Elezioni in pericolo, parliamone!

Editoriale Congo Attualità n. 291– a cura della Rete Pace per il Congo

Senza elezioni, crisi politica

Secondo l’articolo 73 della Costituzione, la Commissione elettorale deve convocare le elezioni presidenziali 90 giorni prima della fine del mandato del presidente in funzione. Dovrebbe quindi farlo non oltre il 19 settembre prossimo, visto che il mandato presidenziale dell’attuale Capo dello Stato terminerà il 20 dicembre prossimo. Tuttavia, i numerosi ritardi accumulati nelle operazioni di preparazione non permettono più di organizzare le elezioni entro i tempi stabiliti dalla Costituzione e hanno aggravato una crisi politica già esistente e che ha le sue origini nelle caotiche elezioni del 2011. Il problema ora è come risolvere questa crisi, dal momento che né la Costituzione, né la legge elettorale, né la legge sulla commissione elettorale prevedono esplicitamente il caso di non organizzazione delle elezioni. Secondo alcuni osservatori, vari sono gli aspetti della crisi.

Il punto di vista della Maggioranza

Da una parte, la Maggioranza Presidenziale (MP) continua a ripetere che il Presidente Kabila rispetterà la Costituzione (non la modificherà, né la cambierà) e che non si ricandiderà per un terzo mandato presidenziale, tra l’altro non ammesso dalla stessa costituzione che prevede un massimo di due mandati consecutivi. Ma gli atti posti dalla MP sembrano contraddire in modo palese quanto affermato con le parole. Il silenzio assoluto dello stesso Presidente su tali questioni lo rende quanto mai enigmatico e, soprattutto, sospettabile di voler per lo meno prolungare indefinitamente il suo secondo ed ultimo mandato presidenziale. Secondo alcune fonti, almeno inizialmente l’obiettivo del dialogo nazionale proposto da Kabila era chiaro: constatare l’impossibilità di organizzare le elezioni entro i tempi previsti dalla costituzione, prevedere una transizione di almeno tre anni e sotto la sua presidenza, cambiare la Costituzione e organizzare, nel 2019, le prime elezioni della Quarta Repubblica (il che gli avrebbe permesso di ricandidarsi di nuovo).

Il punto di vista dell’Opposizione

D’altra parte, molto recentemente, nel campo dell’opposizione è sorto il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, una piattaforma politica formatasi attorno al presidente dell’UDPS, Etienne Tshisekedi che, candidato alle elezioni del 2011, non ha mai accettato i risultati elettorali pubblicati dalla Commissione elettorale, ritenendoli non corrispondenti alla verità delle urne. In effetti, a causa della vastità dei brogli elettorali denunciati da tutti gli osservatori elettorali, nazionali e internazionali, è tuttora impossibile sapere chi effettivamente abbi ottenuto più voti: Etienne Tshisekedi o Joseph Kabila. A questa piattaforma appartiene anche il G7, una coalizione di partiti usciti l’anno scorso dalla MP e che appoggiano la candidatura dell’ex governatore del Katanga, Moïse Katumbi, uscito anche lui dalla MP.

Secondo varie fonti, le varie componenti del Raggruppamento avrebbero concluso un accordo su un eventuale periodo di transizione, nel caso in cui non fosse possibile organizzare le elezioni entro le scadenze costituzionali. Secondo tale accordo, il G7 appoggerebbe Etienne Tshisekedi come Presidente della Repubblica ad interim durante la transizione e l’UDPS appoggerebbe la candidatura di Moïse Katumbi alle prossime elezioni presidenziali. È per questo che il Raggruppamento continua a ripetere che l’attuale Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, cesserà di esserlo a partire dal 20 dicembre prossimo, data in cui egli giungerà alla fine del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale.

Il dialogo come via di soluzione della crisi

In questa situazione, è molto difficile trovare una soluzione all’attuale crisi politica congolese che, da un momento all’altro, potrebbe sfociare in un caos generalizzato. Per evitarlo, l’univa via possibile è quella di un “dialogo politico nazionale” intrapreso tra tutte le forze vive della Nazione (Maggioranza Presidenziale, Opposizione e Società civile) e organizzato sotto l’egida internazionale, affinché le sue conclusioni siano vincolanti per tutti, sia per le forze politiche che per le Istituzioni della Repubblica (Presidenza, Governo, Parlamento e Commissione elettorale).

Questo dialogo sarebbe la sede appropriata per:

– fare una valutazione complessiva del processo elettorale, al fine di individuare le vere cause e le responsabilità concomitanti che hanno finora reso impossibile l’organizzazione delle elezioni, violando la Costituzione e privando il popolo di un suo diritto fondamentale: quello del voto.

– trarre le dovute conseguenze, almeno a livello politico (interpellanze parlamentari, mozioni di sfiducia nei confronti del Governo, manifestazioni popolari, …), sapendo che chi ha già dimostrato di non essere stato capace, o di non avere potuto o di non avere voluto organizzare le elezioni, difficilmente potrà farlo in futuro e, soprattutto, a breve termine.

– fare una valutazione delle attività di preparazione delle elezioni, soprattutto per quanto riguarda l’operazione d’identificazione e di registrazione degli elettori sulle liste elettorali, i mezzi necessari, la logistica e il finanziamento.

– stabilire un calendario elettorale globale, consensuale e realistico, partendo dall’analisi precedente e dando la priorità alle elezioni legate a particolari disposizioni costituzionali.

– formulare le pertinenti raccomandazioni, affinché la Commissione elettorale possa disporre di tutti i mezzi umani, legislativi, finanziari e logistici necessari per organizzare le elezioni secondo il calendario elettorale stabilito consensualmente.