Rd Congo, dietro l’M23 – 2° parte: IL TELEFONO CHE UCCIDE IL CONGO

Nigrizia

 

Le meraviglie della tecnologia hanno un prezzo. Lo paga l’Rd Congo, con conflitti continui per l’accaparramento dei beni utili alla loro produzione, come il coltan, del quale il paese detiene la maggioranza delle riserve mondiali.

di p. Bruno Kesangana Nandaba

 

Hai un cellulare o un computer portatile o altri strumenti simili? Queste meraviglie tecnologiche hanno un prezzo. La Repubblica democratica del Congo ne sta pagando il conto, con conflitti continui per l’accaparramento dei beni utili alla loro produzione. Uno di questi è il coltan. Il paese ha dal 60 all’80% di riserve mondiali di questo minerale. Il termine “coltan” deriva dalla combinazione di due minerali: il “col” (“colombite”) e “tan” (“tantalite”). Il primo è molto apprezzato per la sua enorme resistenza alla corrosione. Considerato come metallo strategico, è utilizzato soprattutto nella fabbricazione di condensatori per attrezzature elettroniche (telefoni portatili, armi teleguidate, plasma TV, consolle per giochi video, mp3, mp4, apparecchi fotografici…), ma entra largamente anche nella composizione di leghe di cobalto e di nichel nell’aeronautica e in modo particolare nella fabbricazione di reattori, missili e satelliti.

La guerra, soprattutto nei due Kivu, non è solo conflitto “etnico”. Ma è corsa con ogni mezzo a procurarsi questo minerale. Molte relazioni dell’Onu e di organizzazioni non governative, e le testimonianze dei vescovi e dei missionari che lavorano in questa regione, hanno messo a nudo questa realtà. I differenti movimenti di guerriglia che agiscono nelle due province congolesi si disputano il controllo dei giacimenti minerari. Dietro tali movimenti ci sono molti stati africani, fra cui il Rwanda, l’Uganda e il Burundi. Alcune multinazionali – come Nokia, Alcatel, Apple, Nikon, Ericsson – sono chiamate in causa per il finanziamento indiretto delle guerre poiché pagano tasse ai gruppi ribelli, sfruttando impunemente questo paese a scapito dei suoi abitanti.

L’estrazione dell’“oro grigio” avviene ancora in modo rudimentale. Assomiglia a quella dei cercatori d’oro del XIX secolo in America. Un operaio produce un chilo di coltan al giorno che gli fa guadagnare dai 10 ai 50 dollari alla settimana, mentre in tempo normale un operaio congolose guadagna 10 dollari al mese. Il boom del coltan ha fatto salire vertiginosamente il suo prezzo fino a giungere a 500 dollari al chilo. Siccome l’estrazione del minerale dà un guadagno “relativamente buono”, giovani agricoltori e allevatori, rifugiati, migliaia di ragazzi lavorano nelle miniere in condizioni del tutto indegne di persone umane. E ciò non senza conseguenze: i ragazzi non vanno più a scuola; molti giovani muoiono a causa di smottamenti, di malattie. Per non parlare delle violenze sulle donne e sulle ragazze da parte dei gruppi armati. Lo sfruttamento illegale del coltan aiuta a mantenere truppe straniere nel Kivu e mette in pericolo l’ecosistema forestale del paese.