Congo Attualità n. 480

URGENTE: L’AVANZATA DELLA COALIZIONE M23 / RDF MINACCIA LA SOVRANITÀ NAZIONALE E L’INTEGRITÀ TERRITORIALE DELLA RDCONGO

INDICE

1. INTRODUZIONE
2. CIÒ CHE IL POPOLO CONGOLESE ATTENDE DAL VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO
3. L’M23AVANZA NELL’OCCUPAZIONE DI NUOVE ZONE
4. LA FARSA DEL RITIRO DELL’M23
5. ALCUNE DICHIARAZIONI
6. L’M23 PRENDE IL CONTROLLO SU KICHANGA, NEL MASISI

1. INTRODUZIONE

Dopo aver preso il controllo su Bunagana, posto di frontiera con l’Uganda, su Rutchuru, capoluogo del territorio omonimo, il Movimento del 23 marzo (M23), appoggiato dal Ruanda con armi, munizioni e truppe, ha ultimamente preso il controllo anche su Kitchanga, un importante centro commerciale del territorio di Masisi.
L’M23 ha ormai il controllo sulle due principali vie che collegano la parte settentrionale (il Grande Nord) del Nord Kivu al suo capoluogo, la città di Goma, che si trova ora completamente isolata, avendo l’M23 bloccato il traffico su queste due strade, la Kasindi – Beni – Butembo – Kanyabayonga – Kitchanga – Goma e la Bunagana – Rutchuru – Goma.  Ne consegue che Goma soffre già della scarsità e dell’aumento dei prezzi di generi alimentari e di beni di prima necessità.
L’M23 occupa attualmente oltre 100 villaggi del territorio di Rutchuru; in molti di essi vi ha istituito un’amministrazione parallela a quella dello Stato, nominando nuove autorità locali a lui fedeli e imponendo tasse illegali; ha compiuto massacri di popolazioni civili (es: a Ruvumu e a Ruseke, rispettivamente il 21 giugno e il 1° luglio 2022, con 21 vittime; Kishishe, il 29 e 30 dicembre 2022, con 131 vittime secondo la Monusco, 287 vittime secondo il governo congolese); ha proceduto ad arresti arbitrari e ad atti di tortura.
Come dimostrato dall’ultimo rapporto del gruppo degli esperti dell’ONU per la Repubblica Democratica del Congo pubblicato verso la fine di dicembre 2022, l’M23 è appoggiato dall’esercito ruandese (Rwanda Defense Force ( RDF) che gli fornisce truppe (molte centinaia di militari ruandesi, forse più di un migliaio), armi, munizioni, uniformi, caschi, giubbotti antiproiettili.
L’obiettivo dell’M23 e dell’esercito ruandese sarebbe quello di costringere il governo congolese ad accettare delle trattative, in vista di un’amnistia nei confronti dei membri dell’M23, di una loro integrazione nell’esercito congolese, di un riconoscimento dell’ala politica dell’M23 come nuovo partito politico, del ritorno di decine di migliaia di ruandofoni attualmente “rifugiati” in Ruanda.
Un secondo obiettivo sarebbe quello di mantenere il “Piccolo Nord” del Nord Kivu, cioè la città di Goma e i territori di Nyiragongo, Rutchuru, Masisi e Walikale, ricchissimi di minerali (oro, coltan, cassiterite, cobalto), sotto l’influenza economica, militare e politica del regime ruandese.
Molte iniziative sono state intraprese per risolvere questa crisi: la diplomazia di buon vicinato, basata su accordi economici e militari, l’instaurazione della legge marziale, le iniziative di pace di Luanda (Angola) e di Nairobi (Kenia) e la creazione di una forza militare regionale della Comunità dei paesi dell’Africa dell’Est (CAE). ma tutte hanno dimostrato i loro limiti e la loro inefficacia.
È dunque necessario un cambio di passo. È per questo che varie organizzazioni della Società Civile chiedono:
Alla Corte Penale Internazionale: aprire delle inchieste sui massacri commessi recentemente dall’M23 nel territorio di Rutchuru (Nord Kivu).
Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU: creare un Tribunale Penale Internazionale per la RDCongo, incaricato di esaminare tutti i crimini commessi in RDCongo, a partire da quelli perpetrati dal 1993 al 2003 dall’Alleanza delle Forze Democratiche di Liberazione (AFDL) e dal Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), in sinergia con le forze dell’esercito ruandese (APR) e descritti nel rapporto Mapping fino a quelli commessi successivamente dal Congresso Nazionale per la Sviluppo del Popolo (CNDP) e dall’M23, sempre con l’appoggio dell’esercito ruandese (RDF).
– Alla Comunità Internazionale: decretare delle sanzioni contro l’attuale regime ruandese, per aver violato l’embargo sulle armi a destinazione di un gruppo armato (l’M23, in questo caso) attivo nel Nord Kivu e per aver violato, con l’invio di truppe, l’integrità territoriale della RDCongo.
Queste sanzioni potrebbero concretizzarsi, per esempio, nella sospensione della cooperazione militare con il regime ruandese e in un controllo più rigoroso dell’esportazione, da parte del Ruanda, dei minerali (oro, coltan, cassiterite) provenienti dall’est della RDCongo. Non è infatti possibile che il Ruanda, un Paese piccolo e povero in risorse minerarie, sia diventato il primo Paese esportatore di coltan nella Regione dei Grandi Laghi Africani, tra i cui membri figura anche la RDCongo, un Paese vastissimo e ricchissimo di risorse minerarie.
– Al Governo congolese: procedere alla riforma dei servizi di sicurezza (esercito, polizia e intelligence), migliorando il reclutamento. la formazione e le condizioni di vita dei loro membri e assicurando loro tutti i mezzi (finanziari e logistici) necessari per l’attuazione della loro missione.
Dovrebbe inoltre procedere alla riforma del sistema giudiziario, introducendovi nuovi meccanismi di giustizia transizionale che, propri a situazioni di conflitto e post-conflitto, possono mettere fine all’impunità e rendere giustizia alle vittime.

2. CIÒ CHE IL POPOLO CONGOLESE ATTENDE DAL VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO

Papa Francesco si recherà nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) il 31 gennaio 2023 e vi rimarrà fino al 3 febbraio 2023. Francesco non si recherà nell’est del Paese a causa dell’insicurezza. È a Kinshasa, capitale della RDC, che egli pregherà per le popolazioni dell’est, da tre decenni vittime della barbarie e della malvagità degli uomini. Nell’est del paese si assiste ad una crudele e spietata brutalità che, aggravata da una barbara violenza. è voluta, pianificata dall’Occidente e messa in atto dal Ruanda, dall’Uganda e dai gruppi armati locali e stranieri. La sfida principale del momento è l’unità di tutti i Congolesi. Devono mettere da parte ogni dissenso e ogni altra divisione per vincere, insieme, la lotta contro la balcanizzazione del Paese e per salvare l’integrità territoriale e la sovranità nazionale della RDC. Perché una casa divisa in se stessa non può rimanere in piedi.
Secondo Mons. Théophile Kaboy, vescovo emerito della diocesi di Goma, «il messaggio “Tutti riconciliati in Gesù Cristo”, filo conduttore del viaggio pastorale di papa Francesco nella RDC, esorta il popolo congolese a intensificare la preghiera, per ricostruire le speranze distrutte, curare ogni tipo di ferite sull’esempio del buon samaritano del vangelo e affrontare insieme i reali pericoli di sconvolgimento del Paese, i cui sintomi sono oggi ben visibili. È ciò di cui abbiamo urgente bisogno in questo momento».
Il popolo congolese, infatti, si aspetta da papa Francesco una denuncia e una condanna inequivocabili della malvagità delle grandi potenze, che strumentalizzano il Ruanda e l’Uganda per destabilizzare la RDCongo. Il popolo congolese si aspetta che Papa Francesco dica con chiarezza chi sono i responsabili delle indicibili sofferenze inflitte alle tantissime vittime e che condanni con tutta la sua energia lo sfruttamento illegale e il saccheggio delle risorse naturali della RDC, dono di Dio. Dio, infatti, soffre oggi con l’Est della RDC. Soffre con Rutshuru, Beni, Ituri, Uvira. Il popolo congolese, di tutte le tendenze, attende che Papa Francesco preghi con loro il Signore, per far uscire la RDC da questa tragedia indescrivibile che si sta consumando al suo interno. Diamo il benvenuto a Papa Francesco che ci porta un messaggio di amore e di speranza e che ci invita alla resilienza: “Popolo congolese, non lasciarti mai rubare la speranza“.[1]

3. L’M23 AVANZA NELL’OCCUPAZIONE DI NUOVE ZONE

Il 27 dicembre, ci sono stati degli scontri tra il Movimento del 23 marzo (M23) e l’esercito congolese nel raggruppamento (di villaggi) di Bishusha. Altri scontri sono avvenuti tra l’M23 e una milizia di autodifesa a Marangara, una località del raggruppamento (di villaggi) di Tongo, in cui non c’è alcuna presenza da parte dell’esercito. In questo raggruppamento, l’M23 ha arrestato una cinquantina di persone, accusate di collaborare con i Mai-Mai Nyatura (una milizia congolese anti-M23) e le FDLR (un gruppo armato composto da Hutu ruandesi). Secondo il nipote di un catturato, «gli arrestati erano degli sfollati che erano andati a cercare del cibo nei loro campi e che l’M23 accusa di essere dei collaboratori delle FDLR e dei Nyatura». Un’altra persona ha aggiunto: «Mio padre ha 76 anni ed è stato arrestato con altre persone lunedì scorso. Hanno trascorso tre giorni in carceri segrete. Sono stati legati e poi trasferiti a Rutshuru – centro. Sono accusati di collaborare con i Nyatura e le FDLR».[2]

Il 27 dicembre, nella provincia del Nord Kivu, una coalizione di gruppi armati congolesi che, ancora attivi in questa regione, affermano di combattere contro il Movimento del 23 marzo (M23), ha chiesto alle autorità congolesi di creare un servizio “para-militare”. A questo proposito, davanti a un gruppo di giornalisti, Jules Mulumba, portavoce di questa coalizione formata da vari gruppi armati, tra cui CMC, APCLS, ANCDH, NDCR e FPP, ha dichiarato: «Chiediamo la creazione di una brigata speciale che, composta da “combattenti per la Resistenza” (…) e “indipendente dalle FARDC (esercito congolese)”, possa servire come corpo di “servizio paramilitare” o di “guardia frontaliera”». All’inizio di novembre 2022, il presidente Félix Tshisekedi aveva chiesto ai giovani del Paese di “organizzarsi in gruppi di vigilanza, per appoggiare le forze armate nella lotta contro l’M23”.[3]

Il 1° gennaio, il Movimento del 23 marzo (M23) ha occupato la località di Kiseguro, situata sull’asse Nyamilima-Ishasha, a 30 chilometri da Kiwanja, dopo avervi costretto i Mai-Mai e le FDLR a fuggire. Su un altro fronte, invece, l’esercito congolese è riuscito a respingere l’M23 dai villaggi di Kamatembe e Karenga, situati nel parco dei Virunga, nel territorio di Masisi.[4]

Il 2 gennaio, in seguito a dei combattimenti contro le milizie locali e le FDLR, il Movimento del 23 marzo (M23) ha occupato il villaggio di Kisharo, capoluogo del raggruppamento (di villaggi) di Binza, nel territorio di Rutshuru. L’M23 ha saccheggiato negozi e rubato capi di bestiame e altri beni della popolazione. L’esercito congolese si è ritirato a Nyakakoma, a circa 30 chilometri da Kisharo. dove c’è l’ufficio amministrativo del raggruppamento (di villaggi) di Binza. Kisharo si trova a una ventina di chilometri dal posto di frontiera di Ishasha (al confine con l’Uganda) e a circa 17 chilometri da Kiwanja (già sotto controllo dell’M23). Abitata  principalmente da Hutu, Hunde e Nande, la località di Kisharo è un importante centro commerciale, noto soprattutto per il mercato di pesce salato (proveniente da Nyakakoma) e di olio di palma.[5]

Il 4 gennaio, il Movimento del 23 marzo (M23) ha conquistato la strategica cittadina di Nyamilima, situata nel distretto di Bwisha, del raggruppamento (di villaggi) di Binza, a circa 110 km dalla città di Goma. In assenza dell’esercito congolese, che si era già ritirato da alcune settimane, l’M23 ha dovuto far fronte alla resistenza delle milizie locali, i Mai-Mai e i Nyatura. La presa di questa città potrebbe permettere all’M23 la conquista di Ishasa, una località situata alla frontiera con l’Uganda. Ancora aperta, questa frontiera permette di continuare il traffico commerciale tra i 2 Stati )la RDCongo e l’Uganda), dopo l’occupazione della frontiera di Bunagana il 13 giugno 2022 da parte dell’M23.[6]

Il 9 gennaio, si sono verificati degli scontri tra combattenti dell’M23 e delle FDLR, nel settore di Kazaroho, del raggruppamento (di villaggi) di Tongo, nel distretto di Bwito (territorio di Rutchuru). Il 10 gennaio, altri scontri sono stati segnalati nel settore di Katwiguru tra combattenti dell’M23 e milizie locali, tra cui i Mai-Mai Nyatura e il Collettivo dei Movimenti per il Cambiamento (CMC). Katwiguru si trova a circa 20 chilometri a ovest della città di Kiwanja, nel raggruppamento di Binza, distretto di Bwisha, nel territorio di Rutshuru.[7]

4. LA FARSA DEL RITIRO DELL’M23

Il 31 dicembre, in un comunicato stampa pubblicato da Kibumba, in seguito al suo incontro con il meccanismo congiunto di verifica ampliato, la forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC) ha ordinato al Movimento del 23 marzo (M23) di ritirarsi dalle località di Rumangabo e Kishishe, nel territorio di Rutshuru. entro il 5 gennaio. L’incontro è stato presieduto dal comandante della forza militare regionale, il generale keniano Jeff Nyagah. Secondo il comunicato, le forze dell’EAC hanno preso atto del ritiro dell’M23 da Kibumba e hanno iniziato a prendere il controllo di questa località. Rivolgendosi alle parti in conflitto, le forze dell’EAC e il Meccanismo congiunto di verifica ampliato hanno raccomandato alle FARDC (l’esercito congolese) e all’M23 di rispettare il cessate il fuoco deciso a Luanda (Angola) e a Nairobi (Kenya). Hanno poi chiesto agli operatori umanitari di venire in aiuto delle migliaia di sfollati interni che errano nei dintorni di Goma e di altre città del Nord Kivu.[8]

Il 3 gennaio, varie fonti locali hanno affermato che il ritiro dell’M23 da Kibumba non è ancora effettivo, benché annunciato dieci giorni prima, il 23 dicembre, Un abitante di Kibumba ha detto che l’M23 ha lasciato solo due posizioni: Kamahoro e Tre antenne, a circa 3 km dal centro di Kibumba. Membri della società civile hanno affermato che anche dopo l’annuncio del suo ritiro, l’M23 appoggiato dall’esercito ruandese mantiene ancora le sue posizioni nel raggruppamento (di villaggi) di Kibumba e di Buhumba.
Nel raggruppamento di Kibumba, la società civile cita: le colline Bizuru nel villaggio di Kingarame, Lodge Mikeno/ICCN, Hehu, l’ospedale generale / l’ufficio amministrativo del territorio, la scuola elementare Emmaüs situata nei pressi della piantagione di eucalipti a Kingarame, il villaggio Kabindi, nei pressi della piantagione di eucalipti denominata Kahingiro e Bukavu, un quartiere del villaggio Rulimba.
Nel raggruppamento Buhumba, la società civile riferisce cita: la chiesa cattolica del villaggio di Chegera, Harama/Nakabumbi, la scuola elementare di Jibu nel villaggio di Ngobera, il CLPC Buhumba, la collina di Nyundo nel villaggio di Rwibiranga, Kitotoma/Hehu, la scuola elementare di Mizabibu nel villaggio di Kabuye, il deposito del PAM vicino a Ruhunda/Rwibiranga,  Kabagana, ecc.[9]

Il 3 gennaio, le autorità del territorio di Rutshuru hanno deplorato la lentezza relativa al ritiro dell’M23 dalle località occupate. In particolare, esse disapprovano la procedura di ritiro villaggio per villaggio e propongono che l’M23 lasci immediatamente tutti i villaggi, per tornare alle sue posizioni iniziali, conformemente alle conclusioni  del mini-vertice di Luanda. Appoggiato da truppe ruandesi, attualmente l’M23 occupa più di 100 villaggi dei raggruppamenti di Bwisha e di Bwito, situati nel territorio di Rutshuru.[10]

Il 4 gennaio, in un comunicato, uno dei portavoce dell’M23, Laurence Kanyuka, ha annunciato che l’M23 consegnerà il campo militare di Rumangabo alla forza militare regionale dell’EAC il giorno dopo, 5 gennaio.[11]

Il 6 gennaio, l’M23 ha “ufficialmente” consegnato il campo militare di Rumangabo, situato a 40 km a nord di Goma, nel raggruppamento di Kisigari, distretto di Bwisha, territorio di Rutshuru, alla forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC). Il rappresentante dell’M23, il colonnello Amani Nzenze, ha messo in guardia l’esercito congolese circa eventuali suoi attacchi contro le postazioni occupate dallo stesso M23: «Se continua ad attaccarci, risponderemo con le nostre armi. Più saremo attaccati, più ci difenderemo e allargheremo sempre più il nostro raggio di difesa». Infatti, se “si ritira” da alcune sue posizioni, l’M23continua la sua offensiva in altre zone: a est verso l’Uganda e a ovest verso il territorio di Masisi.[12]

L’8 gennaio, vari testimoni hanno confermato che l’M23 non si è ancora ritirato dal territorio di Nyiragongo. nonostante il dispiegamento della forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC). La presenza dell’M23 è ancora segnalata nei pressi dell’ospedale generale, più precisamente nei dintorni del centro sanitario di Kingarame, dove vengono curati i suoi feriti di guerra. Secondo fonti concordanti, l’M23 occupa ancora il villaggio di Kiroje, un centro sanitario nel Parco Nazionale dei Virunga e la collina di Hewu. Le stesse fonti affermano che l’M23 ha nominato un nuovo capo che ormai amministra i raggruppamenti (di villaggi) di Kibumba e di Buhumba. Gli agenti di questa amministrazione parallela istituita dall’M23 impongono tasse illegali e lavori obbligatori. Da parte sua, la forza militare regionale dell’EAC si è insediata nei pressi del villaggio di Kingarame. in un luogo noto come “Tre Antenne”. La popolazione locale afferma di non sapere quale sia l’intenzione della forza militare regionale dell’EAC che, secondo vati osservatori, sta deludendo la popolazione stessa che aveva riposto in essa le sue speranze.[13]

Il 9 gennaio, il presidente della società civile di Rutshuru, Jean-Claude Mbabaze, ha affermato che l’annunciato ritiro dell’M23 da Rumangabo è stato “un semplice diversivo”. Secondo le sue dichiarazioni, l’M23 continua ad occupare i dintorni del campo di Rumangabo, in particolare i villaggi di Katale, Rugari e Mushoro,
Secondo il ricercatore in relazioni internazionali dell’Università di Lubumbashi (UNILU), Frédéric Amani, la forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC) ha fallito, dal momento in cui essa non riesce a costringere l’M23 a ritirarsi dalle posizioni illegalmente occupate: «La mancanza di rispetto (da parte dell’M23) nei confronti dell’appello rivolto dalla forza militare regionale dell’EAC all’M23, affinché quest’ultimo si ritiri  dalle località occupate, dimostra il fallimento di questa organizzazione e la sua incapacità di contribuire, in modo concreto, al ritorno della pace e della sicurezza in questa zona martoriata da continui conflitti».[14]

Il 12 gennaio, a Mombasa, in Kenya, Uhuru Kenyatta, facilitatore designato dalla Comunità dell’Africa dell’Est (EAC), ha incontrato dei rappresentanti dell’M23, per discutere sulla questione dell’insicurezza nel Nord Kivu, dove l’M23 controlla molte località del territorio di Rutshuru. L’M23 era rappresentato da Bertrand Bisimwa, presidente del movimento e da altri responsabili del ramo politico, come Laurence Kanyuka, Mponimba e Castro. Dopo aver confermato all’ex presidente keniano il ritiro dell’M23 dalla cittadina di Kibumba e dalla base militare di Rumangabo, i delegati dell’M23 si sono impegnati ad osservare il cessate il fuoco e a ritirarsi progressivamente anche dalle altre località finora occupate. Questo incontro è stato particolarmente importante, perché organizzato in preparazione di nuovi colloqui (Nairobi IV) tra il governo congolese e i gruppi armati, previsti a metà febbraio. L’M23 era stato escluso dall’incontro di Nairobi III da Kinshasa, perché considerato come gruppo terroristico.[15]

Il 16 gennaio, vari abitanti del territorio di Rutchuru hanno affermato che l’M23 si starebbe ritirando dalla parte est di Kiwanja, da Nyamilima, da Burumba e da Kisharo.
Fonti della società civile locale hanno dichiarato che, a Kiwanja e a Rutshuru – Centro si sono viste delle colonne di uomini armati che camminano con bagagli sulla testa. Una colonna prende la direzione sud di Rutshuru, dirigendosi verso Burayi, a 2 km da Rutshuru e verso Rubare, dove ce ne sono già molti altri. Un’altra colonna si sta dirigendo verso Kahunga. Sull’asse settentrionale Kiwanja-Kanyabayonga. Alcune fonti rivelano che l’M23 si sta ritirando anche dal distretto di Bwisha, per rafforzare le sue posizioni in due raggruppamenti (di villaggi) del distretto di Bwito: Bishusha e Tongo. Le stesse fonti affermano che l’M23 sta rafforzando il suo quartier generale situato proprio a Bwiza.
Secondo varie fonti, queste operazioni di ritiro da parte dell’M23 sono effettuate per conformarsi alle raccomandazioni del mini vertice di Luanda (Angola), in cui era stato fissato il 15 gennaio 2023, come termine ultimo per il ritiro dell’M23 dalle zone occupate nei territori di Rutshuru e di Nyiragongo e per il suo ritorno alle posizioni iniziali di Sabinyo e Chanzu. Tuttavia, gli abitanti della zona e la società civile si dicono molto scettici su queste operazioni di ritiro e parlano di “manovre ingannatrici” per distrarre l’opinione pubblica, visto che la data dell’ultimatum fissata per il loro ritiro è già scaduta il 15 gennaio.[16]

Il 17 gennaio, il presidente del l’M23, Bertrand Bisimwa, ha mantenuto la posizione ufficiale del suo movimento, dichiarando che «il ritiro delle forze dell’Esercito Rivoluzionario del Congo / Movimento del 23 marzo (ARC/M23) non deve in alcun modo essere utilizzato per il ridispiegamento delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e delle milizie loro alleate nelle zone consegnate dall’ARC/M23 alla forza militare regionale della Comunità dei paesi dell’Africa dell’Est (CAE)».[17]

Il 19 gennaio, il capo amministrativo di Bambo, nel raggruppamento di Tongo, in territorio di Rutshuru, ha affermato che, dopo essersi ritirato dalla città di Nyamilima, l’M23 sta rafforzando altre sue postazioni. soprattutto nelle zone di Tongo, Mulimbi, Kishishe, Bwiza e Mabenga-Rwindi: «l’M23 sembra abbia l’intenzione di prendere il controllo sulla strada Goma-Sake e di occupare SOMIKI, la città di Kibirizi, Kitshanga e Kirolirwe, per poter accedere ai siti minerari di Rubaya». Nonostante ciò, da circa cinque giorni, nel territorio di Rutshuru si osserva una precaria tregua su tutte le linee del fronte, anche se la situazione rimane particolarmente tesa nel raggruppamento (di villaggi) di Tongo, soprattutto a  Mudugudu, Shonyi e Rusekera, dove alcune milizie, tra cui CMC Nyatura e le FDLR, tendono regolarmente delle imboscate all’M23, originando ripetuti scontri.[18]

5. ALCUNE DICHIARAZIONI

Il 12 gennaio, in un comunicato stampa, i responsabili della Società Civile del Nord Kivu e del Sud Kivu hanno fatto notare che, mentre l’esercito congolese osserva un cessate il fuoco unilaterale e la forza militare regionale della Comunità dell’Africa dell’Est (EAC) sembra aver deciso di evitare lo scontro diretto, l’M23 continua ad avanzare nella conquista di nuove località e a commettere atrocità sulla popolazione civile.
A questo proposito, essi hanno ricordato che, il 7 gennaio, a Biruma, l’M23 ha frustato a morte 2 persone, perché si erano rifiutate di obbedire ai suoi ordini. L’8 gennaio, l’M23 ha nominato un nuovo capo del raggruppamento (di villaggi) di Buhumba (territorio di Nyragongo). Il 9 gennaio, a Marangara, una località del raggruppamento di Tongo, nel territorio di Rutshuru, dopo il fallimento di un suo attacco respinto dalle FARDC, l’M23 ha massacrato un gruppo di contadini che stavano lavorando nei loro campi. Il 10 gennaio, a Kisimba, l’M23 ha vilmente maltrattato un gruppo di persone che erano andate a cercare legna e carbone. Lo stesso 10 gennaio, a Kalengera, l’M23 ha violentemente percosso dei contadini, perché avrebbero violato la disposizione di andare a coltivare i loro campi. Dopo aver ricordato tutto ciò, la società civile ha constatato che, nonostante tutti gli abusi commessi dall’M23, le autorità congolesi e la forza militare regionale dell’EAC non solo sono rimaste passive, ma hanno addirittura partecipato a delle cosiddette cerimonie di “ritiro dell’M23”, che si sono poi rivelate essere delle inutili cerimonie “di facciata”, perché molti elementi dell’M23 sono rimasti nelle zone occupate. Esprimendo la loro indignazione per tutto ciò, le società civili del Nord e del Sud Kivu hanno dichiarato che «è ora di smetterla di coccolare l’M23 a danno di migliaia di vite umane erranti».
La società civile ha denunciato la “ipocrisia” dell’M23 quando annuncia ufficialmente il suo ritiro da alcune zone occupate, in conformità con le decisioni prese dai Capi di Stato nel Minivertice di Luanda. Ha quindi chiesto al governo congolese e alla Forza militare regionale dell’EAC di non partecipare più a quelle “fasulle” cerimonie di ritiro dell’M23 e di impegnarsi invece a fare tutto ciò che è necessario per riportare, il più presto possibile, la pace e la sicurezza nei territori di Rutshuru e di Nyiragongo. La società civile ha annunciato che, dopo il 15 gennaio 2023, se non si vedrà alcuna prospettiva di soluzione, convocherà delle manifestazioni popolari illimitate contro tutti coloro che non vogliono trovare una soluzione alla guerra che dura da più di due decenni. La società civile ha raccomandato alla comunità internazionale di intensificare le pressioni, infliggendo pesanti sanzioni al Ruanda che non rispetta assolutamente gli impegni assunti in vista del ritorno della pace e della sicurezza nella Regione dei Grandi Laghi Africani. Infine, ha raccomandato al Presidente dell’EAC di convocare una riunione dei Capi di Stato, per prendere atto del fatto che l’M23 e il Ruanda stanno tentando di distrarre l’opinione pubblica mediante annunci “ipocriti” di falsi ritiri e per ordinare alla forza militare regionale di intervenire in modo esplicito e diretto, per costringere l’M23 e le truppe ruandesi presenti in territorio congolese a ritirarsi per davvero.[19]

Il Prof. André Mbata, 1° Vicepresidente dell’Assemblea Nazionale si è espresso sulle dichiarazioni del Senatore Repubblicano dello Stato dell’Arkansas (USA), John Nichols Boozman, rilasciate a proposito dell’aggressione della Repubblica Democratica del Congo da parte del Ruanda, attraverso l’M23. Va ricordato che, recentemente, il senatore Boozman aveva dichiarato che, «attualmente, è praticamente impossibile che l’esercito congolese possa recuperare le zone occupate dall’M23. L’ONU deve quindi cominciare a riflettere sullo statuto da dare a queste zone». La replica del costituzionalista congolese è secca e tagliente: «Il rispetto dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e della non ingerenza negli affari interni sono i principi fondanti dell’Onu. I Congolesi non accetteranno mai di cedere una porzione del territorio del loro Paese, ricchissimo di risorse naturali, al Rwanda, all’M23 o a qualsiasi altro Paese del mondo».[20]

Il 18 gennaio, in un comunicato stampa, il Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Esteri, Christophe Lutundula, ha dichiarato: «Il Governo della Repubblica Democratica del Congo prende atto del reiterato rifiuto, da parte dell’M23, di eseguire le disposizioni del piano di pace stabilito dai Capi di Stato che hanno partecipato al Mini-Summit di Luanda, svoltosi il 23 novembre 2022, nell’ambito delle iniziative di pace di Nairobi e di Luanda e in conformità con le raccomandazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; prende atto del mancato rispetto, da parte del Ruanda, degli impegni assunti nell’ambito dei processi di pace di Nairobi e di Luanda, del suo rifiuto di mettere fine al suo appoggio all’M23/ARC e della sua aggressione della RDC; invita l’ONU, l’UA, l’EAC, la CIRGL e i partner bilaterali ad assumersi le loro responsabilità sanzionando, secondo i propri meccanismi e le proprie regole, le autorità ruandesi e i dirigenti militari e politici dell’M23, che continuano a violare il diritto internazionale e i diritti umani fondamentali nell’Est della RDCongo … Da parte sua, il governo della Repubblica Democratica del Congo si assumerà tutte le sue responsabilità costituzionali, per salvaguardare sia l’integrità territoriale che la sovranità dello Stato congolese e garantire la sicurezza delle sue popolazioni».[21]

In seguito al mancato rispetto, da parte del Movimento del 23 marzo (M23), del termine concessogli per ritirarsi dalle zone occupate, in conformità con le raccomandazioni del mini-summit di Luanda, svoltosi il 23 novembre 2022, alcune associazioni della società civile congolese hanno chiesto alla comunità internazionale di ricorrere a misure più vincolanti.
Il coordinatore dell’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ), Georges Kapiamba, ha affermato: «L’Unione Africana, le Nazioni Unite, la Comunità dell’Africa dell’Est e i comandanti della forza militare regionale dovrebbero adottare misure più vincolanti nei confronti dell’M23/ARC come, per esempio, un disarmo forzato». Nello stesso tempo, per porre fine alla situazione di grave insicurezza che caratterizza l’est della RDC, egli si è detto favorevole alle iniziative di pace di Nairobi e di Luanda: «Si deve continuare a cercare delle soluzioni attraverso la via diplomatica, poiché si può iniziare una guerra, ma non si sa come andrà a finire e con quali danni. Se fosse ancora possibile raggiungere la piena attuazione delle risoluzioni (ritiro e disarmo dell’M23) di Nairobi e di Luanda, attraverso la diplomazia , sarebbe la via giusta, perché ciò contribuirebbe ad evitare la perdita di molte vite umane e a risparmiare ingenti spese militari da parte del governo».
Da parte sua, il coordinatore della Nuova Società Civile Congolese (NSCC), Jonas Tshombela, ha affermato: «L’M23 è un agglomerato di persone senza fede né legge di cui non ci si può fidare e che, perciò, deve essere disarmato con la forza. La società civile è estremamente preoccupata per l’ipocrisia dei paesi della Comunità dell’Africa dell’Est. Abbiamo molti sospetti nei confronti della forza militare regionale poiché, dopo il sedicente ritiro dell’M23. Ha preso il controllo su territori in cui le FARDC non possono più accedervi, benché ne siano autorizzate dalla costituzione della Repubblica. Quindi pensiamo che questa forza militare regionale non abbia più alcun motivo per restare sul nostro suolo, tanto più che non sta compiendo la sua missione, quella di costringere l’M23 a ritirarsi sulle sue posizioni iniziali e di deporre le armi. Il livello di insicurezza è altissimo e le persone uccise sono molte, troppe.  Per questo, lo Stato congolese dovrebbe poter assumersi la responsabilità di proteggere le persone e le loro proprietà. È giunto il momento di reagire come popolo e come nazione. Il Governo deve assicurare all’esercito tutti i mezzi necessari per essere pronto a difendere l’integrità territoriale e la sovranità dello Stato. Non c’è più tempo di affidarsi a dei testi di accordi, quando si sa che l’M23 e i suoi alleati non considereranno mai prioritaria la loro applicazione».[22]

Il 21 gennaio, in un’intervista sulla degradazione della situazione di insicurezza nei territori di Rutshuru e Nyiragongo causata dalla ripresa delle ostilità da parte dell’M23, il deputato nazionale Crispin Mbindule Mitono ha proposto l’opzione militare come unica via che possa permettere al Governo congolese di disarmarlo. Questo deputato eletto a Butembo (Nord Kivu) ha giustificato questa raccomandazione per il fatto che l’M23 sta avanzando verso il territorio di Masisi, con l’intenzione di occupare le zone minerarie di Kichanga e di Kiloliwe. C’è da aggiungere che, secondo alcuni analisti, appoggiato dall’esercito ruandese, l’M23 avrebbe intenzione di prendere anche  la città di Goma, per poter negoziare con il governo congolese in una posizione di forza. Per questo, Crispin Mbindule ha chiesto alla forza militare regionale dell’EAC di compiere pienamente la sua missione nella RDC, intraprendendo delle operazioni militari dirette contro le truppe dell’ARC/M23.[23]

Secondo John Lupala, attore politico, se il Congo avesse istituzioni normali e veri congolesi tra i governanti, la questione relativa all’esportazione del coltan congolese da parte del Ruanda, ciò che lo rende addirittura primo esportatore di questo minerale nella regione dei Grandi Laghi Africani, dovrebbe essere discussa in parlamento, richiamando all’ordine tutti quei personaggi che, benché complici del Ruanda, sono presenti nelle nostre istituzioni. Nessuno ne parla, eppure i danni sono enormi. Non si fa nulla, perché la complicità di certi Congolesi in questa catena di distruzione del nostro Paese risulta essere troppo imbarazzante. Questa è la conseguenza della mancanza di legittimità di alcuni ufficiali e autorità che gestiscono questo nostro Paese. Quando si è un governante legittimo, si difendono gli interessi legittimi del proprio Paese. Di conseguenza, è inammissibile e inconcepibile che un paese straniero venga a sfruttare le nostre ricchezze naturali e se ne vada senza che i nostri governanti reagiscano in modo adeguato. Per liberarsi dall’occupazione impostaci dal regime di Paul Kagame, il popolo congolese deve dimostrarsi determinato e dotato di spirito di sacrificio.[24]

6. L’M23 PRENDE IL CONTROLLO SU KICHANGA, NEL MASISI

Il 24 gennaio, alle prime ore del mattino, l’M23 ha attaccato le postazioni dell’APCLS-Kambuzi, dell’NDC-R di Guidon e delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) situate a Uli, a 4 km da Kitshanga, importante centro commerciale di 105.000 abitanti, nel raggruppamento di Bishusha. in territorio di Masisi, a una settantina di chilometri a nord di Goma, capoluogo del Nord Kivu. Altri combattimenti hanno avuto luogo intorno a Bishusha, Ngesha, Bwiza e Bishakishaki. L’esercito congolese e i gruppi armati Mai-Mai sono riusciti a bloccare l’avanzata dell’M23 verso il centro di Kitshanga, ma gli scontri sono continuati verso Tebero, Kabeza e Tabi, tre località a cavallo dei territori di Masisi e di Rutshuru. Secondo fonti locali, l’obiettivo dell’M23 sarebbe stato quello di bloccare l’unica strada che, ancora aperta al traffico, continua a collegare la città di Goma alla parte settentrionale della provincia del Nord Kivu. dopo la chiusura al traffico dell’altra strada che passa attraverso il territorio di Rutshuru e già sotto controllo dell’M23. Più precisamente, gli obiettivi dell’M23 sembrano essere due: prendere il controllo dei siti minerari di Rubaya e bloccare il traffico sugli assi stradali Kitchanga-Masisi e  Sake-Goma.
Nel territorio di Rutshuru, gli abitanti hanno constatato degli spostamenti di combattenti M23 provenienti da Nyamilima e diretti verso Kitshanga.[25]

Il 25 gennaio, sono ripresi i combattimenti tra le FARDC e l’M23 da un lato e tra i Mai-Mai e l’M23 dall’altro. Gli scontri hanno avuto luogo sulle due linee del fronte, cioè nei territori di Masisi e di Rutshuru (Nord Kivu). Nel territorio di Masisi, si sono svolti intensi combattimenti a Rugarama, a 2 chilometri da Kitshanga. L’M23 ha cercato di prendere il controllo sulla città di Kitshanga, ma senza riuscirci, avendo incontrato una forte resistenza da parte delle Forze Armate della RDC. Tuttavia, l’M23 è riuscito a prendere il controllo sulla strada Kitshanga-Goma, a partire da Rugarama stesso. È così che la città di Goma, capoluogo del Nord Kivu, è ora isolata dalla parte settentrionale della provincia, perché questa strada (la Kitshanga-Goma) che attraversa tutto il Masisi, era rimasta l’unica via di collegamento tra Goma-Rutshuru-Butembo e Beni. Nel territorio di Rutchuru, più precisamente nel distretto di Bwito, l’M23 ha occupato i villaggi di Bambo e Kishishe, mentre il giorno prima era stato respinto dalle FARDC e dai Mai-Mai.[26]

Il 26 gennaio, nelle prime ore del mattino, l’esercito congolese ha attaccato il Movimento del 23 marzo (M23) a Burungu, a 10 km a sud di Kitshanga, in direzione del parco Virunga, con l’obiettivo di riprendere il controllo sulla strada Kitshanga – Goma.
Altri scontri sono stati segnalati nei pressi di Rugarama, a meno di 5 km da Kitshanga.
Nel pomeriggio, secondo un abitante di Kitshanga, «verso le 16:00, l’M23 ha lanciato due bombe sulla città di Kichanga, provocando due feriti in un campo profughi. Pochi minuti dopo, i soldati delle FARDC si sono ritirati, dirigendosi verso Mweso, un villaggio situato sulla strada per Kanyabayonga e Walikale, uno dei sei territori della provincia del Nord Kivu, ricchissimo di minerali (cobalto, oro, cassiterite, ecc.). Dopo un po’, si è sentito il rumore di un’intensa sparatoria ed è stato in quel momento che ci siamo resi conto che l’M23 era già entrato a Kitchanga». Da parte loro, le FARDC hanno dichiarato di aver abbandonato Kitshanga, per evitare dei combattimenti diretti in città, combattimenti che avrebbero causato molte vittime tra la popolazione civile. Il portavoce del settore operativo Nord Kivu dell’operazione Sokola 2, il tenente colonnello Njike Kaiko Guillaume, ha parlato di un “ritiro strategico”. Secondo fonti dei servizi della sicurezza e della sanità, questi recenti scontri avrebbero causato la morte di almeno 14 persone.[27]

Il 27 gennaio, secondo fonti locali, i combattenti dell’M23, appoggiati dalle truppe ruandesi, hanno saccheggiato molte botteghe del centro di Kitchanga, la parrocchia cattolica di Saint-Barthélemy, situata nel distretto di Mungote, e l’hotel Nyarusumba, che era servito da quartier generale dell’esercito. L’M23 e le truppe ruandesi hanno occupato parecchie case private dopo averne sfondato le porte.[28]

Il 27 gennaio, intervenendo in Consiglio dei Ministri, il ministro congolese della Difesa, Gilbert Kabanda, ha nuovamente accusato il Ruanda di aver facilitato la presa di Kitshanga, inviando altre sue truppe ben dotate di mezzi terrestri e antiaerei.
Un membro della società civile di Kitshanga ha affermato che «i militari congolesi si sono ritirati verso Mweso, dopo aver combattuto per vari giorni, ma senza ricevere altri rinforzi supplementari. Situazione che condanniamo con la massima energia perché, dopo la presa di Kitshanga, non sappiamo dove e quando l’M23 potrà trovare un’altra resistenza che gli impedisca di avanzare ulteriormente».
Il portavoce dell’esercito congolese, il generale-maggiore Sylvain Ekenge Bomusa Efomi, ha rivelato «la presenza, a Masisi, di forze speciali dell’esercito ruandese, con il mandato di commettere dei massacri contro i Tutsi congolesi, al fine di attribuirne la responsabilità alle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo e di trovare, quindi, un alibi per giustificare, davanti all’opinione pubblica internazionale, la presenza di truppe ruandesi nell’est della RDC». Dopo la presa di Kitshanga, in territorio di Masisi, il portavoce militare dell’M23, Willy Ngoma, aveva già detto: «Stiamo combattendo in legittima autodifesa e per impedire il massacro delle nostre famiglie».[29]

[1] Cf Lescoulissesrdc.info, 22.01.’23  https://lescoulissesrdc.info/rdc-ce-que-les-populations-de-lest-attendent-de-la-visite-du-pape-francois/
[2] Cf Actualité.cd, 27.12.’22
[3] Cf AFP – Actualité.cd, 28.12.’22
[4] Cf Radio Okapi, 02.01.’22
[5] Cf Radio Okapi, 03.01.’23; Actualité.cd, 03.01.’23
[6] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 04.01.’23
[7] Cf Radio Okapi, 09 e 10.01.’23
[8] Cf Radio Okapi, 01 et 03.01.’23
[9] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 03.01.’23
[10] Cf Radio Okapi, 03.01.’23
[11] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 04.01.’23
[12] Cf AFP – Actualité.cd, 07.01.’23; Merveilles Kiro – Politico.cd, 07.01.’23
[13] Cf Radio Okapi, 09.01.’23
[14] Cf Radio Okapi, 10.01.’23
[15] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 13.01.’23
[16] Cf Radio Okapi, 16.01.’23
[17] Cf Actualité.cd, 17.01.’23
[18] Cf Radio Okapi, 19.01.’23
[19] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd. 13.01.’23; Christian Okende – Politico.cd, 12.01.’23
[20] Cf 7sur7.cd, 13.01.’23
[21] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 18.01.’23; Radio Okapi, 19.01.’23
[22] Cf Grâce Guka – Actualité.cd, 22.01.’23
[23] Cf Azarias Mokonzi – Politico.cd, 22.01.’23
[24] Cf Charitenewsrdc.com, 20.01.’23
[25] Cf Jonathan Kombi et Claude Sengenya – Actualité.cd, 24.01.’23; Radio Okapi, 24.01.’23
[26] Cf Radio Okapi, 25.01.’23
[27] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 26 e 27.01.’23
[28] Cf Radio Okapi, 27.01.’23
[29] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 28.01.’23