Congo Attualità n. 451

IMPASSE TOTALE SUL CANDIDATO PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ELETTORALE E 6ª PROROGA DI UNA LEGGE MARZIALE CHE RISCHIA DI RIMANERE IN VIGORE ANCORA MOLTO TEMPO

INDICE

LA DESIGNAZIONE DEL CANDIDATO PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ELETTORALE: IMPASSE TOTALE
La creazione di una commissione mista paritaria maggioranza – opposizione
Le confessioni religiose convocate a una riunione con la commissione mista
Il presidente dell’Assemblea nazionale riceve due delegazioni delle confessioni religiose
Una riunione di sei confessioni religiose senza la partecipazione delle altre due
L’impasse è totale
A proposito della Commissione mista paritaria
LA LEGGE MARZIALE NEL NORD KIVU E NELL’ITURI
Una verifica in corso
Polemica tra le autorità militari e i deputati provinciali del Nord Kivu
6ª proroga della legge marziale
A PROPOSITO DEL COORDINATORE DEL PROGRAMMA DI DISARMO E REINSERIMENTO COMUNITARIO

1. LA DESIGNAZIONE DEL CANDIDATO PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ELETTORALE: IMPASSE TOTALE

La procedura di designazione dei membri della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) si è bloccata per la mancanza di consenso all’interno della piattaforma delle confessioni religiose, incaricata di designare due membri di questa istituzione di appoggio alla democrazia: il suo futuro presidente e un membro dell’assemblea plenaria. Tuttavia, un gruppo di sei confessioni religiose ha inoltrato al Comitato di presidenza dell’Assemblea Nazionale i dossier di due candidati da esse designati, senza la partecipazione della Chiesa cattolica e della Chiesa di Cristo in Congo (ECC). Al momento, sono ancora in corso delle trattative, per raggiungere un compromesso perché, secondo l’articolo 53 bis dell’attuale legge organica sull’organizzazione e il funzionamento della CENI, l’Assemblea nazionale deve formare il comitato di presidenza della CENI 45 giorni dopo la promulgazione della legge stessa.[1]

a. La creazione di una commissione mista paritaria maggioranza – opposizione

Il 12 agosto, i deputati dell’Assemblea nazionale si sono riuniti in seduta plenaria per costituire la commissione mista paritaria maggioranza-opposizione, incaricata di convalidare le candidature per la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), tra cui quelle per il suo comitato di presidenza. Si tratta di una ripresa della procedura della designazione dei nuovi membri della CENI, precedentemente interrotta a causa della mancanza di consenso tra le confessioni religiose sui loro due candidati: il presidente e un membro dell’assemblea plenaria. A questo proposito, le organizzazioni della società civile e i partiti politici hanno chiesto un “ampio consenso” sulla designazione dei membri del comitato di presidenza, soprattutto del nuovo presidente. Il Fronte Comune per il Congo (FCC) di Joseph Kabila, l’Unione per la Nazione Congolese (UNC) di Vital Kamerhe e Insieme per la Repubblica di Moïse Katumbi hanno già fatto sapere che, nelle attuali condizioni, non designeranno alcun loro candidato.[2]

Il 12 agosto, in seduta plenaria, il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, ha annunciato che la procedura di istituzione del comitato di presidenza della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) seguirà il suo corso «con o senza» le componenti che non hanno ancora inviato i dossier dei loro candidati. Egli ha affermato che «l’attuale fase è la continuazione di quella precedente, avviata dal comitato di presidenza anteriore», aggiungendo: «Chi vuole partecipare alle elezioni ne ha ben diritto e chi non vuole parteciparvi, anche questo è un suo diritto. Vorrei ricordare che, in passato, per ben due volte l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) si era rifiutata di parteciparvi».
In seduta plenaria, i deputati hanno approvato il rapporto della commissione Politica Amministrativa e Giuridica (PAJ) che ha elaborato un progetto di risoluzione per la creazione di una commissione mista paritari maggioranza-opposizione, composta da 30 membri, tra cui parlamentari di maggioranza e opposizione e incaricata di esaminare i dossier personali dei vari candidati designati come membri dei due organi principali della CENI: il comitato di presidenza e l’assemblea plenaria. Il rapporto della Commissione PAJ  è stato approvato quasi esclusivamente dai deputati nazionali della Sacra Unione della Nazione, maggiormente presenti durante questa seduta plenaria, dove si è votato per alzata di mano.[3]

Il 12 agosto, il Fronte Comune per il Congo (FCC) di Joseph Kabila ha inviato una lettera al presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, per comunicargli che non avrebbe delegato alcun suo rappresentante presso la commissione mista paritaria maggioranza – opposizione, incaricata di esaminare le candidature dei nuovi membri della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Secondo un comunicato dell’FCC firmato dal Presidente del comitato di crisi, Raymond Tshibanda, «l’FCC aveva annunciato di non poter ancora designare i propri candidati per la CENI, a causa della persistenza di profonde divergenze tra le varie parti sulle principali questioni elettorali. Secondo l’FCC, il consenso su questi temi è la condizione essenziale per la credibilità del processo elettorale e per l’accettazione, da parte di tutti, dei risultati delle prossime elezioni. Non essendoci stato alcun progresso nella ricerca di questo essenziale consenso, la posizione dell’FCC in merito alla presentazione dei suoi candidati alla CENI rimane quindi immutata. Di conseguenza, l’FCC non ritiene opportuno implicarsi nell’istituzione, nel momento attuale, della commissione mista paritaria maggioranza – opposizione e, quindi, decide di non delegarvi nessuno. Se un membro dell’FCC dovesse trovarsi in tale commissione, vi si troverebbe a titolo personale e non per conto dell’FCC, in nome del quale non potrebbe certo in alcun modo parlare».[4]

Il 13 agosto, in una loro dichiarazione, i deputati nazionali di Insieme per la Repubblica di Moïse Katumbi, membri dei gruppi parlamentari MS-G7 e AMK, hanno ricordato la loro decisione irrevocabile, espressa nella dichiarazione politica del 30 luglio 2021, di non designare alcun candidato a membro della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), a causa della mancanza di consenso e nel rispetto di una procedura di designazione equa e trasparente. Di conseguenza, essi hanno dichiarato di non aver ancora presentato al Comitato di presidenza dell’Assemblea Nazionale alcun dossier di candidatura alla CENI.
Constatando che  anche altre componenti, come la piattaforma delle confessioni religiose e l’opposizione (FCC e Lamuka), no hanno ancora presentato i dossier dei loro rispettivi candidati, i deputati nazionali di Insieme per la Repubblica hanno affermato che, per il momento, i loro due gruppi parlamentari non designeranno alcun loro delegato per la commissione mista paritaria maggioranza – opposizione che, per il momento, non può prendere in esame i dossier dei candidati membri della CENI, poiché non sono già stati tutti presentati al Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale.
Di conseguenza, non facendo parte di tale commissione, essi hanno sottolineato che, nel caso in cui un membro dell’uno o dell’altro dei loro due gruppi parlamentari vi si ritrovasse presente, vi si ritroverebbe solo a titolo puramente personale. Prendendo atto dell’esistenza di numerose assenze all’interno di questa “commissione mista paritaria maggioranza-opposizione”, essi hanno concluso che essa non è né mista, né paritaria e ancor meno rappresentativa delle varie forze politiche.[5]

b. Le confessioni religiose convocate a una riunione con la commissione mista

Il 13 agosto, il presidente della Commissione Politica, Amministrativa e Giuridica (PAJ) dell’Assemblea nazionale, André Mbata Betukumesu Mango, ha invitato ciascuno degli otto membri della piattaforma delle confessioni religiose a presentarsi, il mattino del giorno successivo, presso la commissione mista maggioranza – opposizione, incaricato di esaminare i dossier dei candidati membri della nuova Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI).[6]

Il 14 agosto, la Chiesa di Cristo in Congo (ECC) e la Chiesa cattolica, in una lettera indirizzata al Presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, hanno affermato di non comprendere come e perché sia stato ​​il presidente della commissione PAJ a prendere l’iniziativa di convocare i responsabili delle confessioni religiose e, per di più, attraverso inviti inviati un venerdì sera, alla vigilia di un fine settimana e già diffusi sui social media.
Le due confessioni religiose spiegano che, «in virtù del parallelismo di forma e di competenza, solo il Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, rappresentato dal suo presidente, ha la competenza di inviare un invito ufficiale alla Presidenza della Piattaforma delle Confessioni Religiose. Ciò è dimostrato anche dal fatto che, dall’inizio della procedura in corso tra l’Assemblea nazionale e la Presidenza della Piattaforma, tutta la corrispondenza si è conformata a questa norma amministrativa».
La lettera firmata da André Bokundoa-Bo-Likabe e Marcel Utembi rileva inoltre che la cosiddetta commissione mista che è stata creata non è né conforme allo spirito della legge, né rappresentativa delle varie forze politiche, visto che l’opposizione non vi fa parte: «A nostra conoscenza, secondo le disposizioni della legge, la commissione mista paritetica, avente la competenza di esaminare le candidature dei nuovi membri della CENI, deve essere composta da delegati della maggioranza e dell’opposizione, ciò che non è il caso attualmente», dato che essa non è composta che di membri appartenenti all’attuale maggioranza denominata Sacra Unione della Nazione.
La Chiesa protestante e la Chiesa cattolica hanno ricordato che, secondo il rapporto del 30 luglio 2021, debitamente sottoscritto dalle otto confessioni religiose e regolarmente inoltrato al Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, le confessioni religiose non hanno designato alcun candidato per la CENI. Di conseguenza, le due confessioni religiose lo hanno informato che non avrebbero partecipato ai lavori della commissione mista paritetica istituita dall’Assemblea nazionale: «La presidenza della piattaforma delle confessioni religiose, rappresentata dalla CENCO e dall’ECC, rispettosa della Costituzione e delle leggi della Repubblica Democratica del Congo, non si sente implicata in simile iniziativa. Resta comunque aperta a qualsiasi iniziativa consensuale finalizzata alla rapida risoluzione di questa crisi, nel rispetto dei testi legislativi».[7]

Il 14 agosto, la commissione mista paritetica dell’Assemblea nazionale si è incontrata con le confessioni religiose implicate nella designazione del candidato presidente della CENI. Come precedentemente annunciato, la Chiesa cattolica e la Chiesa di Cristo in Congo non si sono presentate. Al termine dell’incontro, il pastore Dodo Kamba, intervenuto in nome delle 6 confessioni religiose che si sono presentate, ha dichiarato che si è discusso di quanto fatto finora, in merito alla designazione dei candidati membri della CENI.[8]

c. Il presidente dell’Assemblea nazionale riceve due delegazioni delle confessioni religiose

Il 14 agosto, in un comunicato stampa, il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, ha annunciato di concedere alle confessioni religiose una proroga di 72 ore, per raggiungere un consenso sulla designazione dei loro due candidati per la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI): il presidente e un membro dell’assemblea plenaria. Il comunicato specifica che tale periodo inizia il 14 agosto e scade a mezzanotte del 17 agosto.[9]

Il 16 agosto, in una corrispondenza indirizzata ai responsabili della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) e della Chiesa di Cristo in Congo (ECC), il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Christophe Mboso, ha loro ricordato che, «secondo gli articoli 48 del regolamento interno e 12 della legge organica sull’organizzazione e funzionamento della CENI, la commissione mista paritetica è un’emanazione dell’Assemblea Nazionale, Inoltre, nel suo articolo 1 comma 3, la delibera adottata nella seduta plenaria del 12 agosto 2021 prevede che tale commissione possa, quando lo ritenga necessario, consultare i rappresentanti delle forze politiche e della società civile».
A proposito della loro indignazione per l’invito mandato ai responsabili delle confessioni religiose da questa commissione incaricata di esaminare le candidature trasmesse al Comitato di presidenza dell’Assemblea Nazionale, il Presidente dell’Assemblea nazionale si è così espresso: «Il non rispondere positivamente al suo invito potrebbe ostacolare gli sforzi fatti per ottenere le informazioni necessarie che potrebbero consentire di capire meglio e di trattare in modo più giusto le profonde differenze che prevalgono all’interno della piattaforma delle confessioni religiose … Mi permetto di fare appello alla vostra coscienza collettiva e alla vostra responsabilità davanti alla storia, per chiedervi di privilegiare, in ogni circostanza, il dialogo, che è il fondamento di tutte le relazioni umane».[10]

Il 17 agosto, il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, ha ricevuto separatamente due delegazioni delle confessioni religiose, il gruppo delle sei confessioni religiose e il duo CENCO-ECC, per esortarle a terminare i lavori di designazione dei loro due candidati membri della Commissione Elettorale: il presidente e un membro dell’assemblea plenaria. Ha espresso loro l’auspicio che questi lavori possano concludersi entro questo fine settimana, per permettere l’insediamento del Comitato di presidenza della CENI il più presto possibile. Le 6 confessioni religiose guidate dal pastore Dodo Kamba si sono dette pronte a proseguire il dialogo con la Chiesa cattolica e la Chiesa di Cristo in Congo. La CENCO e l’ECC hanno chiesto una nuova moratoria per poter continuare i negoziati.[11]

Il 17 agosto, il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso, ha annunciato ai deputati riuniti in seduta plenaria che, su richiesta del presidente della piattaforma delle confessioni religiose, ai leader religiosi sono state concesse altre 48 ore, per tornare a al tavolo delle trattative e raggiungere un consenso sulla designazione dei loro due candidati membri della Commissione Elettorale. Questa nuova proroga va dal 17 al 19 agosto 2021.[12]

d. Una riunione di sei confessioni religiose senza la partecipazione delle altre due

Il 17 agosto, i responsabili di 6 confessioni religiose hanno convocato i loro colleghi della Chiesa cattolica e della Chiesa di Cristo in Congo (ECC)  per un incontro previsto per il 18 agosto, presso la sede della Commissione per l’Integrità e la Mediazione Elettorale (CIME). Secondo l’invito rivolto a monsignor Marcel Utembi e al vescovo André Bokundoa, rispettivamente presidente e vicepresidente della piattaforma delle confessioni religiose, la convocazione dell’assemblea plenaria della piattaforma da parte delle 6 confessioni religiose trae la sua legittimità dall’articolo 16 dello statuto che regola questa struttura della società civile: “L’articolo 16, comma 2 del nostro statuto prevede: le riunioni plenarie sono convocate dal presidente, o dal vicepresidente nel caso in cui il presidente sia assente. o dalla maggioranza dei suoi membri”. Nel documento di invito si specifica che, «visto il disagio sperimentato nei precedenti incontri, in particolare le manifestazioni di piazza, le registrazioni illegali degli interventi nel corso degli incontri e le minacce pubblicamente pronunciate da padre Donatien Nshole nei confronti di Mons. Nzinga Maluka, rappresentante legale dell’Unione delle Chiese Indipendenti del Congo, l’attuale incontro si terrà presso la sede della CIME».
Tuttavia, la Chiesa di Cristo in Congo ha indicato che questa convocazione risulta alquanto problematica, se si vogliono rispettare le prescrizioni formulate nello statuto della piattaforma delle confessioni religiose: «la convocazione di una seduta plenaria da parte della maggioranza dei membri non è possibile che nel caso in cui il presidente e il vicepresidente si trovino in una situazione di impedimento. Nella situazione attuale, il presidente non si trova in alcun caso di impedimento, nemmeno il vice presidente. Quindi la convocazione fatta dai 6 è pone già un problema de legalità».[13]

Il 18 agosto, monsignor Marcel Utembi e il vescovo André Bokundoa, rispettivamente presidente e vicepresidente della piattaforma delle confessioni religiose, hanno scritto una lettera al Capo dello Stato, Félix Tshisekedi, chiedendogli di essere urgentemente ricevuti in udienza, visto il contesto delicato in cui sta avvenendo la designazione dei delegati delle confessioni religiose alla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Il portavoce della Chiesa di Cristo in Congo, Eric Nsenga, ha dichiarato: «Stiamo cercando un consenso. Ci siamo rivolti al Presidente della Repubblica, perché certe questioni possono essere risolte solo da lui, quale garante dell’unità nazionale e del buon funzionamento delle istituzioni». Nello stesso tempo, i due responsabili religiosi hanno intenzione di programmare un incontro con le altre sei confessioni religiose entro la fine di questa settimana.
Anche in luglio 2020, la Chiesa cattolica e la Chiesa di Cristo in Congo (ECC) avevano scritto al Capo dello Stato, Félix Tshisekedi, per denunciare la convalida, da parte dell’Assemblea nazionale e sulla base di un falso verbale di una votazione fittizia, della scelta di Ronsard Malonda, da parte delle stesse sei confessioni religiose, come futuro presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). In luglio 2020, Félix Tshisekedi aveva accolto la loro richiesta e il caso Malonda fu archiviato. Oggi, ancora una volta, tutti gli occhi sono puntati sul capo dello Stato: si comporterà come l’anno scorso o no? Certo, le due situazioni sono completamente diverse: nel 2020, Félix Tshisekedi era ancora sotto il giogo dell’alleanza FCC-CACH, oggi ha il sostegno di una nuova maggioranza parlamentare denominata Sacra Unione per la Nazione. Nel 2020, il candidato Ronsard Malonda era considerato troppo vicino alla famiglia kabilista, oggi il candidato Dénis Kadima proviene dallo stesso entourage dell’attuale Presidente della Repubblica.[14]

Il 18 agosto, in serata, al termine di un incontro organizzato presso la sede della Commissione per l’Integrità e la Mediazione Elettorale (CIME), al quale non hanno partecipato le Chiese cattolica e protestante, i responsabili delle sei confessioni religiose: La Chiesa del Risveglio in Congo (ERC), le chiese indipendenti del Congo, la comunità islamica del Congo, la chiesa Kimbanghista, l’Esercito della Salvezza e la Chiesa ortodossa, hanno rimesso al Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale il verbale della designazione di due membri candidati per la CENI: il presidente e un membro della assemblea plenaria.[15]

e. L’impasse è totale

Il 20 agosto, il portavoce del gruppo delle sei confessioni religiose, Mons. Israel Dodo Kamba, si è detto fiducioso dell’esito positivo del verbale di designazione dei delegati scelti come nuovi membri della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), depositato il 18 agosto presso la presidenza dell’Assemblea nazionale. Si è detto convinto che questO verbale sarà certamente preso in considerazione dal presidente dell’Assemblea nazionale Christophe Mboso e che, quindi, non sarà più necessario concedere alle confessioni religiose un’ulteriore proroga.[16]

Il 21 agosto, la Chiesa di Cristo in Congo (ECC) ha chiesto all’Assemblea nazionale di non prendere in considerazione il verbale presentato dal gruppo delle sei confessioni religiose, per poter arrivare ad un consenso più ampio. «In linea di principio, il cosiddetto verbale e l’atto della sua consegna non hanno alcun valore legale. Tutto è stato fatto illegalmente. L’Assemblea nazionale dovrà fare attenzione, per evitare di avallare una crisi istituzionale. Ignorare il verbale inoltrato, per consentire un consenso più ampio è la scelta giusta», ha scritto l’ECC sul proprio account Twitter.[17]

Come si può constatare, i lavori della cosiddetta commissione mista opposizione-maggioranza sono bloccati da una settimana. In questa fase, sono possibili diversi scenari. Una delle possibilità è che il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Christophe Mboso, decida di trasmettere il dossier di Denis Kadima, il candidato proposto dalle sei confessioni religiose, alla commissione mista. Per terminare la procedura di approvazione, esattamente come aveva fatto Jeanine Mabunda in agosto 2020. In quel momento, se fosse necessario, il Capo dello Stato potrebbe eventualmente intervenire, come aveva fatto con il dossier di Ronsard Malonda. L’altra via possibile è aspettare che il Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, accetti di ricevere i delegati delle Chiese cattolica e protestante, prima di prendere una posizione definitiva.
Nel frattempo, l’opposizione (Lamuka e l’FCC) ha boicottato i lavori della cosiddetta commissione mista, sperando che si riprendano le trattative per un risultato più consensuale. Anche altri partiti della Sacra Unione per la Nazione (maggioranza), tra cui Insieme per la Repubblica di Moïse Katumbi e l’Unione per la Nazione Congolese (UNC) di Vital Kamerhe, sono di questa opinione.[18]

f. A proposito della Commissione mista paritaria

Il 17 agosto, in un’intervista, il deputato nazionale Fidèle Likinda, del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD), ha dichiarato che il presidente dell’Assemblea nazionale, Christophe Mboso N’kodia, ha tentato di corrompere due deputati membri del suo partito politico, affinché accettassero di far parte della commissione mista paritaria: «Hanno tentato di corrompere i nostri due deputati PPRD per dare credibilità a quella famosa commissione. Non posso fare i nomi, ma abbiamo le prove, i nostri due deputati lo hanno denunciato per iscritto». Egli ha anche precisato che questa commissione mista non esiste ancora, perché non ci sono delegati dell’opposizione. Fidèle Likinda ha aggiunto che «ciò che si sta facendo all’Hotel del Fiume è una riunione di famiglia tra Mboso e Mbata. Non è una commissione mista». Va ricordato che in una sua comunicazione in seduta  plenaria, Cristophe Mboso aveva affermato che non vi è stato alcun atto di corruzione dei deputati del Fronte Comune per il Congo.[19]

Il 18 agosto, in un’intervista, la deputata nazionale Geneviève Inagosi ha espresso la sua indignazione per la composizione della cosiddetta commissione mista paritetica istituita dall’Assemblea nazionale, per esaminare i verbali delle designazioni dei candidati membri della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI). Secondo lei, questa commissione non è né mista né paritetica, perché è composta solo da delegati della Sacra Unione per la Nazione, attuale maggioranza parlamentare: «Si tratta solo di una commissione speciale istituita dall’Assemblea nazionale. Secondo l’articolo 12 della legge sull’organizzazione e funzionamento della CENI, la commissione mista deve essere composta da membri della maggioranza parlamentare e dell’opposizione. Ma in questo caso, si tratta solo di membri della maggioranza. Ancor peggio: non è neppure la maggioranza nel suo insieme che costituisce questa commissione, ma semplicemente una parte della maggioranza. Se l’opposizione non vi è rappresentata, se anche una parte della maggioranza non vi è rappresentata, come si può parlare di commissione mista paritaria?».
Geneviève Inagosi ha aspramente criticato anche l’eccesso di potere di questa commissione. «Sembra che questa commissione abbia convocato dei delegati delle componenti, in particolare della società civile. No! Ciò non rientra nelle prerogative della Commissione. La commissione è stata istituita semplicemente per verificare la conformità dei documenti e dei verbali presentati dalle confessioni religiose. La commissione non può trasformarsi in arbitro o mediatore, non può essere lei a decidere chi scegliere tra due o tre nomi», ha dichiarato, aggiungendo: «Quando abbiamo esaminato il disegno di legge in commissione Paj, abbiamo voluto evitare l’ingerenza dell’Assemblea nazionale nella scelta dei candidati per la CENI da parte delle varie componenti. Quindi una componente non può presentare più di un nominativo, affinché sia la commissione a dover sceglier, no. A questo punto, ritengo che la commissione stia andando oltre la sua missione».
Per quanto riguarda il recente incontro tra il presidente della cosiddetta commissione mista, il deputato André Mbata, con i responsabili delle confessioni religiose, all’hotel Congo River,  Geneviève Inagosi ritiene che si tratti di un vizio di procedura: «L’Assemblea nazionale è rappresentata dal suo presidente. Quando c’è un lavoro di commissione che richiede la presenza di una terza persona, si passa sempre attraverso il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale. Quindi la commissione non può da sola o di propria iniziativa invitare terze persone a partecipare ai lavori di una commissione, senza passare per il comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale».[20]

Il 20 agosto, in un’intervista, il deputato nazionale Alphonse Ngoyi Kasanji ha rivelato la presenza di delegati dell’opposizione (PPRD/FCC e LAMUKA) all’interno della Commissione mista istituita dall’Assemblea nazionale per esaminare i dossier dei candidati membri della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente ( CENI). Secondo lui, queste presenze attestano la legittimità della commissione in questione.[21]

2. LA LEGGE MARZIALE NEL NORD KIVU E NELL’ITURI

a. Una verifica in corso

Dall’inizio del mese di agosto, la Commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea Nazionale ha avviato una sessione di valutazione dell’applicazione della legge marziale nelle due province del Nord Kivu e dell’Ituri. In questo contesto, i deputati nazionali hanno incontrato il ministro della Difesa (Gilbert Kabanda), la ministra della Giustizia (Rose Mutombo), il ministro dell’Interno (rappresentato dal suo vice) e i due governatori militari del Nord Kivu e dell’Ituri.
Tre mesi dopo l’instaurazione della legge marziale in queste due province, i deputati nazionali non riescono a capire perché e come le violenze possano continuare, nonostante i mezzi dispiegati. Tutti i ministri e gli ufficiali superiori dell’esercito intervistati dai deputati membri della commissione per la Difesa e la Sicurezza hanno sottolineato che una della cause maggiori è certamente la mancanza di risorse, ciò che non faciliterebbe le operazioni militari sul fronte. Bertin Mubonzi, presidente della commissione Difesa e Sicurezza, ha quindi scritto al presidente dell’Assemblea nazionale, chiedendo che siano ascoltati anche i ministri delle finanze e del bilancio, affinché possano fornire chiarimenti sulla questione dei mezzi. Da parte sua, il deputato Juvénal Munubo ha chiesto chiare spiegazioni sui fondi stanziati per il nuovo programma DDR e i vari progetti connessi.
I lavori di valutazione stanno continuando. La commissione dovrà sottoporre i risultati dei suoi lavori al Comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale per discussione in seduta plenaria. Le sue conclusioni dovranno  essere approvate dall’assemblea plenaria e le raccomandazioni che ne emergeranno potrebbero contribuire a trovare un nuovo orientamento nell’applicazione della legge marziale in vigore in queste due province.[22]

b. Polemica tra le autorità militari e i deputati provinciali del Nord Kivu

Il 16 agosto, in una trasmissione speciale sulla stazione radio delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) a Beni, sul tema: “I retroscena della guerra mediatica lanciata da un gruppo di deputati provinciali del Nord Kivu”, il portavoce del governatore militare del Nord Kivu, il generale Sylvain Ekenge, ha deplorato il comportamento di alcuni deputati provinciali che continuano a criticare la legge marziale, giudicandola nettamente “inefficace”, soprattutto a partire dai suoi risultati chiaramente inconcludenti sul campo. «I deputati sono autorizzati a pronunciarsi, perché è consentita la libera espressione. Ma quando ci si pronuncia sempre e sistematicamente contro la legge marziale, instaurata per ristabilire la pace, è perché si è contro la pace e si è dalla parte di quelli che uccidono, massacrano e creano insicurezza in questa parte del nostro paese», ha indicato il generale Sylvain Ekenge, rivelando che ci sono dei deputati che appoggiano dei gruppi armati o che sono conniventi con le Forze Democratiche Alleate (ADF), per sabotare le azioni dell’esercito e creare insicurezza tra la popolazione.
Secondo lui, questi deputati provinciali stanno criticando la legge marziale e ne chiedono la fine, per difendere i loro interessi nascosti. Il generale Ekenge ha aggiunto che questi deputati saranno arrestati, processati e condannati, secondo il rigore della legge. Allo stesso modo, il portavoce del governatore militare ha indicato che vari miliziani ADF che sono stati catturati hanno già citato i nomi di alcuni deputati che si trovano alla base dell’insicurezza della zona di Beni.[23]

Il 17 agosto, una ventina di deputati provinciali del Nord Kivu hanno reagito alle dichiarazioni delle autorità militari che li hanno apertamente citati come responsabili della destabilizzazione della provincia, attraverso il loro appoggio ai gruppi armati.
Essi hanno espresso la loro indignazione attraverso una dichiarazione politica, in cui si sono detti «profondamente preoccupati per la scarsità dei risultati delle operazioni militari, 100 giorni dopo l’instaurazione della legge marziale nel Nord Kivu. Tale scarsità di risultati è confermata dal fatto che gli attacchi contro la popolazione civile continuano ancora (…) con un bilancio di 440 persone uccise, 10 moto e 25 veicoli incendiati e diversi villaggi svuotati dei loro abitanti».
I deputati provinciali del Nord Kivu hanno raccomandato alle autorità militari di astenersi dall’attaccare i rappresentanti del popolo. «Poiché nessun deputato, nazionale o provinciale, è stato finora processato o condannato per comprovato appoggio ai gruppi armati, chiediamo che si cessi di infangare l’immagine dei deputati, attraverso qualsiasi tipo di parole diffamatorie. Fatte salve le azioni legali, avvertiamo chiunque tenti, con qualsiasi mezzo, di accusare i deputati di collaborazione con i gruppi armati, senza apportarne prove certe», hanno dichiarato i deputati provinciali del Nord Kivu, aggiungendo: «Chiediamo dunque al governatore militare del Nord Kivu di ordinare ai suoi collaboratori di cessare, da oggi, le intimidazioni e le minacce proferite contro i deputati legittimamente eletti che, come rappresentanti del popolo, hanno diritto a un minimo di rispetto da parte dei servizi di sicurezza, dal momento che l’instaurazione della legge marziale non li ha in alcun modo privati della loro condizione di legittimi eletti».
I deputati provinciali del Nord Kivu hanno raccomandato all’esercito di concentrarsi sulle operazioni contro i gruppi armati stranieri (ADF e FDLR) e le milizie locali. Hanno proposto che la legge marziale possa essere applicata solo nelle zone più colpite dall’insicurezza, come il territorio di Beni nel Nord Kivu e quello di Irumu nell’Ituri. Hanno infine chiesto al Presidente della Repubblica di rivedere il decreto sull’instaurazione della legge marziale, in vista della sua riqualificazione in un formato capace di produrre risultati rapidi sul campo, e di favorire la consultazione popolare prima di ogni proroga.[24]

c. 6ª proroga della legge marziale

Il 17 agosto, l’Assemblea nazionale ha approvato, in prima lettura, il progetto di legge sulla sesta proroga, di 15 giorni, della legge marziale nelle province dell’Ituri e del Nord Kivu, a partire dal 19 agosto. Dei 335 deputati che hanno preso parte al voto, 334 hanno votato sì e solo uno si è astenuto. Il testo approvato sarà trasmesso al Senato per una seconda lettura. Successivamente sarà trasmesso al Presidente della Repubblica per la sua promulgazione.[25]

Il 18 agosto, i Senatori hanno votato a favore della sesta proroga della legge marziale nelle province di Ituri e Nord Kivu. Su un totale di 109 senatori, 81 hanno partecipato a questa seduta plenaria in videoconferenza e tutti hanno votato a favore.[26]

3. A PROPOSITO DEL COORDINATORE DEL PROGRAMMA DI DISARMO E REINSERIMENTO COMUNITARIO

Il 16 agosto, in una conferenza stampa a Kinshasa, il portavoce del governo, Patrick Muyaya, ha dichiarato che l’obiettivo principale del Programma di Disarmo, Smobilitazione, Reinserimento Comunitario e Stabilizzazione (P-DDRCS) è quello di promuovere la stabilità del Paese attraverso il reinserimento degli ex combattenti nella vita sociale all’interno delle comunità locali e non all’interno delle Forze Armate della RDCongo (FARDC). Egli ha poi affermato che il governo è favorevole alla nomina di Tommy Tambwe Ushindi come nuovo coordinatore del P-DDRCS.
Benché Tommy Tambwe Ushindi sia ampiamente contestato, a causa del suo passato caratterizzato dalla sua adesione a diversi gruppi armati, tra cui l’RCD, il CNDP, l’M-23 e l’ALEC, il governo congolese ha ritenuto che, oggi, la cosa più importante sia guardare verso il futuro e non verso il passato. A tal proposito, Patrick Muyaya ha dichiarato: «Vogliamo vivere in un Paese riconciliato, dove tutti hanno un passato. Non vorrei iniziare a citare i nomi di ribelli e di ex ribelli per ricordare il passato di ciascuno. La cosa più importante per noi oggi è guardare al futuro e non al passato. Il profilo della persona che deve coordinare il programma DDRCS è un profilo che deve soddisfare un certo numero di criteri e, se si scorre anche rapidamente il curriculum di Tommy Tambwe, si constaterà che, nella sua carriera, ha acquisito tutto ciò che è necessario per svolgere questo ruolo: ha una lunga esperienza in materia di gruppi armati, parla le lingue locali e conosce la situazione. Poi, se guarda il passato di ognuno di noi, ci sarà sempre qualcosa su cui ridire».
Questa dichiarazione non è stata ben digerita dal movimento cittadino Lotta per il Cambiamento (LUCHA), per il quale le vittime delle atrocità commesse nell’Est del Paese non sono ancora pronte a dimenticare il passato e chiedono giustizia: «No, le vittime non sono pronte a dimenticare il passato. Per prima cosa abbiamo bisogno di giustizia. Diciamo no all’amnesia, no alla censura».
La Lucha ricorda anche che il nuovo coordinatore del P-DDRCS era tra i separatisti che difendono una “Repubblica del Kivu”: «No, signor Patrick Muyaya (portavoce del governo), stiamo parlando di un presunto criminale di guerra recidivo e di un separatista che vuole creare una “Repubblica del Kivu” indipendente dalla RCongo».[27]

Il 16 agosto, il portavoce del governatore militare della provincia del Nord Kivu, il generale di brigata Sylvain Ekenge, ha affermato che, «nella prigione centrale di Kangbayi, a Beni, su 72 miliziani ADF detenuti, 59 sono di Beni e Butembo. Altri sono già stati mandati a Kinshasa, ce ne sono altri che sono ancora qui per motivi di indagine. Oggi abbiamo 100 miliziani ADF nelle nostre mani. Tra i 100, il 90% provengono dal territorio di Beni e dalla città di Butembo».[28]

[1] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 11.08.’21
[2] Cf Actualité.cd, 11.08.’21
[3] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 12.08.’21; Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 12.08.’21
[4] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 12.08.’21
[5] Cf Radio Okapi, 13.08.’21; Dominique Malala – Politico.cd, 14,08.’21
[6] [6] Cf Actualité.cd, 14.08.’21
[7] Cf Radio Okapi, 14.08.’21; Actualité.cd, 14.08.’21; Dominique Malala – Politico.cd, 14.08.’21
[8] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 14.08.’21
[9] Cf RFI, 14.08.’21
[10] Cf Actualité.cd, 16.08.’21
[11] Cf Actualité.cd, 17.08.’21
[12] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 17.08.’21
[13] Cf Moise Dianyishayi – 7sur7.cd, 18.08.’21; Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 19.08.’21
[14] Cf Patient Ligodi – RFI, 19.08.’21 ; Actualité.cd, 18.08.’21
[15] Cf Actualité.cd, 19.08.’21
[16] Cf Actualité.cd, 20.08.’21
[17] Cf Actualité.cd, 21.08.’21
[18] Cf Actualité.cd, 23.08.’21
[19] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 19.08.’21
[20] Cf Moise Dianyishayi – 7sur7.cd, 19.08.21
[21] Cf Roberto Tshahe – 7sur7.cd, 21.08.’21
[22] Cf Patient Ligodi – RFI, 16.08.’21; Berith Yakitenge – Actualité.cd, 17.08.’21
[23] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 17.08.’21; Azarias Mokonzi – Politico.cd, 16.08.’21
[24] Cf Jonathan Kombi – Actualité.cd, 17.08.’21
[25] Cf Berith Yakitenge – Actualité.cd, 17.08.’21
[26] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 18.08.’21
[27] Cf Carmel Ndeo – Politico.cd, 17.08.’21
[28] Cf Joël Kaseso – 7sur7.cd, 16.08.’21