Congo Attualità n. 470

L’OPERAZIONE MILITARE UGANDESE “SHUJAA” IN RDCONGO

Combattere le ADF o tutelare gli interessi economici?

Gruppo di Studi sul Congo (GEC) – Giugno 2022[1]

INDICE

RIASSUNTO
1. INTRODUZIONE
2. L’OPERAZIONE “SHUJAA”
3. INFRASTRUTTURE STRADALI E RELAZIONI UGANDO – CONGOLESI
a. Il progetto di costruzione di strade nell’est della RDcongo
b. I risvolti economici e politici del progetto
c. La società Dott Service
4. LE OPERAZIONI MILITARI E L’AUMENTO DELLE TENSIONI CON IL RUANDA
a. La ripresa delle ostilità da parte del Movimento del 23 Marzo (M23)
b. L’accesso ai minerali della RDCongo e le tensioni regionali
5. IL PETROLIO, TOTAL ÉNERGIES E LA FRANCIA
a. Un’esigenza di procedere rapidamente
b. La necessità di sicurezza
6. CONCLUSIONE

RIASSUNTO

Nel mese di novembre 2021, il Movimento del 23 marzo (M23) ha iniziato ad attaccare delle postazioni militari congolesi in una zona del Nord Kivu situata nei pressi della frontiera con l’Uganda e il Ruanda. Gli attacchi si sono intensificati in maggio 2022, quando l’M23 stava per occupare il più grande campo militare del Nord Kivu, Rumangabo, con l’intenzione di avanzare  verso Goma, capoluogo della regione. A fine maggio, gli sfollati erano 61.000.  Secondo fonti credibili,  l’offensiva dell’M23è stata appoggiata dall’esercito ruandese.
Il presente rapporto si concentra sull’invio di truppe dell’esercito ugandese, le Forze di Difesa Popolare dell’Uganda (UPDF), nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri, per condurre delle operazioni militari in sinergia con l’esercito congolese, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC). Secondo il governo ugandese, l’obiettivo di queste operazioni militari congiunte è lo smantellamento delle Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo armato islamista estremamente brutale e di origine ugandese. Ma è questo l’unico motivo?
Questo rapporto, presenta altri motivi, di tipo economico e geopolitico. In particolare, esso spiega che l’operazione militare è stata intrapresa per assicurare la protezione dei giacimenti petroliferi ugandesi situati nei pressi del lago Alberto, alla frontiera con il Kivu (RDCongo) e dei lavori di costruzione o di riabilitazione di alcune  strade sul territorio congolese. Queste nuove strade faciliterebbero le esportazioni ugandesi verso l’est della RDCongo.
Sia il governo ugandese che alcune imprese private traggono profitto dalle operazioni militari intraprese. Da una parte, queste ultime consentono a Dott Services, una società edilizia ugandese, e a Total Energies, una compagnia petrolifera francese, di promuovere i propri interessi. Dall’altra, il presidente ugandese Yoweri Museveni ha fatto del commercio di esportazione  e dell’estrazione del petrolio la pietra angolare della sua strategia economica e politica: con una popolazione giovane in rapida crescita e un calo di popolarità, la crescita economica è essenziale per il suo governo.
Tuttavia, l’intervento militare dell’Uganda in RDCongo ha già avuto delle  ripercussioni geopolitiche di vasta portata, poiché ha irritato il Ruanda, ciò che potrebbe essere stata una delle ragioni della ripresa delle ostilità da parte del Movimento del 23 Marzo (M23).

1. INTRODUZIONE

Il 16 novembre 2021, tre kamikaze avevano perpetrato un attacco terrorista a Kampala, uccidendo almeno quattro persone e ferendone 37, tra cui 27 agenti di polizia. Un quarto kamikaze era stato rintracciato e ucciso. Nella stessa giornata, dopo l’accaduto, il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, aveva affermato che gli attentatori erano in relazione con le Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo islamista sorto in Uganda all’inizio degli anni 1990 e fuggito nella Repubblica Democratica del Congo nel 1995. Sempre nello stesso giorno, gli attacchi di Kampala sono stati rivendicati dallo Stato Islamico, a cui le ADF hanno giurato fedeltà nel mese di luglio 2019.
Poco dopo l’attacco terrorista di Kampala, il presidente congolese Felix Tshisekedi e il presidente Museveni hanno deciso di avviare delle operazioni militari “congiunte” nel nord-est della RDCongo per smantellare le ADF. Questo accordo politico è stato formalizzato in un accordo di difesa e sicurezza tra l’Uganda e la RDCongo firmato il 9 dicembre 2021.

2. L’OPERAZIONE “SHUJAA”

La parola swahili Shujaa significa “campione” o “eroe”. Dall’inizio delle operazioni, il governo ugandese le ha presentate come un successo. Il 30 novembre 2021, Muhoozi Kainerugaba, figlio del presidente ugandese, ha affermato su Twitter che un migliaio di ribelli delle ADF erano stati uccisi e che l’esercito ugandese aveva “sganciato 30 tonnellate di munizioni su di loro mentre dormivano”. Nello stesso modo, Il 7 marzo 2022, l’esercito congolese ha annunciato di aver liberato almeno 72 ostaggi, catturato 98 combattenti ADF, ucciso molti altri e recuperato 197 armi. il 27 marzo 2022, il portavoce dell’esercito congolese, il generale Kasonga, ha affermato che “tutte le roccaforti, tutti i campi-base e tutti i quartier generali delle ADF sono state distrutti” e che “le zone circostanti sono state messe in sicurezza”. Tuttavia, nessuna di queste dichiarazioni sembra essere stata confermata da fonti indipendenti.
L’utilizzo dell’artiglieria pesante ha costretto le ADF ad abbandonare le sue basi storiche situate nel “triangolo della morte”, a nord-est della città di Beni (Nord Kivu), frantumandosi  in tre o quattro gruppi. Alcuni di questi gruppi si sono spostati verso ovest, raggiungendo Mambasa, nell’Ituri.
Sebbene il numero degli attacchi delle ADF sia diminuito durante i primi mesi dell’operazione, esso è tuttavia aumentato a partire dal febbraio 2022. Secondo il Kivu Security Tracker, nel mese di  marzo 2022, le ADF hanno ucciso almeno 119 persone civili, una cifra superiore alla media registrata negli otto mesi precedenti all’operazione. Infatti, sempre secondo il Kivu Security Tracker, tra aprile e novembre 2021 inclusi, la media delle persone uccise si aggirava era di circa 95 al mese.
Un diplomatico ha definito l’operazione Shujaa come un tentativo di “schiacciare una mosca con un martello”; un altro l’ha descritta con l’espressione “molto fumo ma poca carne”. Ciò significa che l’impatto a lungo termine di queste operazioni sul gruppo ADF è altamente discutibile.
Alcuni analisti sostengono inoltre che il numero esiguo di soldati dell’esercito ugandese impegnati nell’operazione, tra 2.000 e 4.000, non permette di ottenere risultati soddisfacenti: date le difficoltà e la vastità del campo su cui opera, l’esercito ugandese deve probabilmente limitarsi a respingere i combattenti delle ADF verso luoghi più distanti. Inoltre, l’attuale strategia militare dell’operazione trascura il carattere ibrido delle ADF, che sono simultaneamente un gruppo internazionale, con legami in tutta l’Africa orientale, e un gruppo locale, radicato nelle dinamiche locali.
Infine, secondo fonti prossime all’esercito ugandese, uno dei principali obiettivi dell’operazione militare sembra essere la creazione di una zona cuscinetto lungo la frontiera tra RDCongo e Uganda. Questa zona frontaliera, come il distretto di Watalinga e dintorni, costituiva la base da cui, alla fine degli anni 1990, le ADF lanciavano i loro attacchi contro l’Uganda. Negli ultimi anni, le ADF l’avevano preservata dalle violenze, ma ultimamente vi sono ricomparse di nuovo. Sembra quindi che le attuali operazioni abbiano paradossalmente reso la frontiera meno sicura di prima.

3. INFRASTRUTTURE STRADALI E RELAZIONI UGANDO – CONGOLESI

a. Il progetto di costruzione di strade nell’est della RDcongo

Negli anni precedenti l’operazione Shujaa, c’era stata una serie di incontri tra Tshisekedi e Museveni circa la costruzione di strade nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Durante una visita del Presidente congolese in Uganda, il 9 e il 10 novembre 2019, era stato deciso che “i due Paesi avrebbero realizzato alcuni progetti infrastrutturali strategici, tra cui la costruzione e la riabilitazione di 1.182 chilometri della rete stradale che collega i due Paesi”. Ciò era stato ulteriormente precisato il 21 febbraio 2020, quando si era concordata l’immediata riabilitazione di 223 chilometri di alcune principali strade. Si trattava della strada Mpondwe/Kasindi – Beni (80 km), della Bunagana – Rutshuru – Goma (89 km) e della Beni – Butembo (54 km).
Il costo della costruzione / riabilitazione di queste strade era stato valutato sui 335 milioni di dollari. Si era deciso che ciascuno dei due paesi avrebbe contribuito a coprire il 20% delle spese. Il restante 60% del totale delle spese, 201 milioni di dollari, sarebbe finanziato dall’impresa costruttrice Dott Services, a cui era stato affidato l’appalto dei lavori. In ottobre 2020, il governo ugandese ha approvato un finanziamento di 66 milioni di dollari. Finora però, non è stata emessa alcuna comunicazione ufficiale da parte del governo congolese. Anzi, i budget congolesi per il 2021 e il 2022 non  hanno previsto alcun finanziamento per il progetto in questione. Ciò malgrado, il progetto è stato ufficialmente inaugurato dai due presidenti il 16 giugno 2021.
Questi lavori stradali hanno varie connessioni con l’operazione militare Shujaa.

b. I risvolti economici e politici del progetto

I lavori di costruzione / riparazione delle strade nell’est della RDCongo avranno notevoli risvolti economici e politici.
Il 29 marzo 2022, la Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) è stata accettata come nuovo membro della Comunità dell’Africa Orientale (EAC), diventando un potenziale partner commerciale importante per l’Africa Orientale in generale, e per l’Uganda in particolare, anche se, tra l’Uganda e la RDCongo c’è sempre stato un commercio transfrontaliero significativo.
Nel 2019, ad esempio, le esportazioni ufficiali dell’Uganda verso la RDCongo sono state di 156 milioni di dollari; le esportazioni informali sono state ancora più elevate, per un valore di 330 milioni di dollari. Ciò fa della RDCongo il più grande mercato di importazione per le esportazioni informali dell’Uganda. rappresentando il 62% di tutte le esportazioni informali. Le importazioni ugandesi dalla RDCongo sono invece molto inferiori: 30 milioni di $ in importazioni formali nel 2019 e 23,5 milioni d $ in importazioni informali per lo stesso anno.
Il posto frontaliero di Mpondwe, punto di partenza delle nuove strade, è un punto di smistamento particolarmente importante. Tra tutti i posti frontalieri, esso rappresenta il 35,7% delle esportazioni informali dell’Uganda, ovvero 190 milioni di dollari.
L’integrazione della RDCongo nell’EAC amplierà ulteriormente il flusso di esportazione dei prodotti ugandesi. Il settore manifatturiero congolese è molto debole e importa molti prodotti agricoli dall’Uganda. Anche il cemento è un prodotto molto esportato dall’Uganda rappresentando, nel 2019, poco più della metà (50,2%) di tutte le esportazioni ufficiali dell’Uganda.
Tutto questo è politicamente importante per il regime di Museveni: la popolazione dell’Uganda sta aumentando vertiginosamente e il regime è sempre più contestato. In tale situazione, la crescita economica del Paese diventa una condizione importante per affermarne la legittimità dell’attuale regime. Il principale elemento a cui il presidente ugandese Museveni fa ricorso per motivare la sua legittimità è l’aver riportato la pace, mettendo fine alla guerra civile. Ma questa argomentazione non è più capita da una popolazione ugandese composta soprattutto di giovani: l’80% della popolazione ha meno di 30 anni ed è nata dopo l’ascesa di Museveni al potere.
Tuttavia, affinché la costruzione delle strade e l’integrazione economica abbiano successo, è necessaria una protezione militare. Nelle comunicazioni del governo e dell’esercito ugandesi, la costruzione delle strade e la sicurezza sono state presentate come strettamente collegate. Infatti, la cronologia delle operazioni militari e la costruzione delle strade sono interconnesse: l’esercito ugandese ha lanciato ufficialmente i suoi attacchi contro le ADF il 30 novembre 2021 e i lavori di costruzione delle strade sono iniziati pochi giorni dopo, il 3 dicembre 2021. Particolarmente interessante in questo contesto è il fatto che, in ottobre 2021, prima dell’inizio delle operazioni militari, sia stato firmato un protocollo d’intesa tra Kinshasa e Kampala su “operazioni concertate e mirate per lavori di infrastruttura” in RDCongo. Il protocollo d’intesa è stato firmato dai rispettivi capi di stato maggiore dei due eserciti e include un certo numero di effettivi militari dispiegati a fianco del personale tecnico supplementare per la costruzione o riparazione di strade. Ciò dimostra quanto sia importante la protezione militare dei lavori di costruzione delle strade, lavori che dovrebbero durare circa due anni.

c. La società Dott Service

I lavori di costruzione / riparazione delle strade sono stati appaltati alla società Dott Services. Secondo il ministro ugandese dei lavori pubblici e dei trasporti, l’impresa è stata scelta e contrattata dal governo congolese. Su questa impresa, ci sono alcuni aspetti da notare.
Secondo alcuni rapporti, la società Dott Services è prossima alla famiglia del presidente ugandese e ad altre élite politiche ed economiche. In dicembre 2020,  Dott Services ha firmato un contratto con la società mineraria congolese Sakima (Società Aurifèra del Kivu e Maniema), ciò che le ha permesso di acquistare importanti siti minerari nella provincia del Maniema.
C’è da notare anche una grande sfiducia della popolazione congolese circa i potenziali benefici delle nuove strade per il loro paese. Secondo molti osservatori, i benefici attesi saranno visibili nella misura in cui il commercio, attualmente in gran parte informale, diventerà sempre più formale e tassato. Inoltre, non è ancora chiaro chi trarrà vantaggio dal pedaggio stradale che verrà imposto, sebbene qualcuno già lasci intendere che sarà Dott Services, come “rimborso dell’investimento”.

4. LE OPERAZIONI MILITARI E L’AUMENTO DELLE TENSIONI CON IL RUANDA

Prima di tutto, è necessario sottolineare il crescente isolamento del Ruanda e le tensioni con l’Uganda.
Più o meno nello stesso periodo in cui le truppe ugandesi entravano in RDCongo, il governo congolese aveva chiuso un occhio sull’ingresso di truppe burundesi sul suolo congolese, per condurre alcune operazioni puntuali contro i ribelli burundesi RED-Tabara. Le operazioni militari burundesi sono iniziate nel mese di dicembre 2021 e sono continuate nel 2022, con il dispiegamento di circa 380 militari dell’esercito burundese.
L’annuncio, in dicembre 2021, dell’invio a Goma di agenti di polizia ruandesi per una missione di collaborazione con le forze dell’ordine congolesi aveva provocato grandi manifestazioni di protesta popolare, durante le quali rimasero uccise diverse persone, ciò che rese impossibile concretizzare quel tipo di collaborazione. In altre parole, mentre l’Uganda e il Burundi hanno potuto svolgere delle operazioni militari sul suolo congolese, il Ruanda non è stato autorizzato a farlo. Di conseguenza, il Ruanda si è sentito emarginato.
Il presidente Kagame aveva espresso più volte la sua preoccupazione e il suo disappunto per non essere stato incluso nell’operazione militare contro le ADF. Egli aveva più volte sottolineato la necessità di una collaborazione, sostenendo che esiste un legame diretto tra ADF, FDLR e altri gruppi armati locali. Aveva infine affermato che il Ruanda stava quindi prendendo in considerazione “alcuni altri meccanismi”, per tentare di risolvere i problemi di insicurezza nell’est della RDCongo, ciò che alcuni osservatori hanno ritenuto essere una velata minaccia di intervento militare. Secondo un diplomatico della regione, «Kigali ha constatato l’apertura di Kinshasa verso l’Uganda e il Burundi e si è visto circondato da regimi ostili e sempre più isolato».
Inoltre, i progetti di costruzione di strade, in particolare la strada da Rutshuru a Goma, possono contribuire a ridurre notevolmente la sfera di influenza ruandese nell’est della RDCongo.

a. La ripresa delle ostilità da parte del Movimento del 23 Marzo (M23)

L’M23 era stato sconfitto in seguito ad un’offensiva congiunta delle FARDC e delle truppe delle Nazioni Unite in novembre 2013. Una parte dell’M23 trovò riparo in Ruanda e n’altra parte in Uganda. Nel 2017, l’M23 aveva iniziato ad attaccare delle postazioni dell’esercito congolese nei pressi del vulcano Monte Sabinyo. Gli attacchi dell’M23 sono ripresi in novembre 2021 nei dintorni di Rutshuru e si sono ulteriormente intensificati alla fine di marzo 2022, quando l’M23 ha preso il controllo di zone importanti del territorio di Rutshuru. Secondo alcuni osservatori, gli attacchi sono stati un’iniziativa dell’M23, per forzare i negoziati con il governo congolese, in vista dell’intégrazione dei suoi elementi armati nell’esercito regolare, prima della prossima attuazione del programma di Disarmo, Smobilitazione, Risanamento comunitario e stabilizzazione (P-DDRCS) che non prevede tale possibilità. Secondo altri, la ripresa delle ostilità da parte dell’M23 potrebbe essere una reazione di Kigali di fronte alla crescente influenza e presenza dell’Uganda nell’est della RDCongo. L’appoggio del Ruanda all’M23 era già stato ampiamente documentato nel periodo 2012-2013.

b. L’accesso ai minerali della RDCongo e le tensioni regionali

L’est della RDCongo è un’importante fonte di minerali per l’Uganda e il Ruanda. In passato, questi due paesi si erano già combattuti per l’accesso ai minerali dell’est della RDCongo; questa loro competizione è tornata alla ribalta negli ultimi anni.
In novembre 2020, la società ugandese Dott Services aveva firmato un contratto con la società mineraria congolese denominata Società aurifera del Kivu e del Maniema (Sakima), secondo il quale aveva potuto acquistare alcuni siti minerari della provincia del Maniema, strategicamente importanti e ricchi di stagno, tantalio, tungsteno e oro. Per tale operazione, ha creato la joint venture Punia Kasese Mining (PKM), di cui detiene il 70% delle azioni. Il restante 30% è di proprietà della società mineraria congolese Sakima. Il contratto prevede la realizzazione di un impianto per la lavorazione di minerali e metalli preziosi che consentirà alla joint venture di avviare progetti infrastrutturali nella regione, nonché la riabilitazione e la costruzione di alcuni impianti idroelettrici.
Poco tempo dopo, alla fine di giugno 2021, il Ruanda e la RDCongo hanno firmato un’altra serie di contratti minerari. Il primo è stato firmato dai presidenti dei due paesi e prevede che l’oro prodotto da Sakima sia raffinato in Ruanda da una società locale relativamente sconosciuta Dither Ltd. Inoltre, secondo una fonte ben informata, la sicurezza del trasporto dell’oro sarebbe stata affidata agli eserciti dei due paesi, ciò che potrebbe dare alle forze di difesa del Ruanda «un notevole margine di manovra per “garantire la sicurezza” della catena di approvvigionamento minerario nelle province orientali della RDCongo». Questo contratto, la cui versione finale non è mai stata resa nota, ha sollevato serie preoccupazioni, sia nella RDCongo che in Uganda. Infatti, l’oro è una delle principali fonti di reddito delle esportazioni dell’Uganda: nel 2021, l’Uganda ha esportato dell’oro per un valore di 2,24 miliardi di dollari. La maggior parte di questo oro proveniva dalla RDCongo e un calo dell’accesso all’oro congolese avrebbe gravi conseguenze economiche.

5. IL PETROLIO, TOTAL ÉNERGIES E LA FRANCIA

Sulle sponde congolesi e ugandesi del lago Albert ci sono vai giacimenti di petrolio.
È quindi ovvio che uno dei motivi più importanti dell’attuale operazione militare delle truppe ugandesi in RDCongo è la messa in sicurezza di quei giacimenti petroliferi. Nello stesso tempo, gli investimenti sono diventati la pietra angolare della strategia economica e politica di Museveni.
Il 1° febbraio 2022, proprio durante l’operazione Shujaa, il presidente ugandese Museveni e il presidente tanzaniano Samia Suluhu Hassan hanno firmato un accordo con la China National Offshore Oil Corporation (CNOOC) e TotalEnergies, per due progetti petroliferi del valore di oltre 10 miliardi di dollari, Si tratta del progetto Tilenga, gestito da TotalEnergies, e del progetto Kingfsher, gestito da CNOOC.
Si stima che i giacimenti petroliferi della zona circostante il Lago Albert possano disporre tra 1 e 1,4 miliardi di barili di petrolio. L’Uganda sarebbe quindi il paese che conterrebbe la quinta riserva di petrolio più grande nell’Africa subsahariana.

a. Un’esigenza di procedere rapidamente

Da parte sua, il presidente Ugandese Museveni vorrebbe che questi due progetti entrassero in attività entro il 2025, prima delle prossime elezioni presidenziali previste per il 2026. È ciò che potrebbe essere una dei principali motivi dell’attuale intervento militare ugandese nell’est della  RDCongo.
Questo senso di fretta è presente anche in TotalEnergies, il principale investitore nel progetto Tilenga, e in East Africa Crude Oil Pipeline (EACOP), la società a cui è stato affidato l’appalto per il trasporto del petrolio fino al porto tanzaniano di Tanga attraverso un oleodotto di 1.443 chilometri. TotalÉnergies si trova sotto pressione per le attuali crescenti critiche nei confronti degli investimenti in energie fossili e, in particolare, di nuovi investimenti petroliferi, a causa della crisi climatica. Durante la COP26 di Glasgow, il governo francese, il cui appoggio è particolarmente importante per TotalEnergies, si è impegnato a ridurre la propria dipendenza dalle risorse fossili, entrando a far parte della coalizione Beyond Oil and Gas Alliance.
Nell’ambito di questa iniziativa, la Francia si è impegnata ad eliminare gradualmente, ma entro il 2040, ogni forma di esplorazione e produzione di petrolio e gas, sia nei suoi territori continentali che d’oltremare. Inoltre, TotalEnergies è sotto la pressione dei suoi stessi azionisti, orientati verso energie più sostenibili.
Questo contesto ha già avuto un impatto sul finanziamento del progetto. In marzo e aprile 2021, vari finanziatori, tra cui la Banca africana per lo sviluppo, undici banche commerciali (tra cui Barclays e BNP Paribas) e tre compagnie di assicurazioni hanno ritirato il loro sostegno a EACOP, in seguito alle pressioni e alle critiche della coalizione internazionale StopEACOP.
Anche l’impatto del progetto sui diritti umani è stato fortemente criticato: TotalEnergies è stata denunciata in Francia da sei ONG, per non aver valutato correttamente le eventuali conseguenze negative del progetto Tilenga sui diritti umani e sull’ambiente.
Ciò non significa che TotalEnergies si ritiri. Infatti, il progetto Tilenga è molto importante nella strategia generale dell’azienda, che ha bisogno di nuovi progetti per compensare la scarsità dei giacimenti detenuti in altri paesi africani, come il Gabon o l’Angola.
Tutto ciò spinge TotalEnergies ad iniziare l’estrazione del petrolio il più presto possibile.
Iniziata molto lentamente, la procedura ha subito una notevole accelerazione negli ultimi anni, soprattutto nel 2021. L’11 aprile 2021, sono stati firmati una serie di accordi tra Uganda, Tanzania e TotalEnergies, per la costruzione di un gasdotto da 3,5 miliardi di dollari. In settembre 2021, il governo dell’Uganda ha approvato una legge, l’EACOP Act, per stabilire le disposizioni fiscali ed economici per il gasdotto, tra cui una serie di esenzioni fiscali. Questa legge è stata promulgata dal parlamento in dicembre 2021.

b. La necessità di sicurezza

Questi enormi investimenti richiedono un certo livello di sicurezza. Il governo ugandese e TotalEnergies vogliono evitare uno scenario come quello di Cabo Delgado, in Mozambico, in cui un’insurrezione ha costretto a sospendere gli investimento multimiliardari di TotalEnergies. Come ha affermato un analista: «Si tratta di investimenti multimiliardari e gli investitori tentano di evitare il più possibile eventuali attacchi alle loro infrastrutture petrolifere, come pozzi e oleodotti».
Per questo motivo, questa zona petrolifera è stata sempre più militarizzata, soprattutto dal governo francese. Dal 2016, l’esercito francese ha addestrato le truppe ugandesi per una “guerra di montagna” e, nel 2019, ha ufficializzato la creazione di una nuova “brigata di montagna”. Uno dei motivi più importanti per la sua creazione è la protezione delle infrastrutture petrolifere.
A proposito della collaborazione militare franco-ugandese, già nel 2018, il capo dell’esercito ugandese, il generale David Muhoozi, aveva affermato che «la zona adiacente al lago Alberto ha bisogno di una seria protezione, in modo che la giovane industria petrolifera possa prosperare». Inoltre, va ricordato che esiste un blocco petrolifero anche sulla sponda congolese del lago Albert. Il pompaggio di petrolio sul versante congolese aumenterebbe la redditività del costoso gasdotto EACOP. Nonostante che la società TotalEnergies abbia venduto le sue azioni di questo blocco petrolifero congolese nel 2019, essa è ancora considerata come l’unico candidato serio: date le sue attività già in corso sulla parte ugandese del lago, i costi di un suo eventuale investimento sul lato congolese sarebbero evidentemente inferiori rispetto a quelli di altre eventuali società.
Infine, occorre ricordare che la Francia sta svolgendo un ruolo molto importante nelle attuali operazioni militari congiunte condotte dalla RDCongo e dall’Uganda nell’est della RDCongo. Le truppe ugandesi, per lo più membri della “Brigata di montagna” sono state addestrate dall’esercito francese, come affermato sopra. Tra le truppe congolesi partecipanti all’operazione Shujaa, c’è un battaglione specializzato al “combattimento nella giungla” e addestrato nel 2021, sempre dai francesi (in Gabon).

6. CONCLUSIONE

Sette mesi dopo l’inizio dell’operazione Shujaa da parte dell’esercito ugandese nell’est della RDCongo, il risultato non sembra essere quello sperato. Se l’operazione è riuscita a mettere in sicurezza alcune zone, non è però riuscita ad indebolire strutturalmente le ADF.
Sin dalle prime operazioni militari condotte contro di esse, a partire dal 1996 in poi, le ADF hanno sempre dimostrato di essere capaci di resistenza, mobilità e adattamento.
Questo documento ha descritto gli interessi politici ed economici che sono alla base di queste ultime operazioni ancora n corso. Nel complesso, oltre che sulla sicurezza della popolazione, il governo ugandese si è concentrato sulla sicurezza dei propri investimenti petroliferi e sul rafforzamento dei flussi commerciali, al fine di rimediare alla perdita di legittimità del regime alla vigilia delle prossime elezioni previste nel 2026.
Da un lato, le operazioni militari permettono di garantire la sicurezza necessaria per la costruzione / riabilitazione di alcuni tratti stradali nell’est della RDCongo. I lavori sono stati affidati a una società, la Dott Services, politicamente prossima al potere. Queste strade favoriranno la politica commerciale dell’Uganda: vista la recente adesione della RDCongo alla Comunità dell’Africa orientale, queste infrastrutture stradali rafforzeranno gli scambi commerciali con la RDCongo e, soprattutto, l’esportazione dei prodotti ugandesi verso la RDCongo.
D’altra parte, l’obiettivo principale delle operazioni militari sembra essere quello di mettere in sicurezza i progetti petroliferi intorno al lago Albert. La società petrolifera TotalEnergies e il presidente ugandese Museveni vogliono evitare uno scenario tipo “Cabo Delgado” in Mozambico, dove dei gruppi armati minacciano un investimento multimiliardario.
Infine, l’intervento dell’Uganda in RDCongo ha creato una situazione internazionale potenzialmente esplosiva, soprattutto per quanto riguarda il Ruanda. L’attuale operazione militare si sta svolgendo in un contesto di relazioni ugando – ruandesi già molto tese, a causa di problemi relativi a questioni di sicurezza e di accesso ai minerali dell’est della RDCongo. Le operazioni militari e la costruzione / riparazione delle infrastrutture stradali, ampliano la sfera di influenza dell’Uganda nell’est della RDCongo e potrebbe potenzialmente portare a un ulteriore aumento delle  tensioni già esistenti tra Uganda e Ruanda.

[1] https://www.congoresearchgroup.org/fr/2022/06/14/loperation-shujaa-de-louganda-en-republique-democratique-du-congo-combattre-les-adf-ou-securiser-les-interets-economiques/