Congo Attualità n. 138

SOMMARIO:

EDITORIALE: In dialogo per una soluzione condivisa della crisi di legittimità

1. L’ARRIVO DI ESPERTI AMERICANI IN APPOGGIO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE

2. LA POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA CONGOLESE

3. IL RINVIO DELLA PUBBLICAZIONE DEI RISULTATI DELLE LEGISLATIVE

4. PER RISOLVERE LA CRISI POST ELETTORALE

 

EDITORIALE: IN DIALOGO PER UNA SOLUZIONE CONDIVISA DELLA CRISI DI LEGITTIMITÀ

 

1. L’ARRIVO DI ESPERTI AMERICANI IN APPOGGIO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE

Una missione comune sotto il segno della sfiducia.

Dal 4 gennaio, il gruppo degli esperti internazionali messi a disposizione della CENI è a Kinshasa. Dovrebbe fornire alla CENI le competenze necessarie per dare credibilità alle elezioni presidenziali e legislative del 2011. Ed, eventualmente, adottare tutte le misure necessarie affinché il processo elettorale possa continuare normalmente fino alla fine.

Questi esperti internazionali sono arrivati in RDCongo su richiesta della comunità internazionale, ma non della CENI. Inoltre, hanno ricevuto solo il compito di verificare se il lavoro della Ceni si stia svolgendo “secondo le procedure elettorali” relative alla trasparenza e alla credibilità delle operazioni di compilazione. Sono solo supporto tecnico alla CENI. Si tratta di esaminare il processo di tabulazione dei risultati delle elezioni del 28 novembre. Sono otto, tra cui due del National Democratic Institute (NDI), altri due della Fondazione Internazionale per i sistemi elettorali, IFES, e gli ultimi quattro del Forum delle commissioni elettorali della SADC. Tra questi esperti, ce ne sono alcuni che da tempo collaborano con la CENI, per esempio, il direttore dell’IFES.

Questa “missione mista” Ceni – esperti internazionali si sta svolgendo sotto il segno della sfiducia. Infatti, la CENI ha affermato che non è stata lei a richiedere tale collaborazione, ma che le è stata proposta da Stati Uniti e Inghilterra. E aggiunge di “avere i suoi tecnici”. Ciò significa che la CENI potrebbe fare a meno della presenza degli esperti internazionali. Dal momento che ci sono, gli esperti potranno rilevare le eventuali irregolarità, ma spetta alla CENI, in maniera indipendente, prendere le decisioni necessarie.

 

Le attese del popolo.

L’arrivo degli esperti della comunità internazionale suscita speranza nel popolo congolese che spera di vedere ristabilita la verità delle urne, nei candidati deputati in tutto lo spettro politico che, al di là della loro appartenenza politica, hanno gridato alla frode e, in qualche misura, in coloro che hanno contestato i risultati delle elezioni presidenziali. La loro permanenza sarà di tre settimane. Già Etienne Tshisekedi aveva dichiarato di non sperare nulla da questa loro presenza, dal momento che molte prove, fra cui i verbali elettorali con i risultati, sono state alterate, manipolate o perse. Ma la domanda che molti si pongono è di sapere ciò che potrà succedere nei prossimi giorni. La prima domanda che i Congolesi si pongono è: Questi esperti sono venuti per le elezioni presidenziali o per le legislative, o per entrambi, giacché le due si sono svolte nello stesso giorno e negli stessi luoghi? L’opposizione esige che verifichino i risultati di entrambe, in quanto si sono svolte contemporaneamente. Infatti, dato che le elezioni legislative e presidenziali si sono svolte contemporaneamente nello stesso giorno e con gli stessi elettori, ci deve essere lo stesso numero di iscritti, lo stesso numero di votanti, lo stesso tasso di partecipazione e di astensione e, probabilmente, lo stesso numero di schede elettorali disperse. L’unica differenza starebbe nelle persone elette.

La Maggioranza Presidenziale non vuole sentirne parlare. Dice che Kabila ha già prestato giuramento, punto e basta. Ma il popolo congolese, sia all’interno che all’estero, vogliono che gli esperti internazionali prendano in esame tutte e due le elezioni del 28 novembre 2011, per apportarvi tutta la luce possibile.

 

Le rivelazioni di Ngoy Mulunda.

Il presidente della CENI, Ngoy Mulunda, ha rivelato che ha collaborato con un esperto della comunità internazionale, specificamente assunto per assistere la Ceni nella compilazione dei risultati. Ha collaborato con la MONUSCO durante tutto il processo elettorale: dall’elaborazione del calendario elettorale fino alla distribuzione delle schede elettorali nei seggi elettorali sparsi in tutto il paese. Ngoy Mulunda si dice convinto che tutto ciò che essi hanno fatto sia stato approvato dalla cosiddetta comunità internazionale.

Inoltre, secondo le sue stesse dichiarazioni, Ngoy Mulunda avrebbe chiamato, per ragioni di trasparenza, un esperto della comunità internazionale per coadiuvarlo nel lavoro di compilazione dei risultati. Arrivato da New York, era lui il responsabile della ricezione dei verbali elettorali provenienti da tutti i seggi elettorali e dell’assistenza nella compilazione dei risultati. Con questa rivelazione, Ngoy Mulunda tenta di giustificarsi davanti ai congolesi. Sottinteso: se vi sono state frodi o manipolazioni dei risultati, i Congolesi non hanno che rivolgersi all’esperto della comunità internazionale.

Avendo gli osservatori del Centro Carter e dell’UE pubblicato dei rapporti che mettono in dubbio i risultati, ci si chiede se gli esperti non siano venuti proprio per confermare quei risultati, dando loro una certa parvenza di credibilità. Se, come gli altri osservatori, arrivassero a constatare la vastità delle irregolarità e delle frodi, commesse con l’intenzione disonesta di vincere le elezioni, saranno in grado di contraddire il lavoro in cui è coinvolto uno di loro?

 

Una partenza preannunciata.

Il 13 gennaio, secondo fonti attendibili, gli esperti americani in materia di organizzazione elettorale membri del NDI e dell’IFES, hanno interrotto la loro missione e hanno lasciato la RDCongo. Essi erano rimasti “bloccati” a Kinshasa, lavorando negli uffici della CENI, senza poter recarsi nei CLCR. Questi esperti si sono sentiti presi in trappola. Dovevano scegliere tra avallare la CENI e la “passività” della MONUSCO, presente nel comitato ad hoc della CENI, o confermare la posizione delle missioni di osservazione più critiche (EU-MOE, Carter. RENOSEC, ecc .), senza tuttavia avere delle prove concrete, a causa della mancanza di accesso ai dati che non sono “più disponibili”. Hanno deciso che in tali condizioni non avevano più “ragioni di rimanere”.

Questi esperti avrebbero dovuto aiutare la commissione elettorale per dare credibilità al processo elettorale fornendo risultati affidabili delle legislative, mediante un controllo rigoroso del conteggio dei voti, l’individuazione di irregolarità e, se necessario, l’apporto di modifiche o correzioni necessarie. Purtroppo, sembra che non ci sia stato accordo tra le parti (congolese e americana) sui termini di riferimento relativi al lavoro di compilazione dei risultati delle elezioni legislative che avrebbero dovuto svolgere insieme. Sembra che gli esperti americani abbiano voluto non solo dare un’occhiata al server, per verificare l’assenza di programmi informatici destinati a favorire la frode, ma anche controllare la situazione del registro elettorale, della cartografia dei seggi elettorali, dei verbali di conteggio dei risultati, delle urne e delle schede elettorali, ecc. In effetti, gli esperti americani stavano cercando di ottenere i dati fisici e tecnici che potevano consentire loro di dare un parere autorevole in materia di trasparenza o meno dei risultati delle elezioni legislative del 28 novembre.

Si dice che non siano stati disposti ad essere trattati come semplici casse di registrazione delle cifre pre-compilate dallo staff della CENI e già pubblicate dai media e sul sito internet di questa istituzione. Secondo alcune indiscrezioni, gli esperti Usa sono stati troppo ambiziosi nella loro ricerca della verità delle urne. Infatti, era tecnicamente e praticamente impossibile alla CENI mettere a loro disposizione il server centrale, il registro elettorale, i verbali di conteggio dei voti, le schede elettorali e le urne, perché la maggior parte di questi dati che avrebbero potuto contribuire ad una verifica dei risultati sono stati persi, o distrutti, o addirittura completamente manipolati. Il rifiuto di mettere elementi di valutazione oggettiva a disposizione degli esperti è, agli occhi di tutti gli osservatori neutrali, come un’ammissione esplicita delle gravi manomissioni che hanno caratterizzato le elezioni presidenziali e legislative, lasciando la strada aperta per la contestazione dei risultati stessi.

 

2. LA POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA CONGOLESE

Dal 24 al 25 dicembre, il comitato nazionale del Consiglio dell’Apostolato dei Laici Cattolici del Congo (CALCC) ha organizzato una sessione per valutare la situazione post-elettorale al fine di prendere in considerazione delle piste di azione per superare la crisi che si sta profilando sempre più.

Dopo aver ascoltato il Segretario Generale dell’UDPS, Jacquemin Shabani e un alto rappresentante del PPRD, Jean Mbuyu, i partecipanti alla sessione hanno constatato una situazione di blocco fra le due tendenze. Per l’UDPS, non ci sarà altra soluzione, se non il riconoscimento della vittoria di Etienne Tshisekedi da parte di Joseph Kabila, che deve dimettersi. Per il PPRD, non c’è crisi, perché Joseph Kabila è stato eletto regolarmente. Il PPRD riconosce le irregolarità che sono state commesse. Ma non le ritiene sufficienti per modificare l’ordine d’arrivo dei candidati.

Secondo il CALCC, il dialogo per una soluzione politica non può che avvenire solo nell’ambito delle istituzioni e dopo la pubblicazione dei risultati delle legislative. Sul piano interno, un capo di Stato eletto male incontrerà molte difficoltà nel mobilitare le forze vive della Nazione e le energie del popolo. Sarà certamente oggetto di un incessante ricatto che gli impedirà di dedicarsi con calma a risolvere i molti problemi nazionali. Lo stesso vale anche per i membri dell’Assemblea Nazionale.

Di fronte a questi pericoli, il comitato nazionale del CALCC avrebbe auspicato che tutte le forze politiche e diplomatiche si fossero concentrate a cercare come ristabilire la verità delle urne. Se è Kabila che ha vinto, che vinca onestamente. Se invece è Tshisekedi che ha vinto, che vinca onestamente. Ma è possibile rintracciare attualmente le schede elettorali e i verbali originali che sono stati esposti nei seggi elettorali dopo lo spoglio dei voti? Senza questi documenti, la verità delle urne non sarà mai conosciuta. Qualora non sia possibile, cosa fare? Per garantire la pace e la coesione nazionale, il comitato nazionale del CALCC propone

1. L’organizzazione di un secondo turno delle elezioni presidenziali, rigorosamente controllato dalla comunità internazionale. Le schede di voto per il secondo turno dovrebbero essere stampato a Kinshasa sotto la supervisione di un comitato misto.

2. Le dimissioni dell’attuale comitato della CENI

3. L’annullamento dei risultati elettorali delle legislative su tutto il territorio della Repubblica

4. L’organizzazione, nel corso di una stessa settimana, di nuove elezioni legislative, provinciali, comunali e locali.

È vero che queste proposte esulano dal quadro costituzionale. Ma in situazione eccezionale, occorre anche una soluzione eccezionale. Occorrerebbe convocare una sessione speciale del Parlamento uscente per legalizzare questa nuova procedura, poiché si tratta di preservare la pace, la coesione, l’unità e la sovranità nazionale.

Il 5 gennaio, in una dichiarazione sulle elezioni di novembre, l’Associazione dei Superiori Maggiori di Kinshasa (Asuma / Kin), l’Unione delle Superiore Maggiori di Kinshasa (Usuma / Kin) e il Consiglio dell’Apostolato dei Laici Cattolica del Congo di Kinshasa (CALCC / Kin), dopo aver constatato che:

– le elezioni sono state marcate da innumerevoli brogli e gravi irregolarità;

– i risultati proclamati dalla CENI e confermati dalla Corte Suprema di Giustizia non riflettono la verità delle urne;

– si è in presenza di un potere illegittimo e illegale.

Esigono:

– l’annullamento vero e proprio delle elezioni;

– le dimissioni del comitato della CENI.

Invitano:

– Tutto il popolo congolese ad organizzarsi per azioni non violente di disobbedienza civile per ripristinare la legittimità e la legalità del potere nella RDCongo;

– tutte le forze dell’ordine, polizia ed esercito, a non reprimere le manifestazioni pacifiche (art. 28 della Costituzione).

Chiedono:

– ai vescovi di continuare a fare prova di coraggio profetico e di lavorare nell’unità;

– alla comunità internazionale di non riconoscere il potere illegittimo e illegale nella RDCongo.

Il 7 gennaio, presso la parrocchia di San Giuseppe di Matonge / Kinshasa, è stata celebrata una messa per impetrare la benedizione di Dio sull’Assemblea dei Vescovi membri della Conferenza Episcopale in programma dal 9 gennaio.

Dal titolo “Ogni autorità viene da Dio. Ma non necessariamente il suo esercizio”, l’omelia è stata letta dal Padre P. Bosangia Ile B., direttore del Centro “Lindonge”. Ecco alcuni brani:

«In condizioni normali, il potere civile è molto onorato ed è un dovere civico rispettarlo. Ci sono alcuni che non riconoscono alla Chiesa il diritto di parlare di politica, mentre applaudono se essa si prende cura della sanità e dell’istruzione, settori apparentemente non religiosi come la politica. A loro chiediamo di leggere per intero la frase di Gesù in Mt 22, 21: “Date a Cesare ciò che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio”. In effetti, la seconda parte della frase indica che lo stesso Cesare, non solo le persone sotto sua autorità, deve “dare a Dio ciò che è Dio”.

Si pongono qui due problemi, in relazione all’autorità politica: la legittimità e la pratica della giustizia, secondo le esigenze di Dio. In effetti, se è vero che “ogni autorità viene da Dio” (Rm 13, 1), è altrettanto vero che non qualsiasi esercizio dell’autorità deriva necessariamente da Dio. Pertanto, non si può che obbedire a un’autorità legittima e a delle leggi giuste e non, per esempio, ad una disposizione presa attraverso un imbroglio. Infatti, l’autorità è esercitata legittimamente soltanto se ricerca il bene comune del gruppo in questione e se, per raggiungerlo, impiega mezzi moralmente leciti. Se i governanti emanano leggi ingiuste o prendono misure contrarie all’ordine morale, tali disposizioni non obbligano la coscienza delle persone. “In questi casi, dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, l’autorità cessa di essere se stessa e degenera in sopruso” (n. 1903). La missione profetica della Chiesa, seguendo i profeti e Gesù stesso, impone alla Chiesa di ricordare a tutti, compresi i governanti, l’esigenza della giustizia, della pace e della verità a tutti i livelli.

Pertanto, qualsiasi esercizio dell’autorità che contrasti con la giustizia rende tale autorità illegittima agli occhi di Dio, perché non conforme alla legge di Dio. E la Chiesa non può tacere in simili circostanze. Deve, invece, intervenire ogni volta che è in gioco la dignità umana e deve ricordare che “Cesare deve dare a Dio ciò che è Dio, se vuole che gli sia dato ciò che gli spetta”.

Oggi la Chiesa di Kinshasa e del Congo intero, a cominciare dal suo Pastore, il cardinale Laurent Monsengwo, predica la verità, condanna tutti gli intrighi e le menzogne, ricordando l’insegnamento del cardinale Malula, di felice memoria, che diceva: “Preferisco essere crocifisso per la verità che crocifiggere la verità”».

Al termine della Messa, è stato distribuito un volantino con un “programma di formazione alla non violenza in vista di prossime azioni dei cristiani, al fine di ristabilire la legittimità e la legalità”.

Il 12 gennaio, a chiusura di una sessione plenaria straordinaria tenutasi a Kinshasa dal 9 al 11 gennaio, la Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) ha pubblicato un messaggio dal titolo “Il popolo congolese ha fame e sete di giustizia e di pace – il coraggio della verità”.

Eccone alcuni stralci:

«Nell’appello del 3 dicembre 2011, la CENCO ricordava che il suo obiettivo non era quello di pubblicare dei risultati che, peraltro, il gruppo dei suoi osservatori elettorali non possiede, e invitava il popolo congolese, i politici e la CENI ad attenersi assolutamente alla verità delle urne. Nella nota del suo segretariato generale, l’8 dicembre 2011, la CENCO aveva rilevato gli aspetti positivi del processo elettorale, ma anche le preoccupanti irregolarità e debolezze, fra cui dei casi di frodi elettorali comprovate e probabilmente pianificate. È in questa stessa logica che, il 12 dicembre 2011, era pubblicata la Dichiarazione del Cardinale Arcivescovo di Kinshasa che, in seguito a queste irregolarità e debolezze, denunciava la non conformità dei risultati provvisori pubblicati dalla CENI alla verità e alla giustizia.

Da quanto sopra esposto, riteniamo che il processo elettorale sia stato marcato da gravi irregolarità che mettono in discussione la credibilità dei risultati pubblicati. Chiediamo agli organizzatori di avere il coraggio e l’onestà di trarre le necessarie conclusioni. Perché, ammettere i propri errori è un segno di grandezza. Ma se si accetta il rischio di continuare a governare il paese senza il consenso popolare, le tensioni interne più o meno controllate a breve termine, prima o poi sfoceranno in una grave crisi difficile da risolvere. È dunque necessario che, in un approccio inclusivo, si privilegi la via del dialogo, per il maggiore interesse della nazione congolese. È il tempo del coraggio per la verità. A tal fine, non ci stancheremo di denunciare tutto ciò che mette in pericolo la costruzione di uno Stato democratico. Non si può costruire uno Stato di diritto in una cultura dell’imbroglio, della menzogna, del terrore, della militarizzazione e della flagrante violazione della libertà di espressione. Se la democrazia è il potere del popolo da parte del popolo e per il popolo, è necessario rispettare questo popolo. Nel contesto attuale, il popolo ferito e frustrato, assiste impotente ad un processo elettorale che non riflette la sua volontà e che assomiglia talvolta a un accordo tra alcuni determinati politici. Il processo elettorale dovrebbe consentire il consolidamento della cultura democratica e la pacificazione del paese. Noi vogliamo la pace. Ma essa ha delle esigenze cui non si può rinunciare, tra cui la verità, la giustizia e il rispetto per le persone.

Invitiamo i nostri fedeli cattolici e il popolo congolese nel suo insieme alla non violenza, perché la violenza genera solo altra violenza. Essa provoca distruzione e miseria. In questo senso, chiediamo ai nostri connazionali che vivono all’estero, con i quali condividiamo il desiderio di un Congo nuovo e di cui riconosciamo i sacrifici che fanno per aiutare coloro che sono rimasti in patria, di non ricorrere alla violenza e di trovare le vie pacifiche per contribuire alla costruzione di un veramente democratico.

Raccomandiamo:

All’intero popolo congolese, di non cedere né al pessimismo, né alla disperazione, né alla violenza, né al tribalismo, né alla xenofobia, ma di unirsi intorno ai valori democratici e cristiani della giustizia e della verità, di crescere nella coscienza della sua unità nazionale e del suo potere di primo sovrano, per esercitarlo nella vigilanza e nella legalità.

Ai politici, di far prova di maturità politica, di avere la capacità di organizzarsi per assumere la loro piena responsabilità, di elevare il dibattito politico, ponendo fine ad insulti e menzogne e prendendosi cura dell’educazione civica della popolazione e del benessere.

All’attuale comitato della CENI, di avere il coraggio di mettersi in questione, di correggere imperativamente i gravi errori denunciati e che hanno intaccato la fiducia della popolazione nei confronti di questa istituzione. In caso contrario, di rassegnare le dimissioni.

Al Parlamento, di rivedere urgentemente la composizione della CENI, che non gode più la fiducia della popolazione e di includervi la rappresentanza della società civile, in vista di una maggiore indipendenza e di tenere presente, inoltre, che la gente non accetterà alcun tentativo di modificare gli articoli intoccabili della Costituzione.

Al Governo, di trarre la lezione da questo fallimento elettorale, di prevedere i mezzi per le prossime elezioni e di sbloccarli in tempo per un loro migliore svolgimento, di cessare di attingere risorse dal tesoro pubblico per interessi personali e di prendere coscienza che il popolo vuole il cambiamento.

Alla Polizia di Stato e alle Forze Armate, di far prova di professionalismo, di proteggere la popolazione e, soprattutto, di non obbedire ad ordini ingiusti.

Alla Corte Suprema di Giustizia, di dire il diritto secondo coscienza e con indipendenza nel trattamento dei contenziosi elettorali. Ne dipende la credibilità del potere giudiziario del nostro paese;

Alla comunità internazionale, di privilegiare l’interesse del popolo congolese, di non essere indulgente, di sostenere il popolo congolese nella sua ricerca della giustizia e della pace e di rispettarlo nella sua autodeterminazione».

 

3. IL RINVIO DELLA PUBBLICAZIONE DEI RISULTATI DELLE LEGISLATIVE

Il 12 gennaio, la Ceni ha annunciato che la pubblicazione di tutti i risultati provvisori delle elezioni legislative, originariamente prevista il 13 gennaio, è rinviata al 26 gennaio. Un comunicato della Ceni precisa che i risultati delle circoscrizioni delle province saranno forniti a partire dal 18 gennaio e completati con quelli delle quattro circoscrizioni della capitale Kinshasa il 26 gennaio. Al fine di garantire la trasparenza e la credibilità delle operazioni di compilazione, la Commissione afferma che i membri del comitato si sono recati nelle province per effettuare una verifica e, se necessario, il riconteggio dei risultati elettorali delle circoscrizioni dove sono segnalati casi di contestazione. La CENI giustificano la proroga dal 13 al 26 gennaio, a causa della sospensione delle operazioni di compilazione dei risultati per due settimane in dicembre. La CENI ha già dato dei risultati provvisori di 107 su 169 circoscrizioni.

I vescovi cattolici congolesi avevano imperativamente chiesto alla CENI di correggere i gravi errori rilevati nel corso delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre 2011 o di rassegnare le dimissioni, ritenendo inaccettabile l’attuale processo di compilazione dei risultati delle legislative. In quella occasione, avevano inoltre affermato che il processo elettorale è stato marcato da gravi irregolarità che mettono in discussione la credibilità dei risultati delle presidenziali già pubblicati e confermati dalla Corte Suprema, senza tuttavia dire se tali irregolarità hanno potuto cambiare l’ordine di arrivo dei candidati e senza richiedere l’annullamento delle elezioni.

 

4. PER RISOLVERE LA CRISI POST ELETTORALE

Il 5 gennaio, l’UDPS di Etienne Tshisekedi ha chiesto un riconteggio dei voti espressi nelle elezioni presidenziali del 28 novembre che hanno sancito la vittoria contestata del presidente uscente Joseph Kabila e, in caso di necessità, l’organizzazione di un secondo turno tra i due candidati. Nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles, Felix Tshisekedi, segretario nazionale per le relazioni esterne dell’UDPS e figlio di Etienne Tshisekedi, ha affermato che il riconteggio dei voti dimostrerà che le cifre che assegnano la vittoria a Joseph Kabila sono false. Ha inoltre denunciato ancora una volta la frode elettorale praticata sistematicamente dal governo per fare rieleggere il presidente uscente. Tuttavia, ha ammesso che un riconteggio “totale” dei voti per entrambe le elezioni (presidenziali e legislative) potrebbe essere molto “difficile”, a causa del disordine constatato nei centri locali di elaborazione dei risultati.

Felix Tshisekedi, che si è presentato come candidato delle elezioni legislative, ha chiesto, a titolo personale, l’organizzazione di un secondo turno delle presidenziali, nonostante la modifica della Costituzione che, approvata in Parlamento nel gennaio 2010, e ha ricondotto le elezioni presidenziali da due turni a uno solo. “Chiediamo un secondo turno sotto il controllo della comunità internazionale”, ha detto a titolo personale, pur riconoscendo i problemi costituzionali e pratici derivanti dall’organizzazione di un nuovo scrutinio. Tra le molte irregolarità constatate nell’organizzazione delle elezioni, Felix Tshisekedi ha rievocato “l’esistenza di seggi elettorali fittizi, la sottrazione di voti dal candidato Tshisekedi per attribuirli al candidato Kabila e l’introduzione nelle urne di schede elettorali pre-compilate”. Secondo lui, i tre milioni di voti che separano Kabila da Tshisekedi derivano da questi brogli elettorali praticati dalla Ceni.

L’8 gennaio, la “Voce dei Senza Voce” (VSV), un’Ong per la difesa dei diritti umani, ha tenuto una conferenza stampa nella sala conferenze della parrocchia di Nostra Signora di Fatima per presentare il suo rapporto finale sull’osservazione delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre. La VSV afferma che le irregolarità segnalate nel rapporto non sono dovute ad una mancanza di esperienza in materia elettorale, come alcuni cercano di far credere, ma sono il risultato di una lunga e minuziosa preparazione, a monte e a valle, di elezioni manipolate sin dall’inizio. “In Congo c’è una vera e propria crisi di legittimità del potere, a causa delle gravi irregolarità constatate nelle elezioni del 28 novembre”, afferma Rostin Manketa, Vice Direttore esecutivo dell’ONG. Per la VSV, è necessario un dialogo tra l’opposizione politica e il regime al potere e, soprattutto, tra Etienne Tshisekedi e Joseph Kabila, in vista di una gestione consensuale della cosa pubblica. Tale dialogo dovrebbe condurre verso l’organizzazione di nuove elezioni credibili, sotto la supervisione di nuovi animatori imparziali della CENI e con la certificazione dei risultati da parte della comunità internazionale, in modo da garantire efficacemente il rispetto della verità delle urne, senza le contestazioni dovute a gravi e flagranti irregolarità.

L’appello della Voce dei Senza voce (VSV) rivolto a Etienne Tshisekedi e a Joseph Kabila, affinché inizino un dialogo “per una gestione consensuale della cosa pubblica e in vista dell’organizzazione di nuove elezioni credibili” è diversamente valutato dalle due parti. L’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), partito di Etienne Tshisekedi, indica che, prima di prendere in considerazione la possibilità di un dialogo, è dapprima necessario intraprendere delle azioni per la ricerca della verità delle urne. Per la maggioranza presidenziale (MP), “si deve rispettare la scelta del popolo, confermata dalla Corte Suprema”.

Albert Moleka, capo ufficio e portavoce di Etienne Tshisekedi, ha dichiarato che la proposta della VSV ha il merito di cercare una soluzione all’attuale crisi del paese. Ma egli ha precisato: “Il presupposto di tale soluzione è che tutti abbiano il desiderio di cercare la verità nel rispetto del popolo congolese. Quindi è questa la condizione per poter pensare a un dialogo. Senza tale condizione, è difficile stabilire un dialogo”. Per il momento, ha detto, “il dialogo non è all’ordine del giorno”.

Attribuendo all’iniziativa della VSV un approccio politico, il segretario generale della MP, Aubin Minaku, ha indicato, da parte sua, che occorre rispettare “la scelta del popolo congolese e lo schema repubblicano”. Riconoscendo che ci sono state delle difficoltà nell’organizzazione delle elezioni, ha affermato che “la verità espressa dal popolo è che, nonostante tutte le imperfezioni, nelle presidenziali vi è un candidato che è emerso ed è Joseph Kabila. È stato eletto dal popolo congolese. È stato confermato dalla Corte Suprema e ha prestato giuramento”. Ciò che si può fare, ha concluso il Segretario Generale della MP, “è consigliare al candidato Joseph Kabila di formare un governo che comprenda tutti i figli della Repubblica che hanno una vocazione patriottica”.

Il 9 gennaio, un gruppo di nove senatori ha rilasciato una dichiarazione sul processo elettorale.

Essi ricordano, in primo luogo, che negli anni 2010 e 2011, avevano * chiesto l’istituzione di due organi in seno alla CENI, e cioè: un’assemblea plenaria e un comitato ristretto e l’integrazione di membri della società civile per garantirne l’indipendenza e la trasparenza. *denunciato e boicottato il congresso convocato per emendare la Costituzione, in vista dell’introduzione di un solo turno per le elezioni presidenziali, limitando così la democrazia. * condannato la progressiva introduzione di un partito unico sul territorio nazionale, mediante l’adesione obbligatoria di tutto il personale dello Stato e delle pubbliche imprese al partito presidenziale. * esigito il controllo del registro elettorale e la revisione del calendario elettorale, per garantire una buona preparazione e la trasparenza del processo elettorale. Nonostante le reticenze, i consigli e le raccomandazioni, la CENI, pienamente sostenuta dal governo, ha tuttavia organizzato le elezioni il 28 novembre. Cosa si è constatato prima, durante e dopo le elezioni?

– Nel corso della campagna elettorale, la CENI ha violato più volte e intenzionalmente la legge elettorale del 25 giugno 2011. Va notato in particolare: a) Il superficiale trattamento delle candidature. b) La pubblicazione tardiva delle liste dei candidati. c) L’utilizzazione abusiva delle risorse umane, materiali e finanziarie dello Stato per fini di propaganda da parte dei candidati del potere: Presidente uscente, ministri, governatori provinciali, amministratori pubblici. d) L’apposizione di manifesti di propaganda elettorale sugli edifici pubblici. e) L’affissione tardiva delle liste degli elettori, non rispettando il periodo legale dei 30 giorni. f) La monopolizzazione dei media pubblici, in particolare della Rtcn, da parte del Presidente della Repubblica e dei candidati dei partiti affiliati al potere. g) Il rifiuto di permettere l’accesso alle liste elettorali, sia ai partiti dell’opposizione che alla società civile.

– Il 28 novembre 2011, le elezioni stesse sono state marcate da gravi irregolarità e numerosi incidenti che mettono in discussione la validità dei risultati e la graduatoria dei candidati, sia per le presidenziali che per le legislative, come pubblicati dalla CENI. Tra l’altro, si possono citare i seguenti dati: a) La presenza di gruppi armati nazionali e stranieri che hanno influenzato il voto a favore del presidente uscente, soprattutto nelle province orientali. b) L’apertura e lo spostamento, il giorno stesso delle elezioni, di centri e seggi elettorali, senza tener conto della distanza per gli elettori. c) La circolazione di schede elettorali fuori dei seggi e il riempimento delle urne, sia da parte di autorità politiche e amministrative che di candidati, con la complicità degli agenti della Ceni. d) Il numero scandalosamente elevato di votazioni per deroga (più di un milione). e) L’esistenza di schede elettorali già compilate in molti seggi. f) Il condizionamento di elettori analfabeti da parte di membri dei seggi o di testimoni dei partiti membri della maggioranza presidenziale. g) Il saccheggio di alcuni seggi da parte della guardia presidenziale.

– Dopo lo scrutinio del 28 novembre 2011, le operazioni di voto sono continuate, contro ogni previsione, in diverse circoscrizioni. Nel frattempo, si è constatato: a) L’arrivo di carichi di schede elettorali, in particolare nella provincia del Katanga. b) La sospensione, da parte del governo, del servizio di telefonia per SMS. c) L’impiego delle forze armate e di attrezzature militari, per intimidire la popolazione e soffocare ogni manifestazione. d) L’assenza dei testimoni dei partiti politici e degli osservatori nazionali e stranieri in tutte le operazioni di compilazione dei risultati, per ordine del comitato della Ceni. e) L’ordine dato ai presidenti dei seggi elettorali di fare riferimento al comitato della CENI, prima di esporre in pubblico i risultati. f) La scomparsa di molti pacchetti contenenti i risultati delle votazioni.

L’organizzazione precipitata delle elezioni del 28 Novembre non poteva che portare a risultati discutibili. In effetti, varie organizzazioni della società civile, nazionale e internazionale, hanno messo in dubbio la loro affidabilità. La CENI si è resa colpevole di una vergognosa manipolazione che la rende un’istituzione di parte, corrotta e sostenitrice di un sistema oligarchico. Allo stesso modo la Corte Suprema di Giustizia che ha approvato dei risultati scaturiti dall’imbroglio, ha dimostrato la sua sottomissione al potere esecutivo.

La CENI e la Corte Suprema di Giustizia hanno perso la fiducia del popolo. Il Presidente della Repubblica, mantenuto al potere mediante l’inganno, non è in grado di governare il Paese senza ricorrere alla violenza.

Infine, i nove senatori hanno dichiarato di non riconoscere i risultati delle elezioni del 28 novembre 2011. Di conseguenza, esigono: 1. Le immediate dimissioni del comitato della CENI. 2. L’invalidazione delle elezioni presidenziali e legislative. 3. L’immediata convocazione della classe politica, al fine di stabilire un dialogo necessario che conduca all’accordo su di un programma per una rapida uscita dalla crisi.

Il 15 gennaio, la missione nazionale di osservazione elettorale, durante una conferenza stampa tenutasi al Grand Hotel di Kinshasa, ha reso pubblico un rapporto sull’osservazione delle elezioni del 28 novembre. Secondo la missione, le operazioni di compilazione dei risultati delle elezioni legislative presso i Centri Locali di Compilazione (CLCR) sono state marcate da una serie di irregolarità che sollevano la questione della “legittimità dei risultati stessi”. Il rapporto rileva numerosi problemi circa la gestione dei verbali dello spoglio dei voti: quelli che non sono mai stati consegnati ai testimoni dei partiti politici, quelli non firmati dai presidenti dei seggi elettorali e quelli parzialmente o non correttamente compilati. Il rapporto riferisce circa la mancanza di garanzie nel trasporto delle urne e dei documenti elettorali verso i centri di compilazione dei risultati, gli ostacoli posti al lavoro degli osservatori e testimoni, la perdita di pacchetti e di importanti documenti elettorali, le diversità dei dati da un documento all’altro, una compilazione dei risultati costantemente interrotta, opaca e incompleta e la falsificazione dei risultati.

Sul sito della BBC, Leonie Kandolo, responsabile della missione, spiega che “tra le irregolarità constatate, l’avere spesso impedito agli osservatori e testimoni dei partiti di assistere alle operazioni di tabulazione dei risultati elettorali è un indice di una chiara volontà di favorire i brogli”. Ha anche spiegato che la missione “non è in grado di pubblicare i risultati in modo indipendente”, “ciò che la induce a mettere in discussione l’intero processo elettorale”. La missione richiede quindi l’annullamento delle legislative e raccomanda un dialogo politico per risolvere la crisi di legittimità dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative.

Traendo lezione dalle elezioni del 28 novembre per migliorare le prossime tappe del processo elettorale, il rapporto sottolinea che le elezioni non si possono improvvisare. Tutte le elezioni devono essere basate su un’ampia concertazione politica e un minimo di consenso. Anche se può essere un segno di apertura e di un’ampia partecipazione politica, l’eccessiva molteplicità di candidati non favorisce né la democrazia, né l’organizzazione logistica delle elezioni. Sempre secondo il rapporto, una preparazione più professionale delle elezioni incombe a entrambe le parti, la CENI e i partiti. La missione si compone di quattro reti di osservazione, tra cui la Rete nazionale per l’osservazione e il monitoraggio delle elezioni in Congo (RENOSEC), la rete di osservazione delle confessioni religiose (ROC), il comitato permanente della consulta delle donne congolesi (CAFCO) e il Consiglio Nazionale della Gioventù (CNJ).

Il 17 gennaio, in una dichiarazione politica resa pubblica presso il ristorante dell’Hotel Kabe di Kinshasa nel corso di una conferenza stampa, tre candidati alle presidenziali del 28 novembre, Léon Kengo, Antigas Mbusa e Adam Bombole, hanno risposto al messaggio che la CENCO ha rivolto ai fedeli cattolici. I tre candidati ringraziano i Vescovi a) per avere denunciato il clima caotico in cui si sono svolte le elezioni, le irregolarità e i brogli verosimilmente pianificati, il clima di terrore volutamente organizzato e il modo inaccettabile e vergognoso in cui si svolge la compilazione dei risultati delle elezioni legislative.

b) per avere ricordato la necessità di ricorrere alla via del dialogo che può permettere alla classe politica in generale e agli organizzatori delle elezioni in particolare, di avere il coraggio e l’onestà di ammettere i propri errori. Ciò aiuterebbe la nazione a trarre le necessarie conclusioni circa le gravi irregolarità che hanno messo in causa la credibilità dei risultati elettorali pubblicati, provocando una crisi di legittimità. Secondo i tre candidati, i Vescovi hanno ribadito che non si può governare il paese senza il consenso popolare e hanno proposto un approccio inclusivo che privilegi l’interesse della nazione congolese. Di fronte a questo pressante appello al dialogo lanciato dai vescovi, Léon Kengo, Antipas Mbusa e Adam Bombole propongono la convocazione da parte del Capo dello Stato, Joseph Kabila, una tavola rotonda nazionale da tenersi prima della pubblicazione finale dei risultati elettorali delle legislative, per discutere sulla validazione o meno delle elezioni, sulla riorganizzazione della CENI e su un nuovo calendario elettorale.

Tra i partecipanti, i tre leader politici propongono il Presidente della Repubblica e il suo vice, i membri dei comitati centrali dell’Assemblea Nazionale e del Senato, il Primo Ministro, i membri del comitato della CENI, gli 11 candidati alle presidenziali del 28 novembre, i delegati delle piattaforme politiche, i delegati di gruppi religiosi, corporazioni professionali e organizzazioni non governative e i rappresentanti della comunità internazionale, tra cui: MONUSCO, UA, UE, SADC, CEPGL, CEEAC, COMESA .