UNA GUERRA SADICA DECIMA LA POPOLAZIONE DEL KIVU

Néhémie Bahizire, cittadino congolese della provincia del Sud-Kivu, si esprime ancora una volta sulla situazione di guerra che continuano a vivere le province dell’est della Repubblica Democratica del Congo.

 

Quando gli interessi predominano

All’indipendenza della Repubblica Democratica del Congo (R.D.Congo), le potenze occidentali focalizzavano ancora i loro interessi sui soli minerali della provincia del Katanga (rame, cobalto, zinco, tungsteno, uranio). Il perseguimento di questi interessi è valso l’assassinio del primo ministro congolese, Patrice Lumumba.

Per assicurarsi il possesso di questi minerali, queste potenze sostennero la dittatura del maresciallo Mobutu durante trent’anni, indifferenti alla sofferenza di tutto un popolo. Verso la fine degli anni 1980, le relazioni si Mobutu con i suoi protettori s’ingarbugliarono e l’interesse del Belgio e delle potenze anglofone si volse allora verso l’est dell’Africa centrale, dove essi sostennero la salita al potere di Museveni in Uganda e di Paul Kagame in Rwanda, a prezzo di innumerevoli sofferenze delle popolazioni ugandesi, ruandesi e infine congolesi.

I loro interessi si focalizzarono allora verso l’est della R.D.Congo, verso l’oro dell’Ituri e il coltan del Kivu, e, recentemente, verso il petrolio del Graben, la cui falda si estenderebbe dal lago Alberto fino al fiume Semliki e al parco di Virunga.

 

Dividere per regnare

La malattia di Mobutu come pure il genocidio ruandese offrirono l’occasione di realizzare una nuova idea: lo sfaldamento della R.D.Congo in micro-Stati. A questo scopo, sotto la presidenza di Bill Clinton, fu creata nel 1995 l’Américan Minerals Fields International, ‘AMFI’. Si tratta, secondo ciò che ne scrive Alain Deneault in “Noir Canada”, di una coalizione militaro-politica di origine americana (Arkansas), britannica (Londra), canadese o americano-canadese. È stata forgiata come uno strumento destinato a mettere in esecuzione in Africa la volontà di dominazione economica dei finanzieri occidentali e particolarmente di saziare in R.D.Congo i disegni delle società americane i cui dirigenti partecipano alle grandi sfide strategiche che riguardano la scienza, la tecnologia, le finanze, le industrie o la politica. Raggruppando personalità politiche occidentali, signori della guerra africani, loschi affaristi e trafficanti sospetti, essa è l’illustrazione della mafia d’Africa, scrive ancora la nostra fonte.

È quest’orda di avvoltoi che fu incaricata di mettere sottosopra l’est della R.D.Congo. I governi americani, britannici, canadesi, francesi e belgi apportarono l’appoggio politico e diplomatico necessario allo scopo. A tal fine, occorreva seminare un’insicurezza totale nell’Ituri e nel Kivu, mentre ci si occupava anzitutto di fare a pezzi il Sudan.

Dopo il Sudan, è il turno della R.D.Congo di essere venduta in pezzi separati. Questo micro-Stati saranno resi antagonisti, privati di mezzi finanziari e d’infrastrutture economiche. Saranno tutti armati gli uni contro gli altri dagli stessi frantumatori, per far loro perdere ogni padronanza sull’insieme del problema. Una volta che questi micro-Stati saranno in preda all’insicurezza, saranno posti sotto la dipendenza economica totale delle multinazionali occidentali, l’AMFI in testa.

Gli interessi condivisi dei predatori

Gli Occidentali uccidono nel Kivu e in Ituri per il petrolio, l’oro e il coltan. In secondo luogo, per fronteggiare l’espansione economica dell’orso cinese in questo territorio così ricco, e infine per creare delle basi militari in questa contrada d’Africa. Lo sbarco dell’esercito americano in questa regione, l’AFRICOM, dietro pretesto di dare la caccia alla LRA di Joseph Kony, va in questo senso.

Quanto all’Uganda, essa cerca di rendersi indispensabile presso le società straniere attirate dalla ricchezza dei suoi giacimenti e dalla sete di saccheggiare anche risorse congolesi.  Il Ruanda, quanto a lui, oltre che per interessi economici, uccide nel Kivu per mire espansioniste e vuole annettersi una parte del Kivu. Dice apertamente e senza vergogna che Rutshuru, Masisi, Goma, Kalehe e Idjwi gli appartenevano prima che le frontiere coloniali fossero definite. Il Belgio, potenza colonizzatrice che aveva tracciato le frontiere, sa bene che è falso, ma tace.

Secondo certi osservatori, la divisione della R.D.Congo non sarebbe più d’attualità negli ambienti diplomatici internazionali, dato che il popolo ha manifestato una volontà decisa di restare unito. L’espropriazione del Paese si fa in altro modo: con un’intromissione internazionale nelle scelte apparentemente democratiche del Paese e con l’infiltrazione economica, politica e militare del potere ruandese fino ai più alti livelli dello Stato congolese.

Uniti per mantenersi al potere

Il presidente ugandese Yoweri Museveni, prodotto degli Stati Uniti, è il principale alleato di questi Occidentali nella regione dei Paesi dei Grandi Laghi. Il recente viaggio della Segretaria di Sto Hillary Clinton lo ha confermato. Il presidente ruandese Paul Kagame è un prodotto di suo fratello Museveni, mentre il presidente Joseph Kabila della R.D.Congo è un pupillo di Kagame, nella logica dell’infiltrazione che abbiamo segnalato sopra.

Gli avvenimenti hanno da poco svelato che esistono accordi segreti, con i quali Kabila autorizza l’occupazione del Kivu da parte dell’esercito ruandese di Kagame. Non fosse stato per il rapporto del giugno 201 degli esperti delle Nazioni Unite che accusa il Ruanda di creare e sostenere gruppi armati che infieriscono quotidianamente sul Kivu, Kabila continuerebbe a dire ai Congolesi che queste truppe ruandesi sono soldati delle Forza Armate della R.D.Congo (FARDC), perché egli li veste con l’uniforme militare dell’esercito congolese. Tutti hanno visto alla televisione il momento in cui alcuni di loro si toglievano queste uniformi per riprendere le loro uniformi ruandesi, per far finta di rientrare a casa loro in Ruanda.

Il Capo dello Stato congolese si investe lui stesso nel far guerra alla sua popolazione, quando dovrebbe essere il primo deputato a proteggerla! Un altro tradimento che sembra incomprensibile ad un orecchio straniero. Questi tre poteri: ugandese, ruandese e congolese, per mantenersi al potere, tengono le loro popolazioni rispettive nella paura, agitando ad ogni momento lo spettro della guerra.

Il Kivu e l’Ituri sono terreni di sperimentazione delle operazioni militari da cui le popolazioni sono quotidianamente decimate. Questo saccheggio ha già al suo attivo più di otto milioni di morti in R.D.Congo durante questi due ultimi decenni. Tutti questi crimini si commettono in barba alla MONUSCO e dell’AFRICOM le cui truppe percorrono questa regione.

La società civile si mobilita e denuncia l’ecatombe

Le organizzazioni della società civile sia nazionali che internazionali si mobilitano e denunciano l’ecatombe all’est della R.D.Congo. Numerose manifestazioni locali e anche missioni presso le autorità internazionali da parte dei capi religiosi e dei rappresentanti della società civile hanno mostrato la volontà del popolo congolese di pace e di salvaguardia dell’integrità territoriale del proprio Paese. Tra le organizzazioni internazionali, citiamo a titolo d’esempio EURAC, Amnesty International, Human Rigths Watch, Crisis Group.

Davanti a questa pressione e alla schiacciante evidenza dei fatti, la politica internazionale si è vista costretta a prendere qualche misura punitiva nei confronti del Ruanda, cioè la sospensione di alcuni aiuti. Nazioni come gli U.S.A., la Gran Bretagna, la Germania, la Svezia hanno deciso sanzioni quasi simboliche e a volte rapidamente ridotte, come nel caso della Gran Bretagna. Kagame, sapendo che non era una cosa seria, ha continuato la sua politica di occupazione.

Inoltre, nulla si dice riguardo all’Uganda: eppure, tutti sanno che è questo Paese che  crea, finanzia e arma gruppi armati in Ituri. È inoltre provato che truppe ugandesi sono al fronte nel Kivu nel gruppo armato M23, a fianco dei loro fratelli ruandesi. Quanto all’ONU, si è limitata a condannare il Ruanda senza prendere alcuna risoluzione.

Perché queste nazioni, che inneggiano ai diritti umani e alla democrazia, chiedono all’M23 di conservare le posizioni iniziali, cioè Rutshuru, il parco di Virunga e Nyiragongo, territori che abbondano di petrolio, invece di chiedere loro di arrendersi e mettere fine ad ogni ostilità? Perché queste nazioni tollerano che questo M23 abbia reso pubblico il 17 agosto 2012 il suo governo sul territorio congolese?

Un popolo tradito leva la sua voce

L’opposizione politica congolese, come pure i gruppi armati diversi dall’M23, rischiano di scivolare nella trappola dell’operazione di fascino messa in atto dall’M23, il quale, alle rivendicazioni iniziali, ha aggiunto le rivendicazioni dell’opposizione al regime di Joseph Kabila, chiedendo la verità delle urne e la giustizia sociale. Qua e là nel Paese, generali ribelli lanciano i loro appelli alla rivolta e al colpo di stato. Niente di più gustoso per il Ruanda che vedere ancora una volta rafforzarsi il volto congolese di questa nuova guerra d’aggressione.

Il popolo congolese osserva e sa che di tutte queste avventure è lui stesso che pagherà il prezzo. Le “guerre di liberazione” si valutano per lui in milioni di morti e in un cumulo immenso di umiliazioni e sofferenze. Le vie della politica, del lobbying, dell’onestà personale son aperte per quanti vogliono veramente un cambiamento.

Noi diciamo ai potenti del mondo: fate attenzione, l’ingiustizia, alla fine, danneggerà anche voi. Smettete di appoggiare regimi violenti ed aggressivi. Lasciate veramente che il popolo congolese faccia le sue scelte democratiche. I suoi minerali, i suoi legnami, il suo petrolio possono essere messi a disposizione delle vostre industrie mediante giusti contratti. L’insicurezza non paga per sempre.

Se questi assassinii della popolazione dell’est della R.D.Congo non finiscono, è certo che, dai oggi e dai domani, ci sarà un giorno il grande genocidio dei Paesi della regione dei Grandi Laghi. Su chi cadrà la responsabilità?

Bukavu, 1° ottobre 2012

 Néhémie BAHIZIRE