Buon Natale da Bukavu

BUON Natale 2013!

Bukavu/RD.CONGO, 27.12.’13

Carissimi amici e familiari,

            anche stavolta faccio fatica a decidermi a obbedire al ‘rito’ degli auguri natalizi, comunque mi ci sforzo lo stesso, cercando di andare al di là del ‘rito’ per potervi raggiungervi davvero personalmente con il pensiero, il cuore e se volete, anche con un pò di preghiera (ma questa solo … se mi promettete di rendermela!).

Sono rientrato assai in forma qui a Bukavu dall’Italia, a metà ottobre, dopo che i due mesi anticipati di pausa, di anniversari e di controlli in Italia erano diventati finalmente un pò più di tre, di cui la più parte passati alla nostra Casa Madre dei saveriani a Parma, ma con varie belle parentesi  in famiglia, sia in Toscana che a Primiero, e i necessari passaggi iniziali e finali alla casa generalizia di Roma.

Qui poco alla volta ho ri-preso, con un ritmo quasi normale, i miei impegni precedenti, soprattutto la festosa Messa festiva dei ragaz-zi, qui nella parrocchia annessa al grande collegio dei Gesuiti di Bukavu, e l’insegnamento sia nell’interfilo-sofato degli Istituti missionari presenti qui in città, sia nel Seminario interdiocesano di teologia di Murhesa, a una ventina di km da Bukavu. Nel secondo semestre, sempre che il Signore mi conservi le forze, sarò invece impegnato nell’internovi-ziato delle molte congregazioni di suore qui presenti, e in un Istituto superiore di pastorale familiare che recupera varie decine di giovani e ragazze che altrimenti dovrebbero interrompere gli studi dopo la scuola secondaria. Nel frattempo continuano anche altri impegni più puntuali, sia pastorali che comunitari.

Per questo Natale stavo pensando di potervi raccontare, finalmente, solo qualche bella notizia. Ve le racconto, certo, ma devo poi purtroppo sfumarle subito per il sopraggiungere inesorabile di altre notizie che puzzano del ‘solito’ passato inquieto e turbolento che sembra non voler passare mai del tutto!

1. Una bella notizia è certo l’avvenimento gioioso e pieno di speranza che ho/abbiamo vissuto l’8 dicembre a Uvira (sul lago Tanganika) insieme a vari altri saveriani (che fondarono detta diocesi, nel 1958-‘62), cioè la grande festa liturgica e popolare, in occasione dell’entrata in diocesi, dopo ben 5 anni di sede vacante, del nuovo vescovo-pastore, Mons. Sebastiano Muyengo, nativo di queste parti, ma cresciuto a Kinshasa, dove ultimamente era vescovo ausiliare del Card. Monsegwo, uno degli 8 ‘consiglieri speciali’ di Papa Francesco.

Nella moltitudinaria concelebrazione erano presenti forse più di due centinaia di preti, tra diocesani, interdiocesani, missionari, ecc, e ben 14 vescovi (del Congo, ma anche del vicino Rwanda e del dirimpettaio Burundi!), con il Nunzio venuto da Kinshasa, e decine di migliaia di gente festante, per la più parte naturalmente i cattolici venuti dai 4 angoli della diocesi di Uvira (… più estesa, come territorio, di tutto il Rwanda o del Burundi!), ma anche gruppi di rappresentanti venuti dalle diocesi vicine, e soprattutto da Bukavu, ma anche gruppi di non-cattolici, di protestanti, di musulmani, ecc. E poi un nugolo di autorità religiose, politiche, militari, ecc.

La celebrazione si è necessariamente svolta all’aperto, sulla enorme spianata-anfiteatro di tempo a fianco della cattedrale, sulla collina che guarda verso il lago Tanganika, e abbracciava, più in basso, un’altra spianata di cortili scolastici, protetta verso il lago da una lunga fila di aule.  Il programma includeva la solenne concelebrazione eucaristica e subito dopo, seduta stante e senza alcuna interruzione, la presentazione dei doni da parte di molteplici gruppi diocesani e etnici, e poi un fiume di discorsi di autorità e rappresentanti di varie categorie, ecclesiastiche, sociali e politiche.

La visione dall’alto, da sotto le tende che facevano da presbiterio e da tribune per le autorità, mentre l’immensa assemblea popolare esultante era schierata in basso, era davvero stupenda, quasi una visione messianica come quella contemplata da Balaam, figlio di Beor (cfr Num 24)!

L’atmosfera era davvero gioiosa, partecipe, dialogante e animata da molti canti e gesti corali, ma finalmente molto compresa dell’avvenimento e, nei momenti liturgici, anche molto raccolta e orante. Il tutto favorito da un clima caldo e soleggiato, ma non torrido, con ogni tanto l’ombra di qualche nuvola (una benedizione per l’immensa maggioranza del popolo che, in basso, non era protetto delle tende), ma senza neanche una goccia d’acqua, per fortuna, in questa stagione delle piogge, a parte uno scroscio molto mattutino,  che aveva fatto temere il peggio, e che invece era forse solo l’auspicio di “sposa bagnata, sposa fortunata”!

Il tempo sembrava essersi fermato: la lunga processione iniziale era cominciata poco dopo le nove; quella finale, solo leggermente più corta, si è snodata verso le 16h30! Più di sette ore difilate, tra Messa e doni-discorsi! Eppure pochissimi si erano mossi nel frattempo. E strano a dirsi, quando verso le 17h30 è iniziato finalmente il grande pranzo-self-service per le decine e decine di invitati sotto i lunghi portici dell’economato diocesano, si è mangiato certo di gusto, e bevuto con ancora più gusto per ricuperare l’inevitabile disidratazione, ma senza crampi né la fame da lupo che si poteva temere… Loro poi, i congolesi, sono molto duttili in questo, abituati come sono a dilatare ‘a piacimento’… i tempi dei pasti, senza subirne subito, come noi, gli immediati contraccolpi.

Una giornata grandiosa, che certo ha ridato vita e speranza ad una diocesi alle sue molto disperse comunità cristiane, molto provate e depresse (cfr Matteo 9,36), non solo per quest’ultima, ben troppo lunga ‘vedovanza’ (dovuta purtroppo anche a tensioni interne, specialmente tra il clero di diverse provenienze), ma anche perché il cambio tra i pastori precedenti non sempre era stato felice, qualche volta anzi drammatico, e il tutto ancora terribilmente complicato dalla guerra-guerri-glia-violenza dei molteplici successivi gruppi ribelli e insurrezionali che da 20 anni e molto più, ormai travagliano senza fine questa parte del Congo.

Indirettamente, l’arrivo del nuovo vescovo di Uvira ha ridato fiato e incoraggiamento anche a tutte le altre 5 diocesi del nostro Kivu, anche perché ha sollevato l’arcivescovo di Bukavu da un super peso di responsabilità, come amministratore apostolico di Uvira, e perché (e la gente lo ha cantato in tutti i toni al Nunzio!), ora si spera che arrivi ben presto anche il pastore per l’altra diocesi, quella di Kasongo che, come Uvira, ne è priva da vari anni. In questi tempi difficilissimi, due diocesi su sei senza vescovo è un vuoto enorme, anzi un dramma anche sociale, che si è aggiunto a tutti gli altri drammi che questa nostra gente ha sofferto! Ma finalmente il Cielo aveva ascoltato il grido di molti, e tutta la popolazione, anche non-cattolica, ne ha davvero gioito!

Del resto, l’entusiasmo popolare della gente per la fine ormai della lunga attesa, quasi incubo di abbandono, si era manifestato spontaneamente in modo incredibile già nel pomeriggio di venerdì 6 dicembre, quando il nuovo Vescovo è arrivato da Kinshasa-Bukavu: alla notizia dell’arrivo del nuovo vescovo, infatti, si è formato spontaneamente un inatteso immenso corteo di macchine e di gente di tutte le tribù e religioni che è andato ad accoglierlo fino alla frontiera di Kamagnola, ad una sessantina di kilometri da Uvira, e l’ha accompagnato a passo d’uomo fino alla cattedrale di Uvira, fermandosi per un saluto nei principali villaggi attraversati: un corteo spontaneo che ha durato, dicono, più di tre ore. E una volta arrivati a Uvira, la cattedrale si è riempita in un attimo ed è stata circondata , dentro e fuori, da una marea incalcolabile di gente. Un avvenimento spontaneo che ha sorpreso molti, e ha commosso lo stesso nuovo vescovo che, arrivato in cattedrale, ha esclamato: Grazie! Grazie! Grazie! E’ un sogno, questo, o è la realtà? Il Signore è grande! Grazie, grazie a tutti!”

2. Un’altra bella notizia, molto importante questa a livello sociopolitico e militare per tutto il Congo, è stata l’inattesa e rapida totale sconfitta, a fine novembre-primi di dicembre, del movimento ribelle tutzi M-23, i cui resti in fuga si sono precipitosamente rifugiati in Uganda e in Rwanda (i paesi patrocinatori diratti di tale ribellione), abbandonando armi e bagagli nei loro ultimi rifugi sulle montagne a Nord di Goma.

            Si è trattato della sconfitta clamorosa e inattesa di questo movimento tutzi filo-rwandese, sostenuto e foraggiato continuamente in uomini e materiale, bellico e altro, dei regimi tutzi di Kigali e di Kampala che, sotto mentite e cangianti spoglie, stava da anni tormentando e seminando terrore, lacrime e morte a Goma e in tutta la regione circostante del Nord Kivu, mettendo a scacco l’intero Paese. Nel mese di novembre 2012 erano perfino riusciti a invadere e umiliare la stessa grande città di Goma, e di tanto in tanto minacciavano spavaldamente addirittura di prendere di nuovo anche Bukavu, e di attraversare tutto il Congo per conquistare perfino Kinshasa (come avevano fatto davvero nel 1996, del resto)!

Il governo di Kinshasa sembrava ancora una volta come ipnotizzato: per tutta reazione emetteva ogni tanto qualche protesta e qualche ‘grida’,  sullo stile di quelle che piacevano all’ Azzeccagarbugli, ma non faceva mai niente di concreto per liberarsi effettivamente di questa spina conficcata nel fianco destro dell’in-tero Paese, e per liberare da questi nuovi autentici lanzichenecchi le popolazioni martoriate del Kivu. A momenti, sembrava anzi farsene veramente connivente, non prendendo mai posizioni chiare e decise contro il Rwanda e limitandosi solo a inviare al fronte un’armata Brancaleone, sgangherata, disorganizzata, senza mezzi e armamenti adeguati, non pagata, mettendo per di più alla sua testa dei comandanti corrotti, talvolta in evidente collusione con il nemico, denunciati poi, dopo!, come traditori palesi, ma mai fino ad oggi inviati poi alla corte marziale!

            Ed ecco invece, a fine novembre, con una campagna rapida e poco cruenta, che ha colto un pò tutti di sorpresa (sorpresa felice, per una volta tanto!), nel giro di una settimana o poco più, con l’aiuto un pò più convinto anche della elefantiaca, molto bene equipaggiata e pagata forza militare ONU, ma che da una quindicina d’anni ormai ‘staziona’ assai ‘pacificamente’ nei paraggi, contemplando olimpicamente i disastri senza reagire e senza disturbare nessuno, … questo stesso esercito congolese bistrattato, quindi, in quattro e quattr’otto riesce a conquistare successivamente tutti i fortini dell’M 23 nella regione, sbaragliandolo e ricacciandolo al di là delle frontiere del Rwanda e dell’Uganda (dove, naturalmente, sono stati accolti come ‘eroi’ e curati… come in casa propria)!

            Questa bella vittoria nazionale ha fatto subito calare la cresta, almeno per un pò, anche ai molti altri gruppi e gruppuscoli di ribelli e banditi che pur infestano ancora la zona, ma soprattutto ha rincuorato e fatto respirare un pò, finalmente!, tutte le popolazioni del Nord Kivu, da troppo tempo angariate, umiliate e martirizzate dall’insicurezza, la violenza e la morte causate dalle scorrerie inarrestabili di tutte queste bande violente e prepotenti, tra cui, chiaramente, M-23 era la più forte e la più efferata.

Da parte sua già subito, quando la popolazione di Goma e dintorni si è accorta che l’esercito congolese al fronte si era ora davvero riorganizzato, e che, con i nuovi comandanti e un vero spirito patriottico, si era messo davvero sul serio all’opera di disinfestazione, la gente ha cambiato subito atteggiamento e ha cominciato a sostenere con entusiasmo, a incoraggiare e  dar man forte lei stessa al ‘suo’ esercito, fino a poco prima odiato e temuto quasi quanto il nemico!

La bella notizia della vittoria, la prima dopo tanti anni di sconfitte e di umiliazioni!, è stato un momento di grande sollievo e di speranza di un futuro meno burrascoso e più sicuro anche per tutto il paese e anche per tutti i (veri) congolesi del mondo.

            Ma cos’era dunque successo? Come è stato possibile un miracolo così grande e improvviso?

Molte sono le cause concomitanti di questo felice ribaltamento della situazione. Nell’eserci-to, innanzitutto, c’era stata l’immissione di nuovi reparti, meglio equipaggiati e soprattutto più disciplinati e meglio formati (da istruttori belgi, a Kindu). La linea di comando, soprattutto, era stata anch’essa finalmente ‘risanata’ e ristrutturata. Anche il pronto sostegno della popolazione aveva aggiunto senz’altro un supplemento energetico importante…

Ma il fattore decisivo, probabilmente, che si è svolto dietro le quinte, ma non troppo, stavolta, è stato soprattutto, finalmente, quello internazionale. Tutte le previsioni erano infatti ancora una volta catastrofiche. Si prevedeva infatti l’eterno ritorno del solito meccanismo infernale per cui, in extremis e in spregio a tutte le regole del diritto internazionale, per salvare i loro pulcini in male acque, ci sarebbe stato un nuovo  intervento  diretto, in forze, degli eserciti tutzi del Rwanda-Uganda.

E difatti, il regime tutzi del Rwanda, non contento di un sostegno corposo e continuo che fin dall’inizio ha sempre dato all’M-23 come ai movimenti similari che l’hanno preceduto (come dimostrato  chiaramente da molteplici rapporti dell’ONU), quando in ottobre-novembre ha percepito che il suo pupillo e cavallo di troia era messo male e stava cedendo, Kagame aveva già deciso e minacciato anche pubblicamente, con scuse risibili, di ‘dover’ entrare direttamente (ancora una volta!) con il suo esercito in Kivu-Congo, ‘per difendere la sua sicurezza’! E che non fossero nemmeno stavolta solo delle minacce al vento, era dimostrrato dal fatto che, in poco tempo, aveva già ammassato alla frontiera uomini e mezzi imponenti all’uopo!

Fu in questo frangente pericolosissimo che l’ONU e vari paesi africani (come la Tanzania e il Sud Africa) sono finalmente riusciti a convincere, finalmente, USA e GB, da sempre i grandi protettori dell’an-glofono Kagame, come di Museveni, di intervenire con forza per farlo desistere assolutamente, con le buone o con le cattive (cfr le minacce concrete di sospendere i copiosi aiuti economici e militari che lo mantengono al potere!) dalla sua nuova folle impresa!

E, miracolo! Detto, fatto: Kagame ‘ha subito capito bene’, e stavolta non si era proprio mosso, e così  l’esercito congolese ha potuto terminare rapidamente ‘il suo lavoro’ e cacciare fuori ‘gli invasori’…

Più che comprensibile dunque il respiro di sollievo e addirittura l’entusiasmo della popolazione che per la prima volta ha ringraziato il ‘suo’ esercito (ben più che le autorità di Kinshasa!) e ha gridato la sua gioia per aver scampato, almeno stavolta, l’ennesimo pericolo mortale!

Veramente il presidente Kabila, che, pur invocato, non si era mai fatto vedere al fronte nei momenti difficili, ora dopo la grossa vittoria militare, ha tentato una bravata mediatica per mostrare, diceva lui, che la sicurezza era ormai ristabilita nell’est del Congo (in realtà, han detto o pensato in molti, per ricuperare e ricoprirsi un po’ anche lui della gloria dell’esercito): così, una decina di giorni dopo la scomparsa dell’M23 e mentre si preparava la famigerata ‘dichiarazione’ di cui sotto, Kabila ha voluto percorrere in macchina più di 1500 km da Kisangani > Bunia, > Beni-Butembo, fino a Goma, su strade che dire ‘impossibili’ è un eufemismo.  Per l’occasione s’è preso anche, dicono, una bella malaria, una malattia molto proletaria!, che l’ha bloccato per qualche giorno in cammino, e varie volte la gente ha dovuto aiutare i suoi agenti del corpo per tirare fuori dalle buche e dal fango la macchina presidenziale…

Da Goma ha fatto una puntatina anche a Bukavu, ma in aereo, e qui, invece di parlare come previsto  in piazza dove lo attendeva da ore e ore una moltitudine di gente, esplicitamente ‘invitata’ perché ‘liberata’ per l’occasione dalle scuole e dagli uffici, ha preferito chiudersi piuttosto in una grande sala parrocchiale … Non dev’esser stata comunque una ‘tournée’ trionfale né molto convincente, se anche le radio e i giornali nazionali ne hanno parlato poco, e lui stesso, il presidente, ha dovuto difendersi pubblicamente dello stato pietoso delle strade e di tutta la regione, dicendo che i fondi erano dovuti andare in priorità per l’equipaggia-mento dell’esercito!

3. Ma non siamo ancora, purtroppo, nella pace messianica!

Solo dopo qualche settimana di calma, di silenzio e di pace, si sente già dire di nuovo in questi giorni che, dall’altra parte della frontiera-est, nel Rwanda e nell’Uganda (dove sono al potere due regimi tutzi, cugi-ni primi), il movimento ribelle M-23 sta riprendendosi della botta, e con l’aiuto fraterno, stavolta soprattutto dell’Uganda, sta di nuovo riorganizzandosi e reclutando nuovi adepti (naturalmente tra i giovani tutzi).

Il presidente dell’Uganda, dando così evidentemente il cambio di spalla a Kagame, zittito bruscamente dai suoi protettori e probabilmente ancora molto arrabbiato per lo smacco subito, Museveni annuncia dunque pubblicamente che non ha alcuna intenzione di consegnare i ribelli e neanche i capi del M-23, ricercati da tempo sia dalla giustizia congolese che da quella internazionale, e che anzi, dato che si sono rifugiati proprio da lui in Uganda, lui li proteggerà e li sosterrà. Ma egli domanda anche (spudoratamente) all’ONU: “chi pagherà le spese?”, dato che, secondo, lui, si tratta di gente congolese, che dovrebbe, quindi, dice Museveni, essere accolta e nutrita dal Congo !?! Una bella faccia di bronzo, ‘faccia tosta’, come dicono in Toscana! Tanto più che è proprio lui, Museveni, che si era auto-offerto da mesi, ed era stato accettato dal governo di Kinshasa, come ‘mediatore super partes’ proprio per favorire un ‘accordo diplomatico’ tra M-23 e Kinshasa stessa!

Naturalmente queste notizie e queste dichiarazioni sono state come una nuova bella doccia fredda-ghiacciata su tutta l’opinione pubblica congolese, proprio mentre era ancora surriscaldata dagli avvenimenti liberatori di qualche giorno prima. Perché tutti ormai capiscono subito che, con queste arie nuove ma che sentono tanto di antico!, in arrivo ancora per l’ennesima volta dall’Uganda e dal Rwanda, tutto può fatalmente ricominciare subito da capo, in un eterno circolo infernale!

E non basta! Cominciano anche a circolare di nuovo voci di ‘appelli’ e ‘inviti’ da parte di diversi dei ‘badanti’ internazionali del Congo (ONU, USA, Paesi africani amici del Rwanda,…), che chiedono con sempre più insistenza alle autorità di Kinshasa di segnare ora, dopo mesi di ‘trattative diplomatiche’ ridicole e inutili con l’M23 (proprio a Kampala, e a spese di Kinshasa!), un ‘accordo conclusivo’(!?!), che non si era riusciti a far firmare nemmeno quando la guerra infuriava in senso favorevole all’M23…

Ma già allora l’opinione pubblica congolese si domandava quale ‘accordo’ paritario fosse possibile tra una ‘ribellione’ importata dall’esterno contro uno Stato sovrano come il Congo! Ora poi che la ribellione è stata annientata e gettata fuori, che senso ha ancora, si domanda la gente, un ‘accordo internazionale’ tra una banda di banditi, per di più stranieri, e uno Stato sovrano che dopo esser stato calpestato e umiliato, si gode ora finalmente un attimo di legittimo orgoglio nazionale, avendo sbaragliato il gruppo rivoltoso in questione?  Una richiesta o imposizione internazionale davvero strana, che secondo il sentire della gente comune, fa a pugni con ogni buon senso!

Il governo di Kabila, forse fiutando questo ‘sensus communis’ contrario dei congolesi, ha fatto prima delle timide apparenti rimostranze e resistenze a queste pressioni, ma ha poi ben presto calato le braghe andando a firmare a Nairobi il 12 dicembre u.s. , non ‘un accordo, ha dichiarato, ma una ‘dichiarazione unilaterale’ sul trattamento che riserverà agli uomini dell’M-23 che volessero rientrare in Congo…

In realtà questa è stata una seconda doccia fredda, ancor più scoraggiante, sulla schiena dell’opinio-ne pubblica congolese! Perché, quella firmata del governo di Kinshasa (e subito esaltata dalle ‘badanti’ internazionali del Congo come inizio di una pace vera e duratura in questa regione tormentata dei Grandi Laghi), più che una semplice e unilaterale, pur  magnanime e non vendicativa, ‘dichiarazione unilaterale’ di fine delle ostilità, come diceva di volere fare il governo, è stata invece subito letta e interpretata, giustamente, qui dalla gente e dalla stampa, come vero un ‘accordo alla pari’ con l’M23, anzi come una resa vergognosa alle vecchie pretese e ai falsi pretesti che avevano portato l’M23 a ‘giustificare’ fin dall’inizio la ribellione, con tutti gli infiniti e brutali misfatti commessi per mesi e mesi sulla gente.

Nella ‘dichiarazione’ si parla infatti solo di ‘amnistia’, dell’’impegno’ generoso del governo congolese di ‘integrare di nuovo’ tranquillamente i ribelli nell’esercito o nella politica congolese, e ‘di venire incontro’, con ‘attenzioni privilegiate’, al gruppo etnico tutzi, ecc ecc. Quello stesso che, in combutta con i  regimi tutzi di Kigali e di Kampala, ha provocato da anni tutto questo drammatico sommovimento di tutto l’est del Congo!

No, questa dichiarazione (preparata dalle ‘badanti’ internazionali e fatta ingoiare al popolo congolese grazie al solito atteggiamento ambiguo di Kabila), non è il riconoscimento della disfatta militare e politica completa dell’M23 e la sua domanda di perdono, con volontà di espiazione dei suoi misfatti e l’impegno per ripararli… No, è esattamente il contrario!!! È il governo nazionale congolese che ‘riconosce’ e dice di credere ancora alla buona volontà di questo gruppuscolo guerrafondaio dell’M23 di voler, bontà sua!, ‘cessare la ribellione’ e di volersi ‘reintegrare di nuovo’, come niente fosse successo!, tra il popolo e nell’esercito congolese! E il governo nazionale si impegna ‘ipso facto’ a questo e quello, in favore del suddetto gruppo ribelle, dimenticando completamente il calvario subito dalla popolazione congolese, e le riparazioni che dovrebbe esigere in suo nome!

Incredibile! Per di più, nessun cenno e neanche un minimo riconoscimento, nella dichiarazione del governo congolese, per le ultime brillanti vittorie militari del ‘suo’ esercito (le uniche da molti anni!) che in pochi giorni aveva sbaragliato il movimento ribelle, cambiando così radicalmente i dati del problema, facendo sparire ‘la parte avversa’! Nessun cenno alla situazione completamente nuova che si è creata così sul terreno!

E non basta! Nella ricostruzione storica dei fatti, in questa ‘dichiarazione’ firmata solennemente dal governo congolese davanti alle delegazioni internazionali, con un volo pindarico davvero suicida,  si passa direttamentedalla risoluzione ONU del 28 marzo 2013, che minaccia l’M23 e gli altri gruppi che stanno mettendo a ferro e fuoco il Kivu,… >>> al 5 novembre 2013, quando, dopo che l’M23 è già ormai disfatto e in fuga, da Kampala (!) un capo dell’M23 annuncia unilateralmente che ‘i combattenti’ “rinunciano alla ribellione e si preparano al processo di disarmo, di smobilitazione e di reinserzione sociale”… Un annuncio privato, via radio, di un capo senza più truppe, e quindi senza alcun valore giuridico, è preso a caposaldo della ‘dichiarazione’!

Ma poi, tra il 28/3 <e> il 5/11… non c’è proprio ‘nulla da segnalare’?!? Non c’è stato, invece, proprio in questo frattempo, l’acuirsi insopportabile, cruento e violento di questa interminabile guerriglia, proprio da parte dell’M23-Rwanda, contro il Congo e contro le martoriate popolazioni dell’est in particolare ?!

E poi, tra la fine di ottobre <e> il 5 novembre’13, … non c’è stata anche, finalmente!, una chiara vittoria dell’esercito congolese e la sconfitta totale dei ribelli-infiltrati dell’M 23 ?! Come si fa a saltare a piè pari, in una simile ‘dichiarazione’, questi fatti così evidenti e decisivi, che dovrebbero dare i parametri fondamentali alla ‘dichiarazione’ stessa?!

Tanta era la sorpresa amara e l’incredulità della gente per questo rovesciamento dei fatti, evidente nella ‘dichiarazione’, che qualche giornale titolava subito : (Kabila) dichiara l’M 23 vincitore! E un altro chiedeva per questo di incolpare Kabila “per alto tradimento” (della nazione congolese, acquiescendo alle manovre del Rwanda e dell’Uganda)!

E un altro più posatamente affermava che, “alla lettura attenta dei documenti firmati dal governo congolese, si resta scettici riguardo all’avvenire. La ragione è che il trattamento riservato  (dalla dichiarazione) all’M23 è la stessa riservata successivamente negli anni scorsi agli altri movimenti ribelli successivi (CNDP > RCD > AFDL)”,  che erano non solo simili ma uguali all’M23, sia nella componente etnica, sia nelle pretese politiche, sia nelle malefatte e sia nel sostegno diretto, più o meno esplicito ed evidente, dei regimi tutzi di Kigali e di Kampala.

La conclusione amara e disgustata dell’opinione pubblica congolese è la certezza che, usando Kabila su suggerimento della sue badanti gli stessi falsi rimedi di pacificazione del passato, otterremo, purtroppo, le stesse reali conseguenze nel prossimo futuro!

E così dalle ceneri neanche tanto spente né nascoste dell’M23, nascerà ben presto una ‘nuova ribellione’ e,  grazie alla buona comprensione di Kabila, tra non molto l’est del Congo sarà di nuovo messo a ferro e fuoco dalle inconsolabili mire imperialiste e dallo sfruttamento selvaggio dei satrapi tutzi dirimpettai! E il popolo congolese dovrà ancora una volta ingoiare un altro rospo o porcospino! Ma fino a quando, Brute?!

Anzi, non c’è molto da aspettare!!! Già in questi giorni di Natale arrivano dal Nord-Kivu delle nuove gravi notizie di nuove terribili stragi, causate dal risveglio improvviso e violento di un altro movimento ribelle, siglato ADF-Nalu: sigla diversa ma sempre della stessa pasta perché proveniente direttamente, questa volta, dall’Uganda, anche se con una forte, pericolosa componente islamica. Già attivo da anni a intermittenza nella regione di Beni-Butembo, sembra ora uscito prepotentemnte dal letargo!

Ma le coincidenze di tempi e luoghi son troppo evidenti per dire che, come volevasi dimostrare, è già lanciato il successore diretto dell’M23. È evidente quindi gli ‘erodi’ di Kampala e di Kigali si danno ‘fraternamente’  il cambio, per interposta mano, nella lotta di conquista del Kivu/Congo! Anzi, non del tutto, perché qualche giornale afferma già che il gruppo ADF-Nalu è stato rinforzato in questi giorni in uomini e mezzi proprio dagli uomini e mezzi dell’M23!

L’orizzonte quindi di nuovo si è ben presto rannuvolato! Speriamo solo di non ripiombare ancora in piena tormenta!

4. Scusatemi, ma non posso chiudere la mia già lunga ‘enciclica’ (avete poi tutto un anno per leggerla, se volete!) senza far cenno almeno ad un’altra notizia… brutta /bella, secondo da dove la si legge, che anche voi avrete sentito perché proprio in questi giorni ha turbato un pò anche le relazioni Italia-Congo, con polemiche e incomprensioni anche a livello istituzionale. Parlo delle coppie di italiani venute in Congo per prendere i bambini già legalmente adottati, che sono state invece bloccate a Kinshasa proprio in questi giorni di Natale.

            Certo che per gli ignari malcapitati e per l’opinione pubblica italiana è davvero una notizia poco bella e simpatica! E lo capisco bene. “Ma come, andiamo per aiutarli, e ci trattano così?!?”… Non posso dar loro torto, ma non posso fare ora un lungo discorso: vorrei fosse comunque chiaro che non ho nessuna intenzione di difendere qui il governo congolese che, per quanto ho detto sempre e anche sopra, penso sia chiaro che non ha certo sempre ragione… Del resto, anche in questo caso, penso che il governo di Kinshasa abbia solo approfittato furbescamente della facile occasione per farsi solo un pò di pubblicità a buon mercato e tentare di risollevare un po’, con poca spesa, il suo prestigio molto basso di fronte al popolo congolese e nel Terzo Mondo in generale, facendo finta di fare, una volta tanto, la voce grossa verso l’Occidente!

Ma al di là di questi piccoli giochi diplomatici, e guardando il mondo dal di sotto in su come possiamo farlo da qui, penso che ‘dietro o dentro la notizia’ ci sia in movimento una realtà, credo, molto positiva e molto ‘grossa’, se non stravedo: c’è, cioè, nientedimeno ché la rivolta della coscienza umana profonda, non solo africana, contro le derive morali e sociali inaccettabili, per il sentire degli africani e non solo, da parte dell’Europa e dell’America del Nord (cioè delle ‘nazioni cristiane’, da cui l’Africa è stata evangelizzata)!

… Una deriva quasi ‘ripugnante’ per gli africani, come le carnevalate assordanti e arroganti del mondo gay, esportate e imposte, con zelo missionario!, anche nei paesi che non ne sentono proprio il bisogno. E ancor più per la pretesa dell’occidente di tradurre in legge civile, valida universalmente nelle sue intenzioni, questo ‘sovvertimento morale’ (cfr il ‘matrimonio per tutti’, imposto alla Francia da F. Hollande, è stato visto e recepito molto male qui!).

E c’è finalmente, lo constato con evidenza, il rifiuto profondo,ed ora anche l’opposizione sociale sempre più esplicita di contrasto all’inguaribile volontà colonialista-imperialista assolutista dell’occidente che, anche in materia morale e dei costumi, vorrebbe imporre anche al resto del mondo le sue visioni e opinioni e le sue leggi, che gli africani non solo non capiscono ma rifiutano visceralmente, perché le considerano un’autentica decadenza morale umana, evidente e inaccettabile.

 Cfr le imposizioni subite per decenni degli ‘aiuti abbinati’ alle campagne per la sterilizzazione e per la limitazione drastica delle nascite; idem per le grandi campagne in favore dell’aborto. Ed ora queste campagne mediatiche per distruggere il senso della famiglia normale, molto sentita qui in Africa, con il matrimonio omosessuale, con le madri a pagamento , con l’adozione dei bambini anche da parte di due donne o due maschi…

Quella di Kinshasa è dunque una presa di posizione forse solo opportunista, all’acqua di rose e fuori luogo. Ma ha almeno questo di positivo, che anche Kabila si è accorto di che aria tira in basso. Certo che, purtroppo, per ora sono sopratutto i capi politici, spesso i meno qualificati, a dare voce a questa ‘rivolta morale’ della gente del Terzo Mondo:  cfr Putin, la China, Mugabe, ecc. Ed ora, altro grande opportunista!, anche il nostro ‘amico’ Museveni dell’Uganda, che ha fatto votare in questi giorni addirittura il carcere a vita per il ‘delitto di omosessualità’!

Siamo evidentemente all’altro estremo, assolutamente inaccettabile! Perché, lo sappiamo, non tocca allo Stato legiferare in campo etico! Ed è evidente per noi che anche l’omosessuale è innanzitutto una persona, di cui si devono salvaguardare tutti i diritti personali e, forse, in alcune situazioni, anche quelli sociali dell’unione stessa. Ma sappiamo anche che ogni azione estrema (ingiusta o violenta) genera una reazione uguale e contraria, n’est-ce pas?!

Comunque é forse la prima volta, prendiamone nota positivamente, che il Terzo Mondo alza la sua voce, ancora timidamente certo e per vie traverse, ma chiaramente, ‘contro’ l’onnipotente occidente, per dirgli in  faccia: “Non puoi farlo! Non  ti è lecito far questo!” Che finalmente non stia nascendo timidamente una nuova voce che desidera entrare a pieno titolo nel dialogo interculturale mondiale per metter fine al monologo asfissiante e arrogante del Mondo liberal-laicista-capitalista occidentale? (1)

Per noi quaggiù questa sarebbe davvero una bellissima ‘buona notizia’, natalizia e pasquale insieme, di vita e di resurrezione, che ridarebbe respiro nuovo anche al resto dell’umanità! Speriamo e cerchiamo di render possibile e sempre più reale questa ‘buona notizia’ anche con il nostro impegno personale e comunitario-ecclesiale: siete d’accordo?

Se sì, allora, di cuore: Buon Natale! Buon 2014! E, già che ci siamo, anche Buona Pasqua ’14!

Molto cordialmente, Antonio Trettel sx – Bukavu /RD-Congo.

(1)     Adesso qualcuno mi accuserà di retrogrado, da una parte, e di marxista-comunista, dall’altra… Niente paura: le due accuse si elidono a vicenda, e poi, alla mia età ormai, non mi fanno più né caldo né freddo: ne ho viste tante … passare! Ma, a proposito di comunismo, di cui, ho sentito, è stato accusato recentemente da qualche Gringo ben arcaico e ben ‘grossier’ lo stesso Papa Francesco (!?!), ricordo sempre la frase lapidaria di dom Helder Camara di venerata memoria: “Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi dicono comunista”. Bella, no? Forse Berlusconi non l’aveva mai sentita…   Antr.sx