KIVU: UN MILIONE DI FIRME PER LA PACE, KABILA SOTTO ACCUSA

Misna – 5 settembre 2012

 

Una petizione firmata da un milione di congolesi per dire “no” alla guerra nell’Est e alla balcanizzazione del paese è stata consegnata da una delegazione di capi religiosi ed esponenti della società civile al vice-segretario Onu per il mantenimento della pace, Hervé Ladsous, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York.

Della missione dei responsabili religiosi, guidata dal presidente della Conferenza episcopale congolese (Cenco), fanno parte anche El Hadj Cheick Abdallah Mandala, presidente della Comunità islamica in Congo e Pierre Marini Bodho della Chiesa di Cristo. Secondo il sito d’informazione ‘Digitalcongo’, Ladsous ha assicurato che “in alcun modo l’integrità territoriale congolese è negoziabile”. Monsignor Djomo ha auspicato che la pressione nei confronti del Rwanda non si fermi fin quando “non saranno adottate sanzioni esemplari” anche dal Consiglio di sicurezza.

Negli ultimi giorni i religiosi congolesi hanno tenuto una serie di riunioni pubbliche e ieri sono stati ricevuti al Congresso di Washington e hanno incontrato alcuni funzionari della Casa Bianca.

L’iniziativa interreligiosa è stata ideata con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i responsabili politici, economici e religiosi statunitensi sulla strategia di destabilizzazione dell’Est del Congo da parte di movimenti ribelli, quali il Movimento del 23 marzo, sostenuti da potenti interessi esterni per sfruttare illegalmente le risorse minerarie delle province del Kivu. Esistono prove a carico di Kigali, accusata sia da Kinshasa che dall’Onu di fornire non solo aiuti logistici alla nuova ribellione.

Intanto nel paese un gruppo di partiti di opposizione ha formalmente chiesto al parlamento di avviare un procedimento di messa in stato di accusa del presidente Joseph Kabila per alto tradimento. A riferirlo è l’emittente locale ‘Radio Okapi’, precisando che i leader dei partiti di opposizione hanno prove di una “complicità tra il potere congolese e gli aggressori” in riferimento alla nuova ribellione dell’M23 attiva da aprile in Nord-Kivu. In una dichiarazione politica l’opposizione richiede l’apertura di un dialogo nazionale che riunisca tutte le forze politiche e sociali per “dibattere dell’instabilità nell’Est” visto che “finora ogni iniziativa del regime non è servita”. Un’accusa già respinta dalla Maggioranza presidenziale (Mp), secondo la quale l’opposizione rischia di “minare la coesione nazionale”.

La scorsa settimana si sono ritirate le forze speciali ruandesi dispiegate a Rutshuru da due anni, ufficialmente per contrastare, con le truppe congolesi, la ribellione hutu delle Forze democratiche e di liberazione del Rwanda (Fdlr), di cui alcuni elementi sono ricercati da Kigali per la loro presunta partecipazione al genocidio del 1994.

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