Congo Attualità n. 309

INDICE

EDITORIALE: DESIGNAZIONE DEL NUOVO PRIMO MINISTRO → ANCORA NESSUN ACCORDO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE

  1. LE TRATTATIVE SULLE MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELL’ACCORDO DEL 31 DICEMBRE
    1. 24-28 gennaio: un’altra settimana di discussioni, ma senza a ancora nessuna conclusione
    2. La questione della designazione e conseguente nomina del Primo Ministro
    3. Misure di rasserenamento del clima politico

 

EDITORIALE: DESIGNAZIONE DEL NUOVO PRIMO MINISTRO → ANCORA NESSUN ACCORDO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE

 

 

 

1. LE TRATTATIVE SULLE MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELL’ACCORDO DEL 31 DICEMBRE

 

a. 24-28 gennaio: un’altra settimana di discussioni, ma senza alcuna conclusione

 

Il 24 gennaio, le parti implicate nelle discussioni sull’annesso per l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre hanno iniziato delle trattative per la “ripartizione” dei 46 posti ministeriali previsti per il prossimo governo.

Occorre ricordare che, conseguentemente al suo peso politico in Parlamento, la Maggioranza Presidenziale (MP) rivendica per sé il 65% dei ministeri. Questa proposta è stata subito respinta dal Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP) che propone una suddivisione paritaria (50% e 50%) dei ministeri tra i firmatari e i non firmatari dell’accordo del 18 ottobre.

Guidata da Vital Kamerhe, l’opposizione firmataria dell’accordo del 18 ottobre chiede per sé 15 ministeri e ne propone altri 15 per la Maggioranza Presidenziale (MP) e 11 ministeri per il RASSOP e il Fronte per il Rispetto della Costituzione (FRC).

Le diverse parti dovrebbero discutere anche sulla modalità della designazione del prossimo Primo Ministro. La MP propone che il RASSOP presenti una lista di vari nomi (almeno cinque), lasciando al presidente Kabila la possibilità di scegliere, tra essi, il nuovo Primo Ministro. Da parte sua, il RASSOP rifiuta totalmente questa proposta della MP e insiste di voler presentare un solo candidato. Il RASSOP ritiene che, in base all’accordo del 31 dicembre, il presidente non ha alcuna facoltà di scelta e che dovrebbe piuttosto nominare Primo Ministro la persona designata dall’opposizione.[1]

 

Il 24 gennaio, il presidente dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) e del Comitato dei Saggi del Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP), Etienne Tshisekedi, è partito da Kinshasa per il Belgio. Suo figlio Felix Tshisekedi ha dichiarato che il padre si è recato a Bruxelles per “una semplice visita medica” e che, prevista già da un po’ di tempo, questa assenza non ostacolerà l’attuazione dell’accordo del 31 dicembre, poiché «egli potrebbe essere temporaneamente sostituito da un membro del suo ufficio».[2]

 

Il 26 gennaio, le parti implicate nelle discussioni che si stanno svolgendo sotto la mediazione dei Vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) hanno rivisto al rialzo il numero dei componenti del prossimo governo di transizione e ciò per risolvere la questione della suddivisione dei posti ministeriali. In tal modo, il numero dei ministri e vice ministri è passato da 46 a 53. Le diverse parti hanno concordato l’assegnazione di 18 ministeri e tre vice ministeri alla MP, 13 ministeri e 3 vice ministeri al RASSOP, 8 ministeri e 3 vice ministeri all’Opposizione firmataria dell’accordo del 18 ottobre, 2 ministeri e 1 vice ministero all’Opposizione Repubblicana (OR) e 2 ministeri per la Società Civile firmataria e non firmataria dell’accordo del 18 ottobre.

 

Componenti Ministeri Vice ministeri Totale
Maggioranza Presidenziale 18 (41,86%) 3 21 (39.62%)
Raggruppamento Opposizione 13 (30,23%) 3 16 (30.18%)
Opposizione Politica firmataria accordo UA 8 (18,60%) 3 11(20,75%)
Opposizione Repubblicana 2 1 3 (5,66%)
Società Civile firmataria accordo UA 1 0 1 (1,88%)
Società Civile non firmataria accordo UA 1 0 1 (1,88%)
Totali 43 10 53

 

La MP e il RASSOP hanno chiesto alla CENCO un po’ di tempo per trovare un consenso sulla modalità di designazione del Primo Ministro.[3]

 

Il 27 gennaio, la Maggioranza Presidenziale (MP) ha proposto che la composizione del prossimo governo passi da 53 a 57 posti ministeriali. In effetti, essa vorrebbe riservare per sé i cosiddetti ministeri di sovranità, tra cui gli Affari Esteri, la Difesa, gli Interni e la Giustizia. Questa proposta è però stata respinta dall’opposizione e dalla società civile. Il prossimo governo, quindi, comprenderà 53 ministeri.[4]

 

Il 27 gennaio, in tarda serata, i ministri José Makila, Azaria Ruberwa e Jean Lucien Bussa hanno firmato l’accordo politico del 31 dicembre, precisando che la loro decisione non vincola l’attuale primo ministro, Samy Badibanga, nominato in seguito all’accordo politico del 18 ottobre 2016 firmato a conclusione del dialogo svoltosi presso la Cittadella dell’Unione Africana.[5]

 

Il 28 gennaio, la Maggioranza Presidenziale (MP) si è opposta alla continuazione, durante il periodo di transizione, della missione di mediazione dei Vescovi della CENCO senza una riconferma da parte del presidente Joseph Kabila. In effetti, secondo la MP, la mediazione della CENCO dovrebbe concludersi con l’approvazione dell’annesso al testo dell’accordo del 31 dicembre. Ma questa proposta della MP, che prevede la fine della missione di mediazione della CENCO con la firma dell’annesso all’accordo se non riconfermata dal Capo dello Stato, non è stata in alcun modo apprezzata dalle altre componenti che, basandosi sul punto VI.2.2 dell’accordo del 31 dicembre, insistono sull’accompagnamento della CENCO fino alla fine del processo.

Da parte sua, Lambert Mende, delegato della MP, ha precisato che la MP non è contro la CENCO, ma propone piuttosto che essa presenti un rapporto sulla sua missione di mediazione al Capo dello Stato che, in tal modo, potrà pronunciarsi per quanto riguarda il futuro.

Nel pomeriggio, le discussioni sulla modalità di designazione del Primo Ministro e sull’assegnazione dei ministeri alle varie componenti erano ancora bloccate. Mentre la MP lotta per conservare tutti e quattro i ministeri chiave (Difesa, Interni, Giustizia e Affari Esteri) detti di “sovranità”, anche il Raggruppamento e l’Opposizione firmataria dell’accordo del 18 ottobre vogliono ottenere la loro parte. Inoltre, la MP continua a non accettare che il Raggruppamento proponga al Capo dello Stato un solo candidato Primo Ministro. La MP considera la volontà del Raggruppamento di presentare un solo “nome” come una “imposizione inaccettabile”. Pertanto, la MP ha esortato il Raggruppamento a presentare almeno tre nomi al presidente (Joseph Kabila), cui spetta la responsabilità di nominare il Primo Ministro.

In tarda serata, i Vescovi della CENCO hanno invitato la Maggioranza Presidenziale (MP) e il Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP) a proseguire le negoziazioni tra di loro, per trovare un compromesso entro una settimana, in attesa del loro ritorno dalla Svizzera, dove devono recarsi per una missione pastorale.[6]

 

b. La questione della designazione e conseguente nomina del Primo Ministro

 

Il 24 gennaio, il Segretario Interfederale dell’Unione della Nazione Congolese (UNC) di Kinshasa, Mayo Mambeke, ha proposto un piano per sbloccare le persistenti divergenze sulle modalità della designazione del futuro Primo Ministro. Mayo Mambeke ha affermato che il RASSOP potrebbe proporre un candidato la cui nomina sarebbe oggetto di valutazione da parte del presidente ed eventualmente presentarne un altro nel caso in cui non fosse accettato dal Presidente per ovvi motivi. Secondo l’esponente dell’UNC, la seconda proposta del RASSOP dovrebbe imperativamente prendere in considerazione le osservazioni che hanno giustificato il rifiuto del primo candidato. Secondo Mayo Mambeke, «il compromesso tra il RASSOP e la MP circa le divergenze sulla designazione del Primo Ministro, potrebbe consistere nel fatto che il RASSOP presenti un nome che il Presidente della Repubblica può nominare o rifiutare per giusti motivi (giuridici, morali e/o non conformità al profilo concordato). In questo caso, il RASSOP dovrebbe designarne un altro, tenendo conto delle osservazioni del presidente, senza però superare 3 tentativi. Questa procedura avrebbe il vantaggio di conciliare le conclusione dell’accordo del 31 dicembre con l’articolo 78 della Costituzione».[7]

 

Il 25 gennaio, in un’intervista, Raphael Katebe Katoto, membro del Comitato dei Saggi del Raggruppamento e fratello di Moïse Katumbi, ha dichiarato che la modalità di designazione del Primo Ministro da parte del Raggruppamento «è un piccolo dettaglio che non può bloccare il dialogo. Che ci siano uno o tre nomi, poco importa chi sarà scelto, a condizione che si rispetti la lettera dell’accordo, cioè che sia il Raggruppamento che presenti i suoi candidati. Se si trattasse di presentare due nomi della MP e tre del Raggruppamento, capisco che ci sarebbe un problema. Ma, dal momento che la MP chiede di presentare tre o cinque nomi del Raggruppamento, non vedo dove stia il problema. Se ci si limitasse a un solo nome, si uscirebbe addirittura dalla logica della democrazia. Perché, in democrazia, si deve fare prova di apertura».[8]

 

Il 30 gennaio, Olivier Kamitatu, membro del G7 e del Raggruppamento dell’opposizione (RASSOP), ha affermato che il Presidente della Repubblica Joseph Kabila conserva la facoltà di poter rifiutare di nominare Primo ministro una persona designata dal RASSOP, sottolineando tuttavia che l’opposizione non ha alcuna intenzione di proporre una lista di nomi, tra cui il Capo dello Stato possa scegliere il prossimo Primo Ministro. «Il Presidente della Repubblica deve essere rispettato nelle sue funzioni. Ha la possibilità di dire di no se la persona designata non lo soddisfa o se i criteri di designazione non sono stati rispettati. Spetta a lui decidere. Tuttavia, l’accordo del 31 dicembre non chiede al RASSOP di presentare una lista di candidati. Per questo, il RASSOP presenterà il nome di una sola persona. Spetta al Presidente vedere se potrà nominarlo Primo Ministro. E questo lo può fare», ha detto Olivier Kamitatu che, tuttavia, ha fatto notare che il presidente Kabila deve sentirsi «vincolato dal compromesso politico globale e inclusivo che unisce la nazione intera intorno a lui».[9]

 

Il 30 gennaio, in un’intervista, il Ministro dell’istruzione superiore e universitario Steve Mbikayi ha affermato che «nell’accordo non è detto che il Raggruppamento debba presentare un solo nome. L’accordo stipula che “il governo è presieduto dal Primo Ministro presentato dal Raggruppamento”. Se il Raggruppamento presenta 5 o 10 nomi e il Capo dello Stato nomina uno di loro, sarà sempre un Primo Ministro presentato dal Raggruppamento. Si tratta di una questione da risolvere in dialogo con il Presidente e non per imposizione. Non si può dimenticare che il Capo dello Stato rimane ancora il Capo dello Stato. Allora sarebbe un po’ umiliante imporgli un Primo Ministro».[10]

 

Il 31 gennaio, in un’intervista, il Segretario dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jean-Marc Kabund, ha accusato la Maggioranza Presidenziale di voler violare le disposizioni dell’accordo del 31 dicembre relative alla nomina del Primo Ministro. A questo proposito, è utile ricordare che, all’articolo III.3.3., l’accordo stabilisce che “il Governo della Repubblica è guidato dal Primo Ministro presentato dall’Opposizione politica non firmataria dell’accordo del 18 Ottobre 2016 / Raggruppamento dell’Opposizione e nominato dal Presidente della Repubblica, conformemente all’articolo 78 della Costituzione“. Secondo Jean-Marc Kabund, l’accordo prevede che il Primo Ministro deve essere presentato dal Raggruppamento dell’Opposizione e, di conseguenza, sempre secondo lui, la Maggioranza Presidenziale non può esigere che il Raggruppamento presenti una lista di più candidati da sottoporre ad una valutazione da parte del Presidente della Repubblica. Il segretario dell’UDPS insiste: «Vogliamo piuttosto che il Primo Ministro che presenteremo sia realmente l’emanazione del Raggruppamento dell’Opposizione e non del Capo dello Stato, perché nell’accordo si dice chiaramente che si tratta di un primo ministro che sarà proposto dal Raggruppamento. Non dobbiamo creare confusione nella mente dei Congolesi. L’articolo 78 della Costituzione parla della nomina di un primo ministro proveniente dalle file della Maggioranza Presidenziale. In quel caso, dunque, è il presidente che ha la facoltà di nominare un primo ministro all’interno della sua maggioranza. Ma il contesto dell’accordo del 31 dicembre è del tutto diverso da quello della Costituzione.

Il contesto in cui abbiamo firmato l’accordo è un contesto del tutto particolare. Non ci sono state le elezioni e, quindi, è perfettamente inutile che la Maggioranza Presidenziale ci dica che il Presidente della Repubblica continua a mantenere il suo potere conformemente all’articolo 78 della Costituzione che prevede la nomina di un Primo Ministro membro della famiglia politica del Capo dello Stato. La MP si comporta come se questo paese non si trovasse in piena crisi politica e il Capo dello Stato conservasse il suo potere come prima. Ma il popolo congolese deve invece sapere che l’attuale presidente della Repubblica non ha più alcun potere. Anche se l’accordo non lo indica chiaramente, politicamente il Presidente della Repubblica gestisce il paese sulla base dell’accordo che abbiamo firmato, quindi non ha alcun mandato. Non ha più la facoltà di designare un Primo Ministro e quindi è il Raggruppamento dell’Opposizione che deve proporre un primo ministro affinché egli lo nomini ufficialmente».[11]

 

In queste affermazioni, Jean-Marc Kabund sembra dimenticare, volontariamente o involontariamente, che, secondo l’articolo III.2.1. dell’accordo del 31 dicembre, che anch’egli ha firmato, l’attuale Presidente della Repubblica continua a svolgere la sua funzione di Presidente in virtù della stessa Costituzione: «benché arrivato alla fine del suo mandato (NdR: conformemente all’art. 70 della Costituzione, paragrafo a), il Presidente della Repubblica resterà in funzione fino all’effettivo insediamento del suo successore eletto (NdR: conformemente all’art. 70 della Costituzione, paragrafo b)». È difficile capire come Jean Marc Kabund possa affermare con tanta sicurezza che l’attuale Presidente della Repubblica sia un presidente semplicemente di carattere protocollare, un presidente che regna senza governare, un presidente senza alcun potere, quando l’accordo non accenna minimamente ad alcuna riduzione delle prerogative riservate costituzionalmente al Capo dello Stato.

 

Da parte sua, il portavoce del governo e membro della maggioranza presidenziale, Lambert Mende, rimprovera al Raggruppamento dell’opposizione una “lettura parziale dell’accordo” che, secondo lui, chiede di conformarsi alle disposizioni costituzionali, tra cui quelle citate nell’articolo 78 della Costituzione: “il Presidente della Repubblica nomina il Primo Ministro all’interno della maggioranza parlamentare, previa consultazione di essa … Se non esistesse una tale maggioranza, il Presidente della Repubblica affida una missione di esplorazione ad una persona, al fine di individuare una coalizione. La missione di esplorazione può durare trenta giorni rinnovabili una volta …“. Lambert mende ne deduce che «è il Presidente della Repubblica che nomina [il primo ministro] in seno alla nuova maggioranza parlamentare che si è ricomposta. Non è il Raggruppamento dell’opposizione che nomina il primo ministro che sarà poi confermato dal Presidente della Repubblica». In un’altra intervista, Lambert Mende, ha affermato che, «secondo l’articolo 78 della Costituzione, spetta al presidente nominare un primo ministro e non prendere atto della sua nomina da parte di terzi. L’articolo in questione stipula che il presidente nomina il primo ministro in seno alla maggioranza parlamentare. Se il Raggruppamento dell’Opposizione fa parte della nuova maggioranza parlamentare ricomposta in seguito a queste ultime negoziazioni, non ci sarà alcun impatto negativo su questa disposizione costituzionale che fa del Presidente l’autorità responsabile della nomina del Primo Ministro. Il Ruolo del Presidente non può essere ridotto a quello di confermare la nomina di un primo ministro effettuata da un’altra autorità informale». Secondo Lambert Mende, questa posizione non è negoziabile.[12]

 

Il 1° febbraio, il presidente dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Étienne Tshiskedi wa Mulumba, è deceduto alle 17h22, all’ospedale Santa Elisabetta di Bruxelles, in Beligio, in seguito a un’embolia polmonare. Aveva 84 anni. Era arrivato il 24 gennaio da Kinshasa, per sottoporsi a una “visita medica” di controllo.[13]

 

Il 3 febbraio, il secondo Vice Segretario Generale della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), Padre André Masinganda, ha annunciato che le discussioni sulle modalità pratiche di attuazione dell’accordo politico firmato il 31 dicembre riprenderanno dopo i funerali di Etienne Tshisekedi.[14]

 

Il 10 febbraio, l’equipe della mediazione guidata dai vescovi cattolici e i capi delle delegazioni delle varie componenti partecipanti ai negoziati hanno concordato di sospendere ufficialmente i lavori sulle modalità di applicazione dell’accordo fino a dopo i funerali di Étienne Tshisekedi. Tuttavia, i vescovi della Cenco continueranno ad avere dei contatti informali con i rappresentanti delle varie parti. Erano presenti alla riunione: Vital Kamerhe, Eve Bazaiba, Jean Pierre Lisanga Bonganga, Adolphe Lumanu e altri negoziatori.[15]

 

c. Misure di rasserenamento del clima politico

 

Il 23 gennaio, è stato ripristinato il segnale di Canal Congo Televisione (CCTV) e di Radio Libertà Kinshasa (Ralik) e possono finalmente riprendere le loro trasmissioni. Il loro segnale era stato sospeso durante la notte dal 18 al 19 dicembre, in un contesto politico molto teso, alla vigilia della fine del secondo ed ultimo mandato del presidente Joseph Kabila. Cctv appartiene all’ex vice presidente Jean-Pierre Mbemba. Rimangono ancora vietate o sospese le emissioni di altri mezzi di comunicazione (una decina).[16]

 

Il 28 gennaio, Moïse Moni Della, membro dell’opposizione, è stato liberato su cauzione. Egli era stato accusato dalla Procura Generale della Repubblica per aver incitato la popolazione a partecipare alle manifestazioni del 19 settembre 2016. Presidente del partito “Conservatori della natura e Democratici” (CONADE), egli ha trascorso cinque mesi nella prigione centrale di Makala, a Kinshasa.[17]

 

Il 2 febbraio, a Mbuji-Mayi (Kasai Orientale), sono stati liberati due membri del movimento cittadino “Lotta per il Cambiamento (LUCHA). Erano stati arrestati il ​​giorno prima del 19 dicembre 2016, mentre aspettavano la risposta del sindaco alla loro lettera relativa all’organizzazione della campagna “Bye Bye Kabila”, il cui obiettivo era quello di ricordare al Capo della Stato, Joseph Kabila, la fine del suo secondo e ultimo mandato presidenziale. Sugli otto arrestati, sei erano stati rilasciati quasi subito. Nicolas Mbiya e Jean-Paul Mwalaba, invece, erano stati portati in tribunale, accusati di appartenere ad un movimento insurrezionale. In seguito ad una riqualificazione dei fatti, erano stati accusati di diffusione di false notizie e poi trasferiti alla prigione centrale di Mbuji-Mayi. Dopo tre udienze, il giudice di pace di Mbuji-Mayi ha dichiarato l’accusa ricevibile, ma non fondata per mancanza di prove, e quindi i due imputati sono stati assolti.[18]

[1] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 24.01.’17

[2] Cf Radio Okapi, 24.01.’17

[3] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 26.01.’17

[4] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 27.01.’17

[5] Cf Stany Bujakera – Actualité.cd, 27.01.’17

[6] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 28.01.’17; Rachel Kitsita et Jacques Kini – Actualité.cd, 28.01.’17; RFI, 29.01.’17

[7] Cf Jacques Kini – Actualité.cd, 24.01.’17

[8] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 25.01.’17

[9] Cf Radio Okapi, 30.01.’17

[10] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 30.01.’17

[11] Cf Radio Okapi, 31.01.’17; Stanys Bujakera – Actualité.cd, 31.01.’17

[12] Cf Radio Okapi, 31.01.’17; Stanys Bujakera – Actualité.cd, 31.01.’17

[13] Cf Radio Okapi, 01.02.’17; Actualité.cd, 01.02.’17

[14] Cf Radio Okapi, 03.02.’17

[15] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 11.02.’17

[16] Cf Agence Ecofin – Africatime, 24.01.’17

[17] Cf Radio Okapi, 29.01.’17

[18] Cf Radio Okapi, 05.02.’17