NTAGANDA VERSO L’AIA, GIOIA A GOMA E SPERANZE DI GIUSTIZIA

Misna – Missionary International Service News Agency.

“A Goma la gente festeggia per le strade e oggi molte persone non sono andate a lavorare per celebrare la notizia della resa del capo ribelle Bosco Ntaganda. E’ forte la speranza che giustizia venga finalmente fatta per tutte le vittime innocenti dei suoi massacri”: lo dice alla MISNA il deputato di opposizione Jason Luneno, ex presidente della società civile del Nord Kivu, la ricca provincia mineraria all’est del paese da decenni in preda alle violenze di innumerevoli gruppi armati. Tra questi c’è il Movimento del 23 marzo (M23), nato nell’aprile 2012 sulla scia del Congresso nazionale di difesa del popolo (Cndp) di cui Ntaganda è stato il capo. Presunto responsabile di arruolamento di bambini in Ituri tra il 2002 e il 2003, sopranominato ‘Terminator’, Ntaganda è formalmente accusato di crimini di guerra e contro l’umanità.

“Sappiamo che dopo ore di interrogatori e trattative da parte delle autorità ruandesi il capo ribelle è stato accompagnato all’ambasciata statunitense di Kigali. Siamo fiduciosi nella macchina giudiziaria che si è cosi messa in moto” prosegue l’interlocutore della MISNA, originario di Goma, capoluogo del Nord Kivu, sottolineando che “Kigali è stata costretta a prendere questa decisione dopo mesi di pressioni esercitate nei suoi confronti dalla comunità regionale ed internazionale”. Diversi rapporti delle Nazioni Unite hanno da tempo evidenziato il coinvolgimento di Rwanda e Uganda nella nuova ribellione dell’M23, con sostegno militare, politico e logistico diretto. “Molti ribelli del Kivu si trovano in Rwanda dove vivono liberi. Piuttosto che estradarli in Congo, dove potrebbero rivelare verità scomode, Kigali preferisce tenerseli in casa” dice ancora Luneno.

Soddisfazione per la resa di Ntaganda è stata espressa dalla corte dell’Aia, che negli ultimi anni ha spiccato due mandati di cattura nei suo confronti: “E’ una grande notizia per il popolo congolese che ha sofferto per i crimini di un latitante della Cpi, in fuga troppo a lungo” si legge in un comunicato diramato dall’ufficio del procuratore, la gambiana Fadou Bensouda. Per Kinshasa si tratta di “una buona cosa, ma quello che ci interessa è che Ntaganda prenda davvero la strada verso la Cpi” ha dichiarato il portavoce del governo, Lambert Mende, secondo cui quest’ultimo sviluppo giudiziario “segna la fine dell’impunità per i signori di guerra del Kivu”. Ntaganda avrebbe varcato il confine lo scorso fine settimana assieme a più di 600 combattenti della fazione dell’M23 legata a Jean-Marie Runiga.

 Ora gli occhi sono puntati sull’ambasciata statunitense a Kigali, dopo che Ntaganda ha chiesto il trasferimento alla Cpi. Alcuni osservatori hanno ricordato che ne gli Stati Uniti ne il Rwanda riconoscono l’organismo della giustizia internazionale, in quanto non firmatari dello Statuto di Roma, ma la portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland ha assicurato che Washington ha preso contatto con la corte dell’Aia e con il governo ruandese “per facilitare tale richiesta”. Per il ministro degli Esteri ruandese Louise Mushikiwabo, “il Rwanda non ha alcuna decisione da prendere su questo caso: è una questione tra Stati Uniti che lo trattengono, Congo, paese di origine del sospetto e la Cpi che lo ricerca”.

 Dal confine tra Rwanda e Congo intanto, abitanti del villaggio di Kibumba hanno denunciato l’ingresso massiccio in territorio congolese di soldati ruandesi che avrebbero abbandonato la propria uniforme alla frontiera, per dare man forte ad una delle due fazioni dell’M23. Durante le due scorse settimane intensi scontri nell’area circostante a Goma hanno causato almeno 12.000 sfollati, vittime e danni. La calma sarebbe tornata dopo che i ribelli vicini a Sultani Makenga, la fazione più ‘moderata’ dell’M23, hanno decretato un cessate il fuoco con la parte rivale e assicurato di “avere il controllo della situazione”.

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