Congo Attualità n.238

INDICE

EDITORIALE: Controverso bilancio delle operazioni contro le FDLR

  1. LE OPERAZIONI MILITARI CONTRO LE FDLR

  2. L’inizio delle operazioni

  3. FDLR catturati

  4. Continuazione dell’operazione

  5. Le dichiarazioni delle autorità militari

  6. Le dichiarazioni della Società Civile

  7. Quale valutazione?

  8. RECLUTAMENTI ISLAMISTI ANCHE NEL KIVU?

 

1. LE OPERAZIONI MILITARI CONTRO LE FDLR

a. L’inizio delle operazioni

Il 24 febbraio, l’esercito congolese ha iniziato delle operazioni militari contro le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), un gruppo armato di origine ruandese e ancora attivo nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). Un ufficiale dell’esercito congolese ha affermato che le operazioni si svolgono nel settore di Mulenge appartenente al raggruppamento di Lemera del territorio di Uvira, a sud della provincia del Sud Kivu. Fonti della 33ª Regione Militare hanno indicato che l’esercito ha ripreso il controllo sul campo militare delle FDLR situato a Revo, a circa 30 Km da Lemera. Il generale Léon Richard Kasonga, portavoce dell’esercito, ha dichiarato che tre membri delle FDLR sono stati uccisi e altri due catturati e ha sottolineato che «il nemico è allo sbando. L’esercito non trova alcuna resistenza». Tuttavia, un osservatore militare ha ridimensionato la portata dell’operazione, sottolineando che «in questa zona non (…) ci sono molti FDLR», che si trovano invece (…) più a ovest.
Queste sono operazioni unilaterali condotte dall’esercito congolese sotto il comando dal generale di brigata Espera Masudi, senza l’appoggio delle forze della Missione delle Nazioni Unite nella RDCongo (Monusco). Si tratta della prima offensiva concreta da quando l’esercito congolese aveva annunciato, il 29 gennaio, che avrebbe iniziato delle operazioni contro le FDLR. La Monusco aveva promesso un supporto logistico, strategico e operativo a tale operazione, ma l’ha ritirato, perché Kinshasa ha rifiutato di sostituire i due generali, Bruno Mandevu e Sikabwe Fall, incaricati dell’operazione da parte del governo, ma sospettati dalla Monusco di essere responsabili di gravi violazioni dei diritti umani commesse nel passato.[1]

L’obiettivo dell’operazione era di raggiungere i due campi di Mulenge dove si supponeva si trovasse il Colonnello Fred Irakiza, presentato come il più alto graduato delle FDLR nel Sud Kivu. L’offensiva sarebbe durata più di otto ore. Secondo il portavoce dell’esercito congolese, i ribelli hutu ruandesi non hanno opposto alcuna resistenza. Tuttavia, secondo alcune fonti, il risultato sarebbe stato piuttosto modesto. Vari testimoni hanno affermato che le FDLR erano già fuggite dai loro campi ancor prima dell’arrivo dell’esercito congolese. Secondo loro, alcuni giorni prima dell’offensiva, i combattenti FDLR si erano già rifugiati sugli altopiani e i loro familiari erano già scappati verso Lubumba attraverso la foresta. Un esperto della situazione ha fatto notare che «è una zona che le FDLR conoscono molto bene e che vi possono rimanere nascosti per molti giorni, in attesa che l’esercito congolese esaurisca le sue risorse logistiche».[2]

Il 26 febbraio, l’esercito congolese ha ripreso la località di Mulenge e dei villaggi circostanti. Secondo un ufficiale al fronte, l’esercito ha continuato a perseguire i ribelli delle FDLR all’interno della foresta dove si sono trincerati.[3]

Il 26 febbraio, l’esercito ha cominciato l’offensiva contro i ribelli ruandesi delle FDLR anche nel territorio di Rutshuru, nel Nord Kivu. Le operazioni si sono svolte lungo la strada Mabenga-Tongo. Fonti militari hanno riferito di due o tre ufficiali delle FDLR catturati. Secondo un comunicato della società civile del Nord Kivu, l’esercito congolese ha sloggiato i miliziani delle FDLR dai villaggi di Kazaroho e di Kirumba e dalla strategica collina di Chahi, una delle principali roccaforti dei ribelli ruandesi. Altre fonti della regione di Rutshuru hanno riferito che altri scontri hanno avuto luogo nei villaggi di Katale, Kitchanga, Mabenga e Kasali. Secondo lo stesso comunicato, a Mwesso, nel territorio di Masisi, l’esercito avrebbe arrestato un ufficiale delle FDLR identificato come uno dei coordinatori del comando dei ribelli ruandesi.[4]

Il 27 febbraio, durante la notte, l’esercito congolese ha sloggiato le FDLR dalla collina di Mugogo, a 10 km a nord-ovest del raggruppamento di Rusayo, nel Parco Nazionale dei Virunga (Nord Kivu). L’esercito  ha iniziato a far pressione sui ribelli hutu ruandesi anche nelle regioni in cui si sono concentrati, in particolare nel territorio di Rutshuru e Nyiragongo.

Secondo un comunicato della società civile del Nord Kivu, il 391° battaglione dell’unità di rapida reazione (URR) dell’esercito si è dispiegato lungo la strada Mutaho – Kanyatsi, nei raggruppamenti di Kibati e di Mudja. Secondo il comunicato, l’obiettivo di tale dispiegamento è di evitare qualsiasi interruzione sulla strada Rutshuru-Goma da parte delle FDLR o un eventuale attacco sui raggruppamenti di Buhumba e di Kibumba, situati presso le frontiera con il Ruanda.[5]

Gli abitanti di Rukorwe e Karangara sono fuggiti dai combattimenti che si sono svolti tra l’esercito congolese e i ribelli ruandesi delle FDLR nel raggruppamento di Rusayo (Nord Kivu). Secondo fonti locali, questi sfollati sono per lo più giovani che hanno detto di fuggire non solo a causa delle minacce delle FDLR, che li hanno accusati di collaborare con l’esercito regolare, ma anche a causa del comportamento di alcuni militari dell’esercito congolese, che li hanno obbligati a trasportare materiale militare fino alla linea del fonte nel parco dei Virunga. Nella località di Mugogo, in territorio di Nyiragongo, un giovane di 18 anni, che trasportava effetti militari, è stato ucciso sotto i proiettili delle FDLR. Un altro giovane utilizzato per lo stesso compito è stato ferito.[6]

Il 28 febbraio, l’esercito ha ricuperato il villaggio di Karhala, nella zona di Burhinyi, a nord del territorio di Mwenga, nel Sud Kivu. Secondo fonti militari, l’attacco ha permesso all’esercito di distruggere completamente il campo militare delle FDLR a Karhala. I ribelli non hanno opposto resistenza e si sono ritirati verso Kigogo, nella zona di Lwindi. Non si è registrata alcuna perdita in vite umane. Secondo il comandante responsabile delle operazioni contro le FDLR, l’esercito ha recuperato un’arma AK 47, un generatore e un bidone di carburante. Inoltre, l’esercito ha aperto dei corridoi di sicurezza e dei centri di raggruppamento per i membri delle FDLR che decidessero di arrendersi, in particolare a Lemera, Minembwe, Katala, Mugulu e Kasika, situati nei territori di Uvira e di Mwenga.[7]

b. FDLR catturati

Il 1° marzo, a Goma (Nord Kivu), il portavoce del governo Lambert Mende ha dichiarato che l’offensiva lanciata la scorsa settimana ha causato sette morti nelle file delle FDLR, di cui quattro nel Sud Kivu e tre nel Nord Kivu. Secondo lui, l’obiettivo di queste operazioni era di ottenere il disarmo forzato dei ribelli ruandesi, catturandoli o costringendoli con la forza ad arrendersi.

Inoltre, Lambert Mende ha presentato alla stampa quarantatre combattenti delle FDLR catturati durante l’offensiva dell’esercito congolese. Tra questi FDLR catturati nel Nord e Sud Kivu, ci sono anche dei cittadini congolesi. «Tra i 43 membri delle FDLR catturati, ventitre si dicono Congolesi e altri venti Ruandesi. Sommando i dati che provengono dal Sud Kivu, Nord Kivu e Nord Katanga, sono più di 93 gli FDLR che sono stati disarmati», ha dichiarato Lambert Mende, precisando che quelli che sono stati catturati saranno messi a disposizione degli organi giudiziari, ma con uno statuto diverso: i Congolesi saranno considerati come degli insorti, mentre i Ruandesi saranno trattati come aggressori stranieri e, quindi, come prigionieri di guerra.[8]

È difficile dire con certezza se questi prigionieri sono stati arrestati tutti durante l’offensiva e se sono tutti FDLR. Nel Sud Kivu, ad esempio, sui tre combattenti arrestati, due erano stati catturati  prima dell’inizio dell’operazione militare. Inoltre, secondo diverse fonti, nove persone arrestate sarebbero dei semplici civili ruandesi. Secondo le autorità congolesi, tra i combattenti delle FDLR catturati ci sono almeno due maggiori: Clement Habimana, comandante di compagnia, e Seraphin Zitonda, responsabile delle relazioni con la comunità internazionale e le ONG. Clement Habimana è stato catturato il 26 febbraio. Seraphin Zitonda, 41 anni circa, sposato con una congolese, è stato arrestato a Mweso, nel Masisi.[9]

Tra i catturati, un ufficiale delle FDLR si è detto decisamente opposto al ritorno, senza condizioni, nel suo paese d’origine. Il suo nome è Seraphin Zitunga. Era arrivato nella RDCongo nel luglio 1994. Aveva 20 anni ed era entrato nell’esercito ruandese da solo otto mesi.

In un’intervista rilasciata a dei giornalisti presso la sede dello stato maggiore delle FARDC / Nord Kivu, egli ha espresso due condizioni per il ritorno dei membri delle FDLR in Ruanda.
Tra queste condizioni, Seraphin Nzitunga ha citato il dossier relativo alla missione del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (TPIR): «Il TPIR ha aperto inchieste e processi a carico di un solo campo. Ci sono stati crimini commessi dagli Hutu, ma anche altri crimini commessi dal regime Tutsi di Kagame. Occorre ristabilire gli Hutu nel loro diritto». Seraphin Zitunga ha pertanto invitato la comunità internazionale ad osservare la neutralità nel trattamento del caso ruandese. Secondo lui, essaa non dovrebbe continuare a prendere in considerazione solo i crimini commessi dagli Hutu, ma dovrebbe iniziare a condannare anche quelli commessi dal FPR (Fronte Patriottico Ruandese), attualmente al potere a Kigali. Altrimenti, ha sostenuto, i combattenti delle FDLR mai rientreranno in Ruanda. «In Ruanda non ho alcun familiare. Tutti sono stati massacrati. E ora mi si chiede di tornare a vivere in un paese governato dalle stesse persone che hanno decimato la mia famiglia. Io non vi ritornerò mai. Tornerò in Ruanda quando mi si dirà chi ha ucciso e decimato la mia famiglia», ha egli dichiarato, denunciando i crimini commessi dal regime di Paul Kagame.

Il TPIR è stato istituito l’8 novembre 1994 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per perseguire in giustizia i responsabili di atti di genocidio e di altre gravi violazioni del diritto umanitario internazionale commesse sul territorio del Ruanda o da cittadini ruandesi sul territorio degli Stati vicini, tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 1994. Ha la sua sede ad Arusha, in Tanzania.
Un’altra condizione posta da Serafini Zitunga per il ritorno delle FDLR in Ruanda: l’attuazione degli accordi di Arusha. Egli ha ribadito che «entrambe le parti (ndlr: l’ex governo ruandese e il Fronte Patriottico Ruandese) si erano impegnate a condividere il potere, affinché ciascuna di loro avesse la possibilità di partecipare alla gestione della cosa pubblica». Il testo degli Accordi di pace di Arusha (agosto 1993), nell’allegato 30, prevede che il Governo ruandese e il Fronte Patriottico Ruandese accettino il principio della condivisione del potere, nel quadro di una Transizione a base allargata.

Ai giornalisti che gli hanno chiesto il motivo per cui le FDLR non hanno deposto le armi volontariamente, egli ha fatto notare che le FDLR avevano posto delle condizioni per poterlo fare e ha precisato che la consegna delle armi era subordinata all’apertura di negoziati tra l’ala politica delle FDLR e il potere di Kigali. Secondo lui, dal momento che tale requisito è stato ignorato, in tali condizioni le FDLR non potevano deporre la armi.[10]

c. Continuazione dell’operazione

Il 4 marzo, dopo cinque giorni di scontri tra le FARDC e le FDLR nei territori di Rutshuru e di Nyiragongo (Nord Kivu), sulla linea del fronte si è notata una relativa calma. Secondo fonti militari, l’esercito congolese è impegnato a consolidare le posizioni riprese dalle mani dei ribelli ruandesi. Durante i cinque giorni di combattimenti, le FARDC hanno potuto riprendere il controllo di Mugogo, situato a nord ovest del raggruppamento di Rusayu, e Kalaké, nel Parco Nazionale dei Virunga. Nel territorio di Rutshuru, le FARDC hanno ricuperato le località di Kadodi, Kazaroho, Nyabanira, Katwiguru, Kihito, Buramba Makoka e il Monte Chai. A Rutshuru, l’esercito regolare ha intensificato le sue pattuglie di ricognizione, non solo contro le FDLR, ma anche nei confronti di tutti i gruppi armati ancora attivi nella zona. Fonti militari hanno parlato della necessità di consolidare le posizioni riconquistate, prima di continuare verso le posizioni ancora nelle mani dei ribelli.[11]

L’8 marzo, i militari congolesi hanno conquistato “Ka lago“, un luogo così chiamato a causa di un piccolo lago che vi si trova.  Questo luogo era precedentemente occupato dalle FDLR che vi vivevano con le loro famiglie e vi avevano persino allestito un mercato di viveri e carbone. Secondo fonti del posto, all’arrivo delle FARDC, i ribelli ruandesi e i loro familiari avevano già abbandonato la zona per dirigersi verso l’interno del Parco dei Virunga.[12]

Il 9 marzo, l’esercito congolese ha attaccato i ribelli ruandesi delle FDLR a Kamatembe, importante roccaforte dei combattenti delle FDLR all’interno del Parco dei Virunga (Nord Kivu). Nel territorio di Rutshuru, le FARDC hanno continuato a consolidare la loro presenza nelle posizioni riprese dalle mani delle FDLR.[13]

d. Le dichiarazioni delle autorità militari

L’8 marzo, in serata, il portavoce delle Forze Armate della RDCongo (FARDC), il generale Richard Léon Kasonga, ha affermato che, nel solo fine settimana, l’esercito ha ripreso il controllo su almeno sette località del Nord e Sud Kivu, recuperato grandi quantità d’armi e di munizioni e neutralizzato 180 miliziani, di cui 118 sarebbero stati catturati.[14]

Il 13 marzo, nel corso di una conferenza stampa a Goma (Nord Kivu), il comandante della 3ª zona di difesa militare, il generale Léon Mushale Tshipamba, ha rivelato che, nel corso delle operazioni militari nel Nord e Sud Kivu, sono stati neutralizzati circa 182 ribelli delle FDLR. Il Generale Léon Mushale ha spiegato che tra i 182 ribelli delle FDLR neutralizzati, ci sono dei ribelli che sono stati catturati o uccisi, o che si sono essi stessi arresi alla Monusco o alle Fardc. L’ufficiale ha precisato che, nel Nord e Sud Kivu, le FARDC hanno recuperato venti posizioni. Nel Nord Kivu, per esempio, sono stati recuperati i villaggi di Kirumba, Kagondo, Kahumiro, Kabwendo, Mugogo, Lave 1 e 2, Kisimba 1, 2 e 3. Secondo il generale Mushale, le FARDC non hanno incontrato alcuna forte resistenza da parte delle FDLR.[15]

Il 27 marzo, in un comunicato, il generale Richard Léon Kasonga ha affermato che, dall’inizio delle operazioni contro le posizioni delle FDLR, le forze armate della RDC (FARDC) hanno neutralizzato 185 membri delle FDLR, di cui 96 sono stati rimpatriati in Ruanda. Ha precisato che, il 23 marzo, 105 FDLR e loro familiari si sono arresi alle FARDC e che altri sette FDLR sono stati catturati nel corso di una operazione di rastrellamento condotta sull’asse Kilembwe-Mabondo (Sud Kivu). Secondo lo stesso comunicato stampa, il 27 marzo, 11 membri FDLR catturati a Kilembwe e 74 loro familiari sono stati condotti presso la sede dello stato maggiore dell’operazione Sukola II a Bukavu.[16]

e. Le dichiarazioni della Società Civile

Il 9 marzo, la società civile di Tama e Itala, nel sud del territorio di Lubero (Nord Kivu), ha chiesto che le operazioni militari contro i ribelli ruandesi delle FDLR siano organizzate anche in questi due raggruppamenti. In un comunicato, la società civile ha indicato che il gruppo FDLR / Foca del colonnello Kizito ha moltiplicato gli abusi contro la popolazione civile. Fonti della società civile hanno infatti denunciato massacri e saccheggi perpetrati dalle FDLR / Foca. Le popolazioni locali sono state costrette a fuggire verso le zone sotto controllo dell’esercito. Nel villaggio di Mukeberwa, situato nel raggruppamento di Itala, le FDLR hanno instaurato un coprifuoco, impedendone le entrate e le uscite dal villaggio e hanno rubato i telefonini, per impedire alla popolazione di comunicare con l’esterno.[17]

Il Vice presidente e portavoce della società civile del Nord Kivu, Omar Kavota, ha denunciato uno spostamento delle FDLR dal Nord Kivu verso la Provincia Orientale. I ribelli ruandesi abbandonerebbero il territorio di Lubero e, passando per Beni, si dirigerebbero verso Mambasa, nel distretto di Ituri (Provincia Orientale). Il vice presidente della società civile del Nord Kivu ha chiesto all’esercito di impedire questo spostamento delle FDLR.[18]

Il 16 marzo, alcuni abitanti di Mwenga (Sud Kivu) hanno affermato che le FDLR si sono ritirate dal villaggio di Lwindi e si sono dirette verso Butezi, nello stesso territorio di Mwenga. Le FDLR cacciate dalle località di Kigogo, Isopo, Kibumba si sono ritirate maggiormente verso l’interno del territorio, nella foresta.

Tuttavia, altri abitanti di Mwenga hanno affermato che, nonostante le operazioni militari dell’esercito, i ribelli delle FDLR sono ancora presenti sul loro territorio. Sulle diverse centinaia di ribelli presenti in questa zona, il numero dei catturati non supererebbe la ventina. Un gruppo di ribelli delle FDLR è stato avvistato nella foresta d’Itombwe, nel territorio di Mwenga, al confine con il territorio di Fizi. La popolazione si è rammaricata del fatto che alcuni FDLR siano ritornati nei villaggi da cui erano stati espulsi pochi giorni prima. Nei villaggi dove sono rientrati, questi ribelli ruandesi sembrano essere a loro agio e non danno l’impressione di essere attaccati.[19]

Il 19 marzo, la Società Civile del Nord Kivu ha riferito che i ribelli ruandesi delle FDLR hanno preso in ostaggio gli abitanti di alcuni villaggi del sud di Lubero (Nord Kivu), tra cui Luofu, Miriki, Kazuo e Bunyatenge, impedendo loro di uscire da questi villaggi. Secondo fonti della società civile, i combattenti ruandesi vogliono usare queste persone come scudi umani, per dissuadere l’esercito congolese dall’attaccarli.[20]

Il 26 marzo, la società civile di Nyanzale, nel territorio di Masisi (Nord Kivu), ha affermato che le FDLR stanno ritornando ad occupare le località da cui erano state cacciate dalle forze armate della RDCongo (FARDC ). Secondo le autorità locali di Nyanzale, i ribelli ruandesi approfittano del vuoto lasciato dalle FARDC dopo avere ripreso una località. La popolazione di Nyanzale dice di essere vittima di rappresaglie da parte dei ribelli ruandesi. Infatti, nei villaggi dove la FARDC sono assenti, numerosi sono i casi di saccheggi, sequestri, stupri, estorsioni e omicidi. Inoltre, molti agenti umanitari hanno lasciato la zona a causa del clima di insicurezza che, secondo la società civile locale, ha superato i limiti dell’intollerabile da quando è iniziata l’operazione militare contro i ribelli delle FDLR. Gli abitanti di questa zona non hanno più accesso ai loro campi e la maggior parte di loro hanno abbandonato le loro case per cercare rifugio nei villaggi vicino a Rutshuru.
Da parte sua, il capo della Monusco, Martin Kobler, ha ribadito che solo il ripristino dell’autorità dello Stato potrà permettere di risolvere in modo permanente questo problema causato dall’attivismo delle FDLR e delle milizie Mai-Mai.[21]

f. Quale valutazione?

Secondo alcuni osservatori, le recenti avanzate dell’esercito congolese sono più che altro simboliche perché, secondo diverse fonti, nella maggior parte dei casi, le FDLR fuggono dai loro villaggi prima che inizino gli scontri e vanno a nascondersi in foresta, per poi ritornare un paio di giorni più tardi. Secondo un altro esperto, i ribelli hutu ruandesi avevano già avvertito che non avrebbero combattuto: «Vedendosi indeboliti, hanno scelto la tecnica del ripiego». Le FDLR sono costituite principalmente da piccoli gruppi mobili abituati a mimetizzarsi tra la popolazione. Risultato: il problema si sposta di giorno in giorno. Molti dubitano di un’efficacia a lungo termine e affermano che le capacità operative dei ribelli non sarebbero realmente intaccate.
Anche il bilancio umano fornito dall’esercito solleva delle riserve. Infatti, a proposito dei 118 membri delle FDLR che le FARDC affermano di aver catturato fino all’8 marzo, vari si chiedono se tutti sono stati realmente fatti prigionieri durante questa offensiva. A Goma, infatti, alcuni affermano che una parte di loro si erano già arresi in precedenza.[22]

Secondo alcuni analisti, i risultati dell’offensiva dell’esercito contro le FDLR si rivelano un po’ modesti, poiché i miliziani tendono a evitare lo scontro diretto. «Il piano iniziale delle FARDC (l’esercito congolese) è stato quello di prendere di mira gli alti comandanti delle FDLR o di eliminarli, in modo che le truppe non continuassero a combattere», ha rivelato Giosafat Musamba, un analista congolese. Ma l’esercito ha dovuto cambiare strategia, perché, secondo lui, «la tattica delle FDLR è quella di evitare lo scontro, perché si sentono un po’ deboli sul piano strategico (…) e perché non hanno abbastanza truppe per opporre resistenza». «Siamo un po’ scettici nei confronti della riuscita di questa operazione. C’è poca chiarezza per quanto riguarda gli obiettivi, la strategia e le tattiche … C’è un rischio (…) di stallo», ha detto un alto funzionario delle Nazioni Unite con sede a New -York. «Non ci sono prove sufficienti per dire che quelli che sono stati catturati siano effettivamente dei membri delle FDLR», ha detto un diplomatico. Nel Sud Kivu, le FDLR sono per lo più concentrate nel territorio di Mwenga, ma l’esercito le ha attaccate più a est, sugli altopiani di Uvira, dove sono relativamente pochi. Secondo fonti militari, i combattenti delle FDLR spesso abbandonano le loro postazioni senza combattere. «Le FARDC hanno temuto scontri diretti perché hanno poche informazioni sulle FDLR. Inoltre, hanno problemi di formazione, di materiale bellico e di comando», ha ribadito l’alto funzionario delle Nazioni Unite.[23]

Se è vero che l’esercito ha ripreso varie postazioni delle FDLR, si tratta però di una ripresa simbolica perché, ogni volta, queste postazioni erano quasi deserte. Diverse fonti indicano che le FDLR le avevano già abbandonate prima dell’arrivo dell’esercito, ritirandosi verso la foresta. Il più difficile resta ancora da fare, cioè combattere le FDLR sul terreno che conoscono meglio: la foresta. Pertanto, molti si chiedono se, da solo, l’esercito congolese  riuscirà a portare a termine tali operazioni. Secondo diverse fonti, se l’offensiva dovesse durare per molto tempo, l’esercito congolese potrebbe incontrare notevoli difficoltà logistiche senza l’appoggio – in carburanti e razioni alimentari – della Monusco.[24]

g. Le prime rappresaglie da parte delle FDLR

Il 31 marzo, durante la notte, il capo villaggio Joseph Kambale e altre tre persone sono state uccise a Luhanga, a una ventina di chilometri a ovest di Kayna, al sud di Lubero (Nord Kivu). Fonti della società civile hanno attribuito l’assassinio ai ribelli ruandesi delle FDLR / Rudi, ancora attivi nella regione, aggiungendo che si sia trattato di  un regolamento di conti. Secondo tali fonti, il capo del villaggio, Joseph Kambale, era uno di quelli che si era maggiormente esposto per avere denunciato le vessazioni delle FDLR nella zona e chiesto il dispiegamento dell’esercito in questa zona, per mettere fine all’insicurezza.[25]

Il 6 aprile, tre ufficiali delle FARDC sono stati uccisi in un agguato teso da presunti ribelli delle FDLR a Mugando, nel Parco Nazionale dei Virunga, nel raggruppamento di Kamuronza, in territorio di Masisi (Nord Kivu). Fonti militari hanno affermato che il colonnello Raphael Bawili, comandante dell’83° sottosettore delle FARDC nel Masisi, un tenente colonnello incaricato delle operazioni e un capitano, operatore nelle comunicazioni, sono deceduti  sul posto, mentre altri nove militari della scorta sono rimasti feriti e un ultimo è rimasto illeso. Le stesse fonti militari hanno dichiarato che la loro jeep è stata colpita da due razzi, mentre le vittime si stavano recando a Karenga, nel raggruppamento di Kamoronza, per recuperare venti combattenti ruandesi delle FDLR, catturati il giorno precedente dalle forze armate della RDCongo (FARDC).[26]

2. RECLUTAMENTI ISLAMISTI ANCHE NEL KIVU?

Secondo un recente numero della rivista “Les Nouvelles du Continent”, sotto l’etichetta della Muslim Defense International (MDI – Difesa musulmana internazionale), nel Nord e Sud Kivu sono ripresi con forza dei reclutamenti sospetti di giovani. Con varie promesse, tra cui borse di studio per una formazione specializzata all’estero, offerte di lavoro eccezionali o una formazione coranica di alto livello, i giovani sono reclutati a colpi di soldi e inviati nel Grande Nord del Nord Kivu.
Secondo le voci che circolano nel Nord e Sud Kivu, le reclute vengono inviate nella foresta del massiccio del “Graben”, in territorio di Beni, vicino al confine con l’Uganda, dove sono addestrati nell’uso delle armi e introdotti alla religione islamica. Si sospetta che i campi di addestramento dei giovani congolesi siano gestiti da combattenti islamici che appartenevano al Movimento del 23 marzo (M23) o che sono ancora membri delle Forze Democratiche Alleate (ADF).

Pertanto, non si esclude l’ipotesi di un collegamento con i Shebab attivi in Kenya e Somalia e con i jihadisti che diffondono il terrore in Camerun, Nigeria, Mali, Niger, Libia e in Medio Oriente. Si ritiene che i finanziatori appartengano ad ambienti islamici. Infatti, da un po’ di tempo, nei villaggi del Nord e Sud Kivu, le moschee crescono come funghi.

Secondo la rivista “Les Nouvelles du Continent”, per i campi di addestramento della foresta del massiccio del Graben sono già passati dei giovani combattenti islamici reclutati in Kenya, Uganda, Ruanda, Sudan e Nigeria, per ricevere una formazione militare accelerata ed essere poi rimandati nei loro rispettivi paesi come membri di movimenti terroristici.

Ultimamente, anche giovani di Lubero, Beni e Goma hanno aderito ai jihadisti, non tanto per convinzione, ma soprattutto per guadagnare denaro nel commercio del legname e dei minerali.

Nel Sud e Nord Kivu, le autorità provinciali mettono discretamente in causa il contingente pakistano della Monusco: «i caschi blu del Pakistan non solo fanno proselitismo e costruiscono moschee nei villaggi, ma offrono anche borse di studio per giovani inviati all’estero. Per quale formazione? In quale paese? Non ne siamo informati».[27]

[1] Cf AFP – Africatime, 24 et 25.02.’15

[2] Cf RFI, 26.02.’15

[3] Cf AFP – Africatime, 27.02.’15

[4] Cf Radio Okapi, 28.02.’15

[5] Cf Radio Okapi, 01.03.’15

[6] Cf Radio Okapi, 03.03.’15

[7] Cf Radio Okapi, 02.03.’15

[8] Cf Radio Okapi, 02.03.’15

[9] Cf RFI, 03.03.’15

[10] Cf Dom Shambuyi – Le Phare – Kinshasa, 05.03.’15; Rachidi Mabandu – Forum des As- Kinshasa, 05.03.’15

[11] Cf Radio Okapi, 04.03.’15

[12] Cf Radio Okapi, 09.03.’15

[13] Cf Radio Okapi, 09.03.’15

[14] Cf RFI, 09.03.’15

[15] Cf Radio Okapi, 14.03.’15

[16] Cf La Référence Plus – Kinshasa, 28.03.’15

[17] Cf Radio Okapi, 12.03.’15

[18] Cf Radio Okapi, 11.03.’15

[19] Cf Radio Okapi, 17.03.’15

[20] Cf Radio Okapi, 19.03.’15

[21] Cf Radio Okapi, 27.03.’15

[22] Cf RFI, 09.03.’15

[23] Cf AFP – Africatime, 04.03.’15

[24] Cf RFI, 03.03.’15

[25] Cf Radio Okapi, 01.04.’15

[26] Cf Radio Okapi, 07.04.’15

[27] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 11.03.’15