Congo Attualità n. 424

LE CONSULTAZIONI AVVIATE DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PER UNA SACRA UNIONE DELLA NAZIONE (1)

INDICE

1. L’ACCORDO DI COALIZIONE FIRMATO L’8 GENNAIO 2019 DA FCC E CACH
2. LA CRISI POLITICA DERIVANTE DALLE PROFONDE DIVERGENZE NELL’APPLICAZIONE DELL’ACCORDO
3. LE CONSULTAZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
4. LA POSIZIONE DEL FRONTE COMUNE PER IL CONGO (FCC)
5. LA POSIZIONE DELL’UNIONE PER LA DEMOCRAZIA E IL PROGRESSO SOCIALE (UDPS) E ALLEATI
6. L’INCONTRO DEI VESCOVI DELLA CENCO CON IL SENATORE A VITA JOSEPH KABILA
7. QUALE FUTURO PER LE CONSULTAZIONI?

1. L’ACCORDO DI COALIZIONE FIRMATO L’8 GENNAIO 2019 DA FCC E CACH

L’accordo tra il Fronte Comune per il Congo (FCC) e Verso il Cambiamento (CACH) è stato firmato a Kingakati da Joseph Kabila e Félix Tshisekedi l’8 gennaio 2019, due giorni prima che la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) proclamasse i risultati provvisori delle elezioni presidenziali del mese di dicembre 2018.
Denominato “Accordo per la stabilità e la pace in Congo”, ecco il suo contenuto:
– Immunità totale per il clan Kabila (famiglia e dignitari del suo regime). Nessun procedimento penale per tutti i possibili crimini commessi (crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini economici e altri).
– Concertazione tra i due leader (Tshisekedi e Kabila) prima di qualsiasi tipo di decisione, in particolare per quanto riguarda i servizi di sicurezza (esercito, polizia e servizi di intelligence), imprese pubbliche e autorità territoriali, secondo il principio della co-gestione.
– Appoggio da parte della famiglia politica di Tshisekedi (CACH) alla candidatura della famiglia politica di Kabila (FCC), in occasione delle elezioni presidenziali del 2023, secondo il principio della “reciprocità” (io ti appoggio, tu mi sostieni).
– Testimoni internazionali: 3 presidenti, tra cui il keniota Uhuru Kenyatta, l’egiziano Al-Sisi e il sudafricano Cyrille Ramaphosa.
– Testimoni nazionali: 5 generali, tra cui Delphin Kahimbi (ex capo dell’intelligence ed ex numero 2 dell’esercito, ora deceduto), Célestin Mbala (ex capo aiutante di campo di Kabila e attuale capo dell’esercito), John Numbi (ex capo della polizia, ex capo dell’aeronautica militare, ex ispettore dell’esercito, ora in pensione), Amisi Kumba detto Tango Four (ex capo della zona di difesa 1 e attuale Ispettore Generale dell’Esercito) e Jean-Claude Yav Kabey (ex capo della sicurezza personale di Kabila e, quindi, della Guardia repubblicana).
Il 26 febbraio 2019, durante una sua visita a Windhoek (Namibia), Félix Tshisekedi aveva ammesso di aver siglato un accordo con il suo predecessore Joseph Kabila, ma per un governo di coalizione.
In quell’occasione, rispondendo a una domanda posta da un giornalista, il presidente Tshisekedi aveva affermato: «Si tratta di un accordo che avevamo concluso affinché l’alternanza ai vertici dello Stato avvenisse in modo pacifico. Quindi, si era arrivati a un’intesa affinché, dopo le elezioni legislative che avrebbero prodotto una certa maggioranza, ci fosse una coalizione di governo con il campo politico di Kabila, presidente uscente».
Da diverse settimane, il campo di Kabila sta denunciando la violazione di questo “patto” da parte del Presidente della Repubblica che, nello scorso mese di luglio, ha firmato delle ordinanze presidenziali relative a nuove nomine all’interno dei servizi di sicurezza e della magistratura. Tanto più che queste ordinanze presidenziali non sono state controfirmate dal Primo Ministro, ma dal Vice Primo Ministro incaricato dell’Interno, Gilbert Kandonde.
La crisi all’interno della coalizione FCC-CACH è stata aggravata dapprima dalla nomina di 3 nuovi giudici presso la Corte costituzionale da parte del presidente Tshisekedi, poi dalla loro prestazione di giuramento. L’FCC afferma che, con queste nomine, il Capo dello Stato ha intenzionalmente violato la costituzione. Di fronte a queste critiche, i sostenitori del presidente Félix Tshisekedi ritengono che “la legge suprema è la salvezza del popolo” e, nei suoi discorsi, Tshisekedi riprende sempre più questo principio. A quasi due anni dalla firma dell’accordo di coalizione di governo, la fiducia tra i due partner ha lasciato il posto al sospetto e alla sfiducia reciproca. È così che la coalizione di governo è sull’orlo del collasso.[1]

2. LA CRISI POLITICA DERIVANTE DALLE PROFONDE DIVERGENZE NELL’APPLICAZIONE DELL’ACCORDO

Sono bastati due brevi anni per mandare in crisi quella coalizione contro natura formata dall’attuale presidente Félix Tshisekedi e da Joseph Kabila, presidente uscente. Le divergenze sulla presidenza della Commissione elettorale e sulla nomina di tre giudici della Corte costituzionale hanno costretto l’attuale presidente Félix Tshisekedi ad annunciare delle consultazioni politiche, il cui obiettivo sarebbe quello di “ottenere una nuova maggioranza parlamentare a suo favore attirando nuovi alleati”. Kris Berwouts, ricercatore indipendente e autore di Congo’s Violent Peace: Conflict and Struggle Since the Great African, analizza questa crisi.
Afrikarabia: In pieno braccio di ferro politico con Joseph Kabila, nel suo discorso alla Nazione pronunciato il 23 ottobre scorso, il Presidente Félix Tshisekedi ha messo in rilievo “le profonde divergenze” esistenti tra lui e il precedente Presidente Joseph Kabila e ha annunciato delle consultazioni con tutte le forze politiche e sociali, al fine di dare un nuovo fondamento all’azione del governo. Alcuni si aspettavano una rottura più radicale con il Fronte Comune per il Congo (FCC) pro-Kabila. Perché tanta cautela?
Kris Berwouts: Ci si ritrova in una situazione di difficile coabitazione tra due partner disuguali. Il presidente Tshisekedi, iniziando il suo mandato in una situazione di debolezza nei confronti del suo predecessore, ha inizialmente cercato di difendere quel piccolo spazio di cui disponeva. Ma ultimamente egli ha tentato di rafforzare il suo ruolo in settori chiave, come quelli della Commissione Elettorale (CENI), della Corte Costituzionale, della giustizia e dell’esercito. Tuttavia, Joseph Kabila sa che queste sono istituzioni che deve continuare a controllare se vuole mantenere il potere. In questa situazione di estrema tensione, Felix Tshisekedi sa di non poter ottenere tutto in una sola volta. Non può quindi annunciare una rottura radicale. Ecco perché ha deciso di eludere questa difficoltà e si è limitato ad annunciare delle semplici consultazioni politiche.
Afrikarabia: Qual è lo scopo di queste consultazioni?
Kris Berwouts: Cercare nuovi alleati, anche se Joseph Kabila ha la maggioranza in Parlamento. Per Felix Tshisekedi, l’unico modo per ottenerli è quello di scommettere su figure dell’FCC che potrebbero abbandonare Kabila per unirsi a lui in una nuova coalizione. L’obiettivo di Félix Tshisekedi è quello di raggiungere una sua maggioranza palamentare attirando nuovi alleati da Lamuka, ma soprattutto dall’FCC di Joseph Kabila.
Afrikarabia: Può il presidente Tshisekedi invertire i rapporti di forza nell’Assemblea nazionale, o è troppo minoritario per poter procedere a questa ricomposizione?
Kris Berwouts: È per questo che deve attrarre verso di sé molti parlamentari del campo kabilista. Attualmente, si nota un vero nervosismo all’interno dell’FCC, che sta organizzando una moltitudine di riunioni. Alcuni membri dell’FCC sospettano che vari loro colleghi vogliano unirsi a Tshisekedi.
Non va dimenticato che la politica congolese rimane un sistema clientelare piuttosto rodato. Ogni leader, compreso Tshisekedi, ha una vasta clientela da servire. Anche Kabila, se finora è riuscito a conservare la maggior parte del potere, ora non è più in grado di distribuire tante funzioni o titoli come prima.
Afrikarabia: Se Felix Tshisekedi non riuscisse ad invertire i rapporti di forza all’interno dell’Assemblea nazionale, potrebbe almeno riequilibrarli?
Kris Berwouts: Questa sarebbe l’unica via che egli potrebbe seguire, visto che si è già in un clima pre-elettorale in vista delle prossime elezioni del 2023. I Congolesi stanno ancora aspettando che Felix Tshisekedi realizzi le sue promesse elettorali e l’FCC si sta già comportando come se avesse già vinto le prossime elezioni. Questa situazione spiega la battaglia attualmente in corso tra i due per il controllo delle due istituzioni più importanti per le prossime elezioni: la Commissione elettorale e la Corte costituzionale.
Afrikarabia: Con l’annuncio delle consultazioni politiche da parte di Félix Tshisekedi, non stiamo entrando in un ciclo già ben conosciuto in Congo: quello di dialoghi e consultazioni interminabili che non hanno mai risolto i problemi?
Kris Berwouts: In effetti, si tratta di una dinamica conosciuta da molto tempo e di cui la popolazione si è fatta un’opinione molto negativa. C’è il rischio che queste consultazioni diventino un’ ennesima occasione di condivisione del potere politico. Nonostante la contestata ascesa al potere di Felix Tshisekedi, l’opinione pubblica congolese e internazionale l’aveva accettata nella speranza di un profondo cambiamento. Ma il cambiamento non è ancora arrivato. E un nuovo ciclo di consultazioni e di concertazioni non è certo il segnale di cambiamento atteso dalla popolazione.[2]

3. LE CONSULTAZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Il 23 ottobre, in un messaggio alla nazione, il presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi, ha manifestato ancora una volta il suo appoggio ai tre nuovi giudici della Corte costituzionale perché, secondo lui, il loro giuramento ha rafforzato lo stato di diritto.
Egli ha ricordato che i risultati delle elezioni del 2018 avevano costretto l’opposizione e la maggioranza di allora a lavorare insieme: «Avevamo scelto di gestire il Paese a partire da una coalizione che sembrava costituire la soluzione più adeguata, per far uscire il Paese dalle sue varie e ricorrenti crisi e per preservare il valore dell’alternanza politica ai vertici dello Stato». Tuttavia, egli ha fatto osservare che, quasi due anni dopo, le continue divergenze esistenti tra le due parti della coalizione hanno impedito di progredire, soprattutto in alcuni settori: «Queste divergenze riguardano soprattutto le questioni relative alla pace, la sicurezza nazionale, la composizione della Commissione Elettorale, l’organizzazione delle elezioni, l’economia, l’indipendenza della magistratura, lo Stato di diritto, la territoriale e la diplomazia».
Secondo il Presidente Tshisekedi, queste importanti questioni richiedono un ampio consenso nazionale. Per questo, egli ha annunciato di aver deciso di «avviare, dalla prossima settimana, una serie di contatti, per consultare attori politici e sociali, al fine di creare una sacra unione per la nazione». Il Presidente della Repubblica ha promesso che, al termine di queste consultazioni, egli ritornerà ad informare la popolazione sulle decisioni che verranno prese. Tali decisioni, ha egli detto, non escluderanno alcun scenario.
Infine, egli si è impegnato a preservare l’unità del Paese e a difendere  gli interessi superiori della nazione: «Non permetterò che alcun impegno politico, di qualsiasi tipo esso sia, abbia la priorità sulle prerogative costituzionali e sugli interessi superiori del popolo congolese. Non transigerò sugli interessi superiori della nazione. Non cederò alcuna minima parte della nostra sovranità nazionale. Non risparmierò alcun sforzo per preservare la pace e l’unità nazionale».[3]

Il 29 ottobre, in un’intervista rilasciata a “Face-à-Face” su Radio Top Congo, il presidente del Movimento Lumumbista Progressista (MLP), Franck Diongo, ha affermato che, d’ora in poi, «la coalizione FCC – CACH non esiste più. Nemmeno l’accordo di Nairobi tra l’UDPS di Félix Tshisekedi e l’UNC di Vital Kamerhe … È ciò che si può capire dalla lettura attenta e approfondita dell’ultimo messaggio del presidente della Repubblica pronunciato il 23 ottobre. Il Presidente ha dichiarato la rottura di tutte le alleanze, visto che ha detto che nessun impegno di tipo politico può essere al di sopra del rispetto della Costituzione, della sua prestazione di giuramento come Presidente e dell’interesse generale del popolo congolese». Secondo questo ex deputato nazionale e accanito oppositore di Joseph Kabila, «le consultazioni annunciate dal Presidente della Repubblica devono portare a un cambiamento della maggioranza parlamentare, ciò che farà cadere l’attuale comitato di presidenza dell’Assemblea nazionale, a cui seguirà la nomina di un altro Primo Ministro, attraverso la mediazione di un informatore incaricato di individuare la (nuova) maggioranza parlamentare».[4]

Il 2 novembre, il Presidente Félix Tshisekedi ha avviato le consultazioni annunciate il 23 ottobre. Oltre ai politici, egli incontrerà diverse altre personalità e le delegazioni di istituzioni e organismi, tra cui le istituzioni a sostegno della democrazia, le confessioni religiose e le associazioni della società civile.[5]

Il 2 novembre, dopo essere stata ricevuta dal Presidente della Repubblica, la piattaforma Agire per delle Elezioni Trasparenti e Pacifiche (AETA), un gruppo di ONG della società civile che lavorano in campo elettorale, ha dichiarato di avergli chiesto la depoliticizzazione della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) che, secondo il suo parere, dovrebbe essere composta da personalità della società civile esperti in materia elettorale. AETA ha inoltre incoraggiato il Capo dello Stato a dotare l’ONIP dei mezzi necessari per effettuare il censimento della popolazione prima delle elezioni generali previste per il 2023. Ha infine chiesto al Capo dello Stato di istituire un fondo speciale in cui depositare le risorse finanziarie previste annualmente dal Governo per il buon funzionamento del processo elettorale, in modo che sia sempre possibile attingere a questo fondo per il finanziamento delle elezioni.[6]

Il 2 novembre, la Sinergia delle Missioni di Osservazione Civile delle Elezioni (Symocel) ha approfittato dell’incontro con il Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi per consegnargli un suo memorandum in cui raccomanda che le riforme elettorali siano fatte prima della nomina dei nuovi membri della Commissione Elettorale, ciò che potrebbe loro permettere di essere completamente indipendenti dalle istituzioni politiche.[7]

Il 3 novembre, ricevuti dal presidente Félix Tshisekedi nell’ambito delle Consultazioni iniziate, Jonas Tshiombela, Patient Bashombe e Christopher Ngoy, membri della Società Civile, gli hanno raccomandato di sciogliere il parlamento. A nome anche degli altri due delegati, Christopher Ngoy, ha dichiarato: «Abbiamo spiegato al Presidente che la popolazione, sovrano primario, non si sente più rappresentata dagli attuali parlamentari e che bisogna quindi pensare di poter ristrutturare e / o riconfigurare l’Assemblea nazionale. Lo scioglimento del parlamento è più che inevitabile, a causa delle divergenze constatate all’interno della coalizione FCC-CACH e del conseguente blocco delle istituzioni». Secondo un altro membro della loro delegazione, il presidente Tshisekedi avrebbe risposto che si tratta di un’opzione cui fare ricorso come ultima possibilità, soprattutto a causa del costo elevato delle elezioni e della mancanza di una nuoca Commissione elettorale in sostituzione dell’attuale arrivata a fine mandato già da molto  tempo. Infine, la società civile ha proposto anche che le riforme elettorali precedano la nomina dei prossimi membri della Commissione elettorale.[8]

Il 3 novembre, nell’ambito delle consultazioni avviate dal Presidente della Repubblica, l’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ) e la Voce dei Voce (VSV) hanno incoraggiato Félix Tshisekedi a continuare le consultazioni, al fine di riqualificare una nuova maggioranza parlamentare e una nuova azione governativa centrata sul benessere sociale della popolazione e su un vero stato di diritto.[9]

Il 4 novembre, il Presidente della Repubblica ha ricevuto le delegazioni di diverse associazioni della Società Civile, per le quali la politicizzazione di alcune istituzioni dello stato è la vera causa dell’attuale crisi politica. Secondo Floribert Anzuluni, membro del movimento civico Filimbi (“fischietto”, in swahili), «la causa dell’attuale crisi politica in cui il Paese si trova oggi è il caos elettorale del 2018. È necessario depoliticizzare la Commissione elettorale, il sistema giudiziario e la pubblica amministrazione».
“Depoliticizzare” è la parola d’ordine anche di sindacati, organizzazioni professionali e associazioni  femminili. Secondo Rose Mutombo Kiese, membro del Quadro consultivo permanente delle Donne Congolesi (Cafco), occorre «evitare di politicizzare l’amministrazione territoriale, la magistratura e la diplomazia. È ora che le persone lavorino per il servizio della nazione, invece di lavorare per i partiti politici». Il direttore dell’Associazione Nazionale delle Pubbliche Imprese (Anep), Patrick Ngulule, ha dichiarato di aver chiesto al Capo dello Stato di «far di tutto per evitare la politicizzazione delle pubbliche imprese, affinché si possa privilegiare le competenze delle persone, invece del clientelismo politico».[10]

Il 5 novembre, un’ex candidata alla presidenza nelle elezioni del 2018, Marie-José Ifoku, ha esortato il Capo dello Stato a nominare un informatore, al fine di identificare una nuova maggioranza parlamentare per formare un nuovo governo.[11]

Il 5 novembre, dopo essere stato ricevuto dal Capo dello Stato nell’ambito delle consultazioni intraprese, Théodore Ngoy, ex candidato alle presidenziali del 2018, ha dichiarato che il Presidente Félix Tshisekedi non è autorizzato a “spazzare via” la maggioranza parlamentare detenuta dall’FCC di Joseph Kabila, senza correre il rischio di violare la costituzione: «Ho detto al Presidente della Repubblica che c’è una maggioranza parlamentare che lui ha approvato e con la quale ha stretto un accordo di governo. Non potrà quindi alzarsi un mattino e decidere all’improvviso di spazzare via quella maggioranza. Ciò violerebbe la costituzione che, per poter sciogliere il Parlamento, prevede che ci sia una crisi persistente tra governo e Assemblea nazionale, ciò che attualmente non sembra essere il caso».[12]

Il 6 novembre, in una conferenza stampa a Kinshasa, il segretario esecutivo provinciale della Rete Provinciale delle ONG per i Diritti Umani (REPRODHOC), William Wenga, ha raccomandato “un “dialogo franco e sincero” tra il presidente della Repubblica Felix Tshisekedi e il suo predecessore Joseph Kabila. Egli ha affermato che questo dialogo potrebbe contribuire a costruire un clima di pace, di stabilità e di sviluppo. Secondo REPRODHOC, tentando di sciogliere il Parlamento quando il Paese ha molti problemi ancora irrisolti, il Presidente della Repubblica potrebbe provocare una grave crisi politica dalle conseguenze disastrose. Secondo William Wenga, «solo il dialogo tra l’FCC e il CACH potrebbe salvare il Paese, perché l’idea di sciogliere il parlamento violerebbe alcuni articoli della costituzione, legge fondamentale della RDCongo. Solo il dialogo può ancora salvare il futuro del popolo congolese».[13]

Il 9 novembre, una delegazione di senatori della coalizione Verso il Cambiamento (CACH) è stata ricevuta dal Capo dello Stato nell’ambito delle consultazioni presidenziali. Al termine dell’incontro, il Senatore Célestin Vunabandi Kanyamihigo, membro della delegazione, ha affermato l’importanza di formare una nuova coalizione, per sostenere il Capo dello Stato nella sua visione incentrata sul motto di  “Prima il popolo”. Secondo lui, «è possibile raggiungere una nuova maggioranza parlamentare, poiché ci sono molti senatori anche non appartenenti a CACH che sono d’accordo con la visione del presidente Tshisekedi». Nonostante ciò, occorre notare che, attualmente, i senatori del Fronte Comune per il Congo (FCC) non hanno ancora aderito a questa iniziativa del Capo dello Stato, il cui obiettivo è quello di creare una sacra unione nazionale.[14]

Il 13 novembre, il Capo dello Stato ha ricevuto i governatori delle province, quasi tutti membri del Fronte Comune per il Congo (FCC). Nell’ambito di queste consultazioni, i governatori hanno suggerito al Capo dello Stato di riflettere profondamente sulla possibilità di rafforzare la coalizione FCC-CACH. Il governatore della provincia di Lualaba e portavoce dei governatori, Richard Muyej, si è detto soddisfatto di aver notato che sia i governatori che il Presidente della Repubblica vogliano dare un nuovo impulso al rafforzamento della coesione nazionale attraverso una sacra unione della nazione. Egli ha voluto sottolineare che non si tratta assolutamente di una strategia per consolidare una parte contro l’altra o per indebolire una parte rispetto all’altra.[15]

4. LA POSIZIONE DEL FRONTE COMUNE PER IL CONGO (FCC)

Il 27 ottobre, una fonte del Fronte Comune per il Congo (FCC) dell’ex presidente Joseph Kabila ha dichiarato che questa piattaforma politica farà di tutto per consolidare la coesione di tutti i suoi membri, al fine di mantenere la maggioranza in Parlamento e si è detta pronta ad accettare un regime di coabitazione, nel caso di una rottura con il suo alleato Verso il Cambiamento (CACH) del Presidente Félix Tshisekedi. In effetti, quando il Capo dello Stato Felix Tshisekedi, nel suo discorso alla nazione, aveva annunciato di voler consultare tutti gli strati politici e sociali per creare una sacra unione della Repubblica, aveva suggerito che nessun tipo d’impegno politico può prevalere sulle prerogative costituzionali e sugli interessi superiori del popolo congolese.[16]

Il 29 ottobre, dopo un incontro con Joseph Kabila a Kingakati, comune di Nsele (Kinshasa), i deputati e senatori nazionali membri del Fronte Comune per il Congo (FCC) hanno ribadito il loro sostegno e la loro fedeltà alla loro autorità morale e hanno promesso di salvaguardare l’unità e la disciplina all’interno dell’FCC.[17]

Il 7 e 8 novembre, il Fronte Comune per il Congo (FCC) ha organizzato un suo incontro a Safari Beach. Secondo il comunicato finale, l’FCC si è detto contrario ad ogni tentativo di ricomporre una nuova maggioranza parlamentare e ad ogni minaccia di scioglimento dell’Assemblea nazionale.
Secondo l’FCC, «l’attuale iniziativa del Capo dello Stato (l’annuncio delle consultazioni) è consecutiva alla prestazione di giuramento da parte dei tre nuovi giudici della Corte costituzionale, irregolarmente nominati, perché in violazione della costituzione e delle leggi della Repubblica. E ciò, nonostante che l’FCC avesse chiesto al Capo dello Stato di rispettare il suo giuramento costituzionale di Presidente della Repubblica, ritirando le ordinanze relative alla nomina dei giudici interessati, tenendo conto del ruolo regolatore del funzionamento delle istituzioni e della funzione di giudice elettorale riconosciuto alla Corte costituzionale. L’FCC conferma quindi di non riconoscere i nuovi giudici, tanto meno gli effetti dei loro atti».
L’FCC, detentore della maggioranza parlamentare e parte di una coalizione di governo con il CACH, ha fatto sapere che «il Presidente della Repubblica non l’ha ancora ufficialmente informato né sulle consultazioni in corso, né sulla sorte riservata all’accordo di coalizione che li lega». Tuttavia, l’FCC ha affermato di rimanere aperto al dialogo con il Capo dello Stato, ma nell’ambito delle strutture e dei meccanismi previsti dall’accordo di coalizione: «il quadro di consultazione previsto dall’accordo resta l’unico meccanismo discussione per risolvere le divergenze tra le due parti».
Per quanto riguarda una possibile ricomposizione della maggioranza parlamentare, «l’FCC non può appoggiare alcun approccio tendente alla ricomposizione della maggioranza parlamentare, in piena legislatura e sullo sfondo di un’eventuale corruzione dei parlamentari stessi.  Infatti, la corruzione è al centro di una lotta concordata come parte del programma congiunto di governo. Inoltre, secondo la costituzione e il regolamento dell’Assemblea nazionale, ogni tipo di maggioranza è frutto delle elezioni e si esprime attraverso i gruppi parlamentari e politici che sostengono l’azione del governo per l’intera legislatura e non può essere cambiata se non dalle elezioni generali seguenti. Secondo l’FCC, l’alternativa all’attuale maggioranza è quella di sottoporsi alla sanzione del sovrano primario, attraverso nuove elezioni politiche a tutti i livelli».
Sulla questione dello scioglimento dell’Assemblea Nazionale, spesso citata come soluzione alla crisi di governabilità che sta attualmente caratterizzando la coalizione FCC-CACH, l’FCC fa notare che «se le prerogative di questa opzione sono di competenza del Presidente della Repubblica, sono tuttavia fortemente inquadrate e ben determinate dalla Costituzione … Lo scioglimento del Parlamento non può quindi, se non violando ancora una volta la Costituzione, essere deciso su iniziativa esclusiva del Presidente della Repubblica, senza la controfirma del Primo Ministro e in assenza di una crisi persistente, che fortunatamente non esiste, tra il governo e l’Assemblea nazionale».[18]

Il 18 novembre, in una conferenza stampa a Kinshasa, il presidente della Nuova Generazione per l’Emergenza del Congo (NOGEC), Constant Mutamba, ha riaffermato che il Fronte Comune per il Congo (FCC) non parteciperà alle consultazioni avviate dal Capo dello Stato per la creazione di una Sacra Unione per la Nazione. In questa occasione, egli ha ribadito l’appello della sua famiglia politica ad andare ad elezioni anticipate, al fine di porre un termine alla “crisi di legittimità delle istituzioni evocata da una certa tendenza politica”. Constant Mutamba ha affermato che «l’FCC vuole rispettare la costituzione e l’accordo di coalizione. Quindi qualsiasi schema si voglia adottare deve rientrare nel quadro della costituzione … Se ci fosse un problema di legittimità delle istituzioni, spetterà quindi al popolo sovrano poter decidere e non a un determinato gruppo di politici che tentino di sostituirsi al sovrano primario».[19]

5. LA POSIZIONE DELL’UNIONE PER LA DEMOCRAZIA E IL PROGRESSO SOCIALE (UDPS) E ALLEATI

Il 14 novembre, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) e i suoi alleati hanno organizzato delle manifestazioni non solo per appoggiare le consultazioni nazionali avviate dal Presidente della Repubblica Félix Tshisekedi, ma anche per chiedere di mettere fine alla coalizione tra il Fronte Comune per il Congo (FCC) di Joseph Kabila e Verso il Cambiamento (CACH) del presidente Félix Tshisekedi.
A Kinshasa, in prima fila c’erano Jean-Marc Kabund e Augustin Kabuya, rispettivamente presidente a.i. e segretario generale dell’UDPS,  Franck Diongo, presidente dell’MLP, il senatore Lola Kisanga, esponenti dell’AFDC-A, di Insieme e di altri partiti. Nel corso della manifestazione, Jean-Marc Kabund ha palesemente dichiarato che lo scioglimento dell’Assemblea nazionale è un’opzione irreversibile nel caso in cui la situazione politica non migliori.
Anche a Lubumbashi, alla manifestazione hanno partecipato anche altri partiti e piattaforme politiche alleate dell’UDPS. Si tratta dell’Unione Nazionale dei Federalisti del Congo (UNAFEC) guidata da Gabriel Kyungu wa Kumwanza, dell’AFDC-A guidata da Modeste Bahati Lukwebo, e di Solidarietà Congolese per lo Sviluppo (SCODE) guidata da Jean Claude Muyambo.
Appoggiando le consultazioni intraprese dal Capo dello Stato, Antoine Gabriel Kyungu wa Kumwanza ha affermato che ormai «il Fronte Comune per il Congo (FCC) è ora minoritario e il suo posto è nell’opposizione: ora siamo noi che abbiamo il controllo sul potere. Perciò, apriremo delle scuole che tutti i membri dell’FCC potranno frequentare per imparare ad esercitare il loro nuovo statuto di membri dell’opposizione». Secondo questo alleato di Félix Tshisekedi nella regione del Katanga, l’accordo brandito dal Fronte Comune per il Congo non è ripreso nella costituzione e, quindi, non può plasmare la vita della Nazione e nemmeno quella del Capo dello Stato.
A Goma, agli attivisti dell’UDPS si sono aggiunti quelli del Raggruppamento Congolese per la Democrazia – Movimento di Liberazione / Kisangani (RCD-ML/K) di Mbusa Nyamwisi e dell’Alleanza delle Forze Democratiche del Congo (AFDC) di Bahati. Lukwebo.
A Kikwit, durante una manifestazione popolare svoltasi il giorno seguente, il presidente ad interim dell’UDPS, Jean-Marc Kabund, ha dichiarato: «Poiché è chiaro che Kabila e i suoi uomini vogliono riportare il Paese verso il passato, bloccando l’azione di Félix Tshisekedi a favore del Paese, dichiaro l’FCC e Kabila sono il nemico numero 1 del popolo congolese e che, di conseguenza, la coalizione FCC-CACH sarà abolita».[20]

6. L’INCONTRO DEI VESCOVI DELLA CENCO CON IL SENATORE A VITA JOSEPH KABILA

L’11 novembre, i vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) si sono incontrati con l’’ex presidente della Repubblica e senatore a vita Joseph Kabila. Il segretario generale della CENCO, padre Donatien Nshole, ha affermato che i vescovi hanno voluto “ascoltare” il senatore a vita Joseph Kabila, “per continuare a riflettere” sull’attuale crisi socio-politica del Paese causata dalle profonde divergenze constatate all’interno della coalizione di governo. Secondo padre Nshole, i vescovi hanno voluto incontrare il senatore Joseph Kabila per “manifestargli la loro opinione” [su questa situazione di stallo], e “dargli qualche consiglio utile”.
In un memorandum consegnato al senatore a vita Joseph Kabila e trapelato sui social media, i vescovi della CENCO hanno scritto:
«Nei loro ultimi tre messaggi, i vescovi della Cenco … deplorano il fatto che gli alleati al potere si sono lasciati prendere da lotte interne, invece di dedicarsi a lavorare al servizio del popolo. Attualmente, la coalizione di governo FCC – CACH è attualmente in un punto morto.
Le diatribe all’interno della coalizione non riguardano tanto le divergenze nelle soluzioni da trovare per rispondere alle sfide che il paese deve affrontare, ma piuttosto le rispettive ambizioni di posizionamento politico. Ci sembra che ogni parte stia lottando più per controllare determinate istituzioni che per soddisfare le aspettative della popolazione.
Sfortunatamente, questi conflitti all’interno della coalizione stanno aggravandosi, influendo negativamente sulla governabilità e il funzionamento dello Stato. Peggio ancora, contribuiscono al progressivo deterioramento della vita dei Congolesi.
Con l’attuale dinamica della coalizione, non potremo sperare in una rapida  ricostruzione del Paese. È dunque necessaria una soluzione politica, che dovrà tenere conto dei seguenti principi:
a. il primato del benessere della popolazione su qualsiasi compromesso di natura politica, b. il rispetto per la Costituzione, c. la sicurezza nazionale, d. l’integrità territoriale, e. la stabilità dello Stato e delle sue istituzioni, f.  la pace sociale, g. lo Stato di diritto e  h. la democrazia.

Per questo, vi esortiamo a rivedere e a valutare l’Accordo di coalizione in una prospettiva dinamica. Nel caso in cui, in tutta coscienza, ci si rendesse conto che sarebbe impossibile cambiare l’attuale dinamica della coalizione, per meglio servire la popolazione, ci sarebbe tutto da guadagnare se ci si aprisse saggiamente ad un’altra soluzione politica più vantaggiosa per il Paese. Il servizio al benessere del popolo, la verità, la giustizia e la pace sono tra questi valori ineludibili.
Considerando poi che la causa principale dell’attuale crisi politica è da ricercare nella cattiva gestione delle elezioni del 2018, consigliamo vivamente delle riforme consensuali che possano consolidare l’apparato elettorale del nostro Paese. Insistiamo soprattutto sulla depoliticizzazione della Commissione elettorale e sul rafforzamento dell’indipendenza dei suoi membri
».
I vescovi della Chiesa cattolica erano già stati ricevuti due giorni prima dal Presidente della Repubblica, nell’ambito delle consultazioni nazionali. In quell’occasione, la CENCO aveva rimesso al Capo dello Stato un memorandum in cui, per una soluzione dell’attuale crisi politica, hanno insistito su due aspetti: «l’aspetto politico, che riguarda la necessità di una valutazione della coalizione di governo e l’aspetto elettorale, che riguarda le riforme ritenute necessarie, affinché il popolo possa aver fiducia nel prossimo processo elettorale».
I vescovi della CENCO hanno previsto di incontrare anche il Primo Ministro Sylvestre Ilunkamba e l’attuale presidente di LAMUKA, Martin Fayulu.[21]

7. QUALE FUTURO PER LE CONSULTAZIONI?

Le coalizioni di Félix Tshisekedi (CACH) e di Joseph Kabila (FCC) hanno riconosciuto di non trovare un accordo su diversi punti, tra cui la composizione della Commissione elettorale e della Corte costituzionale, le nomine all’interno dei servizi di sicurezza (esercito e polizia) e dei consigli di amministrazione delle imprese pubbliche.
L’FCC dispone di 338 deputati nazionali su un totale di 500 e più di 90 senatori su un totale di 109, mentre il CACH dispone finora di soli 48 deputati nazionali. Per ridurre il margine di influenza del suo predecessore Joseph Kabila, il presidente della Repubblica Félix Tshisekedi avrebbe bisogno di una nuova maggioranza parlamentare. Come ottenerla?
Il partito del senatore Jean-Pierre Bemba, l’MLC, dispone di un gruppo parlamentare di 28 deputati.
L’ex governatore Moïse Katumbi, di Insieme per la Repubblica, ha quasi 68 deputati.
L’ex ministro dell’Economia, Modeste Bahati Lukwebo, ha già operato un certo ravvicinamento con Felix Tshisekedi. Dopo le elezioni del 2018, il suo partito, l’AFDC, contava circa 40 deputati. Ma dallo scorso anno, il partito ha subito una scissione e più di 20 hanno seguito la ministra del Lavoro Néné Nkulu, rimasta fedele all’FCC. Tuttavia, la giustizia ha recentemente emesso una sentenza favorevole a Modeste Bahati Lukwebo.
Resta il ministro dell’urbanistica e dell’edilizia abitativa, Pius Mwabilu, già ricevuto dal presidente Tshisekedi nell’ambito delle consultazioni in corso. Ma anche lui ha avuto problemi simili da quando ha preso parte alla prestazione di giuramento dei tre giudici membri della Corte costituzionale nominati da Felix Tshisekedi, un atto boicottato dall’FCC. Una sentenza del tribunale ha risolto il conflitto a suo favore, ma anche lui sta affrontando il rischio di una scissione all’interno del suo gruppo Alleanza per l’Avvenire e Alleati (AAA) che dispone di 20 deputati.[22]

Il 2 novembre, il presidente Félix Tshisekedi ha avviato una serie di consultazioni politiche e sociali per “riorganizzare l’azione governativa intorno a dei principi di partecipazione alla gestione del Paese”.
L’iniziativa ha suscitato molte speranze tra la popolazione congolese che, alla fine del 2018, ha voluto porre fine ai 18 anni di potere dell’allora presidente Kabila e che ora si rende conto che egli continua a essere un fattore determinante nella vita politica del Paese. L’accordo segreto tra Joseph Kabila e Félix Tshisekedi, che concedeva al secondo la Presidenza della Repubblica in cambio del potere legislativo per il primo, fu presentato come una “alternanza” ai vertici dello Stato, ma è subito apparso come una trappola per l’attuale Presidente Félix Tshisekedi, che detiene solo l’apparenza del potere, ma non la sua effettività. Per tentare di appropriarsi del potere ancora detenuto dal suo predecessore, l’attuale Presidente si vede costretto a violare le regole scritte.
E quale legittimità detiene per farlo? La Commissione Elettorale, controllata da Kabila, non ha mai pubblicato i risultati dettagliati delle elezioni del 2018, mentre i conteggi  paralleli effettuati dagli osservatori elettorali della Chiesa cattolica e di altre ONG avevano dato Martin Fayulu come vincitore e Félix Tshisekedi e Emmanuel Shadari come sconfitti. Inoltre, i deputati pro-Kabila hanno un’ampia maggioranza non solo all’Assemblea Nazionale ma anche in tutte le Assemblee provinciali del paese.
Certo, Félix Tshisekedi potrebbe aver avviato questo ciclo di consultazioni per risvegliare, a suo vantaggio, il forte sentimento anti-Kabila dei Congolesi. Per esempio, ha lasciato che il presidente ad interim del suo partito, Jean-Marc Kabund, annunciasse ufficialmente a Kikwit che “la coalizione FCC – CACH non esisterà più”. Mostrare i bicipiti in questo modo suscita certamente le passioni delle folle, ma cosa succederà dopo?
Organizzare elezioni anticipate? Non c’è ancora una nuova Commissione elettorale per farlo.
Sciogliere l’attuale Assemblea Nazionale? Ma il Presidente della Repubblica deve avere la controfirma del Primo Ministro che, tra l’altro, è un kabilista.
Acquistare parlamentari a suo vantaggio? Felix Tshisekedi non ha i soldi per farlo. Infatti il budget dello Stato è costantemente polverizzato da spese indebite, le previsioni economiche annunciano un calo del 25% delle entrate nel 2021 e Joseph Kabila dispone di un’enorme ricchezza accumulata durante i suoi 17 anni alla Presidenza.
In questa situazione, le consultazioni avviate dal Capo dello Stato potrebbero sfociare in una serie di cambiamenti puramente estetici. La chiusura di queste consultazioni era prevista per l’8 novembre ma, dopo dieci giorni, esse sono ancora in corso: un indizio alquanto preoccupante.[23]

[1] Cf Alphonse Muderwa – 7sur7.cd, 30.10.’20
[2] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 27.10.’20
[3] [3] Cf Actualité.cd, 23.10.’20; Radio Okapi, 23.10.’20
[4] Cf Actualité.cd, 29.10.’20
[5] Cf Radio Okapi, 02.11.’20
[6] Cf Actualité.cd, 02.11.’20
[7] Cf Actualité.cd, 02.11.’20
[8] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 03.11.’20
[9] Cf Thérèse Ntumba – Actualité.cd, 03.11.’20
[10] Cf Sonia Rolley – RFI, 05.11.’20
[11] Cf Radio Okapi, 05.11.’20
[12] Cf Ivan Kasongo – Actualité.cd, 06.11.’20
[13] Cf Radio Okapi, 07.11.’20
[14] Cf Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 09.11.’20
[15] Cf Radio Okapi, 13.11.’20; Ivan Kasongo – Actualité.cd, 13.11.’20
[16] Cf Radio Okapi, 27.10.’20
[17] Cf Actualité.cd, 29.10.’20
[18] Cf Claude Sengenya – Actualité.cd, 08.11.’20; Prince Mayiro – 7sur7.cd, 08.11.’20
[19] Radio Okapi, 19.11.’20
[20] Cf José Mukendi – Actualité.cd, 14.11.’20; Jonathan Kombi – Actualité.cd, 14.11.’20; Siméon Isako – Cas-info.ca, 16.11.’20
[21] Cf Radio Okapi, 11.11.’20 ; Actualité.cd, 11.11.’20
[22] Cf Sonia Rolley – RFI, 04 et 05.11.’20; RFI, 12.11.’20
[23] Cf Marie-France Cros – Lalibre.be/Afrique, 18.11.’20