Congo Attualità n. 446

LE FORZE DEMOCRATICHE ALLEATE (ADF): LA LORO ORGANIZZAZIONE E LA LORO PARTE DI RESPONSABILITÀ NEI MASSACRI DI BENI (NORD KIVU)

I vari rapporti del Gruppo di Esperti dell’ONU per la RDCongo[1]

INDICE

1. GLI AUTORI DEI MASSACRI DI BENI: LE ADF, MA NON SOLO LORO
2. CHI SONO LE ADF?
a. Localizzazione delle ADF
b. Catena di comando
c. Reclutamento
d. Legami con lo Stato Islamico di Irak e Siria (ISIS)
3. GLI ATTACCHI DI INIZIO 2019 CONTRO MAMOVE E MAVIVI NEL TERRITORIO DI BENI
4. LE OPERAZIONI MILITARI CONTRO LE ADF
a. L’avvio di operazioni di vasto raggio
b. La “sconfitta” delle ADF
c. La ripresa delle ADF
d. Allegati

1. GLI AUTORI DEI MASSACRI DI BENI: LE ADF, MA NON SOLO

Rapporto S/2016/466 – Maggio 2016:
182. Da quando, in settembre 2014, sono iniziati i massacri nel territorio di Beni, nessun gruppo armato ha rivendicato la responsabilità delle centinaia di vittime civili.
186. Generalmente, i testimoni dei massacri non sono stati in grado di identificare i gruppi armati responsabili dei massacri. Una delle cause potrebbe essere la confusione che necessariamente si crea durante gli attacchi. Una seconda causa potrebbe essere il fatto che la maggior parte dei gruppi armati che intervengono nei massacri lo fanno sotto etichetta delle ADF.
185. Il gruppo degli esperti dell’ONU ha potuto constatare che, in quei massacri, erano implicati diversi gruppi: varie fazioni delle Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo di persone ruandofone provenienti dall’Uganda e dal territorio di Rutshuru, e milizie locali coinvolte in conflitti per il controllo delle terre e l’esercizio del potere. Il gruppo ha constatato che anche vari ufficiali dell’esercito congolese hanno svolto un ruolo importante nei massacri, mediante il loro appoggio ad alcuni gruppi armati.

Rapporto S/2018/531 – Giugno 2018:
28. A volte può essere difficile identificare gli autori dei massacri, poiché spesso vari gruppi armati attivi nella regione di Beni fanno propri i metodi delle ADF.
34. Il gruppo degli esperti ritiene che, nel primo semestre 2018, i membri delle ADF fossero circa 400-450, incluso donne e bambini. La maggior parte dei membri delle ADF erano ugandesi, ma circa 100-200 erano congolesi. Nelle file delle ADF c’erano anche alcuni combattenti ruandesi, burundesi e tanzaniani.
147. Come riportato in precedenza, i responsabili dei massacri commessi nel territorio di Beni dall’inizio di ottobre 2014 sono vari: milizie locali, fazioni delle ADF e un gruppo di ruandofoni. Vi sono implicati anche vari ufficiali e semplici militari dell’esercito. Come negli anni precedenti, nessun gruppo armato ha mai rivendicato la responsabilità dei massacri che, di solito, sono generalmente attribuiti alle ADF.

Rapporto S/2016/466 – Maggio 2016:
195. Secondo varie fonti, i conflitti locali hanno svolto un ruolo importante nei massacri perpetrati nel territorio di Beni. I conflitti per il controllo delle terre e per l’esercizio dell’autorità hanno portato alla creazione di milizie locali e alcuni capi locali hanno addirittura intrattenuto delle relazioni con diverse fazioni delle ADF per rafforzare la loro posizione. Anche alcuni ufficiali dell’esercito congolese hanno avuto un ruolo nell’esecuzione dei massacri mediante il loro appoggio determinati gruppi armati locali.
196. Per esempio, le autorità locali hanno confermato che un capo locale, André Mbonguma Kitobi, aveva creato una sua propria milizia in seguito a un conflitto con le autorità del Parco Nazionale dei Virunga. Un membro delle ADF-Mwalika e un generale dell’esercito hanno affermato che la milizia di Mbonguma era strettamente legata alle ADF-Mwalika, il che era in parte dovuto a una relazione di lunga data tra Mbonguma e alcuni ex membri dell’APC integrati nelle ADF- Mwalika, ma anche al fatto che le ADF- Mwalika operavano anche nel suo territorio, a Mayangose.
197. Molte autorità locali hanno ammesso che Mbonguma avesse avuto una contesa con un altro capo locale, Bambiti. Il 15 ottobre 2014, 31 civili, incluso Bambiti, sono stati uccisi nel villaggio di Ngadi da uomini armati. Diverse fonti hanno dichiarato che la miliziadi Mbonguma fosse responsabile dell’attacco. L’esercito ha arrestato Mbonguma in novembre 2014, ma il gruppo di esperti non è stato in grado di determinare il suo ruolo esatto nell’operazione.
199. Anche alcuni ufficiali dell’esercito hanno contribuito in modo diretto all’aumento dell’insicurezza, poiché coinvolti in operazioni di appoggio a gruppi armati che commettevano i massacri.
200. Ad esempio, un colonnello, Katachanzu Hangi, ha fornito alle ADF munizioni, uniformi e viveri. Aveva comunicato alle ADF informazioni dettagliate sulla postazione delle truppe dell’esercito a Eringeti, Ciò ha permesso alle ADF di attaccare tale posizione il 29 novembre 2015, per impadronirsi delle armi custodite in deposito.

Rapporto S/2013/433 – luglio 2013:
62. Va ricordato che, nel 2012 e nel 2013, nei territori di Beni e di Lubero (Nord Kivu), si è constatata una moltiplicazione dei gruppi armati. Queste milizie erano composte quasi esclusivamente da membri della comunità Nande. La più importante di queste è l’Unione per la Riabilitazione della Democrazia in Congo (URDC), guidata dal “generale” Paluku Kombi Hilaire, un ufficiale che aveva disertato le file nell’esercito congolese nel 2012, dopo che vi era stato integrato come membro dell’ex Esercito Patriottico Congolese (APC), il ramo militare del Raggruppamento Congolese per la Democrazia-Kisangani / Movimento di Liberazione (RCD-K/ML) di Mbusa Nyamwisi. In quel tempo, l’URDC aveva stretto delle alleanze con altri gruppi ribelli, tra cui il Movimento del 23 marzo (M23).
63. L’URDC rappresentava i membri dei circoli politici ed economici locali contrari al governo centrale. A metà del 2012, Mbusa Nyamwisi, che si trovava in esilio in Sud Africa, ha approfittato del malcontento dell’opposizione, per incitare i militari congolesi provenienti dall’APC, il braccio armato del suo partito, l’RCD-K/ML, a disertare l’esercito congolese per entrare a far parte dell’URDC di Hilaire Kombi.
64. Il gruppo di Hilaire Kombi era composto da circa 300 combattenti suddivisi in tre diverse unità Hilaire era il capo dell’unità principale basata a Bunyatenge, nelterritorio di Lubero. Il “colonnello” Werrason comandava la seconda unità basata a Mumbiri, nel territorio di Beni. Il “colonnello” Eric Kenzo, ex membro della Coalizione dei Patrioti Resistenti Congolesi era il capo della terza unità, basata a Kyavinyonge, nel Parco Nazionale dei Virunga (territorio Beni).
L’URDC otteneva armi e munizioni dall’esercito congolese (acquistandole o attaccando e saccheggiando delle postazioni dell’esercito), dall’M23 e da commercianti importatori d’armi dall’Uganda.
66. Secondo alcune autorità locali, il gruppo di Kenzo ha effettuato alcuni dei 160 sequestri di bambini e adulti commessi nel territorio di Beni dall’inizio del 2013.
67. Il 15 maggio 2013, le truppe di Kenzo, in collaborazione con altre milizie locali, hanno attaccato una postazione dell’esercito congolese situata nella città di Beni, per liberare dei prigionieri e recuperare delle armi.
68. Hilaire Kombi ha mantenuto stretti legami con l’M23. In maggio 2013, l’M23 ha prestato uomini e armi a Hilaire Kombi, al fine di stabilire una presenza dell’M23 nei territori di Lubero e Beni.
71. Come altre milizie, l’URDC si autofinanziava sfruttando le risorse naturali, in particolare oro e avorio, che vendeva a dei commercianti di Beni, Butembo e Kasindi.

2. CHI SONO LE ADF?

Rapporto S/2016/466 – Maggio 2016:
51. Le Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo armato di origine ugandese, di ispirazione islamista e, dal 1995, presente nel Territorio di Beni (Nord Kivu), hanno subito profondi cambiamenti da quando l’operazione Sukola I, intrapresa nel 2014 dall’esercito congolese, ha portato allo smantellamento di quasi tutti i loro campi base e alla loro suddivisione in vari piccoli gruppi che si sono sparsi nell’est del territorio di Beni e nel sud della provincia di Ituri. Alcuni di questi gruppi si sono riorganizzati, sono tornati nelle loro precedenti roccaforti e, vero fine 2014 e inizio 2015, hanno creato dei nuovi campi basi. Tuttavia, non hanno continuato a operare insieme.
53. All’inizio del 2016, non era quindi più possibile considerare le ADF come un unico gruppo.

a. Localizzazione delle ADF

Rapporto S/2019/469 – Giugno 2019:
16. Il Gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha constatato che le Forze Democratiche Alleate (ADF) erano un gruppo armato ben organizzato, i cui membri erano suddivisi in vari accampamenti situati nella zona di Beni e Butembo, nel Parco nazionale di Virunga e dintorni (Nord Kivu). Mentre la posizione esatta dei vari accampamenti è andata cambiando col passare del tempo, la maggior parte di essi non ha però cambiato nome.
17. Il campo base delle ADF, noto come “Madina” (e diviso in due sezioni: Madina I e Madina II), è un raggruppamento di diversi campi base più piccoli situati nella zona nota come “triangolo della morte”, situata tra Oicha , Eringeti e Kamango, a circa 35 chilometri a nord della città di Beni. I capi delle ADF hanno la loro sede a Madina II, che comprende quattro accampamenti minori: Kajaju, Bango, Whisper e Richard, a circa un chilometro di distanza l’uno dall’altro. Il gruppo di esperti ha stimato che in ciascuno di questi quattro accampamenti potevano ospitare tra i 150 e i 200 membri.
18. Un altro grande campo base delle ADF, denominato Mwalika, Irungu e Domaine, era situato vicino al villaggio di Mwalika, tra Kasindi e Butembo (territorio Beni), nel Parco Nazionale dei Virunga. Questo accampamento è stato utilizzato principalmente come punto di incontro per le reclute straniere. Il campo di Mwalika è stato spostato varie volte, ma è sempre rimasto situato lungo il fiume Semuliki. La popolazione del campo di Mwalika variava tra le 100 e le 150 persone, a seconda dell’arrivo di nuove reclute.
19. Un terzo accampamento, denominato “Mulalo”, dal nome del suo capo, ma talvolta indicato anche come “Camp Lahé”, era situato nella foresta di Mayangose, a nord-est di Beni e ospitava da 60 a 80 combattenti. Sulla strada da Mwalika a Medina, Mulalo è servito da campo di transito.
20. Un quarto accampamento situato vicino a Mapobu serviva da piattaforma logistica per l’approvvigionamento dell’accampamento di Madina a partire da Beni. Vi abitavano circa 30 combattenti, accompagnati dai loro familiari.

b. Catena di comando

Rapporto S/2019/469 – Giugno 2019:
21. Le ADF si erano disperse in seguito alle operazioni militari condotte contro di loro nel 2014, ma poi erano riuscite a ricostituirsi e a ristabilire una struttura unificata di comando e di controllo. Seka Musa Baluku è ancora rimasto il capo indiscusso delle ADF. Risiede nell’accampamento di Kajaju del complesso di Medina.
22. Nell’accampamento di Medina, lo “sceicco” Lumisa svolge sia le funzioni di capo religioso che di responsabile delle comunicazioni esterne. Abdulrahman Waswa, alias “PC Sentongo” è giudice, capo della polizia e responsabile della disciplina e dell’esecuzione delle sentenze. Dopo la partenza di Kajaju verso un’altra postazione indeterminata, il comando dell’accampamento è stato affidato a Kasadha.
23. Nell’accampamento di Mwalika, Kikote ne era il comandante, un certo “Amigo” era incaricato del reclutamento e delle comunicazioni con il campo di Madina e lo “sceicco” Koko svolgeva la funzione di capo religioso.
24. Altri capi militari, tra cui Kajaju, Kikote, Werrason, Mugisa, Rafiki, Mulalo, Braida e Akeda, si sono alternati nei vari accampamenti.

Rapporto S/2019/974 – 20 Dicembre 2019:
21. Il gruppo di esperti dell’ONU ha potuto constatare che, da giugno 2019, nella catena di comando delle ADF non ci sono stati importanti cambiamenti significativi. Seka Musa Baluku è rimasto alla guida dell’intero movimento, il cui comando militare è rimasto ancora nelle mani di Lukwago Rashid Swaibu Hood, alias “Mzee Meya Pierro” o semplicemente “Pierro”.
22. Le postazioni delle ADF sono rimaste generalmente le stesse. Tuttavia, dall’annuncio in settembre 2019 della preparazione di nuove operazioni militari da parte dell’esercito, i vari capi militari delle ADF hanno iniziato a trasferire attrezzature e combattenti di alcuni campi base, tra cui Mayangose e Kididiwe, verso quelli di Kajaju, Whisper e Bango, che facevano parte del vasto complesso del campo base di Medina. Alcuni combattenti sono stati trasferiti a Mamove, a ovest di Oicha, mentre i bambini e gli anziani sono stati trasferiti a nord dell’accampamento di Mwalika.

c. Reclutamento

Rapporto S/2016/466 – Maggio 2016:
56. Alcuni ex combattenti ADF hanno dichiarato che, all’inizio del 2015, avevano ricevuto dei rinforzi, tra cui un gruppo di 20-25 combattenti ben armati e muniti di uniformi militari. Questi rinforzi, Mantenuti separati dai combattenti congolesi delle ADF, questi “nuovi arrivati” parlavano il kinyarwanda e lo swahili ma non il kiganda.
57. Secondo gli stessi ex combattenti ADF e secondo alcuni ufficiali dell’esercito, questi “nuovi arrivati” erano stati inviati da Richard Bisamaza, un ex ufficiale del Congresso Nazionale per lo Sviluppo del Popolo (CNDP) di Laurent Nkunda e che era stato integrato nell’esercito congolese come colonnello, ma aveva disertato in agosto 2013, quando era a Beni.
66. Secondo altre fonti, prima dell’inizio dell’operazione Sukola I nel 2014, il tenente colonnello Birotcho Nzanzu, un ufficiale dell’esercito congolese proveniente dall’ex Esercito Patriottico Congolese (APC), il ramo militare dell’RCD-K/ML di Mbusa Nyamwisi, aveva anch’egli iniziato a inviare nuove reclute alle ADF, tra cui varie che parlavano il Kinyarwanda.

Rapporto S/2019/469 – Giugno 2019:
25. La maggior parte dei combattenti delle ADF sono di nazionalità ugandese, ma altri sono cittadini della Repubblica Democratica del Congo, del Burundi, della Repubblica Unita della Tanzania, del Ruanda e di altri paesi. Tra i combattenti ci sono uomini, donne e bambini.
28. Le ADF hanno reclutato alcune persone in Uganda, utilizzando vari sotterfugi. Tra queste reclute ugandesi, due erano state contattate in moschee ugandesi, a due era stato promesso un lavoro nella Repubblica Democratica del Congo e altre due erano state attirate dai loro familiari già membri delle ADF in Congo. Per quanto riguarda i membri congolesi, le ADF hanno fatto ricorso anche alla pratica dei sequestri di persone effettuati durante gli attacchi ai villaggi, in vista di un reclutamento coatto.
29. Le nuove reclute ugandesi entrano nella Repubblica Democratica del Congo passando generalmente nei pressi del valico di Kasindi, sono condotte all’accampamento di Mwalika per un primo addestramento, poi sono trasferite all’accampamento di Madina via quello di Mulalo.

d. Legami con lo Stato Islamico di Irak e Siria (ISIS)

Rapporto S/2019/974 – 20 Dicembre 2019:
25. Il gruppo di esperti non è stato in grado di stabilire l’esistenza di collegamenti diretti tra le ADF e l’ISIS, nonostante le dichiarazioni di quest’ultimo. Le rivendicazioni dell’ISIS a proposito di alcuni attacchi non sempre corrispondevano alla realtà degli attacchi come constatata sul campo. Infatti, il modus operandi constatato negli attacchi attribuiti alle ADF è rimasto quello di sempre. Tuttavia, in alcune sessioni di addestramento, parate militari e riunioni delle ADF è stata issata una bandiera simile a quella dell’ISIS.

Rapporto S/2020/482 – 2 giugno 2020:
43. Il Gruppo di esperti non ha trovato alcun collegamento diretto tra lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL) e le ADF. Vari ex combattenti ADF catturati dall’esercito nei principali campi base di Madina e Mwalika hanno affermato di non aver mai sentito parlare dell’ISIL. Tuttavia, quattro ex combattenti ADF hanno affermato che la bandiera dell’ISIL vista in una foto in bianco e nero rassomiglia a quella che avevano visto nei loro campi base.
44. Durante le sue operazioni, l’esercito congolese non è riuscito a recuperare alcun documento o oggetto, né a catturare alcun membro delle ADF che avessero potuto corroborare qualsiasi legame tra le ADF e l’ISIL. Da gennaio ad aprile 2020, tra i numerosi attacchi perpetrati contro la popolazione civile e l’esercito, l’ISIL ne ha rivendicato due, avvenuti in territorio di Beni, ma il Gruppo di esperti ha rilevato numerose discrepanze tra le rivendicazioni e la realtà sul campo.

Rapporto S/2020/1283 – 23 Dicembre 2020:
15. Benché l’ISIS abbia continuato a rivendicare la responsabilità di diversi attacchi nell’est della RCongo, il Gruppo di Esperti dell’ONU non ha potuto confermare alcun collegamento diretto tra l’ISIS e le ADF. Da aprile 2019, l’ISIS ha rilasciato più di 90 dichiarazioni rivendicando, per conto della provincia centrafricana dell’ISIS (ISCAP), la responsabilità di 75 attacchi, la maggior parte dei quali commessi nel territorio di Beni. Sebbene l’ISIS abbia continuato a rivendicare la responsabilità di molti attacchi, il Gruppo di esperti non ha potuto confermare alcun collegamento diretto tra l’ISIS e le ADF.
16. Molti dettagli forniti in quelle dichiarazioni descrivono in modo impreciso i luoghi, le date, il numero e la natura delle vittime degli attacchi.
Il gruppo di esperti ha individuato solo 44 rivendicazioni corrispondenti ad attacchi comprovati, ma in diversi casi sono state rilevate numerose discrepanze tra le rivendicazioni e i dati raccolti.
Mentre l’ISIS continua a rivendicare la responsabilità di attacchi comunemente attribuiti alle ADF, le informazioni ottenute suggeriscono che alcuni di essi potrebbero essere stati compiuti
da altri gruppi armati. Queste incongruenze dimostrano che l’ISIS ha una conoscenza e un controllo molto limitati sulle operazioni nella Repubblica Democratica del Congo, o che ci sono difficoltà di comunicazione tra l’ISIS e le ADF, qualora tale comunicazione esistesse.
17. Il modus operandi e le tattiche delle ADF, tuttavia, non sono cambiate in modo significativo da quando l’ISIS ha iniziato a rivendicare la responsabilità di alcuni attacchi.

3. GLI ATTACCHI DI INIZIO 2019 CONTRO MAMOVE E MAVIVI NEL TERRITORIO DI BENI

Rapporto S/2019/469 – Giugno 2019:
110. Il gruppo di esperti ha concentrato le sue indagini sugli attacchi contro Mamove e dintorni avvenuti il 12 e il 24 febbraio 2019 e contro Mavivi, avvenuto il 7 gennaio 2019. Il gruppo ha riscontrato che, probabilmente, sono state le ADF a compiere gli attacchi di Mamove, ma che forse le ADF non sono state responsabili, o almeno non le uniche responsabili, degli attacchi del 7 gennaio 2019 contro Mavivi.
111. Il 12 febbraio 2019 ha segnato l’inizio di una serie di attacchi contro Mamove, il granaio di Oicha. In questo primo attacco, gli assalitori hanno rubato delle medicine al centro sanitario di Mamove e saccheggiato delle case private e varie botteghe. Nella loro ritirata, gli aggressori hanno sequestrato almeno 17 persone tra Mamove e Oicha. Il 24 febbraio 2019, Mamove è stato l’obiettivo di un secondo attacco, in cui tre persone sono state uccise, il centro sanitario, delle case private e delle botteghe sono state derubate, saccheggiate e poi incendiate. Durante questo attacco, sono state sequestrate almeno 24 persone.
112. Il gruppo di esperti ritiene che gli autori degli attacchi contro Mamove commessi il 12 e il 24 febbraio 2019 siano le ADF.
113. Infatti, una persona che era stata sequestrata dalle ADF in un attacco perpetrato alla fine del 2018 e che è stata costretta a partecipare all’attacco di Mamove il 12 febbraio 2019, ha dichiarato che le ADF avevano deciso di attaccare Mamove, perché le loro scorte di viveri e medicinali si erano esaurite, in seguito ad un’operazione militare effettuata dall’esercito contro di loro prima di Natale 2018. Questa persona ha dichiarato di essere stata costretta dalle ADF a rubare i medicinali del centro sanitario di Mamove.
115. Gli attacchi del 12 e del 24 febbraio 2019 contro Mamove sono stati caratterizzati da u’ampia operazione di sequestro di persone, per lo più adulti, che sono poi state costrette a trasportare i viveri e i medicinali saccheggiati,
116. Il modus operandi e il fatto che gli assalitori avessero preso di mira alcune delle vittime dell’attacco del 7 gennaio 2019 contro Mavivi suggeriscono che le ADF non siano state responsabili di questo attacco, o almeno non le uniche, e che altri gruppi armati, approfittando della situazione generale, siano stati gli autori di questo attacco.
117. Il gruppo ha constatato che, nell’attacco del 7 gennaio 2019 contro Mavivi, erano state uccise 11 persone, tra cui sei bambini. Tutte le vittime, tranne una, erano state uccise in una stessa casa, che apparteneva a un capo locale. In quella casa vi si trovavano anche le famiglie di due ufficiali dell’esercito che vivevano nelle vicinanze e che vi si erano rifugiate all’inizio dell’attacco.
118. In quel giorno, la casa del capo è stata l’unica ad essere stata presa di mira. Ad eccezione del capo, che è stato ucciso fuori, nel cortile, le altre vittime sono state uccise all’interno della casa. Tra le 11 vittime, sei erano bambini. Tuttavia si sa che, normalmente, le vere AFD non uccidono i bambini.
119. Il gruppo di esperti ha ricevuto delle informazioni secondo le quali il massacro perpetrato a Mavivi il 7 gennaio 2019 potrebbe essere collegato a un conflitto locale relativo all’esercizio dell’autorità tradizionale, ma non ha potuto confermare in modo indipendente la veridicità di queste informazioni. Il Gruppo di esperti aveva già constatato che alcune milizie locali erano già state implicate in alcuni massacri compiuti precedentemente a Mayangose, una zona che confina con Mavivi (S/2016/466, par. 69 e 195-197).

4. OPERAZIONI MILITARI CONTRO LE ADF

a. L’avvio di operazioni a vasto raggio

Rapporto S/2019/974 – 20 Dicembre 2019:
26. Il 30 ottobre 2019, l’esercito congolese ha iniziato una nuova serie di operazioni militari contro i gruppi armati attivi nella provincia del Nord Kivu. Secondo alcuni ufficiali, dall’inizio di queste operazioni militari, l’esercito ha ripreso il controllo su diversi campi base delle ADF, tra cui Mayangose, Kididiwe, Vemba, Kadohu, Point 46, Masulukwede, parte di Mwalika, Mabeto e Karuhamba, uccidendo almeno 25 miliziani ADF.

Rapporto S/2020/482 – 2 Giugno 2020:
32. L’operazione a vasto raggio avviata dall’esercito il 30 ottobre 2019, nel contesto dell’operazione “Sokola I”, aveva disperso le Forze Democratiche Alleate (ADF) e diversi campi base delle ADF erano passati sotto il controllo dell’esercito stesso. Le ADF avevano comunque mantenuto quasi intatte le proprie reti locali e internazionali di reclutamento, di finanziamento e di approvvigionamento in viveri e medicinali, anche nelle stesse città di Butembo e di Beni. Nello stesso tempo, le ADF hanno continuato a perpetrare attacchi contro la popolazione civile e lo stesso esercito nazionale.
Secondo la MONUSCO, solo nei due mesi di novembre e dicembre 2019, le ADF avevano ucciso più di 260 civili, per lo più donne e bambini. Dal 28 al 30 gennaio 2020, nel nord-ovest del territorio di Beni, le ADF hanno ucciso almeno 61 persone,
33. Secondo ufficiali dell’esercito e fonti dell’intelligence militare, in febbraio e marzo 2020, l’esercito ha riconquistato quasi tutti i campi base delle ADF, tra cui Kididiwe, Mapobu, Mwalika e Madina I e II. Tuttavia, alcuni alti ufficiali dell’esercito congolese hanno espresso i loro dubbi sulla capacità delle forze di difesa e sicurezza di mantenere il controllo su questi accampamenti recentemente ricuperati.
34. Fonti militari hanno dichiarato che, al 24 aprile 2020, 88 combattenti ADF erano stati uccisi, 29 erano stati catturati e 10 si erano arresi, aggiungendo che l’esercito aveva recuperato 35 fucili tipo AK-47, due razzi, 22 bombe artigianali, 2 casse di munizioni, 6 candelotti di tritolo e 1 machete.
Il gruppo di esperti ha ispezionato parte del materiale recuperato e ha scoperto che le armi e le munizioni avevano caratteristiche simili a quelle in dotazione dell’esercito. Ex combattenti ADF hanno affermato che la maggior parte del materiale bellico era stato acquisito nel corso degli attacchi contro le postazioni dell’esercito congolese.
41. Le ADF hanno continuato a rafforzare il loro sistema di finanziamento. Due ex combattenti ADF hanno spiegato che, all’inizio di novembre 2019, Amigo aveva ricevuto denaro proveniente da fonti ugandesi non identificate. Sette collaboratori delle ADF hanno aggiunto che i capi delle ADF avevano costretto gli agricoltori congolesi a pagare tasse mensili da 10 a 25 $ per acro o consegnare parte del loro raccolto. Ad esempio, degli agricoltori di Mwalika Kabasewe hanno affermato di essere stati costretti a sostenere le ADF, cedendo loro parte della loro produzione.

b. La “sconfitta” delle ADF

Rapporto S/2020/1283 – 23 Dicembre 2020:
9. L’operazione militare delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) iniziata in ottobre 2019, nell’ambito di una più vasta operazione denominata Sokola I, ha avuto un certo impatto sulla ridistribuzione geografica delle Forze Democratiche Alleate (ADF) e sulle loro reti di approvvigionamento. Secondo fonti dell’esercito congolese, dal 29 ottobre 2019 alla fine di ottobre 2020, più di 370 combattenti ADF sono stati uccisi e oltre 70 catturati.
10. L’esercito ha mantenuto il controllo sui campi base ADF conquistati all’inizio del 2020. Da parte loro, le ADF si sono divise in almeno tre gruppi mobili, concentrati principalmente 1. Nei pressi del monte Ruwenzori, 2. lungo la strada che collega Mbau a Kamango, vicino al fiume Semuliki, e 3. nel nord del territorio di Beni, dove si sono continuamente spostati tra Oicha, Mamove, Eringeti, Kainama (dove si troverebbe il comandante Seka Baluku) e il territorio di Irumu, nel sud della provincia di Ituri. Questa mobilità e questa frammentazione delle ADF hanno ulteriormente aumentato l’imprevedibilità dei loro spostamenti e dei loro attacchi e hanno ampliato l’area delle loro operazioni.
11. I canali e le attività di approvvigionamento delle ADF sono state notevolmente perturbate, causando un aumento dei loro attacchi ai villaggi, per procurarsi viveri e medicinali, saccheggiando case private, botteghe e farmacie, dopo averne ucciso i proprietari. I civili sequestrati sono stati spesso costretti a trasportare le merci saccheggiate. Alcuni sequestrati sono stati rilasciati dopo alcuni giorni o settimane, a volte in seguito al pagamento di un riscatto, mentre altri sono stati costretti ad arruolarsi come combattenti ADF.

c. La ripresa delle ADF

Rapporto S/2021/560 – 10 Giugno 2021:
11. Nonostante le operazioni militari condotte dall’esercito congolese, le ADF si sono ricostituite attraverso un reclutamento intensificato, un sistema di appoggio ben organizzato e una maggior conoscenza del territorio.
Postazioni e catena di comando delle Forze Democratiche Alleate (ADF)
12. Le ADF hanno accresciuto la loro capacità di mobilità, suddividendosi in gruppi minori a causa delle operazioni militari condotte contro di loro dall’esercito. Attraverso la loro mobilità, le ADF hanno cercato di disorientare e di perturbare le operazioni militari dell’esercito. Suddivise in piccoli gruppi responsabili dell’approvvigionamento e delle operazioni offensive, alcuni combattenti ADF dispongono di campi base temporanei e si spostano frequentemente. Altri si sono stabiliti in campi base semipermanenti che spostano un po’ più lontano quando si accorgono di essere stati localizzati dall’esercito.
13. Sebbene Madina, il principale campo base delle ADF, sia probabilmente ancora situato in una zona compresa tra i territori di Beni (Nord Kivu) e di Irumu (Ituri), più precisamente tra Bango e Lese, potrebbe essere stato spostato, pur mantenendolo all’interno della stessa zona.
Le ADF dispongono di almeno altri quattro campi base semipermanenti: 1. a Mapobu, sul lato nord della strada Mbau-Kamango, 2. a Mamove, a ovest di Eringeti, 3. nella foresta di Mayangose ubicata a est di Beni e 4. a Mwalika, in una zona denominata Domaine (Allegato 3). Questi campi base corrispondono in gran parte a quelli che le ADF avevano prima delle operazioni militari che l’esercito ha avviato contro di loro il 30 ottobre 2019, ciò che è una evidente dimostrazione della capacità di resistenza delle ADF e delle difficoltà che l’esercito ha nel mantenere il controllo dei campi base riconquistati dalle mani delle ADF.
14. I capi delle ADF identificati nei rapporti precedenti sono ancora in vita, il che è dovuto al fatto che generalmente essi non partecipano ai combattimenti. Baluku rimane ancora il principale capo e il comandante delle ADF, da cui gli altri capi e comandanti dipendono. Si ritiene che Baluku e altri capi delle ADF siano ancora nel campo base di Medina. Tutte le operazioni e le principali attività di approvvigionamento sono state effettuate su ordini diretti di Baluku o tramite il suo vice, Lukwago Hood, detto Pierro.
Reclutamento
16. Le operazioni militari dell’esercito e l’arresto di diversi collaboratori e combattenti delle ADF nel corso del 2020 hanno contribuito a ridimensionare e limitare temporaneamente le catene di approvvigionamento delle ADF, il che le ha costrette però a intensificare il reclutamento e gli attacchi. Le ADF hanno continuato a utilizzare tre principali metodi di reclutamento: 1. il reclutamento forzato, soprattutto attraverso il sequestro di persone durante gli attacchi ai villaggi, 2. l’inganno e 3. il reclutamento volontario attraverso la propaganda. Le ADF hanno utilizzato questi ultimi due metodi per reclutare individui al di fuori del territorio di Beni o all’estero (allegato 6).
Attacchi contro la popolazione civile nel settore di Rwenzori
26. Sebbene gli attacchi contro i civili siano continuati in tutto il territorio di Beni e nel Sud Ituri, il Gruppo degli esperti ha notato un particolare aumento, a partire da metà 2020, degli attacchi nel settore del Rwenzori, un settore che in passato era rimasto relativamente intatto. Da giugno 2020 sono stati segnalati almeno 50 attacchi, che hanno provocato la morte di oltre 250 civili e la fuga di migliaia di persone.
27. Il Gruppo ha preso in considerazione due attacchi perpetrati dalle ADF a Nzenga e a Lose Lose (Rwenzori), rispettivamente l’11 e il 28 dicembre 2020. Essi mostrano come le ADF abbiano effettuato degli attacchi per tre motivi: rifornimento di viveri, rappresaglie contro la popolazione per aver eventualmente collaborato con l’esercito e depistaggio delle operazioni militari condotte contro di loro. Illustrano anche i vari metodi e tattiche delle ADF, tra cui l’uso di guide locali, sequestri, massacri, furti, saccheggi e incendi (vedi allegato 18).

d. Allegati

Rapporto S/2021/560 – 10 Giugno 2021:

Allegato 3: Informazioni sui principali campi base delle ADF

Come enunciato nel paragrafo 13, ci sono almeno cinque principali campi base delle ADF. Si tratta di accampamenti semipermanenti che, se necessario, possono essere spostati altrove, pur rimanendo generalmente all’interno di una determinata zona. La maggior parte di essi è abitata dai combattenti, ma anche da donne e bambini. Normalmente, questi campi base hanno delle postazioni avanzate controllate da cinque a dieci combattenti, incaricati di dare l’allarme e di opporre una prima resistenza in caso di eventuali attacchi da parte dell’esercito. Tutti gli accampamenti sono dotati di una moschea e/o di un’ampia zona di preghiera, talvolta denominata “risala”, usata anche come luogo di incontri per l’insegnamento islamico, ma anche per la comunicazione di informazioni e l’applicazione di punizioni pubbliche. A seconda delle loro dimensioni, alcuni campi base dispongono anche di scuole coraniche, di un centro sanitario e di una prigione.
Madina.
Il campo base più importante è Madina che, almeno all’inizio del 2021, ospitava più di 200 persone.
Madina, indicato a volte anche col nome di Madina at Tauheed Wau Mujahedeen (MTM – “La città del monoteismo e dei santi guerrieri”), è il quartier generale delle ADF, indipendentemente dalla sua collocazione. Infatti, dal 2008, anno in cui è stato fondato, l’accampamento di Madina è stato spostato almeno cinque volte, a causa delle operazioni militari intraprese dall’esercito congolese contro di loro, ma le ADF hanno continuato a chiamarlo Madina. Ora si chiama Madina 5 e sarebbe situato a nord del territorio di Beni (Nord Kivu), limitrofe a quello di Irumu (Ituri), tra Bango e Lese. Madina è suddiviso in quattro campi più piccoli, ciascuno guidato da un comandante: Kajaju, Whisper, Bango e “QG” (“Quartier generale”). Il quartier generale, dove risiede il comandante Seka Baluku, si trova al centro degli altri accampamenti.
Dato il suo alto numero di persone da mantenere, i combattenti di Madina vengono spesso inviati in altri accampamenti per farsi consegnare viveri, medicinali e altre merci necessarie, Altre volte, sono i combattenti degli altri accampamenti che vengono regolarmente inviati a Madina, per portarvi almeno una parte di ciò che hanno rubato nel corso di loro attacchi ai villaggi dei dintorni. Altre volte ancora, sono dei collaboratori che assicurano il trasporto di provviste. La distribuzione di viveri e medicinali tra i vari accampamenti e all’interno di ciascuno di essi è effettuata e controllata dai vari comandanti, attraverso la compilazione di appositi registri.
Irungu / Mwalika / Domaine.
Irungu, spesso indicato come Mwalika e/o Domaine, è uno dei più antichi campi delle ADF e ha mantenuto lo stesso nome nel corso degli anni. Si trova vicino a Mwalika, in una zona denominata Domaine, vicino a Issale, nel Parco Nazionale dei Virunga. Anch’esso è composto da diversi accampamenti e dispone di varie postazioni avanzate. Irungu/Mwalika è stato spesso spostato, ma sempre nei pressi del fiume Semuliki. È stato dissolto in almeno due occasioni, nel 2012 e nel 2014, ma sempre ricostituito. Il comandante principale di Irungu/Mwalika è Amigo Altri comandanti importanti sono Mzee Mubindo e Kikute.
Almeno dal 2009, Irungu/Mwalika è stato utilizzato principalmente come campo di transito e di addestramento per le nuove reclute provenienti dall’Uganda e da altri paesi stranieri, attraverso la frontiera di Kasindi, o dal Sud Kivu, via Goma e Butembo, prima di essere trasferite a Medina. I principali addestratori sono Amigo e Muzaya. Il campo di Irungu fornisce anche una parte importante delle provviste alimentari destinate anche ad altri campi base delle ADF poiché, essendo situato in una zona prettamente rurale, il comandante Amigo può gestire, tramite collaboratori esterni, la distribuzione di alcune terre a vari membri interni del gruppo. Inoltre, le ADF costringono la popolazione agricola circostante a cedere loro parte dei raccolti, in cambio dell’accesso a delle terre situate all’interno del parco.
Un secondo accampamento importante di Irungu/Mwalika è gestito dal comandante Abwakasi, alias Jundi. Situato a circa 30 minuti di cammino da quello comandato da Amigo, più all’interno del parco, viene utilizzato per l’addestramento.
All’inizio del 2020, una parte degli accampamenti di Irungu/Mwalika era passata sotto il controllo dell’esercito congolese. Tuttavia, le ADF sono recentemente riuscite a ritornarvi. Secondo un ex combattente ADF, all’inizio del 2021, a Irungu/Mwalika c’erano circa 200-300 persone in ogni accampamento, tra cui donne e bambini, senza contare le nuove reclute.
Mamove.
Campo base relativamente nuovo, Mamove è stato fondato nel 2014 da Amigo, dopo aver lasciato l’accampamento di Irungu. È il principale centro di rifornimento logistico. Secondo diversi ex combattenti, data la sua vicinanza a città più grandi, come Oicha e Beni, i collaboratori possono facilmente accedere a Mamove, portandovi direttamente viveri e merci di qualsiasi tipo. Alcuni di questi rifornimenti sono poi regolarmente portati dai combattenti a Medina, mentre i combattenti di altri campi base, come Mapobu, si recano essi stessi a Mamove, per ricevere una parte delle merci. Per assicurare la continuità delle scorte, i combattenti di questo accampamento organizzano frequenti attacchi contro i villaggi vicini.
Mayangose.
È almeno dal 2012 che le ADF operano a Mayangose. Nel 2013 vi organizzarono una serie di attacchi. Nel 2017, il comandante Mulalo ha stabilito la sua unità mobile vicino a Lahe, da dove ha effettuato una serie di attacchi per assicurare l’approvvigionamento in viveri e per costringere l’esercito e la popolazione ad abbandonare la zona, al fine di permettere gli spostamenti dei membri ADF tra i campi base di Madina e di Mwalika. L’accampamento è quindi diventato un punto di transito per le nuove reclute e per le persone sequestrate, prima di essere trasferite a Mwalika o a Madina. Mulalo è rimasto in zona fino a metà/fine 2020, quando si è trasferito nel Rwenzori. Tuttavia, secondo diversi ex combattenti, questo accampamento esiste ancora.
Mapobu.
Situato sulla strada Mbau-Kamango, questo campo base è stato utilizzato anche come centro logistico. Mzee Mugonza ne è il comandante. Secondo alcuni ex combattenti, è relativamente grande, con almeno cinque postazioni avanzate. Nel 2020, ospitava più di 200 persone, tra combattenti e loro familiari.

Allegato 6: Reclutamento e composizione delle ADF

Oltre al sequestro di persone civili come principale metodo di reclutamento, le ADF hanno utilizzato anche la via dell’inganno. Per attirare nuove leve, le ADF promettono loro un lavoro, un’istruzione, o semplicemente migliori condizioni di vita. Il reclutamento è effettuato da reclutatori esterni e dagli stessi combattenti, che contattano i membri delle loro famiglie o i loro amici, esortandoli a raggiungerli. I reclutatori accompagnano le nuove reclute fino ai punti di transito, spesso localizzati a Goma, Bunia e/o Butembo, dove sono accolte dai “punti focali” e poi condotte, principalmente in moto, nei vari accampamenti. Diverse reti di reclutamento sono attive a Goma (Nord Kivu) e a Baraka e Fizi (Sud Kivu).
Secondo la maggior parte degli ex combattenti e delle persone sequestrate, le ADF sono ancora prevalentemente composte da Ugandesi, tra cui i comandanti. In seconda posizione ci sono i Congolesi, ma la maggior parte di essi sono stati reclutati con la forza. Ci sono poi dei Tanzaniani, dei Burundesi e, in misura minore, dei Keniani e dei Ruandesi. Fanno parte del gruppo anche alcuni Somali, Sudafricani e Mozambicani, ma la maggior parte di loro erano già arrivati alcuni anni fa. I combattenti congolesi e quelli reclutati con la forza o con l’inganno sono spesso maltrattati, perché considerati a maggior rischio di fuga. Tutte le nuove reclute sono state fotografate al loro arrivo e sono continuamente minacciate di essere rintracciate, qualora tentassero di fuggire.

Allegato 17: Il recente aumento degli attacchi delle ADF nel settore di Rwenzori

Il Gruppo di esperti ha individuato diversi possibili motivi che potrebbero spiegare il recente aumento degli attacchi nel settore di Rwenzori. Tra essi, non sarebbe da escludere una possibile strategia diversiva adottata dalle ADF, per obbligare l’esercito a concentrarsi in zone dove esse sono meno presenti, al fine di evitare la sua presenza in aree per esse vitali, come Kainama, dove si trovano i loro capi. Questa strategia può essere paragonata a un “gioco del gatto e del topo” in due tempi. In un primo momento, l’intervento dell’esercito costringe le ADF a fuggire e a ritirarsi in zone più interne, interrompendo le loro catene di approvvigionamento. In un secondo momento, le ADF rispondono, aumentando gli attacchi contro la popolazione civile in altre zone, in modo da costringere l’esercito a cambiare i suoi piani.
Inoltre, mentre le ultime operazioni dell’esercito hanno costretto le ADF a fuggire da alcune loro postazioni, in cui avevano a disposizione delle terre da coltivare e/o avevano facile accesso a dei collaboratori, le ADF hanno dovuto cercare “nuove” zone per rifornirsi di viveri e generi di prima necessità. Essendo una zona essenzialmente rurale, il settore del Rwenzori potrebbe quindi offrire loro diversi vantaggi e possibilità. Ciò potrebbe spiegare i numerosi attacchi perpetrati contro gli agricoltori, alcuni dei quali hanno affermato di aver sentito le ADF ordinare di sgomberare i campi.
Infine, alcune fonti hanno menzionato un possibile regolamento di conti tra le ADF e alcuni collaboratori della zona, che avevano cessato di collaborare con le ADF o erano da esse sospettati di aver collaborato con le autorità.

Allegato 18: Gli attacchi di Nzenga e di Lose Lose

– L’11 dicembre 2020, un gruppo di combattenti ADF provenienti dal Parco Nazionale dei Virunga ha attaccato il villaggio di Nzenga (30 km dalla città di Beni), uccidendo almeno 20 persone, sequestrandone altre 20, prima di saccheggiare e incendiare diverse case e botteghe.
Nel pomeriggio dell’11 dicembre, le ADF hanno dapprima catturato sette persone che stavano lavorando nei loro campi di Mulua, vicino a Nzenga, e le hanno uccise a colpi di machete, ad eccezione di un uomo, di cui si sono serviti come guida per recarsi a Nzenga per, secondo le loro parole, incontrare un “amico” e comprare sale, sapone, riso, stivali di plastica, teloni e cellulari. Sulla strada per Nzenga, le ADF hanno ucciso due persone e ferito un’altra, senza fare alcun male ad un’altra donna che era incinta. Quando sono arrivati a Nzenga, si sono divisi in diversi gruppi, uccidendo e sequestrando altre persone, saccheggiando e incendiando varie case e botteghe.
Una donna proprietaria di un ristorante ha spiegato che un piccolo gruppo di combattenti ADF, tra cui un ragazzo di 13 anni, è entrato nel ristorante e ha chiesto a tutti i clienti di consegnare i loro cellulari. La proprietaria del ristorante è riuscita a fuggire, ma tre clienti, tra cui il capo del villaggio, sono stati catturati e condotti in un punto di raccolta, vicino a un distributore di carburanti, dove c’erano già almeno altri 20 abitanti del villaggio, tutti legati. Tra loro, c’era anche l’uomo di cui le ADF si erano servite come guida. Una ragazza di 14 anni ha dichiarato che quattro combattenti ADF avevano fatto irruzione nella sua casa, l’avevano sequestrata insieme ad altri quattro bambini più piccoli di lei e li avevano portati in un punto di raccolta. Una persona che era stata sequestrata ha riferito che un comandante ADF aveva chiesto ai sequestrati di indicargli la casa dell’autorità locale ma, rendendosi conto che era troppo distante, aveva deciso di non andarci.
Testimoni oculari hanno affermato di non aver osservato alcun scontro con miliari dell’esercito congolese che, secondo loro, erano rapidamente fuggiti. Hanno aggiunto che gli aggressori davano l’impressione di non voler attirare l’attenzione sparando con i fucili e che, per questo, uccidevano principalmente a colpi di machete. È stato quando le ADF sono arrivate nei pressi della fabbrica di sapone Sicovir, sorvegliata dalle guardie del parco, che si sono scontrate con loro e che si sono sentiti dei colpi di fucili.
Altri testimoni oculari hanno affermato che il gruppo di assalitori era composto da 100 a 200 combattenti, tra cui dei bambini, che indossavano per lo più delle uniformi militari ed erano armati di machete e di fucili di tipo AK. Secondo diverse fonti, essi parlavano swahili, kinyarwanda, kiganda e arabo.
Tutti i testimoni oculari hanno riferito che le ADF hanno saccheggiato diverse case, rubando capre e polli, e hanno costretto i sequestrati a trasportare le merci saccheggiate durante l’attacco. Alcuni dei sequestrati sono riusciti a fuggire e/o sono stati uccisi quando le ADF si sono allontanate da Nzenga, una volta terminato l’attacco.
Una persona che era stata sequestrata ha detto che, appena fuori del villaggio, le ADF hanno ucciso una donna anziana con un machete, poi hanno preso un bambino di tre mesi dalle mani di una persona sequestrata e altri due bambini piccoli dalle mani delle loro madri e li hanno lasciati vicino al cadavere della donna uccisa, senza però fare loro alcun male. Un’altra persona che era stata sequestrata ha spiegato che, dopo aver camminato tutta la notte, sono arrivati in un campo base temporaneo delle ADF, dove è stato loro imposto di convertirsi all’Islam. Il comandante del campo base ha spiegato loro che hanno attaccato il villaggio per diffondere l’Islam e che tutti i non musulmani dovrebbero essere uccisi, a meno che non si convertano. Nel secondo accampamento, in cui erano giunti dopo una settimana di cammino, nei pressi di Makisabo, tutte le donne e le ragazze, tra cui una di soli 12 anni, sono state rapidamente date in mogli ai combattenti delle ADF.

– Il 28 dicembre 2020, in mattinata, le ADF hanno attaccato il villaggio di Lose Lose, situato a circa 35 km da Beni. Secondo diversi testimoni oculari, le ADF avrebbero dapprima attaccato la postazione dell’esercito situata all’ingresso del villaggio. Dopo un breve scontro, i militari dell’esercito sono fuggiti. Le ADF hanno quindi iniziato a saccheggiare varie case e botteghe e a sequestrare le persone che si trovavano nel villaggio, separandole secondo la loro età. Quattro persone anziane sono state immediatamente uccise a colpi di machete. Il capo del villaggio è stato decapitato mentre cercava di fuggire. I combattenti ADF hanno issato la sua testa sulla cima di un bastone che hanno conficcato nel suolo, al centro del villaggio poi, insieme alle persone sequestrate, si sono recati in un’altra postazione dell’esercito, situata a Chamunana, a 1-2 km fuori dal villaggio. Le ADF l’hanno saccheggiata e incendiata.
Dopo di che, i combattenti ADF e il gruppo dei sequestrati (12, tra cui tre bambini) che trasportavano i beni saccheggiati, sono partiti in direzione di un campo base delle ADF, situato a due giorni di cammino da Lose Lose. Durante il viaggio, quattro donne e un uomo già anziano sono stati messi da parte e forse uccisi, secondo uno dei sequestrati, che non li ha mai più visti, anche dopo essere tornato a Lose Lose.
Durante l’attacco di Lose Lose, almeno 11 persone sono stati uccise e altre 20 sequestrate.
Un ex combattente ADF e fonti dell’esercito hanno confermato che Lose Lose è rimasto occupato dalle ADF per almeno quattro o cinque giorni, dal 28 dicembre 2020 al 1° gennaio 2021, quando l’esercito è riuscito a riconquistare il villaggio. Si tratta di un caso insolito poiché, normalmente, le ADF effettuano operazioni fulminee, ritirandosi rapidamente dopo l’attacco.

[1] https://www.un.org/securitycouncil/fr/sanctions/1533/panel-of-experts/expert-reports