Congo attualità n. 173

INDICE

 

EDITORIALE: Siamo seri!

 

1. I COLLOQUI TRA GOVERNO E M23 A KAMPALA

a. L’ordine del giorno dei colloqui

b. La dichiarazione dell’M23 sulle sue rivendicazioni

c. La risposta del Governo

2. LA CLASSE POLITICA DI FRONTE AI NEGOZIATI DI KAMPALA

 

EDITORIALE: Siamo seri!

 

 

 

1. I COLLOQUI TRA GOVERNO E M23 A KAMPALA

 

Il 14 gennaio, non si è tenuta la prevista riunione plenaria tra la delegazione governativa e quella dell’M23. Nemmeno è stato divulgato il motivo ufficiale per questa ultima cancellazione. Alcune fonti vicine a entrambe le parti lasciano capire che ci sono ancora delle divergenze su cosa includere nell’ordine del giorno dei colloqui. Tuttavia, altre fonti che hanno chiesto l’anonimato indicano che il presidente Yoweri Museveni avrebbe stimato che gli incontri di Kampala non potrebbero risolvere tutti i problemi della RDCongo e che avrebbe suggerito di ridurre a 9 le 21 rivendicazioni dell’M23. Questi soli nove punti dovrebbero, quindi, essere discussi. Il facilitatore avrebbe già comunicato questo parere del Presidente ugandese ad entrambe le parti. Secondo le stesse fonti, l’M23 ha chiesto una deroga per studiare a fondo la questione. Due recenti punti stanno alimentando una certa sfiducia da parte dell’M23. Sulla revisione dell’accordo del 23 marzo, per esempio, il mediatore avrebbe suggerito che Kinshasa possa scegliere chi sarebbe reintegrato nell’esercito e chi no. Anche sulle questioni politiche, alcuni dell’M23 prevedono che esse potrebbero essere relegate ai margini delle discussioni stesse.[1]

 

Secondo la delegazione dell’M23, il facilitatore Cryspus Kiyonga avrebbe manifestato un certo partito preso, a causa della possibilità lasciata al governo congolese e allo Stato Maggiore delle FARDC di effettuare una selezione sulla lista dei combattenti dell’M23, candidati all’integrazione nell’esercito nazionale. I delegati dell’M23 ritengono che la discrezionalità concessa alle autorità congolesi nelle future operazioni di integrazione risulterebbe dannosa per i loro ufficiali e soldati. Di conseguenza, hanno deciso di non recarsi al tavolo dei negoziati fino a quando non avranno ricevuto la garanzia di un’integrazione automatica dei loro combattenti nelle FARDC. Hanno inoltre lasciato intendere che, disponendo di una grande quantità di armi più che sufficienti per fare piegare il governo di Kinshasa sul fronte militare, nel caso in cui la loro rivendicazione non fosse presa in considerazione, sarebbero costretti a rompere il cessate il fuoco, unilateralmente dichiarato la settimana precedente.

Gli osservatori vedono in questa nuova impasse non solo lo spettro di una ripresa della guerra nel Nord Kivu, ma anche una strategia escogitata dall’M23 per infiltrare nelle FARDC una nuova ondata di militari ruandesi, come nel caso dell’integrazione dell’RCD (2003) e del CNDP (2009) nell’esercito nazionale. Inoltre, sospettano che il Ruanda e l’Uganda spingano l’M23 a boicottare i negoziati di Kampala, perché preoccupati per la difficile situazione in cui si trova l’M23 dopo le sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e le decisioni del dispiegamento di droni e di una forza internazionale neutra sotto il comando della Monusco nell’est della RDCongo.[2]

 

Il 15 gennaio, il portavoce dell’M23, Bertrand Bissimwa, ha rivelato che le due delegazioni hanno convenuto di comune accordo che il mediatore dei colloqui in corso è il Presidente ugandese Museveni Joweri, il facilitatore è il ministro della Difesa ugandese Cryspus Kiyonga e il luogo è la capitale ugandese, Kampala. Secondo lui, ogni cambiamento dovrà essere il frutto di un accordo tra le due parti.[3]

 

a. L’ord