio 2023, secondo il quale «tutti i gruppi armati, tra cui l’M23, le ADF e le FDLR devono immediatamente cessare le ostilità e ritirarsi senza condizioni dall’est della RDC».[17]

Il 3 marzo, in un comunicato, il presidente angolano e attuale presidente della Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), Joao Lourenço, ha affermato che la delegazione dell’M23, a Luanda dal 28 febbraio, si è impegnata a cessare le ostilità su tutto il territorio dell’est della RDC a partire dalle ore 12:00 del 7 marzo. È necessario ricordare che, in occasione del mini-vertice su Pace e Sicurezza nella Regione dei Grandi Laghi, tenutosi ad Addis Abeba, in Etiopia, il 17 febbraio 2023, i Capi di Stato e di Governo dell’EAC avevano incaricato il Presidente angolano di mettersi in contatto con la dirigenza dell’M23.[18]

Il 5 marzo, un contingente di circa 100 soldati burundesi è arrivato a Goma (Nord Kivu) come parte integrante della forza militare regionale dell’EAC. Sarà dispiegato a Sake, Kirolirwe e Kitchanga, nel territorio di Masisi, per monitorare l’attuazione della roadmap firmata ad Addis-Abeba il 17 febbraio.[19]

Il 6 marzo, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto all’M23 di rispettare il cessate il fuoco, al fine di creare le condizioni necessarie per il suo totale ed effettivo ritiro da tutte le zone occupate nell’est della RDC, in conformità con le decisioni del mini-vertice di Luanda. tenutosi il 23 novembre 2022. Il Segretario delle Nazioni Unite ha accolto con favore la recente dichiarazione del presidente dell’Angola, João Lourenço, secondo cui il Movimento del 23 marzo (M23) sarebbe pronto a rispettare un cessate il fuoco a partire dal 7 marzo. Antonio Guterres ha di nuovo condannato ogni tipo di violenza perpetrata contro la popolazione civile e ha richiesto a tutti i gruppi armati, congolesi e stranieri, di deporre le armi senza porre condizioni. Ha inoltre invitato tutte le parti in conflitto a permettere la protezione dei civili, garantire l’accesso della popolazione a un soccorso umanitario immediato, a rispettare il diritto umanitario internazionale e astenersi da ogni forma di incitamento all’odio e alla violenza.[20]

Il 7 marzo, in un comunicato, «la dirigenza del Movimento del 23 marzo (M23) ha dichiarato un cessate il fuoco effettivo che entrerà in vigore il 7 marzo 2023, alle ore 12:00, al fine di permettere un dialogo diretto con il governo di Kinshasa. L’M23 ribadisce il proprio impegno a risolvere in modo pacifico il conflitto in corso nell’est della RDC, ma si riserva anche il pieno diritto di difendersi in caso di attacco». Secondo il comunicato, questo annuncio di cessate il fuoco è il risultato delle concertazioni tra l’M23 e il presidente João Lourenço, tenutesi a Luanda, in Angola, dal 28 febbraio al 3 marzo e delle precedenti decisioni prese in occasione di vari vertici regionali tenutisi a Bujumbura, Nairobi e Addis Abeba.[21]

Il 10 marzo, l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso la RDC ha condannato l’atteggiamento espansionista dell’M23 che, invece di iniziare a ritirare le proprie truppe dalle zone occupate, prosegue i combattimenti nei pressi di Sake, nel territorio di Masisi.[22]

L’11 marzo, una delegazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è recata a Goma, seconda tappa della sua missione dopo quella di Kinshasa, per valutare con le autorità locali, tra cui il governatore militare Constant Ndima, la situazione della provincia del Nord Kivu, che continua a deteriorarsi a causa della presenza di molti gruppi armati locali e stranieri.
Secondo Nicolas de Rivière, ambasciatore francese presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il governo congolese deve assumersi le proprie responsabilità, perché l’Onu è presente solo come aiuto: «La protezione dell’integralità territoriale è compito del Governo congolese e del suo esercito. Le Nazioni Unite non sistemeranno le cose in maniera magica e istantanea al posto delle autorità congolesi». Egli ha sottolineato che «è ormai evidente che il Ruanda sta appoggiando l’M23 e che dei militari dell’esercito regolare ruandese effettuano regolarmente delle incursioni nella provincia congolese del Nord Kivu», precisando che «questa situazione è inaccettabile e deve cessare, perché la RDC è un Paese sovrano, con frontiere internazionalmente riconosciute e che vanno quindi rispettate, come la sua integrità territoriale», Dopo aver chiaramente affermato che l’M23 deve quindi ritirarsi dai territori occupati, egli ha dichiarato che la via militare è insufficiente e che solo il dialogo potrà risolvere questo conflitto: «La via d’uscita da questo conflitto non può che essere di tipo politico e non può che concretizzarsi mediante negoziati».
Da parte sua, l’ambasciatore del Gabon presso le Nazioni Unite, Michel Xavier Biang, ha affermato che «il Consiglio di Sicurezza dispone di una vasta gamma di strumenti per portare pace e sicurezza. Le sanzioni sono una di queste leve, ma non si tratta solo di sanzioni. Ci sono anche i negoziati, e i negoziati sono gli strumenti per eccellenza della diplomazia e, quindi, anche delle Nazioni Unite». Egli ha inoltre sottolineato la dimensione regionale dei conflitti nella RDC. Secondo lui, il ritorno della pace nella RDC richiede l’impegno di ogni Paese dell’intera regione, in conformità con l’accordo quadro per la pace, la sicurezza e la cooperazione nella RDC e nella Regione dei Grandi Laghi Africani, firmato ad Addis Abeba il 24 febbraio 2013.
In base a tale accordo, lo Stato congolese si era impegnato a riformare in profondità il settore della sicurezza, a consolidare l’autorità dello Stato nelle province dell’est e a promuovere la riforma delle istituzioni del Paese. Da parte loro, i paesi della regione dei Grandi Laghi si erano impegnati a rispettare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della RDC, a non interferire nelle sue politiche interne, a non fornire alcun appoggio ai gruppi armati, nazionali e stranieri, presenti in territorio congolese, a rafforzare la cooperazione regionale, a non ospitare o fornire protezione a persone implicate in crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini di genocidio o crimini di aggressione e a favorire l’amministrazione della giustizia attraverso la cooperazione giudiziaria regionale.[23]

Dal 13 al 18 marzo, a Bahrain, capitale di Manama, si è svolta la 146ª Sessione dell’Unione Interparlamentare (UIP). Il capo della delegazione parlamentare congolese, il deputato André Mbata, vicepresidente dell’Assemblea Nazionale congolese, ha chiesto di mettere all’ordine del giorno anche la situazione di insicurezza dell’est della RDC, proponendo una risoluzione contenente la richiesta di sanzioni contro il Ruanda, per il suo appoggio all’M23. Questa mozione ha ottenuto 88 voti favorevoli, 705 voti contrari e 700 astensioni. Secondo André Mbata, l’adozione della Risoluzione avrebbe rappresentato un gesto di “solidarietà” nei confronti del popolo congolese “aggredito dal Ruanda”. A questa accusa di André Mbata, la vicepresidente del Senato ruandese, Nyirasafari Espérance, ha risposto: «Permettetemi di ricordarvi che nell’est del vostro Paese ci sono più di 120 gruppi armati. Il governo congolese dovrebbe assumersi la piena responsabilità dei suoi problemi interni, invece di fare del Ruanda un capro espiatorio».[24]

Il 17 marzo, il Parlamento angolano ha approvato l’invio, per dodici mesi, di un contingente di circa 500 soldati nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), per assicurare la sicurezza nelle zone in cui saranno acquartierati i combattenti dell’M23 dopo il loro ritiro dalle zone da essi occupate.[25]

4. FALSO RITIRO DELL’M23 DA QUALCHE LOCALITÀ

Il 13 marzo, nel territorio di Masisi, si è notata una certa calma. Nel distretto di Bashali, l’M23 si sarebbe ritirato dalla località di Mweso, subito dopo occupata da gruppi Mai-Mai e Nyatura. L’M23 si sarebbe ritirato verso Kitshanga, ma manterrebbe ancora delle posizioni a Muongozi, Busumba e Kirumbu, località situate nei dintorni di Mweso. Più a sud, verso Sake, l’M23 avrebbe abbandonato i villaggi di Muremure, Nkingo, Kagano e Kihuli.[26]

Il 14 marzo, l’M23 si è ritirato da alcune posizioni che occupava nei pressi della cittadina di Kitshanga, in territorio di Masisi. Tuttavia, occupa ancora il centro di Kitshanga.
Sempre nel Masisi, l’M23 si sarebbe ritirato da alcune colline dei dintorni di Sake, tra cui Ngingwe, Neenero e Malehe, prendendo la direzione di Kilolirwe, passando per Kabati. Tuttavia, ha ancora il controllo su Karuba e Mushaki.
Nel territorio di Rutshuru, l’M23 si sarebbe ritirato da Kibirizi, nel distretto di Bwito. L’esercito ne ha preso il controllo, ma si nota anche la presenza di combattenti Mai-Mai.
Le vere ragioni per le quali l’M23 si sarebbe ritirato da alcune zone sotto suo controllo non sono ancora note. Queste “ritirate” sono interpretate con molta cautela dagli abitanti del posto, già scottati da precedenti annunci di ritiro senza alcun effetto concreto.
Alcuni di essi  temono che si tratti di una strategia dell’M23, per rafforzare le sue posizioni nel Parco dei Virunga, soprattutto nelle vicinanze di Goma e Sake, per futuri attacchi. «Si tratta di un falso ritiro», ha detto Jean-Claude Bambaze, presidente della società civile di Rutshuru. Secondo lui, l’M23 starebbe organizzando la sostituzione di alcuni suoi militari “stanchi” con nuove reclute, mentre il grosso delle sue truppe si starebbe preparando per nuovi attacchi.
Nel frattempo, la forza militare regionale dell’EAC non ha ancora comunicato nulla a proposito del suo dispiegamento in quelle zone da cui l’M23 si sarebbe ritirato.[27]

Il 16 marzo, fonti locali affermano di aver osservato, dal 13 marzo in poi, un timido ritorno degli sfollati in alcuni villaggi abbandonati dall’M23, sia nel territorio di Rutshuru che in quello di Masisi. Tuttavia, secondo le stesse fonti, queste popolazioni che ritornano nelle loro case sono vittime di numerose vessazioni da parte di gruppi armati locali che hanno occupato questi villaggi dopo la partenza dell’M23. Tra questi villaggi, si possono citare Mutanda, Birundule e Kirima, nel distretto di Bwito, recuperati dalle FARDC, ma occupati da gruppi armati Mai-Mai e Nyatura. Questi miliziani impongono tasse illegali, compiono atti di estorsione ed effettuano arresti arbitrari. Secondo fonti locali, questi gruppi armati stanno arrestando alcuni civili, accusandoli di aver collaborato con l’M23 durante il periodo di occupazione.[28]

Il 17 marzo, le truppe dell’esercito burundese membri della forza militare regionale dell’EAC si sono dispiegate nel territorio di Masisi, in particolare a Mushaki, Matanda e Kirolirwe, per monitorare il ritiro dell’M23, rendere possibile la riapertura della strada Sake-Kirolirwe-Kitchanga principale via di rifornimento della città di Goma, garantire la sicurezza della popolazione civile e permettere una più libera circolazione di persone e merci. Altre truppe burundesi erano già state dispiegate a Sake, a una trentina di chilometri da Goma.[29]

Il 17 marzo, durante il Consiglio dei Ministri, il Ministro della Difesa ha affermato che l’M23/RDF si è ritirato da Kibirizi e da altre località situate tra Mushaki, Mweso e Sake, ma con l’obiettivo di concentrarsi su Kitshanga, Tongo e Kibumba. Nella sua ritirata, l’M23/RDF si è rafforzato, reclutando dei giovani per sottoporli ad un addestramento militare forzato a Chanzu.[30]

Il 17 marzo, il governatore del Nord Kivu, tenente generale Constant Ndima, ha accusato l’M23 di una nuova violazione del cessate il fuoco, per aver attaccato, in mattinata, le postazioni dell’esercito a Mpati, Kabaya, Nyabibwe, Kadirisha, Rubare e Nyamuzimu, nel territorio di Masisi. Il governatore ha chiesto alla comunità internazionale, alla Forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est e ai vari Meccanismi di controllo di procedere ad una verifica, per trarne tutte le conseguenze.[31]

Il 22 marzo, la forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC) ha affermato che l’M23 si è ritirato da Karuba, Mushaki, Neenero, Kirolirwe, Kibirizi e Mweso e ha sottolineato che si tratta di un importante passo avanti. Da parte sua, il contingente burundese della forza militare regionale afferma di avere il controllo su diverse località come Karuba, Mushaki e Kirolirwe. Dopo il dispiegamento delle truppe burundesi, si constata che la popolazione civile sta gradualmente rientrando a Sake, cittadina situata a circa 27 km da Goma, anche se un’altra parte degli sfollati, soprattutto quelli dei dintorni, esitano ancora. A Kimoka, Kingi e Murambi, ad esempio, i ritorni sono ancora molto timidi. È inoltre ripreso il traffico sulle strade Sake-Kitshanga e Sake-Masisi, anche se la società civile locale denuncia una doppia tassazione su auto e moto imposta da un lato dall’amministrazione ufficiale e dall’altro dall’M23: 400 $ per camion e 10 $ o 5 $ per moto, a seconda che si trasporti delle persone o delle merci.[32]

Il 24 marzo, in un comunicato stampa, il tenente colonnello Guillaume Ndjike, portavoce del governatore militare del Nord Kivu, ha affermato che l’M23, appoggiato dall’esercito ruandese, ha ceduto varie località del territorio di Masisi alla forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est, ma sta rafforzando le sue posizioni in altre località dei territori di Masisi, Nyiragongo e Rutshuru, tra cui Kishishe, Bambo, Karega e Kibumba. Secondo il comunicato stampa, «i ritiri annunciati in pompa magna dalla coalizione M23/RDF non sono che dei tentativi di diversione (…) Si rifiutano infatti di ritirarsi da Kichanga, subordinando il loro ritiro da questa città a una previa negoziazione con il governo».[33]

5. L’ARRESTO DEL DEPUTATO ÉDOUARD MWANGACHUCHU

Il 3 marzo, il deputato nazionale Édouard Mwangachuchu, eletto per il territorio di Masisi, è stato arrestato dalla giustizia congolese. Dopo che, il 1° marzo, nella sua abitazione situata nel comune di Gombe a Kinshasa, siano stati ritrovati degli effetti militari, tra cui armi, munizioni, Motorola, chiavette USB, computer ecc., l’Alta Corte Militare ha aperto un processo contro di lui in flagrante delitto. Il pubblico ministero ha mosso pesanti accuse contro il deputato, tra cui; detenzione illegale di armi, minaccia alla sicurezza dello Stato, partecipazione a movimento insurrezionale e a associazione a delinquere.
In un video trasmesso sui social network dopo che, il 26 febbraio, l’M23 avesse preso il controllo sulla cittadina mineraria di Rubaya (territorio di Masisi), un gruppo di autodifesa locale aveva rivelato di aver scoperto, in una concessione del deputato Mwangachuchu situata nei pressi di Rubaya, un deposito di armi, probabilmente destinate allo stesso M23.
Nato in settembre 1953, Édouard Mwangachuchu è stato membro del Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), poi presidente del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP), una milizia armata quest’ultima trasformata in partito politico nel 2009. È stato accusato più volte di mantenere una milizia privata, che avrebbe contribuito a fomentare l’insicurezza nel Masisi, sua roccaforte elettorale.
Titolare della Società Mineraria di Bisunzu (SMB), si occupa dell’estrazione e del commercio di minerali, tra cui il coltan, la cassiterite, l’oro e il tungsteno. Secondo un articolo di Zoom Éco, la Società Mineraria di Bisunzu (SMB) è in conflitto con la Società Aurifera del Kivu e Maniema (SAKIMA). Infatti, sempre secondo l’articolo di Zoom Éco, il perimetro PE 4731 (36 pozzi minerari) attribuito alla SMB e su cui quest’ultima esercita le sue attività minerarie, risulta dall’amputazione, nel 2000, durante la ribellione del RCD/Goma, di cui Edouard Mwangachuchu era uno dei dirigenti, della concessione di SAKIMA, così ridotta a 324 pozzi, sebbene SAKIMA non  abbia mai ceduto alcuna parte dei suoi beni. Era da anni che Édouard Mwangachuchu era sospettato di finanziare dei gruppi armati con i fondi della SMB, di cui è proprietario.[34]

[1] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 12.03.’23   http://afrikarabia.com/wordpress/rdc-echec-du-cessez-le-feu-et-diplomatie-en-panne/
[2] Cf Congovirtuel.com, 22.02.’23
[3] Cf Radio Okapi, 20.02.’23
[4] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 22.02.’23
[5] Cf Radio Okapi, 24.02.’23
[6] Cf Radio Okapi, 24.02.’23
[7] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 25.02.’23
[8] Cf Radio Okapi, 26.02.’23
[9] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 28.02.’23
[10] Cf Radio Okapi, 28.02.’23
[11] Cf Radio Okapi, 01.03.’23; Jonathan Kombi – Actualité.cd, 01.03.’23
[12] Cf Radio Okapi, 05.03.’23
[13] Cf Claude Sengenya – Actualité.cd, 06.03.’23
[14] Cf Radio Okapi, 07.03.’23
[15] Cf Radio Okapi, 08.03.’23
[16] Cf Monge Junior Diama – Politico.cd, 23.02.’23
[17] Cf Radio Okapi, 25.02.’23
[18] Cf Radio Okapi, 04.03.’23
[19] Cf Yvonne Kapinga – Actualité.cd, 06.03.’23
[20] Cf Radio Okapi, 06.03.’23
[21] Cf Actualité.cd, 07.03.’23
[22] Cf Actualité.cd, 10.03.’23
[23] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 12 et 13.03.’23 ; AFP – Actualité.cd, 13.03.’23
[24] Cf 7sur7.cd, 13.03.’23; Laurent Omba – Info.cd, 19.03.’23
[25] Cf AFP – Actualité.cd, 17.03.’23
[26] Cf Radio Okapi, 13.03.’23
[27] Cf Radio Okapi, 14.03.’23
[28] Cf Radio Okapi, 16.03.’23
[29] Cf Actualité.cd, 18.03.’23
[30] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 18.03.’23
[31] Cf Glody Murhabazi et Patient Lukusa – 7sur7.cd, 19.03.’23
[32] Cf Actualité.cd, 23.03.’23
[33] Cf Glody Murhabazi – 7sur7.cd, 24.03.’23
[34] Cf Carmel Ndeo – Politico.cd, 06.03.’23