Congo Attualità n. 459

LA LEGGE MARZIALE NELL’ITURI E NORD KIVU: TRA SCETTICISMO E PESSIMISMO

INDICE

1. IL “RAPPORTO YOTAMA SUI MASSACRI DI BENI E IRUMU: TERRORISMO, DJIHADISMO O GENOCIDIO NANDE?”
2. IL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE “DIFESA E SICUREZZA” DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE
3. UN PROVVEDIMENTO INEFFICACE
4. LE ULTIME PROROGHE

1. IL “RAPPORTO YOTAMA SUI MASSACRI DI BENI E IRUMU: TERRORISMO, DJIHADISMO O GENOCIDIO NANDE?”

Il 9 novembre, a Kinshasa, il deputato nazionale Tembos Yotama e il deputato provinciale Benze Yotama hanno presentato alla stampa i risultati della loro inchiesta dal titolo “Rapporto Yotama sui massacri di Beni e Irumu, terrorismo, jihadismo o genocidio Nande?”: tra il 2008 e il 2021, sono state uccise settemilacinquecentoquattro (7.504) persone in 2.237 attacchi a 696 località dei territori di Beni (Nord Kivu) e di Irumu (Ituri).
Qui di seguito le 8 località più prese di mira dalle presunte Forze Democratiche Alleate (ADF) dal 2008 al 2021 a Beni e Irumu: Maimoya (186 vittime), Eringeti (170), Matiba (141), Mantumbi (124), Vemba (120), Ndalya (119), Kainama (104) e Mamove (100).

Nei territori di Beni (Nord Kivu) e Irumu (Ituri), alla guida delle varie operazioni militari si sono succeduti diversi generali. Gli autori del rapporto “Yotama” hanno riportato il numero delle persone uccise sotto il mandato di ciascuno di loro:

Nome del  Data di entrata Data finale delle Periodo Numero Media
comandante in funzione sue funzioni vittime mensile
Jean Lucien Baguma 16/01/2014 31/08/2014 8 mesi 225 28
Muhindo Akilimali Mundos 01/09/2014 02/06/2015 10 mesi 720 72
Marcel Mbangu Mashita 03/06/2015 29/08/2019 50 mesi 793 16
Jacques Nduru Chaligonza 30/08/2019 24/07/2021 11 mesi 860 78
Peter Chirimwami 24/07/2020 01/06/2021 11 mesi 1.012 92
Bertin Mputela Nkolito 01/06/2021 fino a sett. 2021    – 1.303 261

Evoluzione annuale dei massacri da gennaio 2008 a settembre 2021:

Anno Vittime Media mensile %
2008 6 0,5 0.08
2009 10 0,83 0.13
2010 102 8,5 1,37
2011 77 6,41 1,03
2012 84 7 1,13
2013 201 16,75 2,71
2014 777 64,75 10,49
2015 727 60.58 9,82
2016 705 58,75 9,52
2017 160 13,33 2,16
2018 612 51 8,26
2019 764 63,6 10,32
2020 1432 119,33 19,35
2021 1747 194,11 23,6
Totale 7404 99,76

Evoluzione dei massacri da gennaio 2014 a settembre 2021:

Anno Vittime % Attacchi %
2014 777 11,22 187 9,51
2015 727 10,5 267 13,58
2016 705 10,18 157 7,98
2017 160 2,31 77 3,92
2018 612 8,84 259 13,17
2019 764 11,03 264 13,43
2020 1432 20,68 409 20,8
2021 1747 25,23 346 17,6
Totale 6924 99,99 1966 99,99

Nel loro rapporto di oltre 800 pagine, i due deputati di Butembo affermano che si tratta di una situazione talmente catastrofica e complessa che non si riesce ad individuare chi sono i veri assassini: «Finora, anche il governo parla delle “presunte” Forze Democratiche Alleate (ADF). Vuol dire che nemmeno lui è in grado di darci con chiarezza l’identità degli assassini. Tuttavia e curiosamente, gli attacchi contro i villaggi e le popolazioni civili vengono perpetrati in zone super militarizzate».

Secondo il deputato Tembos Yotama, «se si prendono in considerazione i 5 mesi precedenti all’instaurazione della legge marziale (il 6 maggio 2021) e i 5 mesi posteriori a tale decisione, si può constatare che, nel primo periodo, sono state uccise 502 persone e che, nel secondo, ne sono state uccise 1302. Nel periodo dei cinque mesi corrispondenti all’implementazione della legge marziale, il numero delle vittime non solo è aumentato, ma è più che raddoppiato rispetto al periodo dei cinque mesi precedenti. Nel secondo periodo sono morte più di 1302 persone in 263 attacchi. Facendo un semplice calcolo, si può constatare che nel secondo periodo si registrano quasi 2 attacchi al giorno e circa 9 persone uccise ogni giorno. Oltre alle vite umane che vengono drammaticamente falciate in ogni momento, ci sono dei veicoli che vengono sistematicamente incendiati lungo la strada Beni – Kasindi, Beni – Kisangani, Beni – Ituri. In questi casi, molti passeggeri restano intrappolati nei loro veicoli e li si ritrova poi del tutto carbonizzati come, del resto, le merci trasportate. Quando gli aggressori attaccano i villaggi, li incendiano e li distruggono. Quindi la popolazione è costretta a fuggire altrove. Conseguentemente, molti ritengono che l’instaurazione della legge marziale non è una misura adeguata per risolvere il dramma dei massacri perpetrati nei due territori di Beni e di Irumu. È quindi necessario che il governo trovi un’altra soluzione».

In questa inchiesta, i due deputati del Nord Kivu rivelano che, in totale, 5.891 vittime sono Banande, 319 appartengono ad altre comunità e le altre, posteriormente scoperte in avanzato stato di putrefazione, non sono state identificate. Essi affermano che il 95 % delle vittime appartengono a una sola tribù, quella dei Banande e che ciò potrebbe essere qualificato come genocidio.  Essi precisano che, «Se sono presi di mira i Nande, è perché hanno resistito a lungo alla balcanizzazione del nostro Paese». Secondo il rapporto, la tesi jihadista portata avanti dalle autorità congolesi servirebbe solo a “insabbiare i veri responsabili delle stragi”.

Per porre fine a queste atrocità, i due deputati raccomandano al governo di adottare nuove strategie, diverse dall’attuale legge marziale, un provvedimento che molti ritengono inadeguato per garantire la sicurezza nell’Est del Paese. Alle autorità congolesi, essi raccomandano di trasferire verso altre regioni tutti quegli ufficiali dell’esercito che, provenienti dalle varie ex ribellioni del passato, spesso continuano a collaborare ancora oggi con esse. Alla comunità internazionale, essi raccomandano la creazione di un tribunale penale internazionale per la RDCongo e “l’avvio di inchieste internazionali indipendenti, per identificare i veri responsabili dei massacri e consegnarli alla giustizia”.[1]

2. IL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE “DIFESA E SICUREZZA” DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE

Il rapporto della Commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea Nazionale sulla valutazione dell’applicazione della legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu è del mese di agosto 2021, ma è stato portato alla conoscenza dei deputati congolesi solo a fine settembre ed è stato presentato alla stampa il 30 ottobre.
Lungo 48 pagine, questo rapporto riassume le audizioni dei ministri dell’interno, della difesa, della giustizia, delle finanze e del bilancio, del capo di stato maggiore generale dell’esercito e dei governatori militari delle due province.
Nel testo appaiono i “punti fragili” emersi nel corso dell’inchiesta parlamentare, in particolare:
– per quanto riguarda il governo nel suo insieme: “il deficit di sinergia e di coordinamento di ministeri e servizi pubblici” coinvolti nell’applicazione della legge marziale, visto che “ciascuno sembra lavorare indipendentemente l’uno dall’altro”;
– per quanto riguarda il Ministero della Difesa: l’insufficienza e l’inadeguatezza” dei mezzi necessari per condurre una guerra asimmetrica (NdR: tra esercito regolare e gruppi armati irregolari); insufficienza dei mezzi di trasporto dei rifornimenti destinati ai soldati sul fronte (spesso il trasporto di viveri, armi e munizioni viene effettuato a spalle); operazioni militari insufficientemente pianificate; personale militare fittizio; l’insufficienza e l’invecchiamento dei militari; la complicità di alcuni militari e agenti di polizia con il nemico; l’affarismo di alcune autorità civili e militari che si dedicano all’estrazione e al commercio illegale delle risorse naturali; l’utilizzo improprio di agenti di polizia e di effettivi militari per la “protezione” di siti minerari; appropriazione indebita di fondi destinati al mantenimento delle truppe; la corruzione dei magistrati militari; le angherie di vario tipo (blocchi stradali e creazione di tasse illegali note come “tasse di finanziamento della legge marziale”); l’emarginazione dei deputati provinciali da parte delle autorità politico-militari e la mancanza di collaborazione di queste ultime con le comunità locali.
– Per quanto riguarda il Ministero dell’Interno: la mancanza dei fondi riservati all’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR) e l’insufficienza della formazione dei suoi agenti, ciò che lascia il controllo e la supervisione dell’intelligence congolese nelle mani di certi “paesi vicini”; la facile manipolazione delle autorità tradizionali da parte di alcune personalità politiche e militari che istigano alla violenza mediante atti di corruzione; l’esistenza di accampamenti in cui vivono degli sfollati non identificati.
Il rapporto si conclude con una risoluzione “urgente”: la richiesta di una profonda ristrutturazione e rinnovamento della catena di comando militare a tutti i livelli (strategico, tattico e operativo) nelle due province.
Oltre a questa priorità, i membri della Commissione ne propongono delle altre:
– istituire una commissione di inchiesta sulla “tracciabilità” dei fondi stanziati per finanziare l’applicazione della legge marziale, fondi destinati alle forze armate, alla polizia e ai servizi di sicurezza, ma il cui 68% sono stati versati ai vari stati maggiori dell’esercito a Kinshasa”;
– chiedere al governo di presentare “un piano di uscita dalla legge marziale”, prima della sua richiesta di autorizzazione della 9a proroga” della legge stessa;
– creare un’apposita commissione di monitoraggio.
Tra le raccomandazioni del rapporto, si segnalano quelle “globali” rivolte al governo:
– definire una politica di sicurezza nazionale
– definire una “visione di sicurezza globale” intorno agli obiettivi politici di stabilità e di ricostruzione del Paese e di “recupero della sovranità sull’Est da parte dello Stato”
– identificare i gruppi armati ed etnici delle due province in cui vige la legge marziale
– implementare rapidamente il programma di Disarmo e Reinserimento Sociale (DDRRC-S)
– identificare gli stranieri membri di gruppi armati
– organizzare aiuti umanitari alla popolazione delle due province
– migliorare la condizione sociale dei militari e degli agenti di polizia
– ridefinire globalmente la politica nazionale di estrazione delle risorse naturali ed in particolare dell’attività estrattiva artigianale.

Per leggere il rapporto completo della Commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea Nazionale, clicca qui .[2]

Secondo il rapporto, il periodo corrispondente all’applicazione della legge marziale è caratterizzato da un aumento del numero delle vittime dei massacri, dall’incremento delle violazioni dei diritti umani e dalla corruzione dei magistrati militari.
La constatazione fatta dai deputati è chiara: la legge marziale è stata dichiarata in circostanze atipiche, cioè senza un piano d’azione, senza una strategia precisa e senza una previsione di finanziamento. Infatti, diverse settimane dopo l’annuncio ufficiale, le forze di sicurezza non erano ancora state dispiegate. Le prime erogazioni delle risorse finanziarie, circa 37 milioni di dollari, sono state spese per liquidare gli arretrati degli stipendi dei militari e ciò che restava è stato distribuito tra i vari stati maggiori dell’esercito a Kinshasa.
Secondo il rapporto, anche dopo la nomina delle nuove autorità militari, la catena di comando dell’esercito ha continuato a funzionare “come prima”, come se la legge marziale non esistesse.
Durante le audizioni dei ministri maggiormente coinvolti nell’applicazione della legge marziale, i deputati hanno rilevato, ad esempio, una carenza e un invecchiamento del personale militare presente sul campo delle operazioni e l’assenza di unità militari specifiche adibite ad operazioni militari speciali. Queste carenze hanno avuto delle conseguenze negative sulle popolazioni locali. A questo proposito, il rapporto afferma che queste ultime sono spesso vittime di bombardamenti collaterali dovuti ad errori di calcolo e all’inadeguatezza dei mezzi disponibili.
La commissione Difesa e Sicurezza afferma di aver constatato un grave sentimento di “divorzio tra l’esercito e le popolazioni civili” e ha denunciato le angherie e gli abusi amministrativi commessi nei vari posti di blocco stradali, come l’imposizione di tasse illegali note come “tasse per il finanziamento della legge marziale”.
Il Generale Célestin Mbala, Capo di Stato Maggiore Generale dell’esercito, ha insistito sulle difficoltà relative all’applicazione della legge marziale, rilevando in particolare “l’insufficienza dei mezzi finanziari e logistici, l’inesistenza di unità militari di riserva, l’inefficienza della Polizia Nazionale Congolese (PNC) che dovrebbe garantire la sicurezza e la protezione dei cittadini e dei loro beni e l’insufficienza dell’assistenza sanitaria dei soldati dispiegati sul fronte”. Il Capo di Stato Maggiore ha auspicato la “rapida costituzione” di unità militari di riserva all’interno dell’esercito e di un corpo di polizia locale all’interno della Polizia Nazionale.
Da parte sua, il ministro della Difesa Gilbert Kabanda ha smentito che, dall’istituzione della legge marziale, vi sia stato un aumento del tasso di criminalità nelle città. Sempre secondo il ministro, ciò che è vero è che, cacciato dalle sue vecchie roccaforti, il nemico si è trasferito in zone più vicine alle strade principali, perpetrandovi “azioni spettacolari, al fine di dimostrare la sua capacità di  resistenza rispetto alle perdite subite”. Tuttavia, nonostante la smentita da parte del ministro, la commissione Difesa e Sicurezza ha potuto confermare che, nel complesso, dall’instaurazione della legge marziale in poi, si è notato un’intensificazione dei massacri, delle stragi, degli stupri, delle rapine e degli incendi di villaggi e veicoli.
Per quanto riguarda l’interpellanza rivolta alla ministro della Giustizia Rose Mutombo, il rapporto ha rilevato 156 casi di estorsioni e molti casi di violenze sessuali e di arresti arbitrari. I magistrati militari sono accusati di atti di concussione e di corruzione, in particolare nella provincia dell’Ituri. Nel corso delle udienze i deputati hanno rilevato anche che i militari sono accusati di collaborare con i vari gruppi armati attivi nei territori di Masisi, Rutshuru, Walikale, Beni, Irumu, Djugu e Mambasa. La ministro della Giustizia Rose Mutombo ha dichiarato che sono in corso delle indagini per verificare tali accuse.[3]

3. UN PROVVEDIMENTO INEFFICACE

Il 29 ottobre, il Gruppo di Studi sul Congo (GEC) ha rivelato che, nel Nord Kivu e nell’Ituri, più di mille persone sono state uccise dai gruppi armati, nell’arco degli ultimi 6 mesi, cioè da quando queste due province sono state messe, il 6 maggio 2021, sotto il regime della legge marziale.
Sono passati quasi sei mesi da quando il Presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, ha varato la legge marziale ma, finora, le statistiche non rivelano risultati positivi. Le uccisioni di civili sono continuate allo stesso ritmo di prima dello stato d’assedio. In realtà, gli effetti di questa misura non sono stati quelli previsti. Come mai?
Militari e agenti di polizia hanno sostituito le autorità amministrative civili del Nord Kivu e dell’Ituri, sia a livello provinciale che territoriale e cittadino. Oltre ad essere stati sovraccaricati di responsabilità, non sono state messe a loro disposizioni risorse aggiuntive sufficienti. Conseguenza paradossale: in queste due province, dall’instaurazione della legge marziale, l’attività dell’esercito congolese è di fatto diminuita.
Sul campo, l’opinione pubblica sembra sempre più caratterizzata dallo scetticismo. Nell’ultimo sondaggio realizzato in settembre dal Gruppo di Studi sul Congo in collaborazione con la Fondazione Berci, il 66% degli intervistati nelle province del Kivu e del’Ituri riteneva che la situazione della sicurezza fosse peggiorata a partire dall’insediamento dell’attuale governo in aprile 2021. Nonostante ciò, il presidente Tshisekedi non sembra essere disposto a mettere in discussione la sua decisione di aver indetto la legge marziale.
Il 21 settembre, nel suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, egli ha persino affermato che non la revocherà fino a quando “le circostanze che l’hanno motivata non scompariranno”. Questo discorso potrebbe mettere il Paese in una trappola: quella di un provvedimento inefficace, ma nonostante tutto mantenuto a tempo indeterminato.
Allora perché il presidente Félix Tshisekedi ci tiene così tanto a questa misura? Perché continuerà a chiedere al Parlamento l’autorizzazione per poterla prorogare? In primo luogo, si tratta di una questione di credibilità politica: far marcia indietro quando i massacri continuano sotto gli occhi di tutti, sarebbe come un’ammissione di fallimento difficile da accettare. soprattutto nel contesto della pubblica opinione. In secondo luogo, cosa più perniciosa, gli ufficiali militari che, grazie alla legge marziale, hanno ottenuto un posto di responsabilità e l’accesso alle relative risorse finanziarie non hanno alcun interesse personale a che si ponga fine a questo provvedimento. Si può addirittura  pensare che essi inoltrino alla Presidenza solo le informazioni che interessano a loro, che abbassino le cifre relative ai militari uccisi sul fronte, per quanto numerosi possano essere, e che comunichino costantemente e solamente i risultati positivi ottenuti sul campo, senza tuttavia mai raggiungere la vera pace. Una via d’uscita da questo preoccupante ciclo vizioso sarebbe che il Parlamento svolgesse pienamente il suo ruolo di controllo sull’esecutivo, valutando oggettivamente questo provvedimento e, se lo ritenesse necessario, opponendosi alla sua proroga o condizionandolo alle riforme già proposte. Il rapporto della Commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea Nazionale potrebbe permettere l’apertura di un dibattito democratico in Parlamento sull’opportunità o meno della legge marziale.[4]

Il 1° novembre, nel suo rapporto mensile, il Kivu Security Tracker (KST) ha affermato che cinque mesi dopo l’instaurazione della legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu non si sono potuti constatare “effetti positivi visibili” e rileva un “chiaro” aumento delle violenze durante il mese di settembre, dopo un “calo significativo” registrato in agosto. In settembre, in queste due province, il KST ha registrato 198 uccisioni, in crescita del 19% rispetto al mese precedente.
Per quanto riguarda il terzo trimestre 2021, il KST ritiene che “il confronto con il trimestre precedente non consente di concludere che la legge marziale instaurata nell’Ituri e nel Nord Kivu sia risultata efficace”. “Il numero delle persone civili uccise è rimasto notevolmente stabile (546 nel 3° trimestre, contro i 566 nel 2° trimestre), come anche il numero dei sequestrati (280 contro 273)”.
Il Kivu Security Tracker (KST) è un’iniziativa congiunta del Gruppo di Studi sul Congo (GEC), collegato alla New York University, e dell’ONG americana Human Rigths Watch (HRW).[5]

Il 2 novembre, in un comunicato, il consorzio dei camionisti e autisti ha dichiarato che, sotto il regime della legge marziale, sul tratto di strada Butembo-Beni-Bunia sono state uccise 1.459 persone civili, 357 risultano disperse, 45 veicoli e 420 case sono state incendiate.
Inoltre, il consorzio registra un notevole aumento delle vessazioni commesse da militari e agenti di polizia che gestiscono numerosi posti di blocco stradale. In particolare, il consorzio cita i posti di blocco eretti dalla polizia stradale a Eringeti, Luna, Irumu, Marabo e Komanda, dove ogni auto deve pagare 10.000 franchi congolesi (5 $), ma senza ottenere alcuna ricevuta di pagamento. A Luna si aggiunge la tassa del Fondo Nazionale per la Manutenzione delle Strade (FONER), che ammonta a 46.000 franchi (23 $). La stessa fonte ricorda altri tipi di tasse illegali, come quelle denominate “rapporti” e percepite da militari e agenti di polizia; per non parlare delle ormai tristemente famose “tasse per il finanziamento della legge marziale”, che ammontano a 5.000 franchi (2,5 $) e che sono riscosse a Oicha, a Mavivi e a Eringeti-Kasana, alle quali si aggiungono quelle che si devono pagare per far parte dei “convogli protetti”  e che ammontano a 20.000 franchi (10 $) per veicolo.[6]

Il 6 novembre, in un comunicato stampa, il movimento pro-democrazia Lotta per il Cambiamento (LUCHA) ha affermato che, dall’instaurazione della legge marziale da parte del Presidente della Repubblica, Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, nelle due province del Nord Kivu e dell’Ituri, sono state uccise 1.502 persone. LUCHA ha fatto notare che la legge marziale promulgata “per arginare la violenza armata e proteggere le popolazioni locali e i loro beni” si è finora rivelata  “fallimentare”. Di conseguenza, LUCHA si è detta contraria ad eventuali sue nuove proroghe:
«Sei mesi dopo la decretazione della legge marziale, le violenze contro la popolazione sono aumentate e si sono estese in zone che, finora, erano relativamente calme. Paradossalmente, non si è constatata alcun incremento dell’attività militare, anche in zone altamente insicure (Beni, Djugu, Irumu, Mambasa). Nelle province in cui vige la legge marziale sono state uccise 1.502 persone, una media di 8 al giorno. […] Prolungare continuamente una legge marziale, il cui fallimento è fuori dubbio, è un insulto alla memoria delle vittime».
Di fronte alle atrocità perpetrate nell’est della Repubblica Democratica del Congo, LUCHA rivolge al Capo dello Stato, Félix Tshisekedi Tshilombo, alcune raccomandazioni, tra cui:
– Individuare e revocare dalle operazioni militari in corso e dalla catena di comando dell’esercito, della polizia e dei servizi segreti, tutti quegli ufficiali e soldati sospettati di gravi violazioni dei diritti umani, di collusioni con gruppi armati o traffici vari e metterli a disposizione della giustizia.
– Attuare, sotto una guida seria, onesta, unificatrice e rassicurante, un vero programma di smobilitazione, disarmo e reinserimento comunitario ed, eventualmente, di rimpatrio dei membri dei gruppi armati stranieri.
– Valorizzare maggiormente le truppe keniane della MONUSCO, fornendo loro un mandato e dei mezzi adeguati, per proteggere la popolazione civile neutralizzare i gruppi armati, per permettere loro di avere un po’ più di libertà e di efficienza a livello operativo.[7]

Il vicepresidente delle Forze Vive della Società Civile del Nord-Kivu, Edgar Katembo Mateso, ha fornito 10 cause del “fallimento” della legge marziale nelle due province del Nord Kivu e dell’Ituri:
1. Impreparazione
2. Deficit di pianificazione
3. Mancanza di realismo e di determinismo
4. Mancanza di un meccanismo vincolante di monitoraggio e di valutazione
5. Mancanza del principio di trasparenza
6. Mancanza di un quadro di consultazione civile-militare
7. Mancanza di un coordinamento delle azioni e di un meccanismo congiunto di verifica
8. Insufficienza di procedure giudiziarie in appoggio delle operazioni militari
9. Mancanza di empatia nazionale
10. Mancanza di un piano di uscita.
Secondo Edgar Mateso, «dopo il dispiegamento delle autorità militari e di polizia nell’ambito della legge marziale, la popolazione si aspettava che le offensive iniziassero immediatamente e che fossero proseguite giorno e notte, fino a quando l’ultimo nemico non fosse stato neutralizzato. Tuttavia sembra che, finora, le autorità militari istituite nell’ambito della legge marziale stiano lavorando a tentoni, concentrandosi su azioni non militari, come l’emergenza umanitaria e la massimizzazione delle entrate finanziarie. Il nostro esercito non fa che reagire agli attacchi. È sulla difensiva. Non c’è alcun cronogramma chiaro per la riconquista delle località controllate dal nemico o per il ritorno degli sfollati nei loro villaggi di origine. Si stenta ad avviare il Programma di Disarmo e Reinserimento Sociale (P-DDRC-S) e, per questo, i gruppi armati stanno diventando sempre più attivi e pericolosi. Avevamo creduto che il governo cosiddetto dei “Warrios” avrebbe agito in maniera multidisciplinare, in modo che ogni ministero contribuisse a creare qualcosa che aiutasse a costruire la pace, ma non è stato così».[8]

4. LE ULTIME PROROGHE

L’8 ottobre, il Governo ha approvato il disegno di legge sull’autorizzazione per la proroga della legge marziale finora in vigore nelle due province dell’Ituri e del Nord Kivu.[9]

Il 14 ottobre, l’Assemblea nazionale ha approvato, per la decima volta consecutiva, il disegno di legge che proroga la legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu. 275 deputati dei 284 presenti hanno votato “a favore”, 8 hanno votato “contro” e 1 si è astenuto. Adottato in prima lettura, il testo sarà trasmesso al Senato per la seconda lettura. prima della sua promulgazione da parte del Capo dello Stato. Tale proroga è stata approvata dopo che l’Assemblea nazionale avesse approvato, in seduta plenaria, il rapporto della Commissione “Difesa e Sicurezza” relativo all’applicazione della legge marziale in vigore in queste due province dal 6 maggio scorso. In tale rapporto, si chiedeva al governo di presentare un “piano di gestione di uscita dalla legge marziale”, prima di chiedere l’autorizzazione a procedere per una sua decima proroga.[10]

Il 15 ottobre, il deputato nazionale Jean-Baptiste Kasekwa, eletto a Goma (Nord Kivu), ha ricordato che, il 29 settembre, la Commissione “Difesa e Sicurezza” dell’Assemblea Nazionale aveva raccomandato al governo di presentare un “piano di uscita” prima di ogni altra proroga. Jean-Baptiste Kasekwa si è quindi detto rammaricato del fatto che il governo abbia richiesto l’autorizzazione per una nuova proroga, senza aver precedentemente presentato questo piano di uscita dalla legge marziale.[11]

Il 15 ottobre, il Senato ha approvato in seconda lettura il disegno di legge del governo, in vista della decima proroga della legge marziale nelle due province del Nord Kivu e dell’Ituri.[12]

Il 1° novembre, i deputati nazionali dell’Ituri e del Nord Kivu hanno deciso di non partecipare alla seduta plenaria dedicata all’esame del progetto di legge relativo all’autorizzazione dell’11ª proroga della legge marziale. Essi affermano di aver notato con rammarico e delusione che, durante il regime della legge marziale, la situazione d’insicurezza in cui si trovano le loro rispettive province si è ulteriormente aggravata. Essi hanno sottolineato «la persistenza dell’attivismo dei gruppi armati locali e stranieri, dei permanenti massacri di persone civili, del continuo saccheggio di beni e bestiame, degli incendi di case e di infrastrutture sociali di base, dei massicci spostamenti della popolazione e dell’occupazione dei villaggi da parte dei gruppi armati locali e stranieri».
Tenendo conto di quanto sopra citato, in una dichiarazione fatta in seguito alla loro uscita dalla seduta plenaria, i deputati nazionali dell’Ituri e del Nord Kivu hanno affermato: «Esprimiamo la nostra più totale disapprovazione nei confronti di qualsiasi ennesima proroga della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu. Pertanto sospendiamo, fino a nuovo avviso, ogni nostra partecipazione alle sedute plenarie, convocate per adottare qualsiasi progetto di legge sulla proroga della legge marziale. Chiediamo con insistenza le dimissioni immediate del ministro della difesa e dei governatori militari dell’Ituri e del Nord Kivu, poiché  hanno dimostrato i loro limiti e il loro scarso impegno nel portare a termine le operazioni e gli obiettivi assegnati alla legge marziale. Chiediamo che i presidenti dell’Assemblea nazionale e del Senato organizzino un nostro incontro con il Capo dello Stato, per affrontare la spinosa questione della situazione di insicurezza nelle nostre province dell’Ituri e del Nord-Kivu».[13]

Il 1° novembre, l’Assemblea nazionale ha approvato in prima lettura il progetto di legge sull’11ª proroga della legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu. Sui 342 deputati presenti, 335 hanno votato “a favore”, 6 hanno votato “contro” e 1 si è astenuto. Questa nuova proroga sarà in vigore dal 3 al 17 novembre, ovvero per 15 giorni. I deputati dell’Ituri e del Nord Kivu non hanno partecipato al voto, avendo essi abbandonato l’aula, chiedendo un piano di uscita che permetta di mettere fine alla legge marziale prima di ogni altra sua proroga. Secondo loro, la legge marziale non è la risoluzione adeguata perché, di fatto, le violenze nelle due province continuano ad aumentare. Perciò, essi chiedono le dimissioni del Ministro della Difesa e la revoca dei due governatori militari.[14]

Il 3 novembre, il Senato ha adottato in seconda lettura la proposta di legge relativa all’11ª proroga della legge marziale nelle due province dell’Ituri e del Nord Kivu. Su un totale di 109 senatori, 89 hanno partecipato alla votazione, 84 hanno votato a favore, 4 hanno votato contro e 1 si è astenuto.
Dopo essere stato approvato dal Senato, il testo è stato inviato al Presidente della Repubblica per la sua promulgazione. Di 15 giorni, questa nuova proroga va dal 3 al 17 novembre.[15]

Il 5 novembre, il Consiglio dei Ministri ha approvato la proposta di legge sulla 12ª proroga della legge marziale nelle due province dell’Ituri e del Nord Kivu. Secondo Rose Mutombo, Ministra della Giustizia, l’obiettivo è quello di consolidare i risultati delle operazioni militari in corso. Sempre secondo la ministra, il governo della Repubblica auspica di istituire un ambito di consultazione con i deputati nazionali delle province di Ituri e Nord Kivu , ciò che permetterà al governo di arricchire le sue informazioni, prima di chiedere all’Assemblea nazionale altre autorizzazioni di proroga della legge marziale.[16]

L’11 novembre, il primo ministro Sama Lukonde, accompagnato da diversi membri del governo, si è incontrato con i deputati del Nord Kivu e dell’Ituri per discutere sulla questione della legge marziale in vigore in quelle due province. A questa sessione di lavoro e di scambio di informazioni hanno partecipato anche altri membri del governo, in particolare il Ministro degli Interni Daniel Aselo, la Ministra della Giustizia Rose Mutombo, il Ministro della Difesa Gilbert Kabanda e alcuni alti ufficiali dell’esercito e della polizia. Da diverse settimane, i deputati del Nord Kivu e dell’Ituri si stanno opponendo alle continue proroghe della legge marziale, dicendosi piuttosto favorevoli a una certa forma di collaborazione con le forze di “paesi amici”, al fine di risolvere la questione dei gruppi armati, tra cui le Forze Democratiche Alleate (ADF). Nell’incontro, essi hanno insistito sulla necessità di attuare le raccomandazioni proposte dal Parlamento sulla legge marziale, tra cui un cambiamento del comando militare, la sostituzione dei due governatori e un piano di uscita dal regime della legge marziale.[17]

Il 17 novembre, in assenza dei deputati dell’Ituri e del Nord Kivu, l’Assemblea nazionale ha approvato, in prima lettura, la proposta di legge sulla dodicesima proroga della legge marziale nell’Ituri e nel Nord Kivu. Sui 287 deputati presenti, 280 hanno votato a favore della proroga, 3 hanno votato contro e altri 4 si sono astenuti. Adottato in prima lettura dall’Assemblea nazionale, il testo sarà trasmesso al Senato per una seconda lettura, prima della sua promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. Questa nuova proroga di 15 giorni entrerà in vigore il 19 novembre e scadrà il 3 dicembre. I deputati del Nord Kivu e dell’Ituri, che non hanno partecipato a questa seduta parlamentare, hanno continuato a chiedere le dimissioni del ministro della Difesa e dei due governatori militari, per insufficienza dei risultati ottenuti.[18]

Il 17 novembre, in un comunicato stampa, i deputati nazionali del Nord Kivu e dell’Ituri hanno ribadito la loro contrarietà alla 12ª proroga della legge marziale e hanno deplorato il fatto che il governo non abbia ancora preso in considerazione le loro raccomandazioni per porre fine all’insicurezza dell’est del Paese. Nel loro comunicato, essi hanno fornito un elenco di casi in cui almeno 161 persone sono state uccise in 13 giorni, cioè 11 al giorno, e ciò nell’ambito di tempo relativo alla sola 11ª proroga della legge marziale. A titolo esemplificativo, essi hanno citato i seguenti casi: «Nella notte dal 14 al 15 novembre, almeno 22 persone sono state uccise nel villaggio di Chabusiku, del raggruppamento di Tsere, nel distretto di Bahema del territorio di Irumu (Ituri). Nella notte tra l’11 e il 12 novembre, almeno 70 persone sono state massacrate nel villaggio di Kisunga, del distretto di Bashu, nel territorio di Beni (Nord Kivu). Dal 03 al 09 novembre, almeno 52 corpi sono stati ritrovati già in decomposizione in diversi villaggi del raggruppamento Babila Bangolo, del distretto di Babila Babombi, nel territorio di Mambasa (Ituri)». Di fronte a questa situazione, i deputati nazionali dell’Ituri e del Nord Kivu hanno con forza ribadito il loro appello al governo, affinché attui con urgenza le raccomandazioni presentategli dai deputati nazionali, al fine di ristabilire rapidamente la pace nelle due province poste sotto il regime della legge marziale.[19]

Il 18 novembre, il Senato ha approvato, in seconda lettura, il progetto di legge relativo alla dodicesima proroga della legge marziale nelle province del Nord Kivu e dell’Ituri. Su 91 senatori presenti, 87 hanno votato sì, 3 hanno votato no e 1 si è astenuto. Questo progetto di legge è stato presentato e difeso dalla ministra della Giustizia, Rose Mutombo, che ha anche ricordato la necessità di attivare il quadro di concertazione tra governo e parlamentari (deputati e senatori) delle due province in cui vige la legge marziale. Il testo approvato in seconda lettura è stato inviato al Presidente della Repubblica per la sua promulgazione.[20]

[1] [1] Cf Radio Okapi, 10.11.’21; Pascal Mulegwa – RFI, 10.11.’21; Clément Muamba – Actualité.cd, 09.11.’21; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 09.11.’21; Victoire Muliwavyo – Lesvolcansnews.net, 16.10.’21
[2] Cf Marie-France Cros – Lalibre.be, 02.11.’21 ; https://afrique.lalibre.be/app/uploads/2021/11/D_Cfre_Desktop_rapport-parlementaire-etat-de-siege.pdf
[3] Cf Pascal Mulegwa – RFI, 31.10.’21
[4] Cf http://congoresearchgroup.org/la-rdc-peut-elle-sortir-de-letat-de-siege/?lang=fr
[5] Cf AFP – Actualité.cd, 01.11.’21
[6] Cf Radio Okapi, 03.11.’21
[7] Cf Joël Kaseso – 7sur7.cd, 08.11.’21
[8] Cf Magloire Tsongo – Laprunellerdc.info, 11.11.’21
[9] Cf Moise Dianyishayi – 7sur7.cd, 09.10.’21
[10] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 14.10.’21
[11] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 15.10.’21
[12] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 15.10.’21
[13] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 01.11.’21
[14] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 01.11.’21
[15] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 03.11.’21
[16] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 06.11.’21
[17] Cf Radio Okapi, 12.11.’21; Clément Muamba – Actualité.cd, 12.11.’21
[18] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 17.11.’21
[19] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 17.11.’21; Carmel Ndeo – Politico.cd, 17.11.’21
[20] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 18.11.’21