Congo Attualità n. 435

IL NUOVO PRIMO MINISTRO:         

SAMA LUKONDE KYENGE

INDICE

1. LA NOMINA DEL NUOVO PRIMO MINISTRO
a. Un primo ministro all’ombra del Presidente Tshisekedi
b. Minimo comune denominatore all’interno della Sacra Unione della Nazione
c. Un alleato e non un potenziale rivale
d. Le sfide: crisi economica, insicurezza, riforme elettorali …
2. IN SENATO: PASSAGGIO DELLE CONSEGNE
a. Lettera di Alexis Thamwe Mwamba ai Senatori
b. La risposta di Alexis Thambwe Mwamba all’Ispettore Generale delle Finanze
c. Il passaggio delle consegne

1. LA NOMINA DEL NUOVO PRIMO MINISTRO

Il 15 febbraio, Sama Lukonde Kyenge, 43 anni, è stato nominato Primo Ministro dal Capo dello Stato, Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo. Nato il 4 agosto 1977 a Parigi, è figlio di Faustine Mwansa e di Stéphane Lukonde Kyenge, figura emblematica della politica katanghese e assassinato nel 2001. Ingegnere di formazione, egli ha iniziato la sua carriera professionale in Sud Africa, presso la società MultiChoice Africa. Ritornato in RDCongo nel 2001, ha lavorato nel settore minerario fino al 2004. È stato uno dei manager della Small Minerals Services, uno stabilimento produttore di  rame e poi consulente in diverse società minerarie private, tra cui Metal Mines, Huashin e Rubamin. Nel 2003 ha iniziato il suo attivismo politico tra Lubumbashi e Likasi. Nel 2006 è stato eletto deputato nazionale a Likasi. Nel 2009 è stato uno dei membri fondatori del partito Avenir du Congo (ACO), di cui è stato vicesegretario generale. La sua esperienza governativa è iniziata nel 2014, quando è entrato a far parte del governo Matata M’Ponio come Ministro della gioventù, dello sport e dello spettacolo. In settembre 2015 si è dimesso dall’incarico, obbedendo alle istruzioni del suo partito, escluso dalla maggioranza presidenziale per aver protestato contro un eventuale 3° mandato dell’ex presidente Joseph Kabila. È stato quindi nominato segretario generale del partito ACO, membro del raggruppamento politico G7 di Moïse Katumbi. Nel 2016 ha partecipato all’incontro di Genval, che si era concluso con la formazione del Raggruppamento dell’Opposizione, da cui si è dissocciato pochi mesi prima delle elezioni del 2018, per sostenere la candidatura di Félix Tshisekedi alle elezioni presidenziali di quell’anno. Da giugno 2019, è stato Direttore Generale della Générale des Carrières et des Mines S.A. (Gécamines).[1]

a. Un primo ministro all’ombra del Presidente Tshisekedi

Sama Lukonde Kyenge è nominato Primo Ministro nel bel mezzo dell’offensiva politica che il presidente Felix Tshisekedi  ha intrapreso per rendersi indipendente nei confronti del suo predecessore Joseph Kabila. Dopo la rottura con il Fronte Comune per il Congo (FCC), la destituzione della presidente dell’Assemblea nazionale, le dimissioni del primo ministro e del presidente del Senato, Félix Tshisekedi si è aperto la strada per attuare il suo programma politico. E il suo nuovo primo ministro dovrebbe aiutarlo.
Bahati escluso, Katumbi rifiuta.
La nomina di Jean-Michel Sama Lukonde alla presidenza del Consiglio dei Ministri è l’ultimo passaggio dell’operazione “riconquista” condotta dal Presidente Felix Tshisekedi. A dire il vero, erano altri due i nomi che circolavano: quello di Modeste Bahati, l’esploratore incaricato di identificare una nuova maggioranza in seno all’Assemblea nazionale, e quello di Moïse Katumbi, presidente di Insieme per la Repubblica. Il primo, Modeste Bahati, era ministro già ai tempi di Mobutu e non avrebbe potuto incarnare le aspettative di un vero rinnovamento politico. Il secondo ha chiaramente declinato la proposta, preferendo non implicarsi direttamente nella politica condotta dal Presidente e mantenersi libero da ogni impegno istituzionale, in vista di una sua eventuale candidatura alle elezioni presidenziali del 2023, in cui rischierebbe di avere il Presidente Felix Tshisekedi come rivale.
Kabila, Katumbi … poi Tshisekedi.
Deputato nazionale nel 2011, nominato ministro dello sport da Joseph Kabila nel 2014, nel 2015 rassegnò le dimissioni per protestare contro un eventuale terzo mandato dell’allora Presidente della Repubblica ed entrò a far parte del G7 di Moïse Katumbi e, nel 2018, appoggiò la candidatura di Félix Tshisekedi alle elezioni presidenziali di quell’anno. Un percorso politico di “ampio spettro” che gli consente un’abile “triangolazione” tra Kabilismo, Katumbismo e Tshisekedismo. Un percorso ideale per muoversi all’interno di una delicata Sacra Unione presidenziale.
Gécamines e Katanga.
Un altro punto di forza del nuovo Primo Ministro: la sua recente nomina alla Gécamines come Direttore Generale. Una funzione che egli deve a Félix Tshisekedi, che sperava di controbilanciare il molto kabilista Albert Yuma, ancora alla guida di questo gigante minerario. La sua perfetta conoscenza di una delle locomotive dell’economia congolese dovrebbe essere un indubbio vantaggio, quando si tratterà di cercare e trovare le risorse finanziarie necessarie per attuare il programma presidenziale. Infine, Jean-Michel Sama Lukonde è originario del Katanga, provincia strategica della politica congolese, costituendo la retroguardia e la base elettorale di Joseph Kabila e di Moïse Katumbi … due possibili rivali di Félix Tshisekedi per le elezioni presidenziali del 2023.
La delicata composizione del governo.
La prima missione di Jean-Michel Sama Lukonde sarà quella di comporre la sua squadra di governo, anche se la Presidenza della Repubblica avrà senza dubbio la preminenza su tale questione, perché la formazione di un governo che sia rappresentativo della molteplice diversità della Sacra Unione sarà una vera grande impresa. La variegata pluralità della nuova maggioranza presidenziale, che va dai dissidenti del Fronte Comune per il Congo (FCC) dell’ex Presidente Joseph Kabila all’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) dell’attuale Presidente Félix Tshisekedi, passando attraverso  l’UNC, l’MLC, Insieme per la Repubblica e l’AFDC di Modeste Bahati, rischia di trasformarsi in una corsa sfrenata alla ricerca delle poltrone. Sarà quindi difficile accontentare tutti e il problema è che ci saranno sicuramente dei delusi.
Un peso piuma contro un iper-presidente.
Con una Sacra Unione composta principalmente da membri ex FCC, il nuovo Primo Ministro rischia di essere sommerso dagli umori degli ex kabilisti e dovrà, quindi, agire con molto tatto. Senza una grande esperienza politica, Jean-Michel Sama Lukonde peserà molto poco all’interno della Sacra Unione e, soprattutto, davanti un iper-presidente che ora ha tutti i poteri e che farà di tutto, affinché il suo Primo Ministro non gli rubi la scena. Quello di Jean-Michel Sama Lukonde sarà un semplice governo di scopo. La sua missione sarà quella di ottenere alcuni risultati positivi, capaci di convalidare la candidatura del presidente Tshisekedi per un secondo mandato presidenziale.[2]

b. Minimo comune denominatore all’interno della Sacra Unione della Nazione

Il Presidente della Repubblica, Félix Tshisekedi, non è riuscito a convincere Moïse Katumbi ad accettare l’incarico di Primo ministro. I tentativi sono stati numerosi, ma vani. L’ex governatore del Katanga è rimasto fermo nelle sue convinzioni. Di fronte a questa rinuncia, il partito presidenziale si è reso conto che non sarebbe stato opportuno nominare un proprio candidato, quindi è andato a cercarlo all’interno del suo entourage.
Il nuovo Primo Ministro Sama Lukonde Kyenge dispone di alcune caratteristiche che gli sono necessarie per svolgere il suo nuovo ruolo con un certo equilibrio geografico e politico.
È Katanghese. È membro del partito Avvenire del Congo (ACO) che, guidato da Dany Banza, ha fatto parte del G7 dal 2015 fino a gennaio 2018, quando Banza decise di tagliare i ponti con questo raggruppamento politico che aveva fatto di Moïse Katumbi il suo candidato unico per le elezioni presidenziali del 2016. È quindi Katanghese ma non della cerchia di Moïse Katumbi.
È un avversario dell’ex Presidente Joseph Kabila. Nel 2014, ancora molto giovane, era entrato a far parte del governo Matata come ministro dello sport ma, nel 2015, si dimise dal suo incarico, secondo le direttive del suo partito.
È prossimo al presidente Tshisekedi. Si è parlato con insistenza di un candidato dell’UDPS, partito dello stesso Presidente Tsisekedi, ma è apparso subito che una tale possibilità sarebbe apparsa come un’imbarazzante pretesa da parte del partito presidenziale. Per trovare il candidato ideale, il Presidente della Repubblica è quindi andato a cercarlo all’interno della sua cerchia.
Per i suoi avversari, “Sama Lukonde Kyenge è una comparsa. È stato una comparsa come ministro per lo Sport, lo è stato alla Gécamines e lo sarà anche come Primo Ministro, come ora voluto dal Presidente Tshisekedi”. L’unica certezza è che la scelta di Sama Lukonde Kyenge è la scelta del minimo comune denominatore all’interno di quell’enorme maggioranza eterogenea che è la Sacra Unione della Nazione voluta dal Presidente Tshisekedi.
Dopo la nomina di Christophe Mboso alla presidenza dell’Assemblea nazionale, quella di Sama Lukonde Kyenge come Primo Ministro è la manifestazione del fatto che la cerchia più ristretta del potere non desidera circondarsi di personalità forti. Questo desiderio di mantenere nelle proprie mani le redini del potere implicitamente espresso sia dal Presidente della Repubblica che da alcuni membri del suo partito, l’UDPS, è l’elemento che alcuni collaboratori di Moïse Katumbi avanzano, per spiegare il suo rifiuto di accettare l’incarico. «Moïse Katumbi non avrebbe avuto le mani libere per implementare le politiche necessarie per condurre il paese sulla strada del progresso», ha affermato un collaboratore dell’ex governatore del Katanga.[3]

c. Un alleato e non un potenziale rivale

Per quanto riguarda la nomina del nuovo Primo Ministro, la Presidenza aveva inizialmente proposto non solo il criterio della fiducia, ma anche quello del peso politico, per poter assicurarne l’insediamento.
Secondo fonti presidenziali, proprio perché Moïse Katumbi dispone di ben 69 deputati nazionali, si era presa in considerazione la possibilità di designarlo come Primo Ministro. Tuttavia, secondo le stesse fonti, tale opzione sarebbe stata accantonata. Secondo altre fonti invece, sarebbe stato lo stesso ex governatore del Katanga a rifiutare l’incarico. In realtà, tra i due, Tshisekedi e Katumbi, manca la fiducia reciproca necessaria, essendo senza dubbio futuri rivali nelle prossime elezioni presidenziali del 2023.
Essendo che, all’interno della Sacra Unione, i parlamentari più numerosi sono quelli provenienti dal Fronte Comune per il Congo (FCC), Felix Tshisekedi avrebbe quindi preso in considerazione il nome di Bahati Lukwebo, che egli aveva designato come esploratore incaricato di identificare una nuova maggioranza parlamentare denominata Sacra Unione della Nazione. Inoltre, Bahati Lukwebo che dispone di 41 deputati nazionali, è uno dei primi kabilisti a schierarsi a suo fianco. Alla fine, il suo nome è stato escluso, probabilmente per essere tenuto in conto quando si dovrà eleggere il prossimo presidente dl Senato.
Secondo fonti presidenziali, Felix Tshisekedi voleva anche un Primo Ministro che fosse un alleato e non un potenziale rivale. È così che il basso peso politico di Sama Lukonde Kyenge è diventato una sua risorsa. È membro di un partito frammentato con pochi parlamentari. Ma, sempre secondo le stesse fonti, egli ha buoni rapporti con i suoi ex colleghi del Fronte Comune per il Congo (FCC) di Joseph Kabila, ora passati alla Sacra Unione, e con quelli di Insieme per la Repubblica di Moïse Katumbi. Si tratta delle due forze principali che compongono la Sacra Unione per la Nazione, la coalizione di maggioranza all’Assemblea nazionale. Un’altra fonte aggiunge che, dato il suo peso politico molto relativo, Sama Lukonde non farà ombra al Presidente della Repubblica.
Infine, il nuovo Primo Ministro è un Katanghese. Ciò può sembrare strano, dato che il Presidente Félix Tshisekedi aveva già scelto, come capo del gabinetto della Presidenza, un’altra persona originaria di quella regione, Guylain Nyembo, e visto che questi posti chiave sono normalmente assegnati a personalità di diverse aree geografiche. A tal proposito, un collaboratore del Presidente ha affermato che, essendo il capo di gabinetto della Presidenza un semplice collaboratore del Capo dello Stato, la nomina di Sama Lukonde come Primo Ministro rispetta l’equilibrio regionale: dal Centro proviene il Capo dello Stato, dall’Ovest il presidente dell’Assemblea nazionale, dall’Est il futuro presidente del Senato e dal Sud il Primo Ministro.[4]

d. Le sfide: crisi economica, insicurezza, riforme elettorali …

Il nuovo Primo Ministro Jean-Michel Sama Lukonde deve subito affrontare diverse questioni.
Prima sfida: la prima missione da compiere prima dell’inizio della sessione parlamentare del 15 marzo è quella di formare un governo a dimensioni ridotte e farlo accettare da una coalizione molto amplia … Negli ambienti della Presidenza, si insiste sulla necessità di adottare profili nuovi e di presentare volti nuovi. Tra le fila dell’opposizione, si prevede una nuova spartizione del potere a discapito degli interessi della popolazione.
Seconda sfida: il Paese ha bisogno di un nuovo governo capace di affrontare una crisi economica endemica  In cassa, lo stato non dispone che dell’equivalente a due settimane di importazioni e di finanziamento dei servizi, cioè molto poco. Il tasso di cambio è di 2.000 franchi congolesi per un dollaro e riduce gravemente il potere d’acquisto dei cittadini. Tuttavia, per venire nuovamente in aiuto del Paese,  il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM) attendono chiari segnali di miglioramento della sua gestione finanziaria ed economica.
Terza sfida: l’insicurezza delle popolazioni. Le vittime dei gruppi armati stanno continuamente aumentando nell’est del Paese, l’insicurezza si sta diffondendo in quasi tutte le principali città e dei nuovi disordini si stanno propagando nella regione del Katanga.
Quarta sfida: le riforme elettorali. Per preparare le prossime scadenze elettorali, occorre accelerare le riforme necessarie, in particolare quelle relative alle modalità delle nomine dei membri della Commissione elettorale, per garantire la loro indipendenza attraverso la depoliticizzazione di questo organo elettorale. C’è anche la questione del calendario elettorale. Bisognerà fare di tutto, affinché le prossime elezioni legislative e presidenziali siano organizzate entro i tempi costituzionali, cioè nel 2023. Secondo il deputato Daniel Mbau, non bisogna aspettare l’anno elettorale per provvedere al loro finanziamento: «Occorre una pianificazione intelligente e un finanziamento progressivo e continuativo del processo elettorale». Da parte sua, l’avvocato e attivista Hervé Diakese si interroga sui margini di manovra che avrà il nuovo governo: «Circa il calendario elettorale, già siamo enormemente in ritardo, sia per quanto riguarda la preparazione della logistica elettorale necessaria, sia per quanto riguarda l’aggiornamento delle liste degli elettori».[5]

A proposito di insicurezza (il caso della persistenza delle violenze nell’est del Paese):

L’11 febbraio, in un suo rapporto, l’Ufficio Congiunto delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (BCNUDH) ha dichiarato che, tra gennaio e dicembre 2020, nei territori di Beni (Nord Kivu), Irumu e Mambasa (Ituri), le Forze Democratiche Alleate (ADF), un gruppo armato di origine ugandese, ha compiuto 166 attacchi in cui sono stati uccisi almeno 849 civili.
Il 12 febbraio, in una conferenza stampa, il movimento civico Lotta per il Cambiamento (LUCHA) ha rivelato che, «nel 2020, secondo anno di Felix Tshisekedi alla Presidenza della Repubblica, nelle zone conflittuali dell’est del Paese sono stati uccisi almeno 4.100 congolesi (2.295 in Ituri, 1.206 a Beni, 432 sugli Hauts Plateaux e 182 a Goma)».
Tra le cause del fallimento delle operazioni militari condotte contro i gruppi armati nell’est del Paese, il deputato nazionale Gratien Iracan cita l’affarismo di alcuni alti ufficiali dell’esercito e della polizia, che collaborano con i gruppi armati per trarne dei vantaggi economici: «Si tratta di vendite di armi e munizioni, scambi di informazioni, pianificazione congiunta di alcuni attacchi, scontri provocati intenzionalmente per ottenere più fondi governativi e operazioni di appropriazione indebita di denaro pubblico destinato all’acquisto di cibo e medicinali».
Secondo il deputato nazionale Grégoire Kiro, «il problema è essenzialmente militare. L’esercito congolese è vittima degli stessi mali che affliggono la società congolese: la corruzione, l’affarismo di certi ufficiali e l’impunità, senza dimenticare che è il risultato della fusione di molti altri gruppi armati precedenti». Secondo questo deputato, l’appropriazione indebita, da parte di certi ufficiali, dei fondi stanziati per la paga dei soldati impegnati nelle operazioni condotte contro i vari gruppi armati, resta una delle principali cause del fallimento di tali operazioni e, di conseguenza, del persistere dei massacri, soprattutto nella regione di Beni, perché sta causando l’abbandono di un gran numero di soldati e lo scoraggiamento di quelli quelli che continuano a combattere sul fronte.[6]

A proposito della crisi economica (due esempi):

Secondo una nota dei lavoratori del Centro di Analisi e di Valutazione delle Sostanze Preziose e Semipreziose (CEEC), lo stato congolese perde circa 30 tonnellate d’oro all’anno, per un valore di 1.500.000.000 dollari non tracciati. Questa perdita è dovuta principalmente alla mancanza di attrezzature e a certi “intrighi organizzati”. Secondo questa nota, nonostante gli oltre 3 milioni di dollari messi a sua disposizione ogni anno dallo Stato per il suo funzionamento, il comitato di gestione del CEEC non ha fatto nulla per fornire i mezzi di laboratorio necessari per analizzare, con precisione e accuratezza, i vari livelli di caratura dell’oro prodotto nella RDCongo. Il direttore di una succursale del CEEC ha affermato, dietro anonimato, che il comitato di gestione raccoglie i campioni d’oro da analizzare e che, invece di rimetterli allo stato come previsto dalla legge, li vende a dei privati sottraendo, in tal modo,  denaro allo Stato. Per esempio, nel 2019 il comitato di gestione del CEEC avrebbe venduto 5 kg di campioni d’oro di Kibali ed esportato 17 kg d’oro senza pagare alcuna tassa, ciò avrebbe causato una perdita di oltre 500 milioni di dollari nelle casse del tesoro pubblico.
Secondo l’Ispettore Generale delle Finanze (IGF), Jules Alingete, la RDCongo effettua più di 1.300 esenzioni fiscali, con un deficit annuale stimato in circa 5 miliardi di dollari. Un altro caso è quello del sistema di compensazione messo in atto dallo Stato e dalle imprese, quando lo stato non riesce a pagarle per i servizi forniti. È il caso dell’IVA che, spesso, viene rimborsata alle imprese dallo Stato, quando quest’ultimo non riesce a pagare i suoi creditori. Attualmente, lo stato autorizza quasi 1 miliardo di dollari (oltre 900 milioni di dollari) all’anno per compensazioni di questo tipo e ciò riduce di molto le sue entrate. Tra il 2014 e il 2016, la RDCongo aveva una pressione fiscale del 14%. Oggi, con lo stesso tasso di tassazione, la pressione fiscale è scesa al 9%.  L’ispettore generale delle finanze ha spiegato: «Questa differenza è il risultato di una moltitudine di fantasiose compensazioni e di ingiustificate esenzioni che hanno preso piede in modo preponderante nelle nostre finanze pubbliche». I beneficiari di queste esenzioni e compensazioni sono spesso le persone e le aziende più ricche del Paese: il 99% dei proventi della corruzione va a beneficio del solo 1% della popolazione.[7]

2. IN SENATO: PASSAGGIO DELLE CONSEGNE

a. Lettera di Alexis Thamwe Mwamba ai Senatori

Il 5 febbraio, il senatore Alexis Thamwe Mwamba ha inviato ai senatori un documento di 5 pagine, in cui egli rileva gli errori di forma e di contenuto riscontrati nel testo della mozione di sfiducia presentata contro di lui e che ha condotto alle sue dimissioni.
Cinque pagine in cui egli dimostra il mancato rispetto della Costituzione e del Regolamento interno da parte dei firmatari della mozione in questione.
I. Per quanto riguarda la forma della petizione, egli fa un’analisi della procedura seguita che, a suo avviso, viola chiaramente la Costituzione e il Regolamento interno del Senato:
«Per quanto riguarda le sedute plenarie, esse sono convocate durante le sessioni parlamentari ordinarie e straordinarie.
Le sessioni ordinarie.
Le sessioni ordinarie si svolgono dal 15 marzo al 15 giugno e dal 15 settembre al 15 dicembre (articoli 115 della Costituzione e 82 del Regolamento). Esaminano gli argomenti inscritti all’inizio e durante ogni sessione. Comprendono sia la produzione legislativa che il controllo parlamentare, compreso il controllo sull’attività del Comitato di presidenza. Le questioni che restano in sospeso vengono rimandate alla seduta successiva, costituendone degli arretrati.
Le sessioni straordinarie.
In primo luogo, c’è la sessione inaugurale straordinaria prevista dagli articoli 114 della Costituzione e 81 del Regolamento interno. La sessione di apertura è presieduta dal Segretario generale dell’Amministrazione. I temi da trattare sono i seguenti: l’installazione del Comitato di presidenza provvisorio presieduto dal membro più anziano, la convalida dei mandati degli eletti, l’elezione e l’insediamento del Comitato di presidenza definitivo, l’elaborazione e l’approvazione del Regolamento interno. La sessione termina quando l’ordine del giorno è esaurito.
C’è poi la sessione straordinaria convocata su uno specifico ordine del giorno e prevista dagli articoli 116 della Costituzione e 83 del Regolamento interno. Esamina gli argomenti per i quali è stata convocata. La sua durata non può superare i trenta giorni e le materie rimaste in sospeso sono rinviate alla sessione ordinaria successiva (art. 83 RI).
Calendari delle sessioni.
A differenza del calendario della sessione ordinaria, che è aperto, per poter accogliere in qualsiasi momento le iniziative legislative e quelle di controllo parlamentare, in conformità con gli articoli 130 e 138 della Costituzione e 127, 128 e 155 e ss. del Regolamento interno, quello della sessione straordinaria, inaugurale o meno, è chiuso e comprende solo le materie inscritte nell’atto di convocazione. Qualsiasi aggiunta costituisce una violazione della Costituzione e del Regolamento interno, perché viola l’immutabilità sancita dalla Costituzione e dal Regolamento interno.
Mozione di sfiducia.
La mozione di sfiducia appartiene al controllo parlamentare, anche quando è rivolta contro i membri del Comitato di presidenza. Essa può essere presentata solo durante la sessione ordinaria o straordinaria e, per quest’ultima, nella misura in cui la mozione è contenuta nell’ordine del giorno prestabilito della sessione. È inutile sostenere che la mozione ha la priorità sul dibattito. Ciò equivarrebbe a confondere la mozione intesa come incidente procedurale con la mozione intesa come meccanismo di messa in causa della responsabilità.
Solo la mozione intesa come incidente procedurale ha la priorità sulla sostanza.
Invece, la mozione intesa come meccanismo di messa in causa della responsabilità rientra nel controllo parlamentare, come spiegato sopra. La sua presentazione e il suo esame al di fuori di questo ambito, da parte di una seduta plenaria presieduta dal Segretario generale dell’Amministrazione o dal senatore più anziano, violano le disposizioni della Costituzione e del Regolamento interno.
L’articolo 28 del Regolamento interno prevede una seduta plenaria presieduta dal senatore più anziano, ma essa si svolge durante la sessione e non durante la pausa parlamentare. Inutile ricordare che, nell’attuale caso, la sessione straordinaria si era conclusa il martedì 2 febbraio 2021.
Gli onorevoli senatori sono quindi invitati a porre un gesto di patriottismo, per rispettare sia la Costituzione che il Regolamento interno».
II. Quanto al contenuto della mozione, Alexis Thamwe Mwamba è ritornato sulle accuse che gli sono state rivolte sotto il titolo di “Rapporti esecrabili con le altre istituzioni della Repubblica”:
«Esse si basano sui seguenti fatti:
Aver pubblicamente accusato il Presidente della Repubblica di aver violato la Costituzione quando aveva dichiarato lo stato di emergenza sanitaria in base all’articolo 85 della Costituzione. Tale disposizione prevede infatti che il Presidente della Repubblica dichiari lo stato di emergenza previa consultazione del Primo Ministro e dei Presidenti di entrambe le Camere del Parlamento.
D’altra parte, l’articolo 119 della Legge fondamentale prevede che la proclamazione dello stato di emergenza sia autorizzata dal Congresso. I due articoli non sembrano poter dar luogo a una comprensione univoca. Privilegiando l’articolo 119 invece che l’articolo 85 seguito dal Presidente della Repubblica, non credo di aver tenuto un atteggiamento irrispettoso nei confronti del Presidente della Repubblica, anche se ci trovassimo in un regime di pensiero unico. Si è trattato di una divergenza derivante dall’interpretazione dei testi. È stato necessario attendere la sentenza della Corte costituzionale che ha riconciliato le due tendenze, stabilendo che la Costituzione ha sancito un’alternativa.
Il rifiuto di proclamare e di prorogare lo stato di emergenza. Questa accusa non si basa su alcun fatto verificabile. Non ho posto alcun atto per oppormi alla proclamazione dello stato di emergenza che, peraltro, era stato proclamato prima della mia presa di posizione sul rispetto dell’articolo 119 della Costituzione. Lo stesso vale per il proseguimento dello stato di emergenza. Infatti, la bozza del disegno di legge sulla proroga dello stato di emergenza è stato redatto dai miei servizi e poi comunicato, per informazione, all’Assemblea Nazionale che l’ha trasformato in progetto di legge.
L’assenza all’atto di prestazione di giuramento dei membri della Corte costituzionale. A parte il membro della Corte che doveva sostituire il giudice Lwamba che si era dimesso, gli altri due membri erano stati nominati in condizioni discutibili. Ho avuto modo di parlarne personalmente con il Presidente della Repubblica, in occasione dell’udienza che egli aveva concesso, su questo tema, alla mia collega dell’Assemblea nazionale e a me stesso. Convinto che la partecipazione a quell’atto di prestazione di giuramento avrebbe avallato una violazione della Costituzione e della legge, ho semplicemente declinato l’invito a parteciparvi. Come al punto 1, non ho accusato il Presidente d’aver violato la Costituzione. Infatti, non mi sono rivolto ad alcuna istanza per farlo … Inoltre, declinando l’invito, non ho chiesto ad alcun senatore di fare come me.
Il non aver presentato i rapporti di gestione in ogni sessione parlamentare. È vero che due sessioni si sono concluse senza che il Comitato di presidenza abbia riferito sulla sua gestione. Attualmente, una commissione sta lavorando per controllare i diversi periodi rimediando, in tal modo, a questa lacuna.
La Commissione per il controllo sulla gestione è stata istituita nel corso di una seduta plenaria, in conformità con le disposizioni del Regolamento interno. Non capisco, quindi, in che cosa possa consistere la violazione del Regolamento che mi viene attribuita ……
Il non aver trasmesso all’assemblea plenaria i rapporti di attività del Comitato di presidenza durante i periodi di intersessione. Riguardo a questo punto, rimando al precedente punto 4» …….
III. Tenendo conto di quanto sopra, Alexis Thamwe Mwamba giunge alla seguente conclusione:
«Per quanto riguarda la forma, la procedura introdotta è irregolare, perché avviata in violazione della Costituzione e del Regolamento interno. Quanto al merito, nessun elemento può essere ritenuto. Detto questo, constatando, da un lato, la mancanza di fiducia tra me e un gruppo di senatori e, dall’altro, l’installazione di un Comitato di presidenza provvisorio già operativo, presento le mie dimissioni da Presidente del Senato».[8]

b. La risposta di Alexis Thambwe Mwamba all’Ispettore Generale delle Finanze

Il 9 febbraio, l’ex presidente del Senato, Alexis Thambwe Mwamba, ha inviato una lettera di risposta all’Ispettore Generale delle Finanze (IGF), Jules Alingete Key che, il 3 febbraio, gli aveva concesso un periodo di 5 giorni per giustificare l’utilizzazione di 107.393.869.128,82 CDF (circa 54 milioni di dollari), sbloccati dal governo a favore del Senato stesso, per il periodo da gennaio 2019 a fine 2020. Nella sua risposta, Alexis Thambwe ha dapprima precisato che il Comitato di presidenza di cui era membro era entrato in funzione il 1° agosto 2019, dopo le elezioni del 27 luglio dello stesso anno. Pertanto, egli ha fatto notare che non può fornire alcuna informazione relativa al periodo anteriore alla data del suo insediamento. Nella sua lettera di risposta, Alexis Thambwe Mwamba ha scritto: «L’importo totale indicato nella sua lettera corrisponde a 3 periodi di gestione, quello del Comitato di presidenza della precedente legislatura, quello del Comitato provvisorio di presidenza e, infine, quello del Comitato di presidenza definitivo uscente che ho avuto l’onore di presiedere». Inoltre, l’ex Presidente del Senato ha rilevato che la somma totale ricevuta dal Tesoro Pubblico a favore del Senato ammonterebbe, a meno che non vi sia stato un errore o un’omissione da parte dei servizi contabili, a 105.310.423.482 CDF (circa 52,6 milioni di dollari), per il periodo compreso tra il 1° agosto 2019 e il 31 dicembre 2020, contrariamente a quanto affermato dall’IGF, che aveva evocato una somma di 107.393.869.128,82 CDF (circa 53,6 milioni di dollari) tra gennaio 2019 e la fine del 2020. Per quanto riguarda l’utilizzazione dei fondi ricevuti, Thambwe Mwamba segnala che i servizi tecnici del Senato metteranno senza dubbio a disposizione dell’Ispettorato Generale delle Finanze, i relativi documenti giustificativi.[9]

c. Il passaggio delle consegne

Il 9 febbraio, ha avuto luogo il passaggio delle consegne tra Alexis Thambwe Mwamba, presidente uscente del Senato, e Léon Mamboleo, presidente del Comitato provvisorio. Questo atto fa seguito alle dimissioni, il 5 febbraio, di sei dei sette membri del Comitato di presidenza, dopo l’introduzione di una mozione di sfiducia nei loro confronti.[10]

[1] Cf Actualité.cd, 15.02.’21; Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 15.02.’21; Politico.cd, 15.02.’21
[2] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia.com, 15.02.’21
[3] Cf Hubert Leclercq – Lalibre.be Afrique, 15.02.’21
[4] Cf Sonia Rolley – RFI, 15.02.’21
[5] Cf Patient Ligodi – RFI, 17.02.’21
[6] Cf Isaac Kisatiro – 7sur7.cd, 12.02.’21; Carmel Ndeo – Politico.cd, 12.02.’21; Radio Okapi, 12.01.’21; Ivan Kasongo – Actualité.cd, 09.01.’21
[7] Cf Radio Okapi, 08.01.’21; Pascal Mulegwa – RFI, 14.08.’20; Actualité.cd, 14.08.’20
[8] Cf Hubert Leclercq – Lalibre.be/Afrique, 07.02.’21   https://afrique.lalibre.be/58040/rdc-alexis-thambe-mwamba-donne-sa-version-des-faits/   et https://afrique.lalibre.be/app/uploads/2021/02/Argumentaire-contre-le-motion-de-d%C3%A9ch%C3%A9ance-ATMwamba.pdf
[9] Cf Carmel Ndeo – Politico.cd, 10.02.’21; Jephté Kitsita – 7sur7.cd, 09.02.’21
[10] Cf Clément Muamba – Actualité.cd, 09.02.’21